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Lucio Dalla, al Museo Archeologico di Napoli arriva la mostra dedicata al cantautore

Arriva a Napoli l’affascinante viaggio nel mondo di Lucio Dalla, iconico e innovativo cantautore, immortale, prerogativa solo dei grandissimi artisti. Non esiste luogo migliore per celebrarlo nel giorno del suo 80° compleanno con la grande mostra-evento ribattezzata per l’occasione “Lucio Dalla. Il sogno di essere napoletano” dedicata al genio umano e musicale, che sarà realizzata a Napoli dal 4 marzo al 25 giugno 2023 al MANN Museo Archeologico Nazionale di Napoli, tra le più antiche e importanti istituzioni culturali al mondo. Un viaggio che parte dall’infanzia e ripercorre un percorso straordinario di vita e memoria collettiva, al ritmo delle note delle sue straordinarie canzoni.

MANN, locandina mostra “Lucio Dalla. Il sogno di essere napoletano”
MANN, locandina mostra “Lucio Dalla. Il sogno di essere napoletano”

La mostra, promossa da MANN Museo Archeologico Nazionale di Napoli, diretto da Paolo Giulierini, e Fondazione Lucio Dalla con Ministero della Cultura, con la collaborazione e il sostegno di Regione Campania e Fondazione Campania dei Festival è organizzata e prodotta da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, Special partner Lavoropiù.L’esposizione a cura di Alessandro Nicosia con la Fondazione Lucio Dalla, fa parte delle iniziative “Il MANN per la città” e vede la partecipazione di Archivio Luce Cinecittà con il patrocinio di RAI e la collaborazione tecnica di SIAE Società Italiana degli Autori e degli Editori, Universal Music Publishing Group, Grand Hotel Vesuvio e BIG|Broker Insurance Group. Catalogo Skira editore. Non è un’impresa facile raccontare in una esposizione cinquant’anni di storia. Tutto nasce da una lunga ricerca di materiali, molti dei quali esposti per la prima volta, che documentano l’intero cammino umano e artistico di uno dei più amati artisti italiani e internazionali. Lucio Dalla ha segnato in modo assolutamente unico e innovativo la storia della musica italiana. Un cantore di vita e suoni che con graffiante ironia e sguardo poetico ha conquistato il cuore di tutti, non solo musicista ma anche attore, scrittore, regista teatrale, amante dello sport e appassionato di motori, danza, opera lirica, pittura, letteratura, con un numero impressionante di interessi.

Nella foto, il cantautore Lucio Dalla
Nella foto, il cantautore Lucio Dalla

Così, attraverso documenti, foto, copertine dei dischi, video, oggetti, abiti di scena, locandine dei film a cui ha partecipato, manifesti, la ricca collezione di cappelli e berretti, sarà possibile scoprire l’intimità di Lucio e vivere la forza della sua musica. Oltre dieci le sezioni in cui è suddivisa l’esposizione: La sua musica, Famiglia-Infanzia-Amicizie-Inizi musicali, Dalla si racconta, Il clarinetto, Dalla e Napoli, Il cinema, il teatro, la televisione, Dalla e Roversi, Universo Dalla, Il museo Lucio Dalla. La sezione inedita Dalla e Napoli è dedicata al rapporto tra il cantante e il capoluogo campano, città che inevitabilmente lo ha incantato e grande fonte di ispirazione per le sue canzoni.

Insieme ai documenti che ci raccontano la sua vita, l’arte e le sue passioni, la mostra offrirà allo spettatore l’opportunità di un incontro unico e speciale con l’artista. La mostra sarà arricchita anche da un importante catalogo edito da Skira che contiene storia, immagini e anche un lungo elenco di straordinarie testimonianze che aiutano a comprendere nel profondo il suo eclettico carattere.

Photo credits Courtesy of Press Office

Giulia Mafai: non sono la moda, sono un costume vivente

La costumista di De Sica, Monicelli e Mastroianni presenta il suo libro, “Storia del Costume dall’Età Romana al Settecento”, all’Accademia di Costume e Moda.

Il costume è il racconto di come attraverso le mode si siano manifestate diverse epoche. La costumista Giulia Mafai sfida il pubblico a riconoscere i periodi storici guardando i vestiti, per dimostrare che il costume è l’espressione più semplice di una certa cultura.

Umile e curiosa, la Mafai si è fatta strada nel mondo del cinema fino a diventare una delle più importanti costumiste italiane. Ha vestito i personaggi del La Ciociara” di De Sica, de “Il Commissario” di Comenicini e, al contempo, ha lavorato anche con Tinto Brass in Yankee”.

Oggi, a 82 anni portati con nonchalance, ha visto e studiato più o meno tutto quello che veniva indossato in passato. L’ha documentato e raccontato in un libro, “Storia del Costume dall’Età Romana al Settecento” (Skirà 2012) . Un libro sui costumi scritto da una costumista. Finalmente un’addetta ai lavori che racconta un mondo fatto d’immagini e creatività sulla base di un know how unico.

NON SOLO COSTUME NELL’ANTICA ROMA. Partendo dal libro di Mafai, la storica del costume Sofia Gnoli mette in evidenza il proliferare di mode già prima del ‘700, periodo che istituzionalmente ne segna la nascita. Le capricciose e incostanti matrone romane cambiano gusto in fretta. Gli scultori erano costretti a eseguire il volto in marmo Pario bianco mentre un marmo di colore diverso era destinato all’acconciatura, così da poter essere sostituito.

La moda nell’antica Roma parla anche al maschile. Esempio lampante ne è il passaggio, visibile nell’look degli imperatori, dalla rasatura efeba alla Giulio Cesare alla barba lunga sfoggiata da Marco Aurelio.

MERETRICI E CORTIGIANE. È impossibile non notare la verità della Repubblica di Venezia: donne dal seno scoperto, o completamente nude chiacchierano e girano nella Laguna dall’alto delle loro zeppe. Può capitare di vederne anche tre o quattro sulla stessa terrazza, vestite d’oro e seta, intente a fare gli occhioni dolci ai giovani e ai buoni intenzionati.
“Se non ci fosse richiesta – afferma la scrittrice transessuale Beatriz su Vice Magazine – non faremmo questo lavoro”. Non deve stupire, allora, la tolleranza antico-romana per la prostituzione. Vestite di un rosso-mosto ottenuto dalla robbia, le meretrici soddisfano le necessità dei turisti e frenano le intemperanze dei giovani.

L’ABBIGLIAMENTO DEI LEBBROSI. Inguaribile e pericolosamente contagiosa, la lebbra è la malattia più diffusa nel medioevo. I lebbrosi devono, quindi, abbandonare ogni contatto con le persone sane, vivere in piccoli gruppi nei boschi e mangiare bacche selvatiche. Il loro vestito è una sorta di burka ante litteram: tabarri, larghi cappucci scuri, cappelli di paglia, guanti e stracci nascondano il corpo martoriato dal male. Il suono di un campanaccio di terracotta legata al collo avverte la loro presenza in prossimità di zone abitate.

Ecco come dipinti, sculture, incisioni e testi letterari diventano il punto di partenza del racconto di Giulia Mafai per testimoniare come la cultura occidentale abbia elaborato il proprio modo di apparire, di distinguere i diversi livelli sociali e di affermare l’immagine di sé.

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