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Fashion in Orbit. La moda arriva nello spazio

Come l’universo è infinito anche le possibilità della moda di stupirci sono immense. E questa volta la dea delle apparenze si spinge proprio oltre i confini del tempo e dello spazio e arriva in orbita. Fra corpi celesti su maglie, abiti e soprabiti il soggiorno nello spazio diventerà un’odissea glamour che sembra aver conquistato anche le star come Samantha Cristoforetti, la nostra testimonial intergalattica.

Courtesy of Press Office Polidesign Milano
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Tutto è cominciato con il progetto Couture in Orbit quando l’Agenzia Spaziale Europea ESA ha coinvolto cinque scuole di moda e design scelte nei paesi di origine degli astronauti ESA, che dal 2014 in poi hanno soggiornato a bordo della Stazione Spaziale come la stessa Cristoforetti. L’Italia è stata rappresentata dal Politecnico di Milano, che ha un’offerta formativa specifica nell’ambito del fashion design con particolare riferimento alle caratteristiche dei materiali, alle tecniche sartoriali nonché ai processi di lavorazione.

Courtesy of press Office Polidesign Milano
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Le altre scuole coinvolte sono state la Fashion Design Akademiet di Copenaghen, la Revensbourne di Londra e l’Ecole supérieure des arts et techniques de la mode per la Francia e la Germania. Il progetto prevedeva di realizzare una collezione di abiti che integrasse tecnologie spaziali e materiali innovativi. Una sfida pienamente accolta dagli istituti e sopratutto dal Poli.design di Milano. Gli aspiranti couturier hanno lavorato facendo riferimento ai temi forniti che l’ESA ha assegnato ad ogni scuola, tratti dalle strategie dell’agenzia nei settori della sostenibilità, della tutela del clima e del riutilizzo. Tecnologia, ambiente, innovazione, salute e sport sono i punti cardine ispiratori per i giovani designer che si trovano ad esplorare e sperimentare l’interazione tra moda e tecnologia.

Courtesy of press Office Polidesign Milano
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Dai sensori incorporati alle unità per il calore, fino ai tessuti super assorbenti. Gli abiti tecnici del futuro strizzano l’occhio alla funzionalità risultando allo stesso tempo accattivanti dal punto di vista estetico e pratico. Anticipare i bisogni dell’era spaziale che verrà nel campo dell’abbigliamento. Questa la sfida che hanno portato a termine gli studenti con grande successo ed oltre a rispondere ai requisiti specifici collegati a ciascun tema, tutti i modelli disegnati dai giovani stilisti dovranno essere allo stesso tempo adatti ad un utilizzo quotidiano.

Gli ottimi esiti del progetto, i cui risultati sono stati presentati a Londra al Museo della Scienza con una passerella space-à-porter lo scorso maggio, hanno suscitato un particolare interesse tra gli addetti ai lavori del comparto moda internazionale. A fronte del forte successo del progetto il Politecnico di Milano lancia la prima edizione del Corso di Alta Formazione Fashion in Orbit. Moda, tecnologia, ispirazione spaziale che avrà inizio il 30 gennaio prossimo e terminerà il 17 febbraio 2017, proseguendo con l’esperienza insieme ad ESA e aprendo così la partecipazione a professionisti e aziende che operano nel fashion system.

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Courtesy of press Office Polidesign Milano

Materiali innovativi ed estro creativo, con lo sguardo proiettato verso l’immensità dello spazio e le tecnologie che da esso derivano. Sono questi gli ingredienti alla base del progetto Couture in Orbit. Se è vero che l’Astro mania con le sue innovazioni spaziali avranno nel prossimo futuro una sempre più forte influenza su trend di consumo e comportamenti, al fashion designer spetta di capire come diventare protagonista attivo e più consapevole di questo processo per arrivare alla creazione di prodotti e modelli di business innovativi che comprenderanno smart textile, wearable ma anche tecnologie per l’ambiente e politiche di sostenibilità per la moda.

Courtesy of press Office Polidesign Milano
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Il corso, con durata di 3 settimane, è suddiviso in due moduli, il primo teorico con seminari e project work per sviluppare il concept della capsule collection ne affianca un secondo pratico presso il laboratorio sartoriale del Politecnico, che permetterà di realizzare la collezione caratterizzata da un alto livello di technology wearable, di presentarla attraverso un portfolio professionale e di fotografarla negli spazi del Lab.

