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“Nasi per l’arte”, il fiuto per la creatività in un’esposizione al Palazzo Merulana di Roma

Da sabato 25 marzo Palazzo Merulana, in sinergia con Fondazione Elena e Claudio Cerasi e CoopCulture, propone al pubblico la mostra “Nasi per l’arte” ideata e curata da Joanna De Vos e Melania Rossi. Fino al 21 maggio una selezione di oltre cinquanta opere metterà in connessione, in modo originale, ironico, e inaspettato, l’arte italiana e quella belga secondo un insolito fil rouge: il naso.

Nasi per l’arte non parla solo di “nasi come forme, o come olfatto”. Vuole, invece, stimolare una riflessione sul significato metaforico di questo organo, il primo a formarsi nel grembo materno, un carattere ereditario e identitario che rappresenta l’istinto primordiale ed è anche metafora dell’“avere naso” e di un modo immediato di avvicinarsi alle cose, “sentendole” prima ancora di vederle. Al naso fa capo uno dei nostri cinque sensi, quello più animale e istintivo, che determina in noi l’attrazione o la repulsione. Esiste una profonda relazione tra olfatto e memoria. L’olfatto innesca pensieri e – anche involontariamente – fa riaffiorare i ricordi. È il cosiddetto “effetto Proust”.

In anni di collaborazioni, le curatrici De Vos e Rossi, rispettivamente di origine belga e italiana, si sono impegnate ad analizzare come italiani e belgi sul piano estetico e concettuale condividano un “naso per l’arte”, di come gli artisti seguano il loro “fiuto” e di come lo facciano, per altri versi, anche gli appassionati collezionisti o gli stessi esperti nella curatela delle mostre.

Roma, Palazzo Merulana-“Nasi per l’arte”, credits web
Roma, Palazzo Merulana-“Nasi per l’arte”, credits Courtesy of Press Office

Nasi per l’arte trova le sue origini nell’incontro di due nasi curatoriali – spiegano entrambe – Noi curatori siamo a nostra volta creatori, ma creiamo mescolando fonti e voci, spesso inclusa la nostra. Cerchiamo connessioni che gli altri potrebbero non vedere immediatamente, abbracciamo l’insolito ed esploriamo l’inaspettato. Abbiamo così individuato somiglianze impensate e differenze specifiche, che vogliamo svelare in questo progetto. L’Italia e il Belgio sono Paesi diversi ma anche culturalmente simili: nell’approccio istintivo, nella capacità di ironizzare (prendere per il naso), di improvvisare (andare a naso) e nella totale disponibilità a mettersi in gioco”.

I due percorsi espositivi

In primo luogo la mostra propone un dialogo tra l’arte italiana e quella belga dell’inizio del XX secolo attraverso la connessione tra la Collezione Cerasi, presente in modo permanente a Palazzo Merulana, in particolare con opere pittoriche e scultoree dagli anni Venti agli anni Quaranta, e una selezione di opere belghe dello stesso periodo, prestate da collezionisti privati belgi e da alcune Istituzioni. Artisti quali René Magritte, Léon Spilliaert, Paul Joostens, Constant Permeke dialogheranno con Giorgio De Chirico, Francesco Trombadori, Antonio Donghi, Antonietta Raphael.

Roma, Palazzo Merulana- “Nasi per l’arte”, credits web
Roma, Palazzo Merulana- “Nasi per l’arte”, credits Courtesy of Press Office

Il progetto espositivo è in armonia con la collezione creata da Elena e Claudio Cerasi. Frutto di anni di passione e amore per l’arte, la loro raccolta non rispetta regole ferree: a volte riscopre artisti del passato meno noti, a volte espone opere rare di artisti celebri in dialogo con quelle di autori contemporanei. Un percorso non lineare, in cui l’istinto e il “fiuto” sono state la forza propulsiva, e con cui il progetto “Nasi per l’arte” si sente in perfetta sintonia.

Il secondo percorso all’interno della mostra coinvolge nove artisti contemporanei belgi e altrettanti italiani le cui opere celebrano, sfidano e invitano alla riflessione sul naso, i sensi e l’arte. Da “Autoritratto olfattivo” di Peter De Cupere (uno dei suoi celebri dipinti “graffia e annusa, all’autoritratto di Maurizio Cattelan, che nella sua “Autobiografia non autorizzata”, scrive: “Quando sono nato erano molto delusi. Avevo un naso da adulto. E ancora disegni, quadri, sculture, installazioni, cinema rianimato, opere video, fotografie, che fanno rivivere la tradizione e la mitologia o indagano sulla condizione umana… spargendo le loro “essenze” nelle sale del prezioso Palazzo Merulana.

Gli artisti in mostra:

Artisti contemporanei:

Francis Alÿs, Francesco Arena, Michaël Borremans, Maurizio Cattelan, Michael Dans, Laura de Coninck, Peter de Cupere, Jan Fabre, Mariana Ferratto, Thomas Lerooy, Emiliano Maggi, Sofie Muller, Luigi Ontani, Daniele Puppi, Anna Raimondo, Marta Roberti, Yves Velter, Serena Vestrucci.

Prestiti opere di artisti belgi di inizio Novecento:

Jos Albert, Pierre-Louis Flouquet, Robert Giron, Oscar Jespers, Paul Joostens, René Magritte, George Minne, Constant Permeke, Léon Spilliaert, Marcel Stobbaerts, Henri Van Straten, Fernand Wery.

In dialogo con artisti della collezione permanente: Giacomo Balla, Duilio Cambellotti, Felice Casorati, Giorgio De Chirico, Antonio Donghi, Ercole Drei, Guglielmo Janni, Leoncillo Leonardi, Antonietta Raphael, Francesco Trombadori, Alberto Ziveri.

La mostra è accompagnata da un catalogo, pubblicato da Bruno Devos at Stockmans Art Books con testi di Joanna De Vos e Melania Rossi, Giacinto di Pietrantonio e Caro Verbeek.

Julia Breiderhoff, in mostra le sue “Evasioni” pittoriche ai Musei di San Salvatore in Lauro della Capitale

Evasioni” è il titolo della mostra di Julia Breiderhoff, a cura di Marco Di Capua, che si terrà dal 28 marzo al 7 maggio nella “Galleria Umberto Mastroianni” dei Musei di San Salvatore in Lauro a Roma. L’ingresso è gratuito (orari d’apertura: martedì – sabato: ore 10.00 – 13.00; 16.00 – 19.00; domenica e lunedì chiuso).

