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Identità senza catene: è in rivolta l’uomo del prossimo inverno

Intreccio di generi, capi sovrapposti e libero spazio alla creatività: si mette in scena uno spettacolo che si muove tra classico e innovativo per delineare la moda maschile del prossimo inverno.È un uomo che  urla alla gender equality. Ebbene sì, se la richiesta di pari diritti parte solitamente dalle donne, qui è il cosiddetto “sesso forte” a pretendere di eliminare gli stereotipi di genere, per esprimersi senza il peso dei pregiudizi e delle classificazioni. Si reinterpretano in maniera leggera e ironica i modelli del maschio gay con orecchini lunghi, di tendenza. La missione specifica si traduce nell’espressione gender bender. È facile: ribaltato il concetto comune di abbigliamento che tinge di colori  maschili o femminili i capi e gli accessori,  l’obiettivo  è  allontanarsi dalle definizioni ed etichette impostate per rappresentare, invece, una moda più vicina alla realtà. Pioniere di questa tendenza è stata la collezione firmata Gucci, proposta dall’allora direttore creativo Alessandro Michele che, con pizzi, bluse e fiocchi di seta indossati da modelli efebici, intende provocare il suo pubblico. Ad aggiungere confusione sono, poi,  Westwood con le borsette a tracolla abbinate all’abito, e Versace, che ha scelto per il suo uomo dei leggins bianchi super-aderenti.  A portare la realtà maschile  direttamente nella sfera femminile è stato Thom Browne che per lui ha realizzato delle vere e proprie gonne.

Provocazione? Egocentrismo? Sicuramente i suoi look  non passano inosservati.Quello che vogliono trasmettere gli stilisti è un messaggio ben preciso: le definizioni di genere sono decisamente demodé, non funzionano più. Ciò che conta, piuttosto,  è indossare ed interpretare qualsiasi capo con il proprio stile, secondo una personalità che non conosce definizioni fisse ma  è dinamica, volubile e sempre aperta alla sperimentazione. Parla di una moda, quindi, unisex che permette di esprimere al meglio la propria personalità.

Accanto a quest’uomo “asessuato” si fa avanti, però, un uomo rock e deciso su cui vengono stampati pantaloni skinny in pelle che si stagliano sotto cappotti di montone come quelli della collezione Saint Laurent oppure nella versione larga, modello tuta, proposta da Giorgio Armani.

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Tuttavia,  i designer che hanno mostrato le loro creazioni nella città modaiola del made in Italy, non potevano certo dimenticare la faccia classica e tradizionale dell’eleganza maschile, quella “pettinata” e attillata, da gentleman, che è viva nella cultura italiana, e non solo. Si passa, così, dalla giacca sartoriale, ai pantaloni a sigaretta dell’uomo boho di Cavalli, fino al taglio classico ma con un tocco di soft pop di MSGM. L’idea è quella intramontabile e romantica dell’uomo che con la sua raffinatezza non delude mai.

Se questa figura maschile ispira fiducia, d’altra parte,  a stupire e intrigare allo stesso tempo è l’uomo che decide di  indossare con vanto un capo cult della stagione: la pelliccia. Si torna, ancora una volta, al rifiuto delle categorie di genere, al maschile che si fa femminile e viceversa. Supermorbida, lunga e wild è la versione Dsquared2 e di Paul Smith mentre più classica,  elegante e chic è quella prodotta dai laboratori di Louis Vuitton e Valentino. Spiccano le cromie cangianti ed eccentriche per un uomo che vuole osare e divertirsi.

E  gli accessori?  è la sciarpa la grande protagonista che completa gli outfit maschili a seconda delle diverse occasioni: da quella sottile di seta proposta da Saint Laurent a quelle più morbide e calde di Missoni e Ferragamo. La versione più glamour appartiene però  a  Bottega Veneta che, come a sottolineare il mix di generi, ha annodato al collo del suo uomo la  sciarpa leggerissima e mo di cravatta, tipico indumento del guardaroba maschile.

La personalità dell’uomo che si è cercato di declinare tra una collezione e l’altra è, senza dubbio, mutevole e cangiante. Lo sono i suoi capi e lo sono i suoi accessori. Si spiega, così, la comparsa di simpatiche e divertenti clips e spille che si posano su giacche e maglie. Pronte a strappare un sorriso, come quelle MSGM, o a donare un fiore, come nella scelta di Dior, queste spille sono il dettaglio che fa la differenza, che parla del proprio mood quotidiano e  personalizza un look.

Se  è vero che l’uguaglianza si ricerca nei generi, non manca un riferimento alla democrazia  anche tra le classi sociali. Un po’ come divisa per cancellare le distinzioni, all’insegna di un’integrazione sociale tutta moderna, un po’ come un capo che meglio rende l’idea dell’uomo sexy e intrigante, la jumpsuit, la tuta da lavoro, si afferma come un must have del proprio guardaroba. È chiaro, quindi, come all’uomo del prossimo inverno sia concesso di esprimere e vestire ogni sua sfumatura, ogni sua fantasia, senza alcun timore. Può e deve osare.