La collezione seguirà un preciso fil rouge che prende ispirazione dalla tecnologia spaziale tra quelle presentate e i partecipanti lavoreranno sia in aula che in laboratorio con materiali tessili innovativi riproducendo le dinamiche reali di un’azienda di moda, dall’immagine complessiva del prodotto alla comunicazione.

Courtesy of press Office Polidesign Milano
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Il corso permetterà dunque non solo di approfondire competenze sulle innovazioni tecnologiche e capacità progettuali avanzate, ma offrirà anche l’opportunità unica di costruire relazioni trasversali con esperti appartenenti al settore tecnologicamente più avanzato al mondo e di esplorare come la ricerca condotta nello spazio possa ispirare la moda e creare nuove opportunità di crescita sociale e business.

Courtesy of press Office Polidesign Milano
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I risultati saranno esposti in una speciale mostra dedicata a Fashion in Orbit nella sede dell’Agenzia Spziale Europea all’European Space Researchand Technology Centre a Noordwijk e durante eventi e fiere di tessile innovativo e abbigliamento supportate da TexClubTec (Associazione Tessili Tecnici Innovativi – partner del progetto insieme a Colmar) in Europa.

Courtesy of press Office Polidesign Milano
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L’iniziativa promuove lo scambio di ispirazione tra due settori all’apparenza molto distanti, spazio e fashion, che hanno saputo tuttavia influenzarsi reciprocamente, come dimostra ad esempio il caso di innovazioni dell’ESA utilizzate nel campo della biancheria intima termica dal produttore Björn Borg o della dermotuta fatta su misura per l’ESA dal produttore di indumenti per motoveicoli Dainese, con l’obiettivo di alleviare i problemi di schiena degli astronauti. Nessun limite alla creatività dunque per modelli che sono eleganti, stravaganti, semplici o essenziali ma sopratutto con la “stoffa” per delineare una nuova generazione di capi d’abbigliamento.

Nuova boutique e una Limited Edition per Lady Dior by Marc Quinn

Una nuova boutique Dior ha aperto le sue porte nella celebre via londinese di New Bond Street. Quattro piani per l’atelier più grande del Regno Unito, che rappresenterà non solo l’universo femminile e maschile, ma sarà anche il fulcro per la pelletteria, gioielli, orologi, collezioni Baby Dior, e in grande esclusiva la prima collezione Dior Home dedicata alla casa.

Marc Quinn for Dior Courtesy of Press Office
Marc Quinn for Dior
Courtesy of Press Office

 

E’ con questa occasione che Dior svela in esclusiva un’edizione limitata di borse Lady Dior e di piccola pelletteria reinterpretate dall’artista britannico Marc Quinn. La classica Lady Dior, protagonista indiscussa della capsule collection, è realizzata con le famose opere dell’artista londinese

Marc Quinn for Dior Courtesy of Press Office
Marc Quinn for Dior
Courtesy of Press Office

Marc Quinn, uno dei maggiori esponenti dell’arte contemporanea, è riconosciuto infatti per i suoi dipinti iperrealistici e le sue vivide immagini, che diventano stampe vivaci sulla Lady Dior e sulla piccola pelletteria. Egli ha creato modelli che svelano, da un lato, una stampa floreale frutto della sua opera e, dall’altro, lo stesso motivo con colori capovolti. 

Marc Quinn for Dior - Fossil Record Bag - Courtesy of Press Office
Marc Quinn for Dior – Fossil Record Bag – Courtesy of Press Office

Orchidee tridimensionali in positivo e negativo dalle ricche tinte, come nella sua serieIn the Night Garden”, viola, bianche o nere, sbocciano su entrambi i lati delle borse con colori invertiti sotto forma di stampe all-over su uno sfondo di neve o su terreni vulcanici per creare un’affascinante atmosfera artificiale, mentre la Fossil Record bag si lascia ricoprire da un fiore in rilievo in pelle argento.

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Marc Quinn for Dior – “We Share Our Chemistry with the Stars” – Courtesy of Press Office.

