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Trendsetter: chi influenza realmente la moda?

Ci sono persone che hanno la capacità di anticipare le tendenze, di influenzare con i proprio gusti la moda e di essere anni luce avanti in tema di scelte stilistiche. Si tratta dei cosiddetti “Trendsetter”, gente con una spiccata attenzione e propensione per la moda, capaci di dare risposte geniali ai diversi stilisti delle grandi marche, ma anche ad orientarne le scelte.

Si possono trovare in qualsiasi posto, a qualsiasi livello della scala sociale e in qualsiasi lavoro. Si possono trovare per strada, nei piccoli centri. Sono giovani che la mattina si alzano e danno spazio alla loro fantasia, che si tramuta nel vestiario in abbinamenti che poi riescono a fare tendenza. È sotto i loro giubbini che si nasconde la capacità di creare ciò che viene definito fashion.

Anna Wintour_credits web
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Ma di trendsetter ce ne sono anche tra i personaggi famosi. La maga indiscussa in questo settore, colei che è riuscita a fare del proprio gusto in fatto di vestiti un mestiere, divenendo una delle donne più celebri nel mercato della moda è Anne Wintour. È lei il monarca assoluto, da Ancient Regime, della moda mondiale, è una regina, una Maria de Medici dell’eleganza, quella massima star tra le famose “celebrity” che da ormai 17 anni, dirige il più autorevole mensile di moda, Vogue America. Ogni stilista per essere definito tale deve passare sotto il vaglio di questa donna, che realmente sa essere mille anni avanti tutti gli altri. E’ lei che detta tutte le mode e ogni uscita del suo Vogue è una scoperta. O piuttosto una risposta a quanti si chiedono: cosa sarà di tendenza nella prossima stagione?

Ma oltre questa la regina indiscussa della moda, ci sono anche altre celebrità che hanno cercato di fare del proprio gusto e del proprio stile un cavallo di battaglia. Basta ricordare la fondatrice e forse unica componente della cosiddetta “Heroin art”: è Kate Moss, la modella super magra, sempre fuori dagli schemi, ma sempre in prima linea in fatto di scelte stilistiche. A scoprirla furono gli scatti di Corinne Day, la fotografa deceduta solo qualche tempo ma che ha lasciato una forte impronta di sè. A dispetto di uno stile fotografico classico e patinato, tipico delle riviste di moda, la Day propose un genere crudo, non ritoccato, personale, diverso. Come diversa era la bellezza ricercata dalla fotografa, che quasi impose a riviste e agenti, la giovane Kate Moss.

Anna Wintour_credits web
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Sembra strano dirlo, ma la modella rappresentava qualcosa di atipico, rispetto ai canoni estetici dei primi anni Novanta. E la copertina che fece “esplodere” il tutto fu quella del 1990 scattata per The Face di una Kate Moss giovane, con le lentiggini e senza neanche un fino di trucco. Ma passeranno ancora alcuni anni, prima che il fenomeno diventi allargato e ufficializzato tanto da arrivare nel 1993 sulle pagine di Vogue. E da allora la modella non ha più lasciato le passerelle, anzi. È diventata una delle donne che più le influenzano.

Ma non serve andare troppo in là. Perché c’è anche gente comune, quelle ragazze e quei ragazzi che si incontrano per strada, nelle stazioni e nei bar, che sanno dare uno stile al loro abbigliamento. E sono proprio loro che fanno la moda reale, quella low cost e di tutti i giorni.

“G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy” , il primo libro sulla storia di colui che ha reso celebre la moda italiana nel mondo

G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy” è il primo libro che racconta la storia di colui che ha reso grande la moda italiana nel mondo. Tutti sanno che è stato il ‘padre della moda italiana’, ma in pochi conoscono il lungo percorso che portò Giovanni Battista Giorgini a organizzare la leggendaria sfilata del 12 febbraio 1951 a Villa Torrigiani. L’evento con cui la moda italiana mosse i primi passi sulla scena internazionale, per poi ‘trasferirsi’, sempre su idea di Giorgini, nella Sala Bianca di Palazzo Pitti. E quasi nessuno sa che per poco la nascita della moda italiana non avvenne a New York invece che a Firenze.