Con le personalissime combinazioni di capi, accessori e colori, è un uomo protagonista del suo tempo, legato allo stile sobrio ed elegante ma anche aperto a mood casual- rustici, o, se lo desidera, a quello stravagante ed eccentrico, dal cozy style, molto orientale, a quello al limite della leziosità, che risalta lo stile maschile riadattandolo su una silhouette quasi femminile.  Sulla prossima stagione, così,  sembra soffiare il vento della libertà creativa, quella piena di suggestioni, capace di dare voce ad ogni personalità che non vive di definizioni statiche e monotone ma adora sperimentare e conoscersi tramite la moda.

Se l’abbigliamento è così strettamente legato alla nostra identità e alla nostra pelle, non devono certo stupire le miriadi di forme che un capo, un look, un dettaglio, può assumere all’interno di ogni singolo guardaroba. È il trionfo della personalità.

Massimiliano Giornetti lascia Ferragamo. Un nuovo trono vacante nella moda

 

Ci eravamo illusi. Avevamo pensato che, conclusosi il 2015, lo strazio sarebbe finito. E invece ecco un nuovo terremoto che scuote il fashion system. Il virus del cambiamento sta contagiando il mondo della moda su ogni fronte. Così, dopo aver placato i pianti per Alexander Wang che ha lasciato la direzione creativa di Balenciaga, per Raf Simon, congedatosi da Christian Dior, per Alber Elbaz, che ha concluso il suo sodalizio artistico durato 14 anni con Lanvin, e per i fratelli Capasa che hanno lasciato Costume National (maison fondata da loro stessi), un altro nome si aggiunge alla lista: quello di Massimiliano Giornetti.

Massimiliano Giornetti. ph. GettyImages
Massimiliano Giornetti. ph. GettyImages

Giornetti, infatti, lascia la direzione creativa di Salvatore Ferragamo. La notizia arriva con un comunicato stampa ufficiale giovedì 24 marzo. La portata di queste separazioni è tale da poter essere paragonata a quella di celebri divorzi come per le coppie Gwyneth Paltrow / Chris Martin, Ben Affleck / Jennifer Garner e Charlize Theron / Sean Penn. Questa svolta per la maison italiana arriva in un momento particolare: il brand ha infatti recentemente festeggiato il suo centesimo anniversario.

Era il 1915 quando il giovane Salvatore Ferragamo decise di lasciare la sua Italia per volare verso gli Stati Uniti d’America. La sua storia iniziò proprio oltre oceano, dove cominciò a creare scarpe. Non era un semplice calzolaio, ma un artista che univa in maniera eccelsa la sua creatività alla conoscenza dell’anatomia (frequentò l’University of Southern California), riuscendo a interpretare al meglio le richieste delle sue celebri clienti. Dopo l’esperienza statunitense, tornò in Italia e aprì un calzaturificio a Firenze, quindi alcune boutique.

Salvatore Ferragamo e Audrey Hepburn
Salvatore Ferragamo e Audrey Hepburn

 

La famiglia di Salvatore Ferragamo
La famiglia di Salvatore Ferragamo

Nel 1928 fondò un’azienda che portava il suo nome. Le sue scarpe avevano incantato persino le star più esigenti, sedotte da uno stile tanto raffinato. Dopo la sua morte negli anni Sessanta, il suo nome non svanì, anzi divenne uno dei più emblematici del made in Italy grazie alla famiglia che ereditò i sogni del capostipite. L’azienda crebbe e cominciò a realizzare anche borse e linee di abbigliamento, quindi orologi, gioielli, profumi e occhiali.

A questa storia lunga un secolo Massimiliano Giornetti, classe ’71, prende parte nel 2000. Il designer porta con sé una formazione interessante: il diploma al Polimoda Fashion Design Institute di Firenze e l’esperienza a Roma come assistente di Anton Giulio Grande, sia alla collezione prêt-à-porter, sia per quella di haute couture. L’esordio da Ferragamo lo vede nell’Ufficio Stile della linea maschile. Ma la sua scalata è inarrestabile. Nel 2004 prende la direzione creativa della linea uomo, nel 2011 diventa direttore creativo anche delle collezioni femminili, fatto nuovo per l’azienda che aveva avuto sempre due differenti designer per le due linee.

Uno stile, il suo, elegante e sobrio. Forse fin troppo. D’altronde, Salvatore Ferragamo non è forse proprio questo? Un brand che si distingue dagli altri per la sua linearità, per le forme pulite e per una notevole attenzione alle scarpe, che rimangono il suo punto forte. Giornetti ha saputo, collezione dopo collezione, dare una nuova vita alla maison, tenendo sempre presenti gli storici pilastri di Ferragamo. La perizia tecnica, inoltre, lasciava trasparire quel suo breve passato nella Haute Couture. Qualsiasi cosa pensino critici ed esperti del settore, una cosa è certa: lo stile made by Giornetti piaceva ai clienti. A testimoniarlo la crescita del fatturato delle vendite registrata negli ultimi anni, specie nel 2015.

