La kefiah e le sue mille sfaccettature, simbolo d’Oriente e di moda

La kefiah, kaffiya, keffiya, kaffiyah o keffiyeh è il copricapo più famoso al mondo. Ha molteplici nomi e tante pronunce vista la complessità del mondo arabo e la differenza tra i vari dialetti regionali. É nata negli anni trenta quando è divenuta simbolo del patriottismo palestinese e più tardi la Kefiah – o anche cheche – divenne emblema di Yaser ‘Arafat che indossava sempre il particolare foulard. Fu con Leila Khaled, donna appartenente all’ala armata del Fronte Popolare per la Liberazione Palestinese, che assunse l’aspetto di accessorio di moda anche perché era dapprima associata alla virilità araba e, quindi, maschile e solo dopo a quella femminile. In Europa la kefiah giunge intorno agli anni ’80, ad uso e costume dei punk che l’hanno battezzata come l’indumento di una moda giovanile e libertaria.

In occidente questo trend è stato rivisitato, aggiornato e applicato ad altri gusti e ad altre culture fino a divenire un vero e proprio elemento imprescindibile nelle collezioni moda.

Una delle prime maison ad attraversare le passerelle con sofisticate kefiah fu la Balenciaga. A questa si unì Yves Saint Laurent, stilista francese con origini tunisine che, nelle sue collezioni, ha sempre citato le sue tradizioni e le culture della sua terra, e Giorgio Armani che alle signore Tuareg ha dedicato un’intera serie: un’esplosione di blu e di turbanti ricorda le carovane del deserto e tutti i capi sembrano collegarsi al lontano Oriente. Realizzata normalmente di seta, di cotone o di lana, nelle numerose rivisitazioni la cheche è stata forgiata anche in lino e in cashmere o in maglia lavorata, traforata e ricamata.

Adesso la kefiah è ritornata con prepotenza sulle passerelle del pret-a’-porter ma anche su quelle più aristocratiche dell’haute coutur. Sulle spalle, come foulard o legata alla vita, gli stilisti la combinano al meglio per dare un tocco di novità ad un accessorio storico e che nasce con ben altre finalità. Si perdono però alcune caratteristiche: si abbandonano infatti i colori tradizionali, il bianco e nero, il rosso e il bianco ma non i disegni geometrici e gli scacchi, che secondo la tradizione risalirebbero ai tempi dell’antica Mesopotamia.

Burberry’s e Patrizia Pepe le rilanciano sul mercato rifinite di perle mentre la griffe francese Le Comptoir preferisce unire allo stile orientale il vecchio uncinetto della nonna. E poi non poteva mancare la kefiah tricolore, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia che si può acquistare su internet a prezzi economici.

Stefania Zaccaria

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