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G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy è il primo libro che racconta questa storia straordinaria, che non riguarda solo la nascita della moda italiana ma appunto del Made in Italy, e lo fa attraverso una profonda rilettura dell’Archivio Giorgini, l’enorme documentazione da lui stesso lasciata, relativa alla sua vita sia privata che lavorativa. Il nuovo volume  è stato presentato a Roma, al Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps, da Neri Fadigati (presidente Archivio Giorgini e curatore del libro), Daniela Calanca (Alma Mater Studiorum, Università di Bologna), Vittoria Caratozzolo (Sapienza, Università di Roma, con un incontro moderato da Alessio de’ Navasques.

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Un coffee table book di oltre 230 pagine, in inglese e italiano – edito da Gruppo Editoriale in collabo- razione con Polimoda – dove dell’archivio si svelano non solo le foto storiche, ma anche lettere, inviti, programmi, articoli e altri materiali dell’epoca. A questo importante apparato grafico si unisce il racconto corale di grandi firme italiane e internazionali, quali Gian Luca Bauzano, Daniela Calanca, Grazia d’Annunzio, Eva Desiderio e Sonnet Stanfill. Le cui penne ripercorrono la vita di Giovanni Battista Giorgini, a partire dai suoi primi viaggi negli anni Venti in America, dove proponeva ai buyer un campionario dei nostri migliori prodotti artigianali.

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In questi viaggi, nel dopoguerra, Giorgini notò il grande cambiamento sociale e di stile che stavano viven- do gli Stati Uniti. Parigi esercitava un grande fascino oltreoceano, ma la sua moda era elaborata, pom- posa e soprattutto cara. I buyer non vedevano l’ora di trovare abiti semplici e portabili con cui riempire le vetrine dei loro grandi magazzini, frequentati da giovani donne affaccendate tra lavoro e famiglia. Al- trettanto vogliose di spendere i soldi guadagnati per apparire carine e eleganti come le dive del cinema. Nasce da qui l’idea di organizzare una grande sfilata di abiti italiani in occasione della mostra Italy at Work.

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L’idea andò in fumo per il rifiuto del grande magazzino B. Altman & Co.. Giorgini però non si arrese e decise di portare il progetto della sfilata nella sua città. Fu quindi per questo diniego americano che la moda italiana è nata a Firenze e non a New York. Aprono il volume i contributi di chi Giorgini l’ha conosciuto, come lo stilista Roberto Capucci, e di grandi personaggi della moda come Ferruccio Ferragamo, Laudomia Pucci, Bruce Pask, Men’s Fashion Director di Bergdorf Goodman e Neiman Marcus, e Antonella Mansi, presidente del Centro di Firenze per la Moda Italiana. Una pubblicazione rivolta non solo agli appassionati che desiderano scoprire tutto su questo importante pezzo di storia italiana, ma soprattutto agli studenti di moda e ai giovani stilisti, che grazie all’attento lavoro di Polimoda sull’Archivio Giorgini, in queste pagine possono trovare i capi che hanno fatto la grande la moda italiana e i modelli, alcuni ormai di più di 70 anni fa, che risultano ancora oggi di grande attualità. Con firme come Simonetta, Schuberth, Fontana, Marucelli, Veneziani, Fabiani, Galitzine, Emilio Pucci, Roberto Capucci, Valentino e molti altri. “G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy è vendita nelle migliori librerie d’Italia, oltre che su gruppoeditoriale.com e sui principali portali di vendita online.

Photo credits Courtesy of Press Office

– Cover  del libro G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy, edito da Gruppo Editoriale

– G.B.Giorgini 1955 N.A.G. credito Archivio Giorgini

– SimonettaSport_1957 credito Archivio Giorgini

– Valentino_1963 credito Archivio Giorgini

“Dior Tribales”, orecchìni per un look sofisticato

Impressi di un classicismo estremamente contemporaneo gli orecchini Dior Tribale s’iscrivono nel ritorno ai fondamentali della maison di lusso parigina. Moderni ed eleganti, asimmetrici e audaci, rappresentano il gioiello contemporaneo dal gusto tribal-chic. Gli orecchini Dior Tribales reinterpretano la perla, un evergreen in fatto di accessori, e gioiello preferito di Mitzah Bricard, musa di Christian Dior, richiamando in modo stilizzato i campanellini del mughetto, il fiore portafortuna del couturier.