Collezione Salvatore Ferragamo FW 2016/2017
Collezione Salvatore Ferragamo FW 2016/2017

Non sono chiari i motivi di questa rottura. Dal comunicato apprendiamo soltanto che “il Gruppo Ferragamo ringrazia Massimiliano Giornetti per il suo impegno e per la lunga collaborazione”. Una separazione serena, dunque. Ma una scelta dipesa da chi? Di certo, in una situazione tanto movimentata nel fashion biz, con troni vacanti qua e là (tra i quali quello di Christian Dior), dietro a un’abdicazione potrebbe pure esserci un disegno ben preciso del designer, magari interessato a nuovi territori. E se Michele Norsa, Amministratore Delegato del Gruppo Ferragamo, afferma “Coglieremo questa opportunità per rivisitare il nostro approccio alla creatività. Negli anni l’azienda ha scoperto e sostenuto tanti giovani talenti ed oggi può contare su un eccellente team creativo interno”, cosa avrà da dirci Giornetti? Attendiamo impazienti.

Massimiliano Giornetti. ph. GettyImages
Massimiliano Giornetti. ph. GettyImages

Salvatore Ferragamo, la storia del “calzolaio delle dive” in un francobollo

C’era una volta un fatino speciale, che creava scarpe meravigliose su misura a principesse e dive, senza costringerle a dover tornare a casa entro la mezzanotte. Il suo nome era Salvatore Ferragamo. Oggi il fatino non è più nel mondo degli uomini, ma il suo nome vive ancora in un brand made in Italy apprezzatissimo, che quest’anno ha compiuto 100 anni. In onore di questo centenario, il Ministero dello Sviluppo Economico ha dedicato all’azienda un francobollo speciale, presentato da Poste Italiane il 30 novembre.

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Un paio di scarpe rosse, un pendolo sospeso sovrastante e il logo “Salvatore Ferragamo” con le date “1915-2015″: questi gli elementi raffigurati sul francobollo dal Centro Filatelico della Direzione Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, appartenente al gruppo di francobolli “Le eccellenze del sistema produttivo ed economico”. Le bellissime décolleté rosse rappresentate sono le famose Viatica 2, realizzate nel 1958 per Marilyn Monroe; il pendolo indica la cura con cui Salvatore era solito studiare l’anatomia del secolo; la data, invece, ci porta indietro nel 1915.

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In quell’anno, infatti, il giovane Salvatore lasciò il suo Paese alla volta degli Stati Uniti d’America, iniziando la sua impresa nell’ambito delle calzature. Raggiunse a Boston uno dei suoi fratelli, ma non vi rimase per molto tempo. Presto si trasferì in California e studiò anatomia presso l’University of Southern California. Finalmente, nel 1923, giunse a Hollywood e divenne il calzolaio più amato dalle dive. Dopo la sua morte negli anni Sessanta, la maison continuò il suo operato grazie alla famiglia, la quale ereditò la passione e i sogni del capostipite. La moglie Wanda e i sei figli  hanno portato avanti l’azienda che il grande calzolaio aveva fondato nel 1928, conservando il prestigio del marchio, una delle eccellenze del nostro Paese.

Proprio la signora Wanda Ferragamo, oggi presidente onoraria dell’azienda, ricorda l’abilità artigianale del marito nel corso della cerimonia celebrativa dell’emissione del francobollo. Insieme a lei, presso il Palazzo Spini Feroni a Firenze (dal 1938 sede della griffe), erano presenti all’evento il Presidente delle Poste Italiane, Luisa Todini, e il Capo di Gabinetto del Ministero allo Sviluppo Economico, l’avvocato Vito Cozzoli, oltre alle autorità locali.

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Tutti insieme per commemorare la determinazione di un giovane che trasformò il suo sogno di perfezione in realtà, l’abilità imprenditoriale di un’azienda che ha saputo capire le esigenze di ogni epoca, l’alta qualità di un prodotto made in Italy che porta in alto il nome del nostro Paese. “Per me è stato uno scopo, una missione, un traguardo portare avanti l’azienda Salvatore Ferragamo“, sostiene l’emozionata moglie di Ferragamo. E la missione è stata portata avanti egregiamente, permettendo anche agli uomini del XXI secolo di apprezzare le ineguagliabili creazioni della maison.

Altro che scarpette di cristallo by “Fata Madrina”. Noi preferiamo di gran lunga un paio di scarpe firmate Salvatore Ferragamo.

