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“Art Is (Not) A Game”, alla galleria Rosso20sette di Roma la prima personale della street artist Laika

Verrà inaugurata sabato 11 marzo, alle ore 18.00 negli spazi della Galleria d’Arte Rosso20sette arte contemporanea di Roma, la prima mostra personale della street artist Laika dal titolo “Art Is (Not) A Game”, a cura di Tiziana Cino e Stefano Ferraro e accompagnata da un testo di Edoardo MarcenaroLaika, che ama definirsi una “attacchina romana”, è un’artista attiva dal 2019, con un nome omaggio alla cagnolina Laika, primo essere vivente nello spazio.

Art is (not) a game ripercorre la sua “arte senza filtri”, con una serie di opere divenute iconiche. Tra queste: l’opera dedicata a Patrick Zaki eGiulio Regeni (L’abbraccio), a Gino Strada (Le lacrime di Kabul), ad Angela Davis (Sweet Black Angel), e poi la serie No Eyez On Me Project con i ritratti di Greta Thunberg (Barbie Girl) e Matteo Salvini (Baywatch).

Ad impreziosire la mostra, poi, ci saranno anche le opere più politiche dell’artista, veri e propri manifesti: da Iustitia, dedicata a Mimmo Lucano, a Es Ley, sulla legalizzazione dell’aborto in Argentina, fino a Mir, invito alla pace e al disarmo. E ancora il lavoro realizzato sulla rotta balcanica dedicato ai migranti Life Is Not A Game – da cui prende il titolo anche l’omonimo film di Antonio Valerio Spera in cui Laika è protagonista.

Non solo carta e tele, però. Verrà esposta infatti anche l’installazione Futuro, composta da una tavola optometrica realizzata su legno smaltato, presentata per la prima volta nel 2021 a Francoforte, con le lettere che si riducono sempre più mettendo a dura prova la vista nel leggere una sola parola: “Futuro”. Laika è attualmente in mostra anche presso la collettiva Jago, Banksy, TVboy e altre storie controcorrente a Palazzo Albergati (Bologna). “Art Is (Not) A Game” è la sua prima mostra personale e sarà visitabile fino al 22 aprile 2023.

La street artist Laika, credits Courtesy of Press Office
La street artist Laika, credits Courtesy of Press Office

About Laika

Laika è una street artist italiana. Il nome nasce come richiamo al primo essere vivente giunto nello spazio, la cagnolina Laika, nata nel 1954. C’è anche un riferimento alla Leica, la famosa macchina fotografica. La scelta di Laika come nome d’arte è legata al concetto di voler “puntare allo spazio”, di non porsi mai dei limiti. Puntare allo spazio, inoltre, permette di osservare il mondo da lontano, per avere una visione più ampia, senza limiti. Laika ha deciso di non svelare la propria identità indossando una maschera. L’anonimato, infatti, le garantisce una maggiore libertà espressiva e distoglie l’attenzione dagli aspetti della sua vita personale facendoci concentrare solo ed esclusivamente sui suoi messaggi. Inizia la sua attività nella primavera del 2019, cominciando ad attaccare degli sticker nella sua città, Roma, ma la fama internazionale arriva all’inizio del 2020 con le sue due opere più famose: Jenesuispasunvirus, l’opera (una delle prime al mondo dedicate al COVID19) che denuncia gli atti di razzismo contro la comunità cinese prima dello scoppio della pandemia; L’Abbraccio, il celebre poster dedicato a Patrick Zaki e Giulio Regeni attaccato nei pressi dell’Ambasciata egiziana di Roma. Il fascino misterioso di questa figura, quasi “asessuata”, ha portato da più parti a definirla come “la Banksy italiana“, definizione attribuita per lo più dalla stampa internazionale. D di Repubblica l’ha inserita tra le “100 Donne che cambiano il mondo” del 2021. Alcune sue opere sono esposte a Bologna presso Palazzo Albergati nella mostra collettiva “Jago, Banksy, TV Boy e altre storie controcorrente”.

La sua attività è stata oggetto di un docufilm dal titolo “LIFE IS (NOT) A GAME” diretto da Antonio Valerio Spera, presentato alla 17a edizione del Roma Cinema Fest nella sezione Freestyle e che le ha fatto guadagnare un Nastro D’Argentocome “Protagonista dell’anno 2023”.