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Dior Women Cruise, Courtesy of Press Office 

Un’idea semplice quanto geniale, per le boucles d’oreilles culto della maison francese, che si candidano a diventare un accessorio must have di questa stagione. Due sfere di dimensioni diverse compongono il prezioso dal sapore tribal-chic, che può trasformarsi in infinite variabili grazie ai diversi materiali, applicazioni e colori. La piccola sfera è bene in vista, mentre la grande è parzialmente nascosta dal lobo dell’orecchio. Un contrasto di volumi sapientemente studiato con astuzia ed eccellenza, un’evoluzione del Mis en Dior diventato l’accessorio passepartout di tutte le fashioniste, e non solo. Al contrasto delle dimensioni si aggiunge anche quello cromatico. Dior Tribales è esclusivo proprio perché non è un unico orecchino, bensì due e la combinazione dei colori delle due sfere può essere intercambiabile, svariata e divertente.

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Dior Women Cruise, Courtesy of Press Office

Presentati nell’autunno 2013 i Dior Tribales si declinano in molteplici versioni. Oltre alle semplici perle sono disponibili infatti, anche sfere in vetro color serenity, rosa quarz, giallo, rosso, con pietre e con pendenti. Da quelli laccati ai metallizzati, da quelli impreziositi da cristalli fino a quelli con stampe colorate. Indossati da soli o in coppia danno così vita ad una infinità di combinazioni.

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Dior Women , Courtesy of Press Office

È al numero 30 di Avenue Montaigne, a Parigi, che questi orecchini prendono forma su un foglio di carta bianca. Dal disegno a matita, addetti allo sviluppo realizzano uno schizzo tecnico in cui ogni elemento del gioiello è precisato nei minimi dettagli. Da Parigi si vola dritti verso Pforzheim, in Germania, dove un modellista basandosi su queste indicazioni progetta al computer tramite apposito programma CAD, il primo stampo degli orecchini in cera.

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Dior Women ,Courtesy of Dior Press Office

Gli orecchini Dior di ispirazione tribale e dal design asimmetrico, si declinano davvero in mille variabili. Si va dai Dior Tee Shirt, realizzati con perle in resina metallizzata, ai Gum Tee Shirt, con perle rivestite da una resina gommosa, arrivando sino ai preziosissimi Tribale Flowers, ornati di cristalli a forma di petalo. Questi prendono forma grazie all’antico procedimento di fusione a cera persa, che consiste nel sostituire il modello inizialmente realizzato in cera con un modello di metallo, materiale definitivo del prezioso.

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Dior Women, Courtesy of Press Office

Quest’ultimo viene poi lavorato a mano dall’artigiano e immerso in un bagno galvanico per donargli lo strato finale di oro giallo, rosa o palladio. Come per gli abiti la firma couture Dior viene incisa al laser su ogni modello, e per i Dior Tribale Flower l’artigiano seleziona accuratamente ed incolla negli appositi spazi i cristalli, di quattro misure e due colori diversi. Una volta assemblate le due perle gli orecchini sono pronti per alloggiare in un raffinato scrigno pronti per essere indossati e sognare ad occhi aperti.

“Political style”: tutti i look di chi popola i palazzi del potere

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L’Italia è una Repubblica fondata su un certo ‘stile’ e la sovranità appartiene al popolo che… si veste come i rappresentanti che elegge.
Nei cosiddetti ‘palazzi del potere’, freschi attivisti e intrepidi veterani impersonano la foggia della nazione che si fregia dello stemma araldico del ‘made in Italy’ come fosse il vitalizio di un’antica nobiltà, che quanto ad estetica vive anche di rendita. Gli esponenti dei vari partiti sfoggiano colori e accessori che via via acquisiscono una sorta di simbologia, diventando fonte di ispirazione per gli elettori che -più o meno consapevolmente- prediligono i capi d’abbigliamento spesso esibiti dai leader degli schieramenti che appoggiano.

Perciò, addio Onorevoli! Oggi i Cittadini fanno la rivoluzione col maglioncino di acrilico, con le camice dai colli ambigui, con i giacconi impermeabili e i pantaloni di velluto a costine belli comodi. Se in piazza fa freddo, giù con le sciarpone di lana -meglio se un tantino infeltrite- e i cappelli aderenti, altro che giacca e cravatta. E’ la massa, la folla, la gente.

Poi ci sono i Professori, quelli che hanno reso il loden la divisa ‘anti-spread’ Indossano il rigore di un completo gessato come credenziale decorosa agli occhi dell’Europa e guai a chiamarli radical chic! Sono intellettuali loro, professionisti collaudati ben distinti dai rottamatori casual che rimboccano le maniche della camicia come a voler dire “damose da fa’”. Per questi ultimi il colletto è sbottonato e la demolizione della classe politica si fa anche con un look affabile che ammicca al fascino presidenziale della democrazia a stelle e strisce.