Julia Breiderhoff, “Evasioni”
Julia Breiderhoff, “Evasioni”

Il vernissage si terrà martedì 28 marzo alle ore 19.00 nei Musei di San Salvatore in Lauro (piazza San Salvatore in Lauro, n. 15). Interverrà, oltre all’artista e al curatore, Lorenzo Zichichi, presidente della casa editrice “Il Cigno GG Edizioni” che realizza anche il catalogo.

Julia Breiderhoff, “Evasioni”
Julia Breiderhoff, “Evasioni”

Julia Breiderhoff nasce in Germania, a Solingen, il 3 marzo 1971. Figlia di un architetto, cresce in un ambiente familiare stimolante e votato alle arti; già in tenera età si fa strada in lei una profonda passione per il disegno, la pittura e la storia dell’arte. Nel 1992 decide di trasferirsi in Italia per studiare recitazione, ma si laurea in Fisica all’Università di Roma Tre e successivamente comincia a studiare ed esercitare trattamenti legati al benessere fisico e cognitivo della persona. La relazionalità è il denominatore comune che lega queste esperienze, che si presentano come indizio rispetto alla curiosità nutrita nei confronti del mondo e che contraddistinguerà poi la sua arte. Dal 2006 Julia si dedica alla pittura avendo maturato il desiderio di comunicare col mondo attraverso i colori e le sue visioni, spesso appunto “evasioni”.

Julia Breiderhoff, “Evasioni”
Julia Breiderhoff, “Evasioni”

“Eccole qui, ritrovo adesso, davanti a me, le spiagge e le bagnanti –  scrive nel catalogo Marco Di Capua – , come fossero di estati lontane, flash riaffiorati da un bel Novecento europeo fatto di storie e album di famiglia e di letture e di quadri amati: lo so che questa è la pittura nell’attimo di affacciarsi sul mondo, e lo guarda, e lo ricorda con un misto di felicità e di languore, rendendolo tuttavia sempre fisicamente e mentalmente presente, molto più di qualsiasi fotografia, per dire, dove la vita, per quanto sia rappresentata con esattezza in ogni sua parte e dettaglio, appare ogni volta com’era, dunque già tramortita”.

Julia Breiderhoff, “Evasioni”
Julia Breiderhoff, “Evasioni”

Tra i quadri in mostra, tutti in olio su tela, ci sono una serie di opere dedicate al mare e ai bagnanti come “Zattera” (2023, cm 100×150), “In estate al mare” (2022, cm 250×100), “Le bagnanti” (2019, cm 150×100), “Sperlonga” (2020, cm 80×60), “Message in a bottle” (2023, cm 150×100), “La sirenetta” (2019, cm 70×90); ci sono poi una serie di ritratti di dive del cinema, personaggi di spicco del passato, come “Anna” (2023, cm 150×100), “Blondie”  (2023, cm 150×100”, “Fanny Ardant”(2023, cm 150×100), “I have a dream” (2023, cm 150×100), “L’angelo azzurro” (2023, cm 150×100), “La divina” (2023, cm 150×100), “Romy Schneider”(2023, cm 150×100), “Lady D.” (2023, cm 150×100), “Mata Hari” (2023, cm 150×100), “Sognando il glamour” (2023, cm 250×150), “Matrimonio e-steso”  (2022, cm 250×150), “Julia autoritratto”(2019, cm 70×50), “Renaissance – la rinascita”(2023, cm 250×150); una sezione di opere, presentate solo sul catalogo, sono dedicate alle “Straordinarie quotidianità” come “Everyday Everywhere Everybody”  (2020, cm 100×70), “Lock-out” (2020, cm 80×60), “Senza pensieri” (2020, cm 90×70), “Chi non beve in compagnia…” (2021, cm 107 x 77), e “Pupo” (2022,  cm 50×70”.

Julia Breiderhoff, “Evasioni”
Julia Breiderhoff, “Evasioni”

«Il mare – racconta Julia Breiderhoffrappresenta la gioia e la libertà, a cominciare dall’infanzia, evasione dalla routine quotidiana. La stanza con lo stendino, strumento banale e allo stesso tempo così personale, elevato a simbolo del peso casalingo da cui evadere. La ragazza che vuole evadere per diventare giovane donna e fuggire attraverso il sogno. Le dive che evadono dalla loro origine verso la divinità. Martin Luther King che sogna l’evasione dalla schiavitù perenne davanti ad una bandiera trasparente che fonde tutti i colori. La ragazza a casa, protetta da un muro che abbatte per evadere da tutte le cose ovvie. Nei miei quadri ho cercato di fermare nell’istante il bello dell’eterno evadere da ciò che ci condiziona per divenire noi stessi sempre di più».

Julia Breiderhoff, “Evasioni”
Julia Breiderhoff, “Evasioni”

«I quadri di Julia Breiderhoff – conclude Marco Di Capua -, ci forniscono il pretesto di riconsiderare la pittura anche come fonte di narrazioni, di racconti personali e collettivi. Scorrere accanto alla vita, appuntandola, come in un diario: è il modo in cui l’arte rende l’esistenza non dico spiegabile, ma almeno sopportabile. Altrimenti come interpretare un lavoro come Reinassance  così disseminato di indizi e simboli, quasi a comporre un rebus autobiografico, un enigma da percorrere con lo sguardo e, possibilmente, da risolvere, con la figura allo specchio, lo squarcio circolare nel Muro – lo scrivo in maiuscolo, ricordando che Julia è tedesca – il quadro nel quadro, un bellissimo leopardo e i tristi strumenti di un lavoro casalingo, quotidiano, in un mix di frustrazione e di aspirazione ad evadere da quella stanza.