Motorefisico: «La sfilata del futuro? Sarà contaminata dalla Digital Art»

Un singolare métissage tra arte digitale e street con esperienze optical fantascientifiche nelle opere visual del duo creativo romano formato dai designer Gianmaria Zonfrillo e Lorenzo Pagliara che, dal 2015, con “Motorefisico” hanno conquistato il panorama italiano e internazionale grazie alle loro installazioni visive che guardano alla pixel art di Krayon e ai pattern di Sten & Lex. Tra contaminazioni urban e psichedeliche. Un sogno nel cassetto per la coppia di artisti? La sfilata di moda del futuro.

Partiamo dal nome

«Desideravamo un nome italiano di senso compiuto,. Il “motore fisico” è la traduzione delle leggi della fisica nei vari mondi virtuali creati dall’uomo»

Gli artisti ai quali vi ispirate?

«Street artist contemporanei che lavorano sulla composizione visiva e optical.  Ci piacciono molto i pattern di Sten & Lex e la pixel art di Krayon per quanto riguarda la Street Art italiana. A livello mondiale ci lasciamo ispirare da Felipe Pantone e Cruz Diez. Per  la parte digital guardiamo spesso i lavori dei Quiet ensemble (Italia) e dei 404.zero (Russia)».

Cos’è  l’arte digitale?

«Ci sono diverse forme di arte digitale,  tutte passano dall’utilizzo di dati campionati da uno strumento e trasformati da un computer. Quando si realizza un’installazione interattiva si usa un sensore di movimento che fornisce i dati al computer che le trasforma in immagini»

I lavori ai quali vi sentite più legati?

«Siamo legati un po’ a tutti i nostri lavori, ognuno ha la sua storia dietro. Siamo molto affezionati alla scalinata di 300 metri quadrati che abbiamo realizzato a Miami, sia per la grande metratura che per l’importanza della location: il Mana Wynwood Convention Center. L’opera è stata realizzata in occasione del III Points Festival, essere all’interno di una kermesse di queste proporzioni è sempre un’esperienza meravigliosa».

Chi è la mente e chi il braccio tra voi due?

«Lavorando insieme ci si divide i ruoli, in ogni lavoro ognuno dei due ha delle cose che fa più spesso, ma siamo sicuramente entrambi mente e ancor più braccia. Li alterniamo a seconda della tipologia di progetto».

Realizzate fantascientifici allestimenti site specific.

«Si tratta di installazioni legate al luogo in cui si trovano e richiedono una grande quantità di sopralluoghi per rilevare la location, in aggiunta ci vuole molta progettazione. Operiamo su installazioni cinetiche o luminose, solitamente composte da sottili fili di tessuto. L’obiettivo è creare un oggetto geometrico immersivo che cambia in base alla prospettiva di osservazione.

Avete  mai pensato di creare installazioni per i fashion show? 

«Sì, sarebbe un’opportunità molto stimolante quella  di realizzare allestimenti per il mondo della moda, per il momento non è ancora accaduto. I nostri brand preferiti? Marcelo Burlon, Iris van Herpen e Gareth Pugh».

Come sarà la sfilata di moda del futuro?

«Un fashion show contaminato dalle più moderne forme di arte digitale e installative.  Col passare del tempo le influenze estetiche offerte da questi mezzi diverranno immersive e coinvolgenti».

A cosa state lavorando?

«Inizieremo presto il cantiere di Healthy Color, il nuovo locale del rapper Sfera Ebbasta, il calciatore Andrea Petagna e del creative director Marcelo Burlon. In parallelo pensiamo ad un progetto in realtà virtuale che sarà svelato entro dicembre. E  siamo già all’opera come consuetudine su alcune  installazioni natalizie».

 

 

Street Art in movimento con le opere di “BOL” per impreziosire Roma

Il rapporto tra la Street Art e la riqualificazione urbana è ormai un binomio consolidato e vantaggioso, un ottimo strumento su cui investire per impreziosire la città ed in particolare i quartieri periferici che spesso vivono situazioni sociali ed economiche difficili.Facendo propria questa “vocazione”, il Centro Primavera prosegue il suo importante progetto di riqualificazione della Galleria Commerciale e degli spazi comuni, avviato durante lo scorso anno, iniziativa che lo ha portato ad accogliere la propria clientela in un ambiente rinnovato ed al passo con i tempi, con l’introduzione di nuovi importanti servizi. Si tratta di un progetto attivato per avvicinare il Centro alla cultura underground del quartiere, supportato anche da un linguaggio di comunicazione diretto ed accattivante, con uno stile grafico ispirato ai tratti tipici degli street artists.