Abbandonate le bandane da corsaro e le T-shirt sotto le giacche in stile bodyguard, gli ex avventori di cene eleganti e spettacoli di burlesque vestono adesso con la sobrietà di un doppio petto blu, ostentano linee sartoriali e brillano di bottoni dorati, mentre le ‘quote rosa’ non mollano il pellame pregiato di una borsa in pendant con la cintura griffata. Qualche ritocchino estetico è sapientemente celato da grandi occhiali scuri, che alimentano il mistero di come sia possibile conciliare la falcata sicura di tacchi altissimi con la proverbiale impraticabilità degli impervi sampietrini.
Poi ci sono loro, i ‘perdenti che arrivano primi’, che hanno sempre qualcosa di colore grigio: se non è il pantalone è la cravatta, se non è la scarpa è la borsa, se non è un foulard sono i capelli, altrimenti è l’espressione. L’estetica è superflua, l’abito non conta, poche chincaglierie: ciò che conta è il risultato (grigio, appunto).

Sebbene silurati da ‘marachelle bugiarde’, sparuti ma ancora gagliardi sono, invece, i dandy dal gilet damascato, mocassino bicolore ed eccentrico copricapo, la cui la velleità di fermare il declino sociale è testimoniata dalla scelta di prediligere i colori dei paletti catarifragenti.

In fondo, ‘scendere’ in politica è un po’ come salire in passerella: circondati da scenografie surreali e location suggestive, decine di modelle e modelli indossano programmi e idee per sfilare davanti al pubblico che può ammirare, sbeffeggiare, indugiare sulle collezioni.
E se qualcuno inciampa poco importa: flash, applausi, fischi… The show must go on, signori.

Libri di moda: ecco 8 volumi da leggere subito

Essere un esperto o un giornalista di moda non significa soltanto saper scrivere bene e avere una grande passione per il mondo del fashion. Un bagaglio culturale ricco e variegato, con conoscenze che possano spaziare dalla storia della moda e la fotografia, a campi come attualità, economia, arte e cinema è indispensabile. Lo studio continuo, l’aggiornamento costante e l’attenzione alle novità contribuiscono alla formazione di quello spiccato senso critico che una giornalista deve assolutamente possedere. Un vocabolario settoriale ricco a cui poter attingere nella stesura degli articoli e un ampio campo di conoscenze permettono poi la creazione di contenuti di qualità, con riferimenti colti e originali. Un buon giornalista non deve dunque mai smettere di studiare e aggiornarsi.

Ecco 8 libri assolutamente da leggere e rileggere, per avere conoscenze sulla storia, sul vocabolario e sulla comunicazione di moda sul web.

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Vuoi diventare giornalista di moda? Potrebbe interessarti il Master in comunicazione e giornalismo di Moda di Eidos Communication in partenza a settembre 2017

1. Storia della moda dal XVIII al XX secolo di Enrica Morini

Avere una panoramica sulla storia della moda è essenziale per poterne scrivere, analizzare i fenomeni attuali e prevedere i cambiamenti futuri. Storia della moda dal XVIII al XX secolo di Enrica Morini è un viaggio attraverso tre secoli di cambiamenti e sviluppi, per arrivare alla moda moderna, passando di capitale in capitale, da Parigi, a New York, da Londra a Milano, Firenze e Roma. Questo libro illustra il percorso del sistema moda e tutte le trasformazioni sociali che essa ha subito per diventare oggi un fenomeno di massa.

2. Parole di moda. Da A-line dress a Zuava di Michela Zio e Monica Camozzi

Un buon giornalista di moda deve conoscere il lessico di settore, a cui attingere nella stesura dei propri articoli. Dai capi ai tessuti, dagli accessori alle scarpe, dalla terminologia storica “tecnica” ai neologismi di settore. Parole di Moda è un vocabolario fashion che contiene in ordine alfabetico tutti i vocaboli ricorrenti e anche i meno noti, che sono ormai entrati a far parte del lessico quotidiano di giornalisti, sarti, stilisti e fashion blogger.

3. Modabolario dizionario tecnico creativo di Antonio Donanno

Un vocabolario innovativo e originale quello di Donanno, con termini che si articolano nei vari settori tecnologici, storici, stilistici, sartoriali e industriali del tessile/abbigliamento, arricchito da molte figure a colori, fra dipinti, fotografie e illustrazioni scelte per integrare il testo scritto e spiegarlo attraverso l’immediatezza visiva. Non si tratta però solo di un semplice vocabolario: Modabolario contiene anche un inserto realizzato dal semiologo-psicologo Pietro Brunelli che esamina il fenomeno moda degli ultimi cinquant’anni e di oggi e un ultimo capito interamente dedicato agli stilisti.