 

Cravatte e papillon: gli evergreen dell’eleganza maschile

La vita, per gli uomini, sta diventando davvero complicata. Sono lontani i tempi in cui la moda era soltanto una cosa da femmine. Stagione dopo stagione, i guardaroba dei maschietti si sono arricchiti progressivamente di colori e accessori, complicando molto la scelta dei capi.

Nelle sfilate delle collezioni di moda maschile A/I 2015-2016, i diversi brand si sono divertiti a ricoprire i loro modelli con strati e strati di indumenti: camicie, blazer, montgomery, parka foderati in pelliccia, cappotti con colletto in pelliccia, giubbotti con interno in pelliccia e… pellicce. Gli stilisti si sono sbizzarriti con colori, fantasie e tessuti. Righe, camouflage, disegni floreali, immagini di animali, geometrie tartan e fantasie più astratte shakerati in un cocktail fresco e frizzante. E poi pelle, nylon, denim, jersey, il tutto mixato nelle più illogiche combinazioni.

Insomma, si è palesata una nuova visione dell’universo moda maschile. I tradizionalisti, però, possono sempre contare su due intramontabili alleati: il papillon e la cravatta. Veri e propri evergreen dell’eleganza maschile, vengono valorizzati e reinterpretati da vari brand. Proprio dalle sfilate, rubiamo qualche consiglio.

I papillon a farfalla sono tra gli accessori principali di Dior Homme. Rigorosamente neri, sono accostati al black tie, come vuole il galateo, sebbene lo stilista minimizzi la serietà dell’outfit inserendo delle spille colorate. Il papillon nero è perfetto per lo smoking e obbligatorio quando si indossano le bretelle o una camicia con colletto alto e alette. Per un look più giovanile e meno impegnativo, esistono versioni colorate o con fantasie. Junya Watanabe, ad esempio, punta sui pois, proponendo una versione meno classica dell’accessorio. In realtà, non rinuncia del tutto a quello classico nero, ma lo abbina a giacche più casual, in completi spaiati. I papillon a tinta unita sono una scelta sicura e sono adatti sia a camicie monocolore, sia a camicie con fantasie. Viceversa, su camicie a tinta unita, si può optare per un papillon con illustrazioni, righe o pois. L’accostamento di due fantasie è riservato ai più eccentrici.

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Per quanto riguarda la cravatta, i fashion designers la ripropongono nelle versioni più disparate. Brioni e Hardy Amies la vogliono più classica, stretta e nera, sotto un maglioncino o alla giacca. Darks la fa mimetizzare sulla camicia optando per un tono su tono. Più particolari le cravatte di Dolce & Gabbana, a fantasie bianche e nere, e quelle di John Richmond con forme geometriche super colorate. Julien David annoda la cravatta disordinatamente, accostandola a look più trasandati. Cravatte nere e strette sono quelle proposte da Dior Homme, che però, se per i papillon si mostra più tradizionale, con la cravatta si diverte, inserendola nell’abbigliamento sportivo, insieme a camicie in denim, pantaloni della tuta e scarpe da ginnastica. Irriverente Tom Browne, che ama sì la cravatta classica con camicia bianca e giacca, ma fa indossare agli uomini le gonne.

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Gli uomini che non hanno ancora imparato a districarsi tra i nodi dei vari cravattini, possono tirare un sospiro di sollievo: super protagoniste dell’inverno 2016 saranno infatti le maxi sciarpe (come quelle di Fendi o Salvatore Ferragamo) e i foulard dandy style (visti da Gucci) affusolati attorno al collo.

 

Le quotabili italiane del lusso: quando la Borsa aiuta la moda a crescere.

Brunello Cucinelli

Il tema della crescita per le aziende dei settori Moda e Lusso, alla luce delle nuove opportunità offerte grazie ai mercati esteri, è sempre centrale. Sicuramente il modo più moderno per reperire risorse finanziarie è la quotazione in Borsa, in quanto dà velocemente all’azienda una forte spinta operativa e una notevole visibilità sul mercato. A seconda dei vari motivi per cui un’azienda del lusso possa quotarsi in Borsa, il risultato fino ad ora raggiunto è stato per tutti univoco, ovvero si sono rafforzate notevolmente sopratutto nei confronti dei loro diretti competitor.

I dati emersi dalle ricerche compiute sulla quotabilità delle aziende del comparto Moda e Design ad opera dell’Istituto specializzato Pambianco insieme a Borsa Italiana, su campioni di 763 aziende della moda e del lusso e su 166 società di arredamento e design, lo dimostrano appieno, come pure dimostrano quali sono le aziende che hanno le giuste caratteristiche per poter essere candidate alla quotazione in Borsa nell’arco dei prossimi 3/5 anni, a prescindere dalla loro effettiva o meno volontà di quotarsi, che dipende sia da scelte aziendali sia dalla situazione stessa del mercato borsistico.