Fiori in rilievo eternamente congelati nel momento della loro fioritura, quasi a contraddire l’inquietante sottinteso, ovvero l’implacabile desiderio dell’uomo di controllare la natura. Ė questo il mood, la celebrazione della natura come bellezza indomabile secondo Marc Quinn. Le borse Lady Dior e la piccola pelletteria si trasformano così in vere e proprie opere d’arte indossabili, attraverso le quali l’artista si interroga sull’uomo e sul suo rapporto con la natura.

Marc Quinn for Dior -  “We Share Our Chemistry with the Stars” - Courtesy of Press Office
Marc Quinn for Dior – “We Share Our Chemistry with the Stars” – Courtesy of Press Office.

Con i modelli della serie “We Share Our Chemistry with the Stars”, è l’iride blu intenso ad attrarre il nostro sguardo, la cui etimologia del termine greco significa arcobaleno. “I colori celebrano l’individualità, al centro il buco nero della pupilla, che ricorda il mistero e l’incertezza dell’esistenza” commenta l’artista.

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Marc Quinn for Dior – Wallet – Courtesy of Press Office

 

Marc Quinn ha completato questa limited edition progettando anche clutch e portafogli da abbinare alle borse Lady Dior per una parure perfetta degna di Dior e del grande maestro dell’arte. Grazie a questa collaborazione, unica nel suo genere, la maison Dior ha scritto una nuova pagina della sua storia, che la legherà sempre al mondo dell’arte.

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Marc Quinn for Dior – Clutch – Courtesy of Press Office

Blood Beneath the Skin. Un libro indaga sulla vita tormentata di Alexander McQueen

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Alexander McQueen, soprannominato hooligan della moda, racchiuse con questa frase il suo concetto di moda.
Creatività estrema, toni eccessivi, estetica di dannazione e morte. Abiti non cuciti ma feriti, tagliati. Capi scavati alla ricerca di una nuova essenza.

blood beneath the skinCon Blood Beneath the Skin, Andrew Wilson, giornalista e autore di numerose biografie, racconta il talento incisivo di McQueen, raccogliendo testimonianze di chi ha avuto la fortuna di lavorarci insieme e di viverlo.

Una biografia che racconta ciò che è nascosto sotto pelle, ciò che non tutti vedono. Rivela il genio di uno stilista dalla vita tormentata. Una vita che ha deciso di spezzare nel febbraio 2010, a soli quarant’anni.

Pagine che tracciano il legame tra il suo lavoro a tratti oscuro e una vita personale impenetrabile.

“E’ un libro affascinante, profondamente intelligente, pieno di intuizioni e percezioni. Finalmente McQueen ha il biografo che si merita” .The Indipendent.

 

La morte del designer ha creato nel mondo della moda un vuoto incolmabile. Andrew Wilson riempie questa assenza con parole e immagini intime che rifanno vivere un genio visionario.
I familiari hanno contribuito alla realizzazione del libro raccontando fatti ed eventi che hanno segnato la vita di McQueen, dall’ infanzia alla carriera. Un percorso accompagnato sempre da una forte e invincibile depressione.
Il suo racconto intreccia decine di testimonianze di ex colleghi, studenti, amici, partner sessuali che illuminano tratti di una vita buia e straziante.

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Il libro offre una panoramica totale della vita dello stilista britannico partendo dal suo primo lavoro a Savil Row fino ai primi successi con Romeo Gigli e Givenchy.
McQueen diventa protagonista nell’alta moda portando su passerelle patinate ed eleganti show trasgressivi e scioccanti.
“Io non voglio fare un cocktail party. Preferirei che la gente lasciasse la mia sfilata vomitando.- ha dichiarato McQueen in un’intervista- Voglio dal mio pubblico delle reazioni estreme“.

McQ.840a–d_mcq.840.AV11999, Londra. Aimee Mullins, giovane atleta disabile senza gli arti inferiori calca la passerella di McQueen con protesi tecnologiche.
Lo stupore e lo scandalo del pubblico portano McQueen a continuare lungo questa logica visionaria e irriverente con progetti tra cui “Fashionable?” dove, con la collaborazione del fotografo di moda Nick Knight, crea abiti per chi ha gravi deformazioni fisiche.

 

 

Nuovi tagli, brutti, rovinati. Il vestito si logora, si strappa, si sporca.