4. La comunicazione della moda (significati e metodologie) di Hélène Blignaut e Luisa Ciuni

L’avvento di Internet, con la nascita di numerosi giornali digitali e blog, ha portato a un aumento delle nozioni inesatte, urlate e confuse. Per fare una buona comunicazione di moda è quindi necessario secondo Blignaut e Ciuni rinnovare la capacità di osservazione dei fenomeni per ricominciare a distinguerli e ridare una mano a chi comunica per mestiere. Questo volume si pone proprio questo obiettivo, rivolgendosi agli studenti e ai professionisti (giornalisti, addetti stampa o studiosi di pubblicità) ai quali offrire una nuova guida per farsi leggere, ascoltare e seguire.

5. Alla corte di re moda di Daniela Fedi e Lucia Serlenga

Un’altra caratteristica che un buon giornalista non può non possedere è la curiosità. La voglia di scoprire, conoscere, andare oltre ciò che appare, per poi raccontarlo. Cosa si cela nel backstage delle sfilate di moda? Daniela Fedi e Lucia Serlenga, due giornaliste da anni impiegate in questo settore, lo raccontano senza peli sulla lingua, svelando tutti i segreti che si celano dietro le quinte dei fashion shows.

6. Comunicare la moda. Il manuale per futuri giornalisti e addetti stampa del settore di Hélène Blignaut, Luisa Ciuni, Maria Grazia Persico

La comunicazione di moda viene analizzata a 360° in questo volume, concentrandosi sia sulla figura del giornalista di moda, ma anche su quella dell’addetto stampa e sul rapporto che intercorre tra i due. Qual è il ruolo e quali sono i mezzi del giornalista che si occupa di moda e dell’addetto stampa che comunica la sua azienda all’esterno? Come si scrive un articolo su una sfilata e come si prepara un corretto ed efficace comunicato stampa? Come far fruttare al meglio la collaborazione tra giornalista e addetto stampa? Queste sono alcune delle domande a cui Blignaut, Ciuni e Persico cercano di dare una risposta.

7. Runway: The Spectacle of Fashion di Alix Browne

Un libro interamente dedicato alle sfilate e all’importanza delle scenografie. Si va dalla prima sfilata di Raf Simons da Dior, che fece ricoprire le pareti della sala in cui si trovava il pubblico di fiori veri, agli spettacoli accuratissimi di Miuccia Prada, a quelli dall’ambientazione sempre diversa di Karl Lagerfeld per Chanel.

8. Fashion Blogger, new dandy? di Giulia Rossi

C’era una volta il giornalista di moda, l’esperto. Poi, con il web, è arrivato il fashion blogger, inizialmente un semplice appassionato, poi sempre più professionale e dalle qualità complesse da accostare più che al giornalista in senso stretto a un influencer o a una celebrity. Il libro ripercorre gli approcci alla moda dei principali filosofi e sociologi, poi descrive nel dettaglio il fashion blog nelle sue principali tipologie, illustrandone case history e confrontandoli con i media tradizionali, per poi analizzare le principali tendenze della comunicazione online della moda. Una panoramica completa sull’evoluzione contemporanea di uno dei fenomeni più pervasivi e influenti dei nostri tempi: per comprendere come la moda, intesa come spinta all’uniformità e nello stesso tempo motore di creatività e distinzione, sappia essere anche un importante fattore di mutamento e una lente straordinaria con cui leggere la società nel suo complesso.

E voi? Qual è il libro di moda che vi interessa di più?

Voglia di un look urban? Ecco come costruirlo in quattro semplici mosse

Come ottenere un perfetto look street urban? È la domanda che molte appassionate di moda e tendenze si sono fatte in questi mesi, quando fu chiaro che tra i trend per la bella stagione ci sarebbe stato vestire secondo uno stile comodo, piuttosto casual, ma non per questo poco ricercato o privo di personalità.

Anzi: vestire streetwear, anche smorzandolo con dettagli più cittadini e senza tempo, è decisamente una scelta di carattere e che, soprattutto, dice molto del carattere della persona. Il giusto tocco di audacia senza aver paura di osare è l’unico vero elemento indispensabile per ottenere il perfetto look street urban. Poi basteranno solo una serie di accorgimenti pratici che dovrebbero permettere di evitare errori grossolani quando si va a fare shopping.