A questa iniziativa, che vede l’arte al centro della trasformazione dell’edificio, vanno ad aggiungersi due nuovi tasselli. Fino al 27 settembre, l’artista di Street Art Pietro Maiozzi, in arte BOL, realizzerà, con il supporto del suo gruppo di lavoro, murales di sapore vintage a tema “giochi” appartenenti alla memoria collettiva (ad esempio la campana e la dama). Poter dipingere con lo stile dei graffiti, che dal 1990 mi vede attivo nella mia città, è importante perché rappresenta la cultura che più si avvicina ai giovani di oggi. Il graffiti-writing è una delle discipline dell’Hip Hop che avvicina i giovani a dei valori positivi soprattutto per quanto riguarda la socialità, la condivisione dei saperi ed il rispetto della diversità […] Questo è il mezzo che utilizzo realizzando le mie pitture sui muri pubblici o privati e che rinnova in me ad ogni opera la voglia di trasmette messaggi positivi alle nuove generazioni”.

Courtesy of Press Office
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BOL trasformerà l’intero pavimento della terrazza del Centro e le aree comprese presso gli sbarchi degli ascensori dei piani -1 e -2. Questi interventi andranno ad integrarsi alle altre zone già rinnovate in chiave “street style”, creando in questo modo un connubio artistico che rispecchia lo spirito giovane e dinamico del quartiere d’appartenenza.

Del progetto di riqualificazione della Galleria fa inoltre parte il contest” pittorico che si svolgerà in collaborazione con il Liceo Artistico “Enzo Rossi” di Roma dal 4 al 6 ottobre: dieci studenti interpreteranno la loro visione sul tema “I giovani, il mio quartiere e la street art” realizzando, su apposite tele di cm 150×50, le loro opere.

Tutte le creazioni prodotte dagli studenti nel corso della “Live Art Performance”, saranno esposte nel Centro Primavera nella mattinata di sabato 6 ottobre; nel pomeriggio, dalle ore 17.00, alla presenza di una giuria, saranno premiati tutti gli studenti; gli autori delle tre opere giudicate migliori riceveranno un premio in buoni acquisto da spendere all’interno della Galleria.

Courtesy of Press Office
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BOL

All’anagrafe Pietro Maiozzi, nasce nel quartiere periferico di Centocelle nel 1970, a Roma. Nel 1990 è uno dei primi writers di graffiti della sua città. Da qui parte la ricerca che lo accompagna in tutti i passaggi della sua vita, dalla presa in prestito dei treni e dei muri di Roma, usati come tele, alla stessa città che gli riconosce un ruolo di rilievo nello sviluppo creativo e gli affida giovani artisti da educare al rispetto verso il bene comune attraverso le loro opere. Una storia testimoniata da fotografie di opere e graffiti in parte scomparsi, ma mantenuti vivi da molteplici pubblicazioni e soprattutto da commenti emozionati di migliaia di persone che hanno con lui condiviso diverse esperienze: dai momenti artistici e politici alti, mostre internazionali in location istituzionali, commerciali, private, in eventi di massa o fini a se stessi, di quartiere, underground, con artisti alle prime armi e laboratori con ragazzi “borderline” come i detenuti del Carcere Minorile Casal Del Marmo. Attualmente è impegnato in diversi progetti artistici di tipo istituzionale, commerciale ed underground. Lavora come grafico ed illustratore creativo, dipinge, disegna e realizza customs interattivi utilizzando anche giocattoli riciclati, ma è l’ideazione e produzione di canvas toys in resina ed in serie limitata in vinile (tra cui il suo personaggio “Lallo il Pappagallo” e “Squiddy” in collaborazione con Giulia Rotelli), che lo rendono uno tra i principali esponenti della scena dei designer toys capitolina. 