Secondo l’Istituto di ricerca e la Borsa sono ben 50 le aziende del fashion system pronte ad essere quotate, capitanate da Armani, e altre 15 che incalzano nel settore house & design, guidate da uno dei brand guru del mobile, Kartell. Le 50 Ipo del lusso sono tutti marchi che hanno registrato un fatturato 2012 pari a 15 miliardi di euro, in crescita dell’8,1% a dispetto della crisi vantando una redditività del 16,9% e un patrimonio netto complessivo di 10,4 miliardi. Per quanto riguarda il design invece, il fatturato 2012 si è attestato a 2,1 miliardi in ribasso dello 0,5% con una redditività al 12,1% e con un patrimonio complessivo ad oltre un miliardo di euro. Se tutte le aziende del fashion system entrassero in Borsa si raggiungerebbe un’alta capitalizzazione e di conseguenza si raddoppierebbe il valore del comparto dato che l’attuale capitalizzazione delle aziende della moda e del lusso si attesta circa a 29,7 miliardi con Luxottica che ha raggiunto in Borsa un valore che supera i 17 miliardi.

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Il forte aumento del fatturato e del risultato operativo, l’altrettanto incremento dei dipendenti e degli investimenti indirizzati alla distribuzione diretta e all’acquisto di produzione industriale sono solo alcuni esempi dei concreti risultati ottenuti dalle aziende quotate che scelgono senz’altro una crescita interna. Grazie all’ottimo posizionamento competitivo, alla naturale vocazione all’export e ad una eccellente capacità di resistenza alla crisi, le società del Made in Italy si confermano ancora una volta essere uno dei più importanti motori di crescita del nostro Paese, partecipando positivamente al saldo commerciale italiano e continuando a realizzare importanti prospetti d’investimento a beneficio dell’intera filiera di produzione.

Il cashmere di Cucinelli arriva a Piazza Affari
Il cashmere di Cucinelli arriva a Piazza Affari

E’ dunque l‘export uno dei fattori determinanti e denominatore comune delle quotabili italiane del lusso, in aggiunta alla redditività, alla notorietà e ad eventuali debiti, a fare la differenza. Oltre a disegnare, fabbricare, rendere durevole il made in Italy, più una società di moda esporta nel mondo più le sue azioni vengono valutate positivamente, anche perché la diversificazione geografica delle vendite è un principio essenziale per qualsiasi buon business, non solo per il lusso. Aziende come Stefano Ricci vende all’estero il 92% dei propri prodotti, mentre Zegna arriva sino al 98%. Only The Brave, società di Renzo Rosso, ha un’esportazione pari all’89% e Vicini all’88%. Nel campo dell’arredamento il primato dell’export va a B&B, che raggiunge l’88%. Per quanto riguarda la crescita del fatturato Kiko è l’azienda di cosmesi con un tasso di crescita pari al 67,9%.

Competizione su scala globale, sviluppo dei nuovi canali di vendita, consolidamento di nuovi brand e le numerose campagne di comunicazione richiedono sempre più strutture finanziarie solide, ed è per questo che l’opportunità offerta da Piazza Affari viene colta al volo in quanto capace di sostenere un vero e proprio ridimensionamento in grado di agevolare sia il passaggio generazionale sia di supportare la visibilità e l’internazionalizzazione delle imprese. Recenti quotazioni in Borsa di maison come Salvatore Ferragamo, Brunello Cucinelli, Italia Indipendent Group e l’annunciata quotazione di Moncler dimostrano come la creatività e la passione dei marchi italiani siano premiati dai mercati finanziari pur in condizioni di incertezza macroeconomica.

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Famiglia Ferragamo quotata in Borsa

Oltre all’accesso al mercato dei capitali, Borsa Italiana mette anche a disposizione delle aziende che non si sentono ancora pronte ad immettersi nel mercato finanziario, il programma ELITE. Si tratta di una piattaforma unica di servizi integrati che mette a disposizione delle società aderenti le giuste competenze industriali, finanziarie e organizzative necessarie per vincere le sfide di mercati sempre più globali. Il progetto aiuta dunque le imprese a tracciare la propria strada verso la crescita e l’internazionalizzazione appoggiandole in un processo unico di cambiamento culturale e organizzativo che le avvicina ai mercati di capitali migliorandone i rapporti con il sistema bancario e imprenditoriale.

Il post quotazione di alcuni di questi brand come Cucinelli, entrato in Borsa nell’aprile 2012 a Milano, Ferragamo e Prada rispettivamente a Milano e a Hong Kong quotandosi nel 2011, dimostrano risultati notevoli. Prada ad esempio in ben tre anni ha visto crescere più del 75% sia i ricavi che l’Ebitda, margine operativo lordo, che ad oggi hanno raggiunto rispettivamente i 3,6 miliardi e i 939 milioni di euro. Nello stesso periodo Ferragamo ha realizzato un aumento del giro di affari del 61% raggiungendo un Ebitda del 130%. Cucinelli invece, anche se il periodo di confronto è più breve, vede una crescita del fatturato di oltre il 50% un margine operativo lordo del 75%.