Julia Breiderhoff, “Evasioni”
Julia Breiderhoff, “Evasioni”

Stanza che pure – ha detto Virginia Woolf una volta per tutte – era finalmente tutta per sé. In questa prospettiva è chiaro che i ritratti delle Divine con le loro bandiere nazionali di riferimento, con quell’atteggiamento così fragile e inerme con cui si sporgono nuovamente verso di noi, esibendo in qualche modo il loro personalissimo racconto, il loro – non so dirlo meglio – destino, queste immagini, dicevo, non possiedono nulla di celebrativo: niente pop ed euforici derivati con data di consumazione scaduta, per esser chiari. Dunque, che film stiamo vedendo? Stretti, nel loro momentaneo, piccolo proscenio, tra l’apparire e il dissolversi – come mostrando perfino il tono di superficie di quei manifesti cinematografici che piano piano si stingevano e si sciupavano ai muri di una strada, una volta – credo che anche i celeberrimi personaggi ritratti da Julia ambiscano a una qualche liberazione dalla storia che li ha imprigionati. Queste figure raccontano, in un solo istante, se stesse. Julia sgualcisce poeticamente la loro capacità di seduzione e di glamour, e benché le presenti come simboli nazionali, qualcosa che lei mette in azione – forse lo stesso gesto del dipingere – riporta quelle immagini emblematiche a una condizione semplicemente umana. Con alcune, poi, ciò risulta inevitabile. Dico le mie preferite? Sono prevedibile: Romy, Anna…».

Photo credits Courtesy of Press Office

Woolrich e Goldwin lanciano il nuovo “Artic parka” che rispetta l’ambiente

Woolrich e Goldwin Inc, produttore giapponese di abbigliamento sportivo,  svelano il nuovo Woolrich Arctic parka interamente realizzato in fibra Brewed Protein™, un materiale proteico strutturale in grado di soddisfare le crescenti richieste dell’industria dell’abbigliamento di adottare tessuti alternativi privi di petrolio e prodotti animali.

I nuovi capi saranno prodotti da Goldwin, che detiene una quota minoritaria del marchio di Outdoor Americano e saranno disponibili per l’Autunno/Inverno 23 presso gli store fisici e online in Usa, Europa Giappone di entrambi i brand.

Fondato in Pennsylvania nel 1830, Woolrich è il più antico marchio americano di outdoor conosciuto per creare capi da indossare in qualsiasi condizione climatica. Fin dall’inizio, l’azienda si è impegnata a realizzare prodotti destinati a durare nel tempo, contribuendo così a proteggere l’ambiente riducendo il numero di capi che le persone acquisterebbero nel tempo.

Questo nuovo progetto, con la sua prospettiva globale e l’innovativa tecnologia impiegata, rafforza l’impegno di Woolrich rivolto alla conservazione dell’ambiente attraverso l’impiego di fonti e materiali innovativi che hanno il potenziale per ridurre l’impronta ambientale del marchio.

Woolrich Arctic Parka, Photo credits Courtesy of Press Office
Woolrich Arctic Parka, Photo credits Courtesy of Press Office

La fibra Brewed Protein™, sviluppata da Spiber Inc. società giapponese di biotecnologie, è realizzata attraverso un processo di fermentazione microbica che utilizza zuccheri di origine vegetale come materia prima principale. Il marchio prende il nome da un processo unico simile alla produzione di alcolici. Liberi dalla dipendenza da ingredienti primari derivati da materiali a base di petrolio o risorse animali, i materiali Brewed Protein™ -e nello specifico, le fibre – sono in grado di fornire soluzioni per ridurre l’inquinamento da microplastiche e le emissioni di gas serra associate all’industria dell’abbigliamento.

In quanto materiale chiave e di nuova generazione che promette di contribuire allo sviluppo di una società sostenibile, la tecnologia Brewed Protein™ di Spiber può svolgere un ruolo significativo nella riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente. Con l’aumento dell’attenzione a livello mondiale, Woolrich e Goldwin ritengono che l’applicazione della fibra Brewed Protein™ nei prodotti Woolrich destinati ai mercati internazionali contribuirà a migliorare il valore del marchio.

Il nuovo Woolrich Arctic Parka realizzato con la nuova fibra sarà disponibile a partire dall’Autunno/Inverno. L’iconico capo realizzato nel 1972 per i lavoratori dell’Alaskan Pipeline e che ancora oggi è riconosciuto come il capospalla invernale per eccellenza in tutto il mondo.

Sviluppo congiunto con Spiber

La maggior parte dell’abbigliamento sportivo contiene polimeri sintetici come il poliestere o il nylon e l’impatto sull’ambiente naturale causato dalle microplastiche rilasciate dai prodotti finiti ha suscitato grande preoccupazione. Come via per contrastare i problemi ambientali e affrontare la diminuzione della disponibilità di petrolio, crediamo che sia una grande responsabilità della generazione attuale di passare a risorse sostenibili.

Per affrontare questi problemi ambientali su scala globale, nel 2015 Goldwin si è associata a Spiber per la ricerca e lo sviluppo di materiali proteici strutturali. Nell’autunno dello stesso anno, Goldwin ha rilasciato il primo prototipo di giacca outdoor utilizzando tale materiale, che replicava la seta naturale di ragno.

Pentesilea, in uscita il nuovo singolo “Pulizie di primavera” che anticipa l’album d’esordio “Pezz”

Melodie pop, sonorità elettroniche e un fraseggio cantautorale ironico e sognante: sono queste le coordinate che disegnano l’orizzonte musicale di Pentesilea e che si manifestano subito in “Pulizie di primavera”, il primo singolo in uscita dal 24 marzo che anticipa l’album d’esordio “Pezzi”, fuori il 14 aprile per Ipologica, label romana di musica elettronica ma anche studio creativo attivo in ambito artistico, performativo e audiovisivo.

Artwork by Ultravioletto, credits Courtesy of Press Office
Artwork by Ultravioletto, credits Courtesy of Press Office

Pentesilea – nome d’arte che rimanda alla guerriera regina delle Amazzoni ma anche alla città immaginata da Italo Calvino, al nome di un asteroide scoperto alla fine dell’800 e all’opera del drammaturgo e poeta tedesco Heinrich von Kleist – è il progetto discografico della poliedrica artista romana Valentina Mignogna, attrice, performer, cantautrice e compositrice, nonché esponente di Poche, collettivo di produttrici e musiciste elettroniche italiane.

Fra beat minimali, chitarre che lambiscono territori shoegaze e atmosfere dream pop, il brano è “una dichiarazione d’amore fatta a una persona che non riesce ad entrare in connessione con i propri sentimenti. Un esercizio di empatia e perseveranza. L’amore nudo, più sincero e disinteressato, che aiuta a ripulirsi dalle brutture e dal superfluo, con ascolto e disponibilità.”

Pulizie di primavera è un primo pezzo di una personalità forte e al tempo stesso delicata, un primo frammento intimo di un’artista che fa i conti con la propria identità e il proprio vissuto, sapendo che è nella relazione con l’altro da sé la via maestra per conoscere meglio se stessi.