Courtesy of Press Office
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BOL porta da sempre, nella propria produzione, quella che ritiene la migliore eredità degli anni ‘70, l’idea di un mondo felice, possibile e in cui soprattutto la conoscenza sia accessibile a tutti, indistintamente. Crede profondamente nell’insegnamento e nel possibile sviluppo della creatività e per questo organizza da anni laboratori senza insegnanti in cui rapporta la propria esperienza artistica alla pari dei partecipanti stimolandoli con esercizi di stile e ricevendone stimoli a sua volta. La sua ricerca stilistica parte dallo studio delle lettere, nel graffiti-writing, per poi approdare al disegno di pupazzi che le affiancano migliorandone l’aspetto comunicativo. Parallelamente lavora sulla rappresentazione più intimista dei “tubismi”, sinuose linee parallele che si intrecciano ad esprimere esperienze quotidiane. Queste ultime due (pappagalli e tubismi) ancora oggi lo accompagnano sui muri delle città, nei suoi giocattoli e nelle altre opere che realizza per divertirsi insieme ai cosiddetti “spettatori”, che lui considera parte fondamentale dell’opera stessa. 

http://www.bolgraf.it

Centro Commerciale Primavera

Posto in un quartiere tra i più popolosi di Roma, il Centro Commerciale Primavera si caratterizza per il suo design interno curato in collaborazione con IED – Istituto Europeo di Design – network internazionale di prestigio, riconosciuto a livello europeo, all’avanguardia nei campi del design, dell’architettura e della comunicazione visiva. Fra gli elementi di pregio, le dimensioni non eccessive che semplificano gli acquisti all’interno della Galleria e la verde terrazza pubblica, spazio in cui rilassarsi e godere di un luogo adatto a tutti.

Ville Lumière e Città Eterna: Insieme per “Les jours de France a Roma”

http://www.lesjoursdefrancearome.it/
http://www.lesjoursdefrancearome.it/

Les Jours de France à Rome è un’iniziativa culturale che contribuisce alla realizzazione del programma di scambi culturali tra Roma e Parigi, realizzata con il sostegno e la collaborazione di Roma Capitale e dell’Ambasciata di Francia in Italia.

Giunta alla quinta edizione la manifestazione, il cui inizio è avvenuto il 6 maggio con la Conferenza sulla “Street Art and the City”, si è snodata per tutto il mese celebrando la nuova partnership culturale tra il Municipio I di Roma Capitale ed il XIII° arrondissement de Paris, dove oltre alla proiezione di film e al tradizionale palinsesto di iniziative che ripercorrono le più significative esperienze del cinema italiano e francese, il programma affronta in una conferenza internazionale e in una grande mostra, dal 7 giugno al 17 agosto “Paris-Rome/Roma-Parigi i giorni della street art” ospitata al Macro Testaccio, il fenomeno della Street Art e del suo apporto alla rivoluzione dell’arte contemporanea e della sua potenzialità nel contesto della riqualificazione urbana.

La mostra “Paris-Rome/Roma-Parigi i giorni della street art” è un percorso comparato tra i linguaggi della street art di nuova generazione, che ha lo scopo di sottolineare il valore culturale del movimento artistico della Street Art che, come si legge nel programma ufficiale “sta riuscendo a diffondere nuovamente il dialogo dell’arte con le masse”.

Les Jours du Street Art è la rassegna creata nell’ambito del progetto Avanguardie Urbane ed è inserita nel progetto culturale Les Jours de France a Rome, ponendo a confronto le maggiori e più popolari personalità artistiche francesi e italiane con lo scopo di far emergere dall’underground l’assoluto valore culturale di questo magnifico movimento di arti visive ultracontemporaneo.

La Street Art è dunque un fenomeno che riesce ancora a diffondere il dialogo dell’arte con le masse caratterizzandosi sempre più come il fenomeno culturale più partecipato al mondo. La rassegna esposta al Macro rappresenta dunque la chiusura del progetto di scambio culturale tra le due capitali, Tandem- Parigi/Roma Roma/Parigi, che a partire dallo scorso febbraio 2014, ha realizzato eventi teatrali, musicali artistici e letterari in entrambe le città.

Un’occasione unica quindi per esplorare una nuova forma artistica che avvicina e sensibilizza le masse al problema del degrado urbano e alla necessità di riabilitare le zone dimenticate della città, in un affascinante confronto tra artisti. Un’arte che propone soluzioni, che reinventa nuovi valori culturali da mettere concretamente al servizio delle città e della cittadinanza.

Dimmi che murale indossi e ti dirò che donna sei!

La street art per una volta ha lasciato il proprio habitat naturale e si è trasferita sulle passerelle dell’Alta Moda. Infatti abbandonando momentaneamente le strade metropolitane, spesso grigie e degradate, ma veri e propri musei a cielo aperto costituiti da enormi tele murarie su cui artisti, anonimi e non, danno sfogo alla propria creatività, i murales sono diventati elementi scenografici e contemporaneamente soggetti delle sfilate di Miuccia Prada (vedi il video).