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I tre gruppi inoltre non guardano tanto al qui ed ora bensì al futuro. Patrizio Bertelli infatti, AD di Prada lo testimonia sostenendo che ” Nessuno si pone il problema di che cosa succederà fra 20 anni. Io invece ci penso tutti i giorni. Dobbiamo avere un’azienda ben strutturata nella parte industriale e di processo”. Cucinelli stesso disse “Siamo entrati in Borsa per essere più aperti, per trovare soci e custodi, per far vivere l’azienda più a lungo”.

Queste aziende hanno potenziato notevolmente la parte industriale e investito sulla distribuzione diretta, cioè i negozi monomarca di proprietà, che rappresentano un impegno molto costoso per le aziende. Il gruppo Prada in tre anni ha ben raddoppiato il fatturato proveniente dal retail, arrivando da 1,1 a 2,5 miliardi di euro, Cucinelli ha incrementato il suo introito del 50%, da 77 a 115 milioni, e Ferragamo è arrivato al 48%. 600 milioni sono stati gli investimenti realizzati da Prada nel 2013 e circa 522 sono stati impegnati direttamente nei negozi. Il 2014 non sarà da meno, comunica l’azienda, così come per tutte le altre Ipo del lusso.

I numeri sembrano siano più che sufficienti per dimostrare che l’apertura del capitale al mercato aiuti le aziende a crescere anche in un momento di difficoltà economica. Sarà il resoconto annuale a decretare quanto quest’azione ha loro giovato. Intanto sappiamo di certo, come diceva lo stesso Ferruccio Ferragamo che “Per noi la Borsa è stata il modo di far vedere i veri valori del mondo Ferragamo, una società che ha solide fondamenta, un marchio riconosciuto, un gruppo di manager e collaboratori di prim’ordine […] un’azienda che si sa continuamente rimettere in discussione”

Salvatore Ferragamo: il calzolaio prodigioso in mostra a Firenze

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Camminare vuol dire conoscere; conoscere vuol dire scoprire. E Salvatore Ferragamo lo sapeva bene.

Nato come ciabattino in un piccolo paese dell’Italia del Sud e divenuto dopo anni di sacrificio “il calzolaio delle Star”, Ferragamo dedica tutta la sua vita alla ricerca sperimentale di bellezza e comodità. Le sue scarpe raccontano un sogno e come una fiaba insegnano che la passione e la libera creatività possono abbattere qualunque muro.

E proprio questo è il tema della mostra Il calzolaio prodigioso – Fiabe e leggende di scarpe e calzolai, inaugurata il 18 Aprile e che resterà aperta al pubblico fino al 31 Marzo 2014 presso il Museo Salvatore Ferragamo a Firenze. La giornata del 19 Aprile è stata dedicata a un ciclo di conferenze che ha attraversato la tematica della fiaba in tutte le sue sfumature, grazie al convergere di forme d’arte diverse ma con un unico scopo: far sognare.

La mostra, curata da Stefania Ricci, Sergio Risaliti e Luca Scarlini, prende vita dal desiderio di restituire alla figura del calzolaio la sua dignità e dal ritorno in scena della figura dell’organizzatore-committente, come ci tiene a sottolineare Mauro Borrelli durante la conferenza di apertura dell’evento. Borrelli, regista del cortometraggio White Shoe, si oppone alla mistificazione delle cosiddette arti minori ed esalta il ruolo svolto dai curatori della mostra, i quali hanno recuperato la funzione di promotori di cultura e arte coinvolgendo numerosi artisti in un unico progetto.

White Shoe mette in scena un aneddoto della vita di Ferragamo, considerato come il punto di partenza dell’artista. Il piccolo Salvatore, interpretato da Reese Gonzales, realizza un paio di scarpe bianche da dare in dono alla sorella per il giorno della sua Prima Comunione. Il bambino però dovrà affrontare un manichino di stoffa, che altro non è che la sua paura interiore di fallire. Solo un atto d’amore e la forza impetuosa della creatività lo renderanno libero. Un altro filmato in scena all’interno della mostra è L’arcobaleno e la sposa perduta, diretto da Francesco Fei, il quale trasforma in un simbolo fondamentale per la trama narrativa il modello di scarpe Rainbow della collezione di Salvatore Ferragamo e indossate dalla sposa protagonista.

All’allestimento della mostra hanno partecipato anche altri artisti che hanno rivisitato il significato della scarpa attraversando il mondo delle fiabe. Liliana Moro, ad esempio, si ispira alla fiaba popolare francese Pelle d’asino, in cui la scarpa è completamente assente e gioca sulle luci e le ombre della storia, creando una caverna che collega le sale della mostra. Frank Espinosa ha realizzato una graphic novel traendo spunto dalla vita di Salvatore Ferragamo e Ann Craven ha ritratto con la pittura ad acquerello su carta alcuni modelli classici dell’ideatore del sandalo invisibile. Interessante è anche la presenza di un estratto del manoscritto di Federico Garcia Lorca dal titolo La zapatera prodigiosa.