L’artwork è realizzato da Ultravioletto, studio di interaction design che firma il video che accompagnerà l’uscita del primo singolo di Pentesilea.

Pentesilea, Photo credits Chiara Dolma
Pentesilea, Photo credits Chiara Dolma-Courtesy of Press Office

About Pentesilea

Pentesilea è il progetto discografico di Valentina Mignogna, performer, cantautrice, compositrice e autrice.

Nel 2010 si è diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano e ha iniziato la propria carriera artistica come attrice, dedicandosi, parallelamente, alla musica, nelle vesti di cantante e compositrice. Da attrice e cantante ha lavorato in produzioni nazionali (LA7, RAI) e internazionali (RSI e Polivideo), collaborando anche con il SELA Performing Art Studio in Israele, la Civica Scuola di Jazz e la Paolo Grassi per il teatro.

Pentesilea fa parte di Ipologica, studio creativo musicale romano incentrato sulla produzione di musica elettronica, performance live, dj-set, installazioni artistiche e progetti audiovisivi site-specific. È inoltre una delle anime di Poche, collettivo di produttrici e musiciste elettroniche italiane.

Si è esibita alla Biennale di Venezia (2017), al Live Cinema Festival (2018), al Teatro degli Arcimboldi (2018), a Fotonica(2018), a Musei in Musica (2018), al Magnolia (2019), al Teatro dal Verme (2019), al Sinapsi (2019).

I suoi strumenti, oltre la voce, sono pianoforte, tastiere e loop station. Come autrice e compositrice scrive per spettacoli teatrali, performance, jingle e canzoni.

Credits

Valentina Mignogna Vocals
Fabio Sestili Synths + Drums programming
Andrea Allocca Guitars + Piano + Strings
Andrea Ciccarelli Additional Synths

Lyrics & Music: Valentina Mignogna

Production: Fabio Sestili
Additional production: Valentina Mignogna & Andrea Ciccarelli
Arrangement: Fabio Sestili, Valentina Mignogna, Andrea Allocca
Mix: Fabio Sestili & Andrea Ciccarelli
Mastering: Giovanni Versari @ La Maestà
Label: Ipologica
Artwork: Ultravioletto

Testo

Pulisco le abitudini
che sembrano cattive
e taglio le parole
che non so decifrare
Pulisco te
che sei pieno di polvere

Pulisco queste voglie
che mi portano a cadere
e cambio l’aria intorno
viziata di dolore
Pulisco te
che sei tutto disordine

E non ci si riesce
a capire più niente
Non ci si riesce
a scaldare l’ambiente
Mi ritrovo a piangere
e non so perché.

Pulisco questa testa
si perde e non risolve
e fermo la tua bocca
che macina incertezze
Pulisco me
e le ferite al margine.

Lo sai
che mi trovo adesso da sola
a contare i buchi nell’acqua
che si formano in mezzo
al mio asfalto
che salto
che evito
mentre tu
mi ripeti che non sai più niente
e non vuoi più decidere
Sento il mio cuore
che è pronto ad esplodere

Pulisco questa voce
dalle sue interferenze
e blocco questo circolo
di troppe incoerenze
Pulisco me
che non so stare immobile.

Pulisco i tuoi problemi
che mi fanno sbandare
e libero la stanza
dai pensieri sconnessi
Pulisco te
che provochi malessere.

Lo sai
che mi trovo adesso da sola
a contare i buchi nell’acqua
che si formano in mezzo
al mio asfalto
che salto
che evito
mentre tu
mi ripeti che non sai più niente
e non vuoi più decidere
Sento il mio cuore
che è pronto ad esplodere
Lo sai
che mi trovo adesso da sola
a contare i buchi nell’acqua
che si formano in mezzo
al mio asfalto
che salto
che evito
mentre tu
mi ripeti che non sai più niente
e non vuoi più decidere
Sento il mio cuore
che è pronto ad esplodere
Sento il mio cuore
che è pronto
è il momento…

Mi faccio un caffè.

“Imperfect (I’m Perfect), a Milano il progetto di Urban Art curato da Yuri Catania per sensibilizzare sulla piaga del tumore al seno

IMPERFECT (I’M PERFECT) è un progetto fotografico ideato da una donna che ha vissuto l’esperienza di un tumore al seno.

L’iniziativa artistica rientra nelle attività di prevenzione, sensibilizzazione e raccolta fondi di Follow the Pink, la campagna solidale di Fondazione IEO-MONZINO alla sua quarta edizione, che ha la missione di informare tutti sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce, e di supportare la Ricerca dell’Istituto Europeo di Oncologia sui tumori che colpiscono le donne. In particolare il sostegno sarà destinato al Women’s Cancer Center dello IEO, il primo centro in Italia riservato al mondo dei tumori femminili nella sua globalità: dalla gestione del rischio di ammalarsi, alla diagnosi precoce, alle terapie, fino al reinserimento nella quotidianità con il recupero del progetto di vita individuale.

Porta Genova-Milano, “Imperfect” by Yuri Catania
Porta Genova-Milano, “Imperfect” by Yuri Catania

Con il patrocinio del Comune di Milano, IMPERFECT presenta la più grande opera di street art realizzata con la tecnica della paste-up su una superficie pubblica, ad opera di Yuri Catania, che ha ritratto in fotografia 21 donne  e 1 uomo operati per un tumore al seno.

Il progetto verrà rivelato il 1 aprile e avrà luogo a Milano in Via Ventimiglia, dove l’installazione IMPERFECT rimarrà visibile fino a luglio 2023, sui muri del Gruppo Ferrovie dello Stato, concessi a titolo gratuito alla Fondazione IEO-MONZINO per il progetto.