Dai capi oversize ai dettagli moda: guida al perfetto look street urban

Per non sbagliare parti optando per un capo oversize: felpe extralarge, jeans modello boyfriend, t-shirt ampia o, ancor meglio, camicia maschile rubata dall’armadio del fidanzato, sono perfetti per un look street urban femminile. Col tempo si imparerà soprattutto a giocare con i volumi e mixarli nel modo migliore, quello più capace di valorizzare le proprie forme (la camicia, per esempio, si stringe con una cinturina sottile o si indossa al contrario come nei migliori tutorial tanto in voga su tiktok ultimamente).

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La regola less is more vale sempre

Less is more è, per molti versi, un buon secondo principio da seguire per entrare nella “tribù” degli amanti dello streetwear più cittadino. Vale per i colori, con bianco e nero che sono di gran lunga gli accostamenti preferiti da chi sceglie questo stile, e vale soprattutto per le stampe. Non a caso se si dovesse scegliere un capo iconico dello stile street urban sarebbe, forse, la t-shirt con stampa grafica: meglio, tra l’altro, se la stampa è legata alla musica o a una serie TV.

Il jeans e il vintage style per essere anche green

Attenzione anche ai tessuti: jeanspelle sono essenziali per ottenere il perfetto look street urban. I secondi finiscono soprattutto su giubbini biker, gilet, scamiciati ma, anche, gonne o fuseaux attillati per chi proprio non vuole rinunciare a un tocco trendy. Il tocco in più lo aggiungono soprattutto capi vintage e recuperati dagli armadi dei genitori o, perché no, acquistati nei mercati dell’usato divertendosi a scovare chicche introvabili con cui fare mix e match tra nuovo e retrò. Spesso l’amante dello streetwear che vive in città è anche sensibile, del resto, a temi come i consumi circolari e la maggiore sostenibilità anche delle proprie scelte di abbigliamento.

Gli accessori per un look street urban

Per un perfetto look street urban non si può rinunciare, infine, soprattutto a dettagli preziosi o con personalità. Uno zaino tecnico è, per esempio, il perfetto alleato se ci si sposta molto per lavoro e lo si fa coi mezzi. Anfibi, tronchetti, stivaletti militari sono l’accessorio perfetto ai piedi di chi veste street urban: è per questo che i Prada stivali , meglio noti come chunky boots, dalla suola molto alta e che ricorda per molti versi quella delle scarpe tecniche, non mancano ormai da qualche anno e sono proposti, anzi, come veri e propri oggetti cult.

Se cercate ispirazione, fate un giro su Pinterest e date un occhio alle più recenti sfilate che prendono sempre più ispirazione dalla strada. Sapevate, infatti che gli stilisti stessi incaricano i cosiddetti cool hunter (cacciatori di tendenza) e gli streetstyle photographer per avere spunti nuovi? Magari il prossimo spunto immortalato sarai proprio tu!

Lo stilista Ettore Bilotta realizza le divise dell’equipaggio della compagnia Kuwait Airways

È Ettore Bilotta il fashion designer scelto da Kuwait Airways per progettare e realizzare le nuove divise degli equipaggi di volo. Nell’anno del settantesimo anniversario della compagnia di bandiera, infatti, si attua un importante progetto di rilancio, che prevede una serie di servizi all’avanguardia, come l’home check-in, i servizi di limousine, l’introduzione di nuove destinazioni per la stagione estiva 2023. In quest’ottica di innalzamento degli standard, di grande rilievo è un radicale cambio di stile, con l’assegnazione a Bilotta del nuovo look dell’equipaggio di bordo.

Ettore Bilotta per Kuwait Airways
Ettore Bilotta per Kuwait Airways

La nuova collezione di uniformi, in perfetto equilibrio tra classicità e funzionalità, è ispirata a due elementi fondamentali: stile e ospitalità. Gli outfit sono contemporanei, classici, e pratici nella loro innata eleganza. Le linee sono glamour e donanti, ispirate a quegli anni 50 che hanno visto nascere la Kuwait Airways. La scelta cromatica alterna il blu navy, omaggio al colore della compagnia, al beige, nella tonalità dorata e inconfondibile del deserto di sabbia.

