Progetto ZDHC: la moda grida stop alle emissioni nocive

Quando indossare la moda può diventare un serio attentato alla salute della persona allora significa che è giunto il momento di passare dai teorici slogan di protesta all’azione effettiva dei fatti.

E’ grazie a questo principio-guida che alcuni tra i più popolari brand internazionali del fashion come A&C, Nike, Adidas, Puma, H&M, Lining, Levi Strauss e G-Star Raw prendono una netta posizione e si schierano nel rivoluzionario programma etico ZDHC, ovvero “Zero Discharge of Hazardous Chemicals, lanciando una sfida che stavolta promette una tanto ambiziosa quanto concreta ristrutturazione del sistema produttivo delle loro fabbriche.

Che significa dire definitivamente stop all’emissione di sostanze nocive lungo tutta la catena di produzione – fornitori compresi – provando a raggiungere il difficile ma forse non impossibile traguardo finale delle “0 emissioni entro il 31 Dicembre 2020”, data conclusiva della “deadline”.

uno dei capi firmati Adidas sotto accusa

In realtà questo lungimirante progetto prende vita nel 2011 grazie a due “scomode” inchieste condotte e approfondite da Greenpeace dal titolo indicativo “Dirty Laundry First and Second Part”, letteralmente “Panni Sporchi”, dalle quali a luglio scaturisce la campagna “Detox”.

Dai primi allarmanti risultati emerge la dannosità degli scarichi dell’industria tessile in Cina che minacciano la sicurezza delle acque dei suoi fiumi.

Dal secondo rapporto, invece, si evidenzia un serio rischio nei confronti della salute dell’uomo dovuto al rilascio di sostanze tossiche da parte di ben 58 articoli tra capi d’abbigliamento e calzature dei marchi sotto accusa: vi figurano le iconiche tute in acetato del noto brand tedesco con le 3 strisce (Adidas n.d.r.), ma anche pantaloni sportivi di tuta, giacche e t-shirt e in più indumenti intimi e scarpe di tela, acquistati in 18 diverse nazioni del mondo tra cui l’Italia.

Le sostanze incriminate sono ritenute tra le più pericolose per la salute: i famigerati nonifenoli etossilati (Npe), composti chimici che una volta rilasciati nell’ambiente si rivelano potenziali e seri attentatori al sistema ormonale umano.

giovani attivisti della campagna di Greenpeace “Detox”

I nonifenoli infatti, come nel 2011 denuncia l’attivista cinese Li Yifang presentando i risultati delle indagini svolte in una conferenza stampa, sono usati come detergenti nell’industria tessile e “rappresentano, anche a bassi livelli, non solo una grave minaccia per l’ambiente”, ma anche e soprattutto per la salute umana, poiché “in grado di alterare lo sviluppo sessuale e arrivare addirittura ad avere effetti negativi sull’intero apparato riproduttivo”.

graffito che inneggia alla campagna “Detox”

Fatto sta che il programma di “risanamento” sottoscritto da questi famosi brands li impegnerà sia formalmente da un punto di vista legale che empiricamente.

Essi infatti sono vincolati a tutti gli aspetti singoli previsti dal piano ZDHC e condividono le politiche di gestione e le procedure del progetto, il cui fulcro è la presenza di organismi strutturali interni, ossia i Membri Aderenti (Signatory Members), i probabili nuovi Membri aderenti, (On Boarding Members), i Membri Associati (Associate Members) e la presenza di un Manager progettuale ( ZDHC Project Manager).

E soprattutto la condivisione dei costi del progetto, tramite lo stanziamento di un budget di base.

Inoltre, parte intergrante del sistema saranno i cosiddetti “Project Teams”, che avranno una funzione tecnico-operativa primaria di verifica e monitoraggio di tutte le fasi del programma e dei singoli progressi da esso compiuti.

In più, le iscrizioni al progetto sono ancora aperte e dunque si spera vivamente nel coinvolgimento di numerose altre aziende.

Per i marchi finora coinvolti nell’iniziativa sono previsti notevoli vantaggi sia sul piano privato che su quello pubblico: acquisizione di nuove competenze tecnico-scientifiche, benefici per quanto riguarda il settore finanziario grazie all’acquisizione di nuove fasce di clientela e della divulgazione di una nuova “brand-awarenessecocompatibile e quindi della rinnovata consapevolezza di raggiungere un obiettivo tanto ambito quanto urgente.

Saranno questi i presupposti dell’alba di una nuova moda davvero responsabile e finalmente rispettosa dei valori etici umani e dei ritmi bioecologici del nostro pianeta? Naturalmente, sì.

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