La prima sala è dedicata alle creazioni dell’artista campano racchiuse in teche trasparenti, quasi a proteggerne la magia. Tra esse si fanno notare le scarpe realizzate per Anna Magnani, i tacchi preziosi ricoperti di strass e i modelli ispirati al mondo dei fiori e delle farfalle.

Il calzolaio è come un demiurgo che fin dai tempi antichi ha guidato gli uomini nel loro personale cammino e li ha aiutati a condurre il viaggio della loro vita. Salvatore Ferragamo, amante delle donne e dei loro piedi, era consapevole dell’importanza del suo ruolo e di ciò che le sue creazioni potevano rappresentare: una straordinaria espressione di libertà.

Europeana Fashion, il primo archivio digitale della moda

Con “Europeana Fashion”, iniziativa partita nel Marzo dello scorso anno e pronta a debuttare sul web il prossimo 2 Maggio, anche la moda oggi dispone di un vero archivio ufficiale. E in chiave rigorosamente digitale.

In fase iniziale il progetto renderà accessibili online “solo” 100.000 oggetti multimediali legati al mondo del glamour, ma poi nel giro di 2 anni Europeana espanderà il suo raggio d’azione e i suoi elementi saranno destinati a moltiplicarsi diventando, entro Marzo 2015, ben 700.000: abiti storici, accessori, archivi fotografici, manifesti, disegni, bozzetti, files audiovisivi e inediti cataloghi di moda.

logo Europeana

 

 

 

Vere chicche imperdibili per tutti gli studiosi ed appassionati del settore, per i quali sarà dunque possibile consultare gratuitamente la prima grande “biblioteca virtuale” multilingue della moda europea: griffes, musei, eventi, iniziative speciali e “addetti ai lavori” che ogni giorno contribuiscono a scrivere una nuova pagina della storia dello stile made in Europe.

fashion Studies

 

 

 

L’iniziativa “Europeana Fashion”, dalla durata triennale, è cofinanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del programma ICT Policy Support coordinato dalla Fondazione Rinascimento Digitale.

 

Ed è una sorta di grande rete che coinvolge ben 23 rinomati partners, costituiti per la maggior parte da musei pubblici e privati, archivi storici e collezioni esclusive appartenenti ai 12 Paesi che partecipano al progetto.

 

Tra i musei coinvolti figurano anche il celebre “Victoria&Albert Museum” di Londra, il “Les Arts Decoratifs” in Francia e il “Museo del Traje” in Spagna, mentre l’Italia è invece rappresentata da “Pitti Immagine”, dal gruppo calzaturiero “Rossimoda” e dagli Archivi privati delle Maisons Missoni, Emilio Pucci ed infine dal neonato Museo Ferragamo di Firenze.

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Perchè la moda è una voce fondamentale del patrimonio culturale europeo, essendo il suo valore creativo sempre più riconosciuto ed affermato anche in relazione a diverse altre discipline come le arti figurative, la letteratura, la sociologia e le scienze della comunicazione.

 

Basti pensare che già dall’inizio del XX secolo alcune delle più importanti istituzioni culturali pubbliche e private, assieme ad alcuni musei pubblici e privati, danno vita ad un lavoro di raccoglimento e classificazione di costumi, indumenti, accessori di moda, cataloghi ed altri documenti e materiali attinenti al settore moda.

 

Un lavoro certosino che si è tradotto in un numero crescente di collezioni uniche che Europeana oggi riunirà online in esclusiva per tutti gli amanti dello stile.

 

Per condividere con tutti noi una risorsa culturale unica e meravigliosa: la moda, “specchio dei tempi” ed organismo in continua espansione.

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In mostra a Roma “La Seduzione dell’Artigianato”

da sin. Giuliana Casarcia, Stefano Dominella, Marilena Di Giulio
da sin. Giuliana Casarcia, Stefano Dominella, Marilena Di Giulio

La Seduzione dell’Artigianato ovvero: il bello e ben fatto” è il titolo della mostra, promossa da Unindustria, a cura di Stefano Dominella e Bonizza Giordani Aragno,  inaugurata  il 5 dicembre presso il Salone d’Onore del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma. Una grande esibizione che celebra la maestria sartoriale del Made in Italy attraverso l’esposizione museale di centotrenta abiti e sessantuno accessori delle più prestigiose case di moda italiane ma anche di giovani designer emergenti.