L’IDEA DEL PROGETTO ARTISTICO

L’idea di IMPERFECT porta la firma di Giulia Ruggeri, mamma e osteopata, 42 anni, un marito e tre figli. La sua esperienza personale e la lotta contro un tumore al seno – è stata operata per un carcinoma mammario dal Dottor Pietro Caldarella, vicedirettore della divisione di senologia chirurgica dello IEO nell’aprile 2021 – l’hanno convinta a cercare di lasciare un segno positivo in cui si possano riconoscere tutte le donne che hanno vissuto il suo stesso percorso. È nata così l’idea di associare le cicatrici al Kintsugi, antica arte giapponese che utilizza l’oro per riparare la ceramica rotta. Da qui il contatto con il visual artist Yuri Catania che ha ritratto 22 corpi seminudi di donne che hanno vissuto un’esperienza oncologica, restituendone tutta la magnificenza e la bellezza femminile. I solchi, le cicatrici, i segni rimasti a seguito dell’intervento o degli interventi, vengono sovra dipinti dall’artista come in una performance a mano con vernice d’oro. L’arte di abbracciare il danno, di non vergognarsi delle ferite, e di poter accogliere una nuova identità è la delicata lezione simbolica che questo progetto desidera comunicare. Le cicatrici altro non sono che segni di vita, tracce di esperienza, solchi unici e pregiati che trasformano  le donne che li portano in esseri speciali e carichi di una nuova bellezza. Dall’imperfezione di una rottura nascono nuove forme di perfezione estetica superiori. IMPERFECT infatti si può leggere così o I’M PERFECT, con le lettere IM dorate a sottolineare il concetto.

Porta Genova-Milano, “Imperfect” by Yuri Catania
Porta Genova-Milano, “Imperfect” by Yuri Catania

IL PROGETTO

L’opera murale consiste nella rappresentazione fotografica di un’onda di corpi di 22 pazienti volontarie, 21 donne e 1 uomo, che con grande sensibilità sono state ritratte attraverso sessioni fotografiche dedicate:le pazienti hanno potuto “liberarsi” simbolicamente del loro corpo ferito (fuori e dentro) per divenire parte, attraverso la fotografia di Catania, di un’unica e grande opera “danzante”. I corpi ritratti come sculture neo-classiche inscenano una coreografia della rinascita di un corpo che riprende il volo, la libertà di essere. Qui diviene fondamentale la scelta creativa del fotografo: i ritratti molto dinamici della prospettiva e dei movimenti del corpo volutamente celano i volti, con il semplice ausilio delle luci, in modo da non cercare un contatto visivo diretto con l’identità della singola paziente. Rappresentano invece la scelta compiuta di un messaggio estetico a livello universale di riscatto attraverso il “gruppo” delle 22 IMPERFECT. Tale scelta è stata ispirata dalla statua della Venere di Milo, simbolo assoluto di bellezza neoclassica seppur priva degli arti. Il progetto fotografico vede il suo apice in una vera e propria performance corale tra l’artista e le pazienti nel realizzare attraverso la street art un’opera effimera ma “monumentale”. L’installazione prenderà vita nei giorni 1 e 2 aprile in via Ventimiglia, in zona Porta Genova.

Mai prima di oggi a Milano è stata concessa la possibilità di realizzare un’installazione di paste-up – la forma di arte urbana che utilizza la carta affissa al muro – di queste dimensioni: 120 metri di muro per oltre 360 mq di opera realizzata da un unico artista e in collaborazione con gli stessi soggetti ritratti e le loro famiglie per divenire un’unica “crew” di oltre 100 persone. A compimento del murales l’artista dipingerà attraverso l’utilizzo di un pennello con vernice oro (a simulare il Kintsugi) le crepe richiuse su tutti i corpi rappresentati. Il risultato finale sarà un’immensa rete di crepe dorate che connetterà tra loro questi “vasi” corporei lungo tutto il percorso dei 120 metri di questa grande tela su strada.

DOVE: A MILANO INTORNO A PORTA GENOVA

La scelta del luogo dove realizzare la mostra open air è stata identificata attraverso una ricerca sul territorio dell’area urbana di Milano: il muro perimetrale del tratto finale dei binari della Stazione di Porta Genova – che si estende dal parcheggio all’inizio di Via Ventimiglia, fino al passaggio pedonale che collega Via Ventimiglia e la Via Privata Bobbio con l’altro lato della ferrovia di Via Savona – si è rivelato la scelta più adatta.

Le caratteristiche del muro, che misura in lunghezza 120 metri, si prestano alla realizzazione dell’opera di street art presentata da Yuri Catania con la tecnica del paste-up; oltre a essere un luogo di forte passaggio, è un percorso pedonale e i muri divisi in sezioni sono 22 come i soggetti fotografati per il progetto. Infine, il progetto prevede la riqualificazione parziale delle facciate interne dei muri perché sono state ridipinte di rosa, colore simbolo della campagna Follow the Pink, contribuendo inoltre alla rimozione di scritte e graffiti lontani da una vera espressione artistica.

Porta Genova-Milano, “Imperfect” by Yuri Catania
Porta Genova-Milano, “Imperfect” by Yuri Catania

LA CAMPAGNA DI FUNDRAISING: adotta un muro, adotta una storia

Le realtà aziendali socialmente responsabili, che accompagnano le proprie strategie d’impresa con una visione etica e attenta allo sviluppo sostenibile delle proprie comunità di riferimento, sono sempre più numerose e in questo caso contribuiscono concretamente al progresso scientifico a vantaggio di tutti.

Fondazione IEO-MONZINO ha attivato una campagna di “adozioni” di porzioni di muro di IMPERFECT rivolta a tutte le realtà che si sono dimostrate interessate a diventare parte di questo progetto speciale: grazie dunque al generoso contributo di Camera Showroom Milano, Tessabit Luxury Boutique, Serates, Riccardo Grassi Showroom, Lookiero, Tiziana Fausti. Quanto raccolto verrà devoluto al Women’s Cancer Center dello IEO per consentire il progresso della ricerca sui tumori femminili.

LA CAMPAGNA DI FUNDRAISING PROSEGUE CON LA POSSIBILITÁ DI COLLEZIONARE I FRAMMENTI DELL’OPERA DI STREET ART IN QUADRI FISICI E NFT – NOT FUNGIBLE TOKEN

Sarà possibile acquistare l’opera di street art di via Ventimiglia in porzioni di muro montate su cornici e certificate dall’artista come pezzi unici o in NFT, a partire dal 1 aprile  La vendita sarà realizzata attraverso una pre-sale direttamente sul sito dell’artistawww.yuricatania.art e durerà fino al 30 giugno 2023.

