Steve McQueen in mostra a Münchenstein

All’inizio del XX ° secolo, con l’avvento delle nuove tecniche di produzione, riproduzione e diffusione delle opere d’arte a livello di massa, è completamente cambiato l’atteggiamento verso l’arte sia degli artisti sia del pubblico. Il cinema raccoglie in sé diverse forme d’arte, le plasma e le fa proprie. Quando questo accade il lungometraggio può diventare la chiave di volta di una evoluzione artistica costituita da anni di sperimentazione e di impiego di nuove tecniche cinematografiche. L’uomo, che ha sperimentato questo nuovo modo di fare cinema è il regista rivelazione della Mostra del Cinema di Venezia, Steve McQueen, londinese di nascita ma olandese di adozione. mcqueen-portrait-l-155388_0x440

Il nuovo guru della settima arte proviene dalla video arte e si è fatto strada agli inizi degli anni ’90 per il suo uso sofisticato del linguaggio cinematografico con riferimento al filone “cinema-veritè”. Il suo principale obiettivo è quello di ribaltare la narrativa filmica. L’uso della camera tenuta a mano durante le riprese e la trasgressione dei confini tra spazio di chi osserva e quello del film è uno dei suoi assi vincenti. Della sua particolare produzione ne è un esempio il film Shame, che rappresenta la soluzione a chi predilige un cinema diverso. McQueen agli applausi del pubblico preferisce le critiche affermando che ” devo ancora dimostrare di meritare gli allori. Il bello deve ancora venire”. Quando ha deciso di voler cominciare a fare cinema Steve McQueen non si è chiesto dove voleva arrivare, ma già sapeva che avrebbe creato un suo piccolo mondo antico, un filone cinematografico tutto suo.

Classe 1969, è stato vincitore del Turner Prize nel 1999 e rappresentante del Padiglione inglese alla Biennale d’Arte di Venezia dieci anni dopo. E’ grazie ai suoi film d’altro stampo come Hunger, che è stato vincitore della Camera d’Or come opera prima al Festival di Cannes nella sezione Un certain Regard del 2008 e presentato nello stesso anno al Torino Film Festival, e a Shame, il cui  principale interprete, Michael Fassbender, si è aggiudicato la Coppa Volpi come migliore attore protagonista al Festival del Cinema di Venezia nel 2011, che McQueen si è fatto conoscere al vasto pubblico cinematografico a livello internazionale riscuotendo un enorme successo.          

In attesa dell’uscita del suo prossimo film Twelve years a Slave, in cui il regista racconta la storia di un uomo che vive a New York nella metà dell’800, e che viene venduto e ridotto in schiavitù nel profondo sud, è stata realizzata una mostra che ripercorre l’intera carriera di McQueen come artista e regista, che ha oramai alle spalle vent’anni di interessanti opere video sia note che non, che vanno dal documentario alla rielaborazione fittizia. L’esposizione, dal 16 Marzo al 1 Settembre, è stata organizzata in collaborazione con l’Art Institute di Chicago e allestita presso lo spazio Schaulager a Münchenstein vicino Basilea.

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L’esposizione, supportata dalla Fondazione Laurenz indaga così il percorso di McQueen attraverso più di venti estratti di pellicole, fotografie e installazioni. La realizzazione dell’esposizione è stata prettamente curata nei minimi dettagli dall’artista che ha espressamente voluto accostare opere che avessero una certa assonanza l’una con l’altra. Infatti la posizione degli schermi per i video nelle sale, dove in alcuni di essi appare nella pellicola lo stesso Steve McQueen come protagonista, sono accostati tra loro in modo da sottolineare analogie o differenze. Un esempio è il caso di “Carib’sLeap”, interamente girato sull’isola di Grenada e “Western Deep”, un viaggio nel buio delle miniere. Di solito entrambi sono presentati insieme poiché sono del 2002, ma in questa occasione sono proiettati separatamente sulle pareti esterne della galleria.

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Per quanto riguarda il cortometraggio sono 3 i lavori che contraddistinguono il progressivo avvicinarsi a questa dimensione e risalgono a metà anni ’90. “Bear”, “Five Easy Pieces” e “Just Above My Head” esplorano tematiche che ricorrono spesso nella produzione di Steve McQueen come la ricerca di equilibrio, l’incredibile esercizio sopra un filo teso o la sfida sul ring durante un match di wrestling. La continuità è l’elemento caratterizzante dei lavori del regista e fonte d’ispirazione per i film più recenti. Per sottolineare questo aspetto i primi lavori dell’artista sono presentati interconnessi come spigoli di un grande pannello triangolare posto al centro di una delle sale.

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Una parte dell’esposizione è dedicata al tema “Queen and Country”, un’installazione realizzata tra il 2007 e il 2009 in memoria dei caduti durante il conflitto in Iraq. Questa esposizione è composta da una serie di francobolli, che inseriti in una teca di legno, raffigurano i visi dei soldati che hanno perso la vita durante la guerra. In concomitanza con la mostra viene presentato anche un volume pubblicato da Laurenz Foundation e dedicato a Steve McQueen, che illustra il percorso artistico del regista raccogliendo tutte le sue opere esposte, accompagnate da testi critici e correlato da una intervista all’autore.

 

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