Ettore Bilotta per Kuwait Airways
Ettore Bilotta per Kuwait Airways

Tratto caratteristico è l’uso del tessuto jacquard, che si affianca alla tinta unita conferendo all’outfit un segno distintivo, che identifica la compagnia aerea, con un disegno che ricorda il diamante, in una serie di sfaccettature che danno tridimensionalità. I tessuti sono realizzati con una composizione in maggioranza di lana, fibra naturale, che garantisce, oltre al confort, anche un’elevata sicurezza grazie alla sua bassa infiammabilità.

Ettore Bilotta per Kuwait Airways
Ettore Bilotta per Kuwait Airways

Ettore Bilotta ha elaborato un vero total look, completo di borse, guanti, foulard, cappello e cinture, che lo rendono prezioso e accurato a prima vista, infondendo una sensazione di opulenza.

Ettore Bilotta per Kuwait Airways
Ettore Bilotta per Kuwait Airways

«La nuova immagine di Kuwait Airways, nel suo 70° compleanno, non vanificherà la sua vocazione, quella di volare con serena raffinatezza- ha dichiarato Bilotta- ringrazio  il Ceo della Kuwait Airlines Maeen Razouqi per avermi scelto in questo importante progetto di rilancio della compagnia. Il Kuwait e la sua gente sono stati per me di grande ispirazione nella realizzazione delle uniformi, nelle quali ho voluto trasfondere l’innata eleganza della sua popolazione e la bellezza sinuosa del paese, un piccolo e prezioso diamante incastonato nella corona del Golfo Persico».

Ettore Bilotta per Kuwait Airways
Ettore Bilotta per Kuwait Airways

Le divise disegnate da Ettore Bilotta saranno indossate dagli equipaggi a partire da Maggio 2023 e resteranno a bordo per i prossimi 5 anni. Il couturier ha al suo attivo molte importanti collaborazioni, tra cui la creazione delle divise del personale di volo di primarie compagnie aeree internazionali, tra cui Etihad, Alitalia, Turkish Airlines. Il 2023 si apre con la nuova collaborazione con Kuwait Airways.

Ettore Bilotta per Kuwait Airways
Ettore Bilotta per Kuwait Airways

About Ettore Bilotta
Ettore Bilotta. Couturier italiano, affonda le radici della sua formazione nell’alta moda, presso l’atelier della storica maison Lancetti a Roma e a seguire presso l’atelier Raffaella Curiel a Milano. In seguito, fonda il suo atelier e il brand che porta il suo nome e debutta nel 2005 con una collezione presentata nel calendario della settimana della moda di Roma. Alla collezione couture affianca ben presto la linea pret a porter, che declina il medesimo registro stilistico che ha reso Ettore Bilotta uno dei designer più amati della moda italiana. Da allora non ha mai smesso di disegnare collezioni eleganti per clienti che amano vestirsi in modo esclusivo, come la Haute Couture richiede.

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Vans: dal rock al punk, la moda delle scarpe senza tempo

Vans, marchio nato nel 1966 ad Anaheim, California, come produttore di scarpe da barca, compie 50 anni di attività. Simbolo del mondo degli skaters, diventa immediatamente la scarpa ideale per chi pratica questo sport grazie alla perfetta aderenza della suola e alla consistenza della scarpa.

È cosi che Vans “Off the Wall”, si trasforma da semplice scarpa di tela a forma espressiva mondiale.Una calzatura, quella del brand, adatta a chiunque, comoda, semplice e pratica.Tanti i colori e le fantasie disponibili sul mercato, vasto il numero di ragazzi e non, che le indossano.

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Sicuramente il modello più conosciuto e riconoscibile è quello delle Slip On: realizzate in tela  con fantasia di rombi e suola di gomma nera o bianca, spesso a scacchi. Questo genere di Vans appartiene soprattutto alla tradizione rock, punk e ska.

Al centro della nostra attenzione non c’è mai stata la promozione del marchio; ci sono state sempre le persone”.

Queste le parole di Paul Van Doren, fondatore di Vans insieme al fratello Jim che nel 2016 hanno celebrato i 50 anni del brand con l’espansione globale di House of Vans, l’hub culturale dell’azienda, insieme al lancio di prodotti speciali.

Una festa dedicata a un tipo di calzatura che, come è noto, ormai non appartiene più ai soli sportivi, ma a chiunque ami la comodità mixata a uno stile inconfondibile.