Il corpo non è più protetto, si mostra tramite ferite, incisioni provocate con violenza.

Ogni collezione porta qualcosa della vita di McQueen, come tante biografie cucite insieme. Un modo attraverso il quale il designer, l’hooligan, l’enfant terrible, esorcizzava i suoi fantasmi e le sue angoscie.

Ogni pagina di Blood Beneath the Skin é un tributo a una vita di dolore, forte nel successo lavorativo ma troppo fragile per essere vissuta.
Le parole di McQueen rieccheggiano tra le pagine intrise di malinconia e di speranza.
Un segno indelebile impossibile da cancellare.

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“Non vale la pena di creare qualcosa che non susciti in un modo o nell’altro delle emozioni“. Alexander McQueen.


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Il grezzo raffinato di Hannah Jinkins per H&M

Tessuti grezzi e rigidi avvolgono nuove forme, sinuose, sexy.

E’ Hannah Jinkins, giovanissima stilista londinese, a vincere l’H&M Design Award 2016, ambitissimo premio lanciato nel 2012 e tenutosi quest’anno al Kensington Palace di Londra.

Abiti trascurati e oversize si accendono di colori caldi come l’arancione e il senape, si stropicciano in silhouette esagerate e asimmetriche.
Seta e lana dialogano con la rigidità del denim, fresco cotone si incolla con cera e paraffina, spille e pinzatrici tengono insieme un nuovo e traballante equilibrio di materiali.
“E’ stato una sorta di processo sartoriale- afferma divertita Hannah dopo la sfilata- Alla fine lo abbiamo chiamato pinzato per poter essere indossato“.

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A premiare il suo estro creativo e provocatorio una giuria qualificata, tra cui Olivier Roustening, direttore creativo di Balmain, il fotografo Nick Knight, la blogger Chiara Ferragni, Ann-Sofie Johansson, creative advisor di H&M e Maragareta Bosch Van Den.

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La giovane designer britannica ha sfidato altri sette finalisti provenienti da importanti e stimate scuole di design di tutto il mondo. A spiegare il perché di questa indiscussa vittoria è stato Olivier Roustening, che con entusiasmo ha dichiarato-” Hannah ha un’energia potente, moderna. Ha portato in passerella una nuova consapevolezza del corpo femminile“.

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La donna di Hannah è agguerrita, fiera, è maschile.

Hannah sembra seguire con divertita irriverenza orme di stilisti avanguardisti del passato. Da Paco Rabanne che abbinava nuovi materiali a tessuti tradizionali ai rivoluzionari giapponesi che hanno fatto del decostruttivismo trasandato e post-atomico la loro firma.
Una donna militare, operaia, glamour racchiusa in forme scultoree e contemporanee.

Per indossare questo tipo di femminilità non dobbiamo fare altro che aspettare il prossimo autunno che vedrà la sua collezione in vendita negli store H&M e online.

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Donne, moda e potere al Design Museum di Londra: quando lo stile è un valore innato

Women-Fashion-Power at Design Museum of  London Photography Mirren Rosie
Women-Fashion-Power at Design Museum of London
Photography
Mirren Rosie

Women Fashion Power non è la solita esposizione d’abiti di moda, ma bensì un vero e proprio elogio a tutte le donne che hanno usato lo stile per conquistare il loro posto nel mondo. Progettata dall’architetto anglo-irachena Zaha Hadid in collaborazione con Donna Loveday e Colin McDowell, è allestita fino al 26 aprile 2015 al Design Museum di Londra. 

In circa 90 minuti è possibile ripercorrere 150 anni di storia dello stile femminile grazie al contributo di 26 donne, che attraverso la moda hanno saputo distinguersi. Principesse, dirigenti, designer, avvocatesse, artiste, curatrici e musiciste, alcune di queste hanno collaborato prestando i pezzi più significativi del loro guardaroba, come la stilista Diane Von Fürstenberg, l’attuale sindaco di Parigi Anne Hidalgo, la principessa Charlène di Monaco, la cantante Skin, la quale ha affermato che “lo stile che ho sul palco è una parte fondamentale del mio essere, io sono sempre influenzata da cosa indosso”,  l’archistar Zaha Hadid, la quale oltre ad aver collaborato per l’allestimento della mostra è anche una delle 26 donne simbolo in mostra con i propri abiti. Altre donne hanno poi meritato una menzione pur non avendo partecipato attivamente alla realizzazione della rassegna, tra queste ritroviamo Margaret Tatcher, Elisabetta II, Angela Merkel e Michelle Obama.