Ormai la critica sta dando il giusto valore a opere che assurgono ad avere dignità artistica a tutti gli effetti, non solo per come sono realizzate, ma anche per il messaggio sociale che veicolano (basti pensare alle opere del più famoso writer del mondo, Banksy). Non è un caso, infatti, che Prada, da sempre impegnata in ambito civile e  politico, abbia voluto chiamare dei writer di fama internazionale, le cui gigantesche immagini decorano edifici di tutto il mondo.

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Prada, collezione P/E 2014 – Foto: Ansa

Si tratta di Miles “El Mac” Gregor, Mesa, Gabriel Specter, Stinkfish, Jeanne Detallante e Pierre MornetOgnuno dei writer ha un proprio stile e utilizza tecniche diverse con richiami a modelli differenti, che vanno dalla pittura di Caravaggio a quella di Klimt, alla fotografia all’illustrazione agli stencil. Sono personalità artistiche dalla formazione spesso accademica e dai percorsi variegati, anche legati alla moda, ma tutti, attraverso la propria originalità creativa sembrano, esattamente come Prada, aver tenuto come punto di riferimento i murales del messicano Diego Rivera (marito della pittrice Frida Khalo), che attraverso i propri lavori esprimeva negli anni ’20 e ’30 i propri ideali comunisti di lotta per la libertà e l’uguaglianza sociale.

 Rivera

In questo modo la stilista che ha riprodotto le opere dei 6 anche sugli abiti da lei disegnati, ha lanciato un messaggio ben preciso. Non è certo la prima volta, infatti, che i vestiti sono stampati con immagini che riproducono icone di ogni periodo (basti pensare ai mosaici bizantini della collezione di Dolce e Gabbana), ma nel suo caso si tratta di qualcosa di diverso, perché le donne raffigurate da questi artisti vogliono essere emblema di una femminilità  che rivendica il proprio ruolo attivo e combattivo nel mondo. In the Heart of the Moltitude è il titolo di questo lavoro artistico-sociale, in cui, in mezzo alla massa, ogni donna, sempre troppo poco presa in considerazione, deve emerge con la propria forte personalità, che qui è resa attraverso i tratti del volti, decisi e unici, tracciati con colori accesi e contrastanti, che richiamano anche quelli della Pop Art. Sono l’animo e la personalità femminili, così, a campeggiare ed essere portatrici del vessillo etico di Prada, così come lo sono a Città del Messico i murales di Rivera.  Attraverso i volti che la stilista ha voluto riprodurre su accessori e abiti -che con i finti reggiseni ricamati sopra sembrano anche corazzati- emerge l’idea generale di una donna delicata, ma dalla personalità incisiva, che si fa largo a testa alta tra le difficoltà e il degrado metropolitano, in qualsiasi modo venga dipinta.

Prada 2Prada cappottoPrada 1

Del resto è lo stesso principio con il quale il writer Rone decora i muri di tutte le città del mondo abbellendoli con ritratti e manifesti di donna. Dall’Australia agli USA, dal Messico alla Germania, sembra che le sue gigantografie richiamino Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”. Come dire che solo la bellezza, quella interiore, data da una delicatezza d’animo che solo le donne possono avere, è in grado di rendere migliore ogni luogo, portando rinascita anche nel quartiere più degradato e fatiscente, così come in una società ancora maschilista e violenta.

A questo punto sta proprio alle donne di ogni età voler dimostrare di essere quello che Prada e Rone indicano al mondo, perché, come afferma la stilista: “L’abito è quello che ci rappresenta. I nostri vestiti non passano inosservati”. Dunque che ognuna    si faccia un murale vivente, in qualsiasi strada di qualsiasi città.

Rone al lavoro Rone Shy

 

Prospettive Underground | Rome Graffiti 0.11

Arte, crimine, kitsch. Una Roma nascosta, lontana dai sanpietrini e dalle vestigia storiche. La street art continua a contaminare le grandi metropoli. New York, Detroit, Berlino, ed ora anche Roma. Centinaia di scritte colorate colorano e rivalutano spazi urbani dimenticati dai più.

