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Su Sky Arte HD il tubino secondo Chanel

Genio, stile e creatività. Il 1° ottobre 1926 Vogue America, tra modelli dai colori sgargianti, approdava per la prima volta un vestito semplice, di taglio diritto, lineare e nero che portava la firma di Coco Chanel: il tubino.

A 90 anni dalla celebre creazione che è diventata un classico della moda, Sky Arte HD vi racconta la sua storia nel documentario “E Chanel creò il tubino”, in onda sul canale (120 e 400 di Sky) l’1 ottobre alle 21.15 in prima visione.

Per Vogue è il modello destinato a diventare una sorta di uniforme per le donne di tutto il mondo e, a distanza di novant’anni, le parole della rivista di moda risuonano come una profezia:il tubino diviene in poco tempo la cifra di Chanel e un “must” del guardaroba femminile.

Courtesy of Press Office
Courtesy of Press Office

Dopo Chanel è stato il cinema a fare del tubino il costume più adatto per esprimere nuovi modelli di femminilità: Rita Hayworth, Lauren Bacall, Marilyn Monroe, Anita Ekberg, e, nel 1961, Audrey Hepburn con Colazione da Tiffany lo consacra per sempre come classico chic

“Grazie a me anche le donne meno abbienti possono vestirsi come milionarie.”  Così Chanel sfidava non solo i contemporanei ma anche i futuri protagonisti del mondo della moda, con un capo che rompeva le regole e le differenze di classe perché semplice ma allo stesso tempo elegante ed economico.

Il documentario “E Chanel creò il tubino” scritto e diretto da Adolfo Conti e prodotto da Doc Art per Sky Arte HD, andrà in onda l’1 ottobre in prima serata all’interno di una giornata di programmazione interamente dedicata alla moda e alle sue icone. L’hashtag della giornata sarà #FashionDay.

Un film e un paio di occhiali, per omaggiare Peggy Guggenheim

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Carismatica, eccentrica, dalla bellezza non convenzionale, stiamo parlando della donna dell’arte, parliamo di Peggy Guggenheim!

Una vita dedicata alla sua più grande passione, quella che le ha dato l’opportunità di venire a contatto con le personalità artistiche di spicco del suo tempo e che le ha fatto vivere appassionanti storie d’amore. Dopo quasi quarant’anni dalla sua morte è giunto nelle sale il docu-film che racconta la sua vita, Peggy Guggeheim:Art Addict. A dirigere tale progetto è Lisa Immordino Vreeland, moglie del nipote del mitico direttore di Vogue America, Diana Vreeland. La Immordino è l’autrice dello stesso film Diana Vreeland: The Eye has to travel, e ancora una volta sceglie una personalità di grande spessore, un’appassionata collezionista e mecenate. Punto di partenza del regista sono quegli occhiali un po’ bizzarri creati per Peggy dallo stesso Edward Melcarth, quegli occhiali ad ali di farfalla che diventeranno la sua firma e l’espressione della sua filosofia. Incipit non solo del docu-film a lei dedicato, ma anche per Safilo che vent’anni dopo aver reso omaggio all’iconico occhiale, proponendone un remake nel 1984, oggi per festeggiare l’80esimo anniversario dell’azienda, produce una nuova limited edition in acetato blu, con lenti specchiate, in tono e profili a contrasto brown.

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 «Con il docu-film Peggy Guggenheim: Art Addict raccontiamo in modo divertente la sua storia celebrando il suo talento. Indossando questo modello, rivisitato da Safilo, dei suoi iconici occhiali a farfalla, chiunque potrà entrare nel mondo di Peggy Guggenheim e nella sua storia condividendo la sua visione», afferma Lisa Immordino Vreeland, regista del film distribuito da Feltrinelli Real Cinema e Wanted. Un ritratto dell’ereditiera e collezionista d’arte è quello che il film propone, un salto nella vita caleidoscopica di una donna straordinaria che ha fatto della propria passione uno stile di vita.

«Delle varie foto della Guggenheim quelle in cui indossa gli occhiali di Melcarth sono le mie predilette perché enfatizzano la sua forza di carattere», aggiunge ancora la regista. Respirava, mangiava e viveva arte Peggy Guggenheim, che nel 1938, a soli quarant’anni apre una propria galleria d’arte, la Guggenheim Jeune. La sua carriera influenzerà profondamente l’arte dell’ultimo dopoguerra e grazie alla conoscenza di illustri artisti del tempo che la giovane Peggy avrà modo di aprirsi alle straordinarie forme artistiche che impregnavano il contesto culturale del quale faceva parte. Fu Samuel Beckett a spronarla affinché nascesse in lei un interesse per l’arte contemporanea, mentre Marcel Duchamp le insegnerà, quello che la stessa Peggy definirà “la differenza tra l’arte astratta e surrealista”.