Il contenuto di ogni quadro è costituito dai frammenti dell’opera che l’artista stesso staccherà dal muro per catalogarli in una griglia che permetterà all’acquirente di risalire, attraverso una fotografia dell’opera intera, a quale porzione di muro corrisponde il suo frammento. Un’idea unica nel suo genere che permetterà di rendere “eterna” e collezionabile un’opera di paste-up che a oggi è considerata effimera per sua stessa natura, essendo carta incollata a muro con amido di frumento. Metà dell’intero ricavato degli incassi di questa iniziativa sarà devoluto, da parte dell’artista, alla Fondazione IEO-MONZINO e all’associazione IMPERFECT di Giulia Ruggeri.

About YURI CATANIA

Narratore contemporaneo, 46 anni, è un visual artist. Per lui la fotografia è un mezzo per esaltare la bellezza e raccontare l’animo delle persone. Da oltre 20 anni lavora nel mondo della moda e dell’arte. Ha esposto al Palais de Tokyo e alla Galleria Perrotin con la curatela di Renè Julien Praz. Le sue opere viaggiano per mostre e fiere d’arte da New York a Basilea, Milano, Venezia, Zurigo e Colonia. Nel 2012 ha aperto il suo studio a New York e dal 2013 vive e lavora in Svizzera, dove ha aperto il suo atelier e con sua moglie la galleria d’arte CASAGALLERIA.ART nel comune di Rovio Val Mara nel Canton Ticino. Realizza nel 2021 la più grande opera di paste-up nella Svizzera italiana proprio nel suo comune di residenza a Rovio, oltre 120 installazioni fotografiche per il nucleo e le case del paese. Animo sensibile e raffinato, abbraccia progetti di beneficenza e dona tutto se stesso con lo scopo di far stare bene gli altri. La fotografia insieme all’arte hanno un grande potere terapeutico.

Photo credits Courtesy of Karla Otto Press Office

 

“Ascension”, in mostra a Roma il viaggio interiore del fotografo britannico Matthew Smith

Dal 13 aprile al 5 maggio, la AOC F58-Galleria Bruno Lisi di Roma promuove la prima mostra italiana dedicata alla recente serie “Ascension” realizzata dal fotografo e scrittore britannico Matthew Smith, curata da Camilla Boemio e sostenuta dall’Arts Council England.

Matthew Smith, “Ascension”
Matthew Smith, “Ascension”

La serie è un viaggio interiore dell’autore, iniziato durante la pandemia. Le foto sono strutturate in una narrazione romanzesca, in relazione con la città e la natura, interagendo con i sogni e l’immaginazione, espandendola con il mondo che ci circonda e creando un contesto trasognato ed onirico. Il timbro è fortemente esistenziale, marca lo stato d’animo armonioso e di grazia nel quale Smith ha percorso un flusso nel quale raccontare una storia. Il lavoro del regista Andrei Tarkovsky ha avuto una grande influenza sul suo linguaggio, se ne possono ritrovare le tracce anche in questo corpo di lavoro.

Matthew Smith, “Ascension”
Matthew Smith, “Ascension”

“Ascension” si compone di fotografie scattate a Londra, Venezia e Tokyo, che esplorano un territorio nascosto della mente e del cuore, attraversando il mondo esterno composto da un paesaggio urbano ibrido. Sono state scattate durante un periodo di profonda instabilità nella vita nell’autore, soprattutto per la morte della sua prima moglie, e riflettono un viaggio interiore che l’artista aveva bisogno di completare, attraverso la paura e il dolore, per riprendere il coraggio e ritrovare la lucidità mentale.

Matthew Smith, “Ascension”
Matthew Smith, “Ascension”

La serie unisce la fotografia di strada, quella di paesaggio e quella astratta, per costruire un mondo integrato in cui la realtà è aperta a nuove chiavi di lettura; Ascension si muove attraverso la luce e l’oscurità, la vita e la morte, per “rendere visibile l’oscurità”.

Matthew Smith, “Ascension”
Matthew Smith, “Ascension”

Secondo Boemio: «Le immagini di questa narrazione sono una costellazione sorprendente della vita che si fonde con il personale e il collettivo, unisce il trascendente alla scoperta del paesaggio. Di fondo l’intensità emotiva dialoga con una profonda spiritualità, in questo stato il sublime si diffonde nei particolari, nella scoperta della luce, nell’incedere delle ombre e nell’apparire della luna nell’acqua. Uno slancio che ci regala la percezione della vita composto da un poetico vocabolario visivo. La vita ancora, e ancora, che si svela nei dettagli, regalando stati visivi complessi e intercalati le cui svolte inaspettate aprono mondi inesplorati».

Il progetto fotografico ha ricevuto la menzione d’onore ai Lucie International Photo Awards 2020, nella categoria professionale Analogico/Film: Fine Art, nonché le menzioni d’onore al Tokyo International Photo Awards 2022 e al Moscow International Photo Awards 2021.

Matthew Smith, “Ascension”
Matthew Smith, “Ascension”

Inoltre, il photobook di Ascension verrà pubblicato nella primavera di questo anno da Red Turtle Photobook, e includerà il testo completo in prosa-poesia, che Smith ha scritto per accompagnare le quarantasei immagini che compongono la serie fotografica.

About Matthew Smith 
Matthew
Smith è un fotografo e uno scrittore che vive aLondra, nel Regno Unito. La sua prima serie fotografica, Chora, è stata esposta da Hagi Art, a Tokyo, nel gennaio-febbraio 2020, e al Landabout, sempre a Tokyo l’anno successivo. Ha esposto Chora anche all’Arte Spazio Tempo di Venezia, nell’aprile 2021.Il suo primo romanzo è The Waking (pubblicato da Wundor Editions, nel 2017). La sua prima raccolta di poesie è Sea of the Edge(pubblicata da Wundor Editions, nel 2018). Le sue poesie sono state pubblicate su riviste e periodici tra cui: The London Magazine, Acumen, Envoi, Poetry SalzburgReview e Orbis. È stato il vincitore del London Magazine Poetry Prize, nel 2018. Ha vinto anche l’Orbis Readers‘Award nel marzo 2019.

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“G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy” , il primo libro sulla storia di colui che ha reso celebre la moda italiana nel mondo

G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy” è il primo libro che racconta la storia di colui che ha reso grande la moda italiana nel mondo. Tutti sanno che è stato il ‘padre della moda italiana’, ma in pochi conoscono il lungo percorso che portò Giovanni Battista Giorgini a organizzare la leggendaria sfilata del 12 febbraio 1951 a Villa Torrigiani. L’evento con cui la moda italiana mosse i primi passi sulla scena internazionale, per poi ‘trasferirsi’, sempre su idea di Giorgini, nella Sala Bianca di Palazzo Pitti. E quasi nessuno sa che per poco la nascita della moda italiana non avvenne a New York invece che a Firenze.