Animaleschi volti bianchi in puro stile lowbrow , testimoni clandestini del cambiamento, dello scorrere del tempo della capitale. Cittadini quasi onorari danno il benvenuto ai turisti che escono dalla stazione Termini per immergersi nella città museo en plein air. Come molti dei loro amici clochard  parlano un linguaggio astratto, creativo, fatto di slang e poesia. Ognuno di loro racconta un mondo, un concetto, una realtà che sempre più si tende a sotterrare, secondo la filosofia che ciò che non si vede non esiste. I writer vengono così etichettati come criminali, solo perché danno sfogo alla loro esigenza di comunicare il loro disagio, ma anche le loro emozioni. Dai vestiti, agli accessori ai mattoni si cerca di creare un collegamento tra ciò che è stato e ciò che sarà. In passato fu proprio la città di Roma protagonista di significative opere murarie, che con la loro sopravvivenza hanno permesso di decretare la nascita della lingua latina. Le basiliche e le chiese della capitale mostravano immagini e frasi proprio per educare anche le masse analfabete. Ora, paradossalmente, tutto ciò viene continuamente cancellato.

Per trovare quindi espressioni individuali, prive di strumentalizzazione bisogna scendere nelle stazioni e nelle metropolitane. I sotterranei ferrosi e tristi della stazione di Termini si colorano di arte. Tag, parole, vignette si ripercorrono dai vagoni alle istallazioni artistiche, dalle microfibre stampate alle perfomance musicali estemporanee. Un mondo segreto che sfugge agli occhi delle persone vittime della routine giornaliera ma che ogni giorno è presente, nonostante tutto, nelle strade come nei musei ad accompagnare i sogni e le speranze di una sottocultura.

“Arte o crimine? Giudicate voi “

Rebecca Midwood tra retrò e raffinatezza

Pochi ingredienti, tutti essenziali. Un po’ come il classico panettone della nonna, che piace a tutti e non fa male. È questo l’impasto che Rebecca Midwood, artista statunitense, ha usato per fare della street art un ottima ricetta di stile ed eleganza.

Sui muri da Los Angeles ad Austin, ha messo in pratica la sua arte fatta di graffiti, dai lineamenti semplici, che riproducono modelle anni ‘50. Retrò e raffinatezza, sono questi gli elementi che rendono le sue creazioni poco invadenti, anzi. Sono un ottimo ornamento sui grattacieli delle metropoli come delle periferie Usa.

Rebecca Midwood, in arte Becca, si afferma così nel modo dei writers e della street art. Ma non è una dilettante. Ha infatti una lunga esperienza alle spalle nei diversi istituti artistici. Nel 1988 ha frequentato nell’università di Yale alcuni corsi estivi di grafic design, dopo aver conseguito un diploma in pittura a Richmond, in Virginia. Poi nel ‘93 si è spostata a San Francisco, dove ha frequentato l’istituto d’arte e nel 2002 è ritornata in Virginia, questa volta come docente d’arte. Precedono la sua fama le diverse collezioni da lei create e attualmente sono in corso anche alcune gallerie allestite da questa artista: “Le pareti bianche di San Francisco”, “Copro Santa Monica” e “Jonathan Levine di New York”, nella grande mela.

Insomma ormai di strada ne ha fatta, Rebecca Midwood, e anche tanta. Ma di certo non ha alcuna intenzione di posare il pennello nel baule dei ricordi. L’originalità è il suo punto forte, tanto che questa volta ritorna ad essere in prima linea, con un’idea che può apparire ripetitiva, ma che in fondo non lo è affatto. Si ripropone con un esperimento artistico che non ha ancora provato: quello della street art. E se da una parte di writer se ne vedono a milioni, lo stile che lei ha creato in questo campo non lascia confondersi con altri. “Becca” stavolta ha avuto l’ispirazione dalle modelle degli anni 50, riproducendole sui muri, sotto forma di graffiti. E così ritornano scarpe basse, vestiti a pois, capelli raccolti e quei fili di perla che sanno rendere una donna elegante. Da quei profili longilinei e semplici che sono rimasti impressi nelle mente di tanti e che riescono sempre a colpire lo spettatore, forse proprio per la loro estrema semplicità.

Rebecca Midwood ha riportato queste immagini sui muri che da Los Angeles arrivano ad Austin, in Texas. Qui ha disegnato sagome glamour ed eleganti. Donne dagli abiti variopinti, ma mai eccessivi. Insomma una collezione tutta al femminile, che attualmente è diventata la firma di un’artista che è riuscita a farsi conoscere a livello mondiale, con quell’arte semplice ed essenziale che da sempre la contraddistingue, ma che oramai, è diventata un’icona di stile.

by: Valeria Pacelli

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