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Per prima espose a Londra Vasily Kandinsky, mentre la sua prima mostra fu dedicata a Jean Cocteau. Colleziona opere, determinata ad “acquistarne una al giorno”, poiché il suo più grande sogno era quello di aprire un museo che includesse tutta la sua collezione. Quel sogno si avvera e nell’ottobre del 1942 inaugura la sua galleria/museo Art of This Century. «Indossai un orecchino di Tanguy e uno di Calder, per dimostrare la mia imparzialità tra l’arte surrealista e quella astratta», ricorda la Guggenheim di quella sera. Ma il carisma di Peggy non si fa attendere in Europa, dove nel ’48 acquista Palazzo Venier dei Leoni a Venezia. Qui espone le sue collezioni e dà sostegno ad artisti europei, grazie alla quale riescono a farsi strada nell’intricato mondo dell’arte. In questo splendido museo, ancora oggi è possibile ammirare la più straordinaria collezione d’arte europea ed americana del XX secolo.

Trendsetter: chi influenza realmente la moda?

Ci sono persone che hanno la capacità di anticipare le tendenze, di influenzare con i proprio gusti la moda e di essere anni luce avanti in tema di scelte stilistiche. Si tratta dei cosiddetti “Trendsetter”, gente con una spiccata attenzione e propensione per la moda, capaci di dare risposte geniali ai diversi stilisti delle grandi marche, ma anche ad orientarne le scelte.

Si possono trovare in qualsiasi posto, a qualsiasi livello della scala sociale e in qualsiasi lavoro. Si possono trovare per strada, nei piccoli centri. Sono giovani che la mattina si alzano e danno spazio alla loro fantasia, che si tramuta nel vestiario in abbinamenti che poi riescono a fare tendenza. È sotto i loro giubbini che si nasconde la capacità di creare ciò che viene definito fashion.

Ma di trendsetter ce ne sono anche tra i personaggi famosi. La maga indiscussa in questo settore, colei che è riuscita a fare del proprio gusto in fatto di vestiti un mestiere, divenendo una delle donne più celebri nel mercato della moda è Anne Wintour. È lei il monarca assoluto, da Ancient Regime, della moda mondiale, è una regina, una Maria de Medici dell’eleganza, quella massima star tra le famose “celebrity” che da ormai 17 anni, dirige il più autorevole mensile di moda, Vogue America. Ogni stilista per essere definito tale deve passare sotto il vaglio di questa donna, che realmente sa essere mille anni avanti tutti gli altri. E’ lei che detta tutte le mode e ogni uscita del suo Vogue è una scoperta. O piuttosto una risposta a quanti si chiedono: cosa sarà di tendenza nella prossima stagione?

Ma oltre questa la regina indiscussa della moda, ci sono anche altre celebrità che hanno cercato di fare del proprio gusto e del proprio stile un cavallo di battaglia. Basta ricordare la fondatrice e forse unica componente della cosiddetta “Heroin art”: è Kate Moss, la modella super magra, sempre fuori dagli schemi, ma sempre in prima linea in fatto di scelte stilistiche. A scoprirla furono gli scatti di Corinne Day, la fotografa deceduta solo qualche tempo ma che ha lasciato una forte impronta di sè. A dispetto di uno stile fotografico classico e patinato, tipico delle riviste di moda, la Day propose un genere crudo, non ritoccato, personale, diverso. Come diversa era la bellezza ricercata dalla fotografa, che quasi impose a riviste e agenti, la giovane Kate Moss.

Sembra strano dirlo, ma la modella rappresentava qualcosa di atipico, rispetto ai canoni estetici dei primi anni Novanta. E la copertina che fece “esplodere” il tutto fu quella del 1990 scattata per The Face di una Kate Moss giovane, con le lentiggini e senza neanche un fino di trucco. Ma passeranno ancora alcuni anni, prima che il fenomeno diventi allargato e ufficializzato tanto da arrivare nel 1993 sulle pagine di Vogue. E da allora la modella non ha più lasciato le passerelle, anzi. È diventata una delle donne che più le influenzano.

Ma non serve andare troppo in là. Perché c’è anche gente comune, quelle ragazze e quei ragazzi che si incontrano per strada, nelle stazioni e nei bar, che sanno dare uno stile al loro abbigliamento. E sono proprio loro che fanno la moda reale, quella low cost e di tutti i giorni.

by: Valeria Pacelli

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