Women Fashion Power  IL SINDACO DI PARIGI, ANNE HIDALGO, UNA DELLE 25 FIGURE FEMMINILI PROTAGONISTE DELL’INSTALLAZIONE
Women Fashion Power
IL SINDACO DI PARIGI, ANNE HIDALGO, UNA DELLE 25 FIGURE FEMMINILI PROTAGONISTE DELL’INSTALLAZIONE

Non si parla solo della forza politica ma anche di quella privata e quotidiana di tutti quei fenomeni che hanno cambiato l’abbigliamento femminile sesso mascolinizzandolo ma ridefinendo uno stile dove eleganza, stravaganza e funzionalità hanno disegnato l’eclettismo della donna contemporanea.

Punto focale della mostra, non è la tipica rassegna di moda, ma secondo i curatori “é la donna di potere, e la rappresentazione dello stesso attraverso l’abito che indossa per manifestarlo”. L’esposizione, uno spazio a raggiera con cinque sezioni che ripercorrono gli anni dal 1850 ad oggi, è seria, colta nel fornire informazioni tecniche di brevetti e documenti e al contempo piacevole per quell’aspetto ironico del racconto, video o fotografico di alcune sperimentazioni. Composta da tre stanze, la mostra espone nelle prime due l’analisi del sottile ma ben saldo legame tra moda e potere attraverso foto e video d’archivio, insieme ad abiti, corsetti ai quali le donne si costringevano nel ‘800, fino al tailleur indossato da Margaret Thatcher il giorno della sua elezione a leader del Partito Conservatore Inglese, mentre la terza mette in mostra i 26 abiti prestati dalle protagoniste del nostro quotidiano.

Corsetti del diciannovesimo secolo esposti al Women Fashion Power
Corsetti del diciannovesimo secolo esposti al Women Fashion Power

Donne contemporanee dunque queste, che hanno saputo affermare la propria individualità anche attraverso la scelta degli abiti, che le hanno caratterizzate con sfumature e peculiarità aiutandole così a scrivere la storia con grazia e talento. Binomio vincente per donne che non si sono mai servite del loro aspetto per avanzare nel mondo del lavoro ma che hanno reso la moda una propria alleata, indossando gli abiti giusti con determinazione e sopratutto pronte a lasciare il segno.

Riunendo abbigliamento, fotografia, filmati di repertorio e interviste sono stati così ripercorsi fedelmente 150 anni di storia della moda con una timeline visiva coinvolgente che conduce il visitatore dai costrittivi corsetti in osso del XIX secolo alle Louboutin con tacco di oggi, pur sempre mantenendo il parallelismo tra vita pubblica e privata. Dalle suffragette che lanciano il prototipo del tailleur per dimostrare di aver diritto al voto, ai pantaloni per la moda alla garçon caratteristici delle donne che facevano il lavoro degli uomini negli anni Venti si arriva fino alle decostruzioni artistiche dei giapponesi negli anni ’80 e al gruppo di Anversa degli Anni ’90. Pian pian si è fatta strada nella mente delle donne una verità rivoluzionaria, ovvero quella che i vestiti non fossero solo una semplice dimostrazione di vanità femminile ma un vero e proprio elemento essenziale nella comunicazione di se stesse, e strumento utile sopratutto a rafforzare la propria professionalità.

 

Abiti esposti alla mostra al Design Museum di Londra
Abiti esposti alla mostra al Design Museum di Londra

Mentre sempre più donne assumono ruoli di leadership della società, la mostra mette in risalto la questione di come viene rivalutato il ruolo della moda nella sfera pubblica, non una distrazione frivola, bensì una componente essenziale degli strumenti della donna che lavora. Colin McDowell ha detto “Questa mostra dimostra come le donne hanno utilizzato approcci diversi per vestirsi affermando la loro unicità e le loro personalità. Poche delle donne in questa mostra si vedrebbero come figurini di moda o anche come forti seguaci della moda. Creano i loro guardaroba, non per essere alla moda, ma per dimostrare chi e cosa sono.”