Photo credits Official website 

Milano, dieci anni di Via della Spiga: la prima smart street d’Italia

Spiga-smart-streetVia della Spiga non è solo lusso e moda. Oggi, è anche eco-sostenibilità. Inaugurata il 9 aprile del 2013, in concomitanza con l’apertura del Salone del Mobile, con una scenografia luminosa di giochi di luce in movimento, la famosa via nel cuore del Quadrilatero della Moda è la prima via italiana a poter essere definita ‘smart street’, ovvero strada intelligente. Promosso dall’ “Associazione Amici di Via della Spiga” con il patrocinio del Comune di Milano e il supporto di prestigiose aziende private attive nel settore dell’innovazione e della tecnologia come Fastweb, Samsung, Umpi, Cariboni Group Lighting, Blachere Illumination e Imq-Istituto Italiano del Marchio di Qualità, il progetto prevede l’installazione di servizi innovativi per cittadini e visitatori italiani e stranieri: dalla mobilità sostenibile con le stazioni urbane di ricarica per veicoli elettrici, alla sicurezza con le colonnine sos e di videosorveglianza, dai collegamenti wi-fi per smartphone e tablet sino a una innovativa illuminazione led, oltre a eleganti totem touch screen dedicati alla promozione turistica, agli eventi e alle informazioni sulla mobilità della città.

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«Spiga Smart Street, questo innovativo sistema di luce urbana a proiettori led – spiega Franco D’Alfonso, assessore del Comune di Milano al Commercio – permetterà di ottenere alti livelli di risparmio energetico mai raggiunti prima, che contribuiranno a fare della nostra città un modello di efficienza in vista di Expo 2015’». I sistemi installati di luce urbana a proiettori led abbinati al telecontrollo punto-punto powerline permetteranno di ottenere un risparmio energetico fino al 70%. Una gestione intelligente delle risorse energetiche presenti sul territorio, che permetterà di rilanciare l’immagine del capoluogo lombardo come città capace di offrire servizi urbani sempre più innovativi nel rispetto dell’ambiente.

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Sportswear, ecco come essere trendy anche in palestra

Sembra ieri quando, al liceo, si fuggiva negli spogliatoi delle palestre a cambiarci dopo l’ora di educazione fisica; toglierci velocemente quelle tute in acetato, quei pantaloni ormai sformati, quelle Tshirt troppo oversize e poco di moda era una liberazione dalla quale siamo passate tutte.

Per fortuna i tempi sono cambiati e molte case di moda, sia luxury brand che fast fashion, hanno creato collezioni ad hoc per lo sport, forti del trend portato in voga anche dalle star di hollywood che fitness è bello e se è fashion tanto meglio.

La prima a lanciare una collezione dedicata unicamente al fitness è stata Stella McCartney in collaborazione con Adidas. Linea adorata da tutte le celebrities vanta la comodità e la tecnologia dei tessuti sportivi, come la traspirabilità, senza abbandonare la causa animalista della stilista. La collezione negli anni è cresciuta esponenzialmente, anche per il numero di prodotti presentati, infatti si possono trovare capi per praticare molti sport, dal running allo yoga, dal training in palestra al tennis fino al nuoto.

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Sulla scia di collezioni come quella di Stella McCartney anche molti brand del fast fashion hanno dedicato una linea al mondo dello sport, come nel caso di H&M, Mango, grazie ai quali la possibilità di praticare sport con la comodità di capi tecnologici talvolta costosi diventa alla portata di tutti.

Infine Oysho ha reso la sua collezione gymwear una punta di diamante del proprio business. Il brand di underwear del gruppo Inditex, infatti già da qualche anno propone un’ampia scelta di prodotti che spaziano dai leggins per il running ai pantaloni per lo yoga; dalle giacche in tessuto termico, per praticare sport all’aria aperta in inverno, alle tshirt, per cavalcare le onde in estate; dalle scarpe per la palestra fino agli accessori, come porta iphone ed elastici per capelli, tutto a rendere più confortevole il tempo dedicato allo sport, ma soprattutto a noi stesse.

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Come se non bastasse anche molti siti di e-commerce hanno dedicato una sezione esclusivamente al mondo dello sportswear. Per citarne uno fra tutti Net-a-porter ha creato la sezione Net-a-Sporter, che racchiude tutti i prodotti selezionati dai buyers dell’e-commerce per i loro clienti suddividendoli per ogni singolo sport. Si va dallo yoga al tennis, dallo sci all’equitazione. Oltre ai prodotti sulla pagina si possono trovare consigli su come praticare sport, video, editoriali e sezioni di prodotti vicini al mondo dello sport, come il kit beauty da utilizzare dopo l’allenamento.

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Photo credits web 

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