Plissé, nervature millimetriche, pizzi e ricami che racchiudono la sapiente artigianalità del bello e ben fatto italiano. Foto di sartorie e laboratori couture raccontano l’evoluzione di una professione antica ma di assoluta contemporaneità, che potrebbe dar spazio a nuove opportunità di lavoro anche  in un periodo di crisi economica e sociale come quella che stiamo attraversando.

Il percorso espositivo della mostra “La Seduzione dell’Artigianato ovvero: il bello e ben fatto” è la conclusione del progetto “Omaggio alla professione sartoriale: dalle caterinette alla dress maker“, voluto fortemente dal Vicepresidente della sezione moda di Unindustria, Stefano Dominella, per accendere i riflettori sul lavoro artigianale, spesso sottovalutato in passato, e che oggi si è rinnovato grazie anche all’ausilio della tecnologia. Il presente si fonde al passato per rilanciare il futuro: dalla tradizione del costume popolare italiano, attraverso gli abiti regionali, per arrivare alle creazioni di Giorgio Armani, Salvatore Ferragamo,Gianfranco Ferré (abiti concessi dall’omonima Fondazione), Blumarine, Enrico Coveri, Mila Schön, Gattinoni, Sarli, Renato Balestra, Romeo Gigli, Walter Albini, fino alle sperimentazioni di giovani creativi come  Sylvio Giardina, Tiziano Guardini, Maurizio Galante, Francesco Scognamiglio e Gabriele Colangelo, solo per citarne alcuni.

Fondazione Gianfranco Ferré
Fondazione Gianfranco Ferré
Renato Balestra
Renato Balestra

In esposizione al Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma, la mostra “La Seduzione dell’Artigianato ovvero: il bello e ben fatto” propone tavole di ricami preziosissimi, dagli anni Trenta fino a oggi e il contributo delle più importanti accedemie e istituti di moda e design italiani. E ancora i bellissimi costumi di scena del Teatro dell’Opera di Roma. Un tributo alle sapienti mani artigiane che realizzano il ben fatto del Belpaese, senza le quali la ricchezza del Made in Italy non esiterebbe e tutto sarebbe confinato alla mera produzione industriale standardizzata. Una risposta concreta al fast fashion, attraverso l’esaltazione dell’alta moda che si esprime nella ricerca dei materiali e nei dettagli couture.

Teatro dell'Opera di Roma
Teatro dell'Opera di Roma
Gattinoni Couture
Gattinoni Couture
Enrico Coveri
Enrico Coveri

La storica della moda Bonizza Giordani Aragno, curatrice della mostraLa Seduzione dell’Artigianato ovvero: il bello e ben fatto” descrive  la stessa come un’esperienza dell’Alta Moda Italiana, attraverso la sartoria e poi l’industria. Un incontro-scontro tra passato e presente attraverso  originali manufatti in cui la progettualità del fashion designer si alterna a capi di stilisti contemporanei già affermati. Un tentativo di lettura sul Made in Italy di oggi in cui le  differenze si evincono ‘nel fatto bene’, che si nutre di concetti, pensieri da esprimere anche con la nuova frontiera del fare.

Tiziano Guardini
Tiziano Guardini
Maurizio Galante
Maurizio Galante

Nel sistema moda lavora quasi 1 milione di addetti – commenta Stefano Dominella e oltre il 40% ha un’età inferiore ai quarant’anni. Per questo è importante sostenere gli Istituti tecnico-professionali di sartoria, unico vero ingresso nel mondo della moda per migliaia di giovani. Per avvicinare i giovani a queste professioni, è importante il sostegno delle Istituzioni attraverso la creazione di Master e Corsi di formazione ad hoc. Formarsi in un Istituto tecnico professionale può garantire ai ragazzi un futuro di successo da sarto, modellista o tecnico-blotter, un lavoro innovativo, creativo e tecnico al tempo stesso, che consente di guadagnare molto, stando a contatto con maestranze altrettanto qualificate”.

Mostra "La seduzione dell'Artigianato" Museo delle Arti e Tradizioni Popolari
Mostra "La seduzione dell'Artigianato" Museo delle Arti e Tradizioni Popolari
Mostra "La seduzione dell'Artigianato" Museo delle Arti e Tradizioni Popolari
Mostra "La seduzione dell'Artigianato" Museo delle Arti e Tradizioni Popolari

Nel corso dell’inaugurazione della mostraLa Seduzione dell’Artigianato ovvero: il bello e ben fatto a Roma sono state premiate una sarta première, Marilena Di Giulio, per l’impegno profuso durante i cinquant’anni di carriera e una giovane dressmaker, Giuliana Casarcia, con l’augurio di diventare una professionista di successo del settore.

Mostra "La seduzione dell'Artigianato" Museo delle Arti e Tradizioni Popolari
Mostra "La seduzione dell'Artigianato" Museo delle Arti e Tradizioni Popolari

La Seduzione dell’Artigianato ovvero: il bello e ben fatto” sarà visitabile fino al 10 febbraio 2013 presso il Salone d’Onore del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma

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