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G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy è il primo libro che racconta questa storia straordinaria, che non riguarda solo la nascita della moda italiana ma appunto del Made in Italy, e lo fa attraverso una profonda rilettura dell’Archivio Giorgini, l’enorme documentazione da lui stesso lasciata, relativa alla sua vita sia privata che lavorativa. Il nuovo volume sarà presentato a Roma, sabato 25 marzo 2023 alle ore 16.15, al Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps, da Neri Fadigati (presidente Archivio Giorgini e curatore del libro), Daniela Calanca (Alma Mater Studiorum, Università di Bologna), Vittoria Caratozzolo (Sapienza, Università di Roma, con un incontro moderato da Alessio de’ Navasques.

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Un coffee table book di oltre 230 pagine, in inglese e italiano – edito da Gruppo Editoriale in collabo- razione con Polimoda – dove dell’archivio si svelano non solo le foto storiche, ma anche lettere, inviti, programmi, articoli e altri materiali dell’epoca. A questo importante apparato grafico si unisce il racconto corale di grandi firme italiane e internazionali, quali Gian Luca Bauzano, Daniela Calanca, Grazia d’Annunzio, Eva Desiderio e Sonnet Stanfill. Le cui penne ripercorrono la vita di Giovanni Battista Giorgini, a partire dai suoi primi viaggi negli anni Venti in America, dove proponeva ai buyer un campionario dei nostri migliori prodotti artigianali.

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In questi viaggi, nel dopoguerra, Giorgini notò il grande cambiamento sociale e di stile che stavano viven- do gli Stati Uniti. Parigi esercitava un grande fascino oltreoceano, ma la sua moda era elaborata, pom- posa e soprattutto cara. I buyer non vedevano l’ora di trovare abiti semplici e portabili con cui riempire le vetrine dei loro grandi magazzini, frequentati da giovani donne affaccendate tra lavoro e famiglia. Al- trettanto vogliose di spendere i soldi guadagnati per apparire carine e eleganti come le dive del cinema. Nasce da qui l’idea di organizzare una grande sfilata di abiti italiani in occasione della mostra Italy at Work.

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L’idea andò in fumo per il rifiuto del grande magazzino B. Altman & Co.. Giorgini però non si arrese e decise di portare il progetto della sfilata nella sua città. Fu quindi per questo diniego americano che la moda italiana è nata a Firenze e non a New York. Aprono il volume i contributi di chi Giorgini l’ha conosciuto, come lo stilista Roberto Capucci, e di grandi personaggi della moda come Ferruccio Ferragamo, Laudomia Pucci, Bruce Pask, Men’s Fashion Director di Bergdorf Goodman e Neiman Marcus, e Antonella Mansi, presidente del Centro di Firenze per la Moda Italiana. Una pubblicazione rivolta non solo agli appassionati che desiderano scoprire tutto su questo importante pezzo di storia italiana, ma soprattutto agli studenti di moda e ai giovani stilisti, che grazie all’attento lavoro di Polimoda sull’Archivio Giorgini, in queste pagine possono trovare i capi che hanno fatto la grande la moda italiana e i modelli, alcuni ormai di più di 70 anni fa, che risultano ancora oggi di grande attualità. Con firme come Simonetta, Schuberth, Fontana, Marucelli, Veneziani, Fabiani, Galitzine, Emilio Pucci, Roberto Capucci, Valentino e molti altri. “G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy è vendita nelle migliori librerie d’Italia, oltre che su gruppoeditoriale.com e sui principali portali di vendita online.

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– Cover  del libro G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy, edito da Gruppo Editoriale

– G.B.Giorgini 1955 N.A.G. credito Archivio Giorgini

– SimonettaSport_1957 credito Archivio Giorgini

– Valentino_1963 credito Archivio Giorgini

È Naba la migliore Accademia di Belle Arti italiana. Lo dice la classifica delle top 100 elaborata da QS World University Rankings® by Subject 2023

NABA, Nuova Accademia di Belle Arti per il terzo anno consecutivo si riconferma la prima e unica Accademia di Belle Arti italiana tra le migliori università al mondo per il settore Art & Design comparendo nella classifica delle top 100 elaborata da QS World University Rankings® by Subject 2023.

NABA, Nuova Accademia di Belle Arti
NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

QS World University Rankings® è la classifica internazionale più accreditata in ambito università, che analizza e ordina gli atenei per qualità. Per produrre i ranking di quest’anno sono state analizzate 1.594 istituzioni nel mondo, attraverso 54 discipline accademiche suddivise in 5 aree tematiche. Per il settore Art & Design, i criteri utilizzati in questa analisi comparativa indipendente sono stati, in particolare, due. Il primo, e più influente, è quello della Academic Reputation, che ha misurato quali istituzioni siano state più apprezzate dalla comunità accademica globale, chiamata a rispondere al sondaggio di QS (QS Academic Survey), la più grande indagine al mondo delle opinioni dei membri delle diverse facoltà. Il secondo, la Employer Reputation, ha valutato quali istituzioni vengano considerate dai responsabili delle assunzioni di tutto il mondo come i luoghi di formazione dei laureati e diplomati più competenti e talentuosi, pronti ad affrontare il mercato del lavoro.

NABA, Nuova Accademia di Belle Arti
NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

Al riguardo Guido Tattoni, NABA Dean, commenta: «Apparire per il terzo anno come la prima Accademia di Belle Arti italiana e tra le 100 migliori università al mondo per il settore Art & Design all’interno di una classifica prestigiosa come quella del QS World University Rankings® è sicuramente un risultato importantissimo, di cui essere orgogliosi. Un risultato che conferma la qualità dell’offerta didattica e del metodo di insegnamento di NABA, frutto di una forte vocazione alla ricerca e alla costante relazione con il contesto artistico e professionale. Un risultato che ci motiva a lavorare ogni giorno con impegno e passione per essere sempre al passo con le nuove esigenze della società contemporanea». NABA, Nuova Accademia di Belle Arti è un’Accademia di formazione all’arte e al design: è la più grande Accademia di Belle Arti in Italia e la prima ad aver conseguito, nel 1981, il riconoscimento ufficiale del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). Con i suoi duecampus di Milano e Roma, offre corsi di primo e secondo livello nelle Aree Communication and Graphic Design, Design, Fashion Design, Media Design and New Technologies, Set Design e Visual Arts, per i quali rilascia diplomi accademici equipollenti ai diplomi di laurea universitari.

NABA, Nuova Accademia di Belle Arti
NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

Fondata da Ausonio Zappa a Milano nel 1980, coinvolgendo in una prima fase Guido Ballo e Tito Varisco, e poi attivando un nucleo di artisti tra cui Gianni Colombo, l’Accademia ha avuto da sempre l’obiettivo di contestare la rigidità della tradizione accademica e di introdurre visioni e linguaggi più vicini alle pratiche artistiche contemporanee e al sistema dell’arte e delle professioni creative. Scelta da oltre 5.000 studenti, provenienti da tutte le regioni italiane e da oltre 90 Paesi del mondo, NABA combina un approccio multidisciplinare con il learning by doing e un profondo coinvolgimento nella vita artistica e culturale. Numerose sono, infatti, le collaborazioni con aziende e istituzioni italiane e internazionali che offrono agli studenti l’opportunità di svolgere esperienze multidisciplinari e di misurarsi con il mondo del lavoro creativo. Dal 2018 l’Accademia è parte di Galileo Global Education, uno dei principali player internazionali nella formazione superiore privata, rafforzando il suo percorso di crescita sino ad oggi.

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“Beau ha paura”, ecco il trailer del film distribuito da “I Wonder Pictures” con il premio Oscar Joaquin Phoenix

I Wonder Pictures presenta il trailer italiano di “Beau ha paura”, il nuovo, visionario film di Ari Aster, prodotto da A24 e nelle sale ad aprile. Il premio Oscar Joaquin Phoenix (“Lei”, “Joker”) è il protagonista della emozionante odissea di un uomo che attraversa varie stagioni della sua esistenza, tra sfide quotidiane e scenari imprevedibili, in una sorprendente epopea umana.

Dopo “Hereditary”, presentato al Sundance Film Festival nel 2018 e Midsommar, inserito fra i 10 migliori film indipendenti del 2019 dal National Board of Review Awards, il pluripremiato autore di culto Ari Aster torna a stupire il pubblico con un’opera che intreccia mistero e humor nero in un viaggio folle e immersivo. “Beau ha paura” è il terzo film A24 distribuito in Italia da I Wonder Pictures dopo il 7 volte premio Oscar Everything Everywhere All at Once e il 2 volte premio Oscar The Whale con Brendan Fraser, entrambi tuttora nelle sale.

“Beau ha paura”, credits Courtesy of Press Office
“Beau ha paura”, credits Courtesy of Press Office

«Siamo felici e orgogliosi di portare in Italia l’ultima opera di Ari Aster”, dichiara Andrea Romeo, fondatore e direttore editoriale di I Wonder Pictures “e ci fa piacere che la collaborazione con A24 prosegua con un film come Beau ha paura, capace non solo di intrattenere ed emozionare, ma anche di cambiare il nostro modo di sognare; un’avventura da scoprire e riscoprire e da cui lasciarsi sorprendere ogni volta, un film visivamente travolgente – negli Stati Uniti sarà distribuito nei cinema IMAX – che sentiamo già come molto atteso e crediamo abbia tutte le caratteristiche per diventare un vero e proprio caso cinematografico».

Scritto, diretto e prodotto da Ari Aster, “Beau ha paura presenta Joaquin Phoenix nel ruolo del titolo affiancato da un cast che include Nathan Lane (vincitore di un Emmy per “Only Murders in the Building” Tv, “The Producers – Una gaia commedia neonazista”), la candidata all’Oscar e al Golden Globe Amy Ryan (“Il ponte delle spie”, “Birdman”,“Gone Baby Gone”), con l’attrice nominata al Golden Globe Parker Posey (la serie tv “The Staircase – Una morte sospetta”, “Café Society”, “Scream 3”, “Superman Returns”, “BladeTrinity”) e la vincitrice di Grammy Patti LuPone (“American Horror Story” Tv, “L’accademia del bene e del male”). Prodotto da A24 e da Lars Knudsen e Ari Aster, “Beau ha paura” uscirà nelle sale italiane ad aprile distribuito da I Wonder Pictures.

Il trailer YouTube

:https://youtu.be/nH32UQU6K68

Con l’app “Vestiaire Collective” in città la moda parla italiano

Vestiaire Collective, l’app di moda di lusso di seconda mano, ritorna con una nuova campagna e una serie di affissioni in alcune delle principali città italiane. Dopo Milano, la nuova campagna approda anche a Bologna, Firenze, Torino e Verona, per parlare con ironia e leggerezza il linguaggio della moda.

Vestiaire Collective
Vestiaire Collective

A Bologna si racconta la qualità dei pezzi second-hand della piattaforma con lo slogan “La moda di seconda mano è come Cesare. Migliora col tempo”. A Torino, il brand comunica la disponibilità di splendidi item vintage con “Stile da Vecchia Signora. Ma il calcio non c’entra”. A Verona si parla agli abitanti nel loro stesso dialetto con “Non è vecio. È vintage”. Mentre a Firenze, culla dell’arte quattrocentesca, lo slogan “Il Rinascimento della moda” esalta la circolarità del fashion in modo conciso. E questi sono soltanto alcuni esempi.

Vestiaire Collective
Vestiaire Collective

A Milano, invece, capitale della moda, è stato riservato un trattamento speciale. Oltre ai manifesti in metropolitana e superficie, sui quali risaltano frasi come “Investi in borse, non in borsa” e “Una moda più sostenibile dell’avocado toast”, Vestiaire Collective ha presidiato uno degli spazi pubblicitari più famosi e vistosi della città: la maxi-affissione di via Melchiorre Gioia. Sui 2500 mq del billboard, le migliaia di persone che passano di lì leggono ‘Moda second-hand della Madonnina.’, un modo irriverente e d’impatto per comunicare il pregio dei capi di lusso presenti su Vestiaire Collective e l’essenza stessa del brand.

Vestiaire Collective
Vestiaire Collective

L’attività, firmata da We Are Social, prende elementi tipici del territorio e dà loro una forma che strizza l’occhio al mondo del fashion e ai principi di sostenibilità ed eleganza di Vestiaire Collective.

Photo credits Courtesy of Press Office

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