 

 

Tweed Ride Picnic: la pedalata urbana ispirata alla belle époque conquista l’Italia

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Per salire sulla macchina del tempo non c’è bisogno di macchinari fantascientifici, basta vestirsi ispirandosi al calore elegante del tweed, tipico di un’epoca tutta da riscoprire per trovare un modo nuovo, nel suo essere antico dello stare insieme, per superare innanzitutto  la freddezza tecnologica dei rapporti umani attuali.

La “Tweed Ride” è nata a Londra nel 2009 e rapidamente si è diffusa nel mondo apportando quell’atmosfera tipica dello stile inglese del ‘900. Da lì quello spirito si è plasmato ovunque da Chicago a Sydney, da Tokio a Berlino fino ad arrivare in Italia con l’edizione della Tweed Ride Italiana, grazie ad un gruppo di amici che vivono nella città di Pescara appassionati della cultura, dello stile di vita e della moda maschile e femminile tipici dell’Inghilterra dei primi decenni del secolo scorso. Un luogo e un tempo dal quale partire per riscoprire e viaggiare in altri luoghi e altri tempi, la Tweed Ride nasce come una festa in bici e abiti vintage per condividere la naturale eleganza della bicicletta, una style competition di mezzi e abiti che partecipano al ride.

Si perché la Tweed Ride è una vera e propria gara aperta alle bici d’epoca tra il 1900 e il 1990, da passeggio o da corsa, anche nuove ma dal mood vintage. Il dress code per la competizione è di tipo inglese ed italiano compreso tra gli anni ’20/’40 ispirato ai romanzi di Dickens, all’epoca vittoriana, a Giulio Verne, caratterizzato da pantaloni alla zuava, bretelle, maglie e giacche sui toni del marrone, mentre per le donne abiti da swing, cappellini e tanto tanto merletto.

Il viaggio a spasso nel tempo si snoda in un percorso urbano di circa 10km con arrivo nel parco dove avviene il consueto pic-nic in British style a cui fanno seguito le premiazioni per il miglior Best Dressed Lady, Best Dressed Gentleman, Best Bycicle, Best Moustache, Best Pipe Smokes and Best Cakes per il picnic.

La Tweed Ride, ormai famosa in molte città europee ed americane non è una fuga all’aria aperta, bensì un’interpretazione del presente con il filtro di un’estetica apparentemente trascorsa ed appartenente ad un’epoca grandiosa di grandi promesse per la modernità, è inserita nel palinsesto degli eventi #VeloLove.  Tweed Ride Italia è oggi promotore dell’evento su Roma “Belle Epoque”, una manifestazione che cerca di enfatizzare in uno spazio di smodata congestione l’eleganza e la semplicità del gesto della pedalata in contrapposizione ad un contesto urbanistico altamente sfavorevole agli spostamenti in bicicletta.

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Il 14 giugno scorso in occasione degli eventi #VeloLove2014, la festa nazionale dei ciclisti urbani forte per i suoi svariati appuntamenti dedicati alle diverse sfaccettature di chi usa sopratutto le proprie gambe per muoversi, considerato il più poliedrico incontro di biciclettari metropolitani, si è tenuta come di consueto la Tweed Ride. L’appuntamento ha avuto inizio la mattina a Villa Borghese con il Tweed Ride picnic, una passeggiata su bici vintage e una colazione sul’erba indossando abbigliamento strettamente in stile belle époque. Immersi nelle atmosfere “en plen air” tipiche dell’impressionismo, come in un quadro di Seraut lo sfondo di Villa Borghese è il paesaggio più adatto per un evento di tale portata.

Natura ed umanità si fondono insieme in una mescolanza ottica, che come per magia, farà sparire il nostro presente trasportando le menti in un altro mondo. L’evento si è protratto fino a tarda serata con un ciclo di film a tema proposti alla Casa del Cinema, mentre l’Urbe Criterium Race ha organizzato una sfida underground internazionale per scattofisso senza freni riservata a esperti bike messenger e atleti che hanno familiarità con le bici da pista.

Nel corso degli eventi #VeloLove è stato possibile fare uno spuntino con la Magnalonga by Night, ovvero un ciclodegustazione itinerante di prodotti tipici, scattare con la Brompton Race, la corsa con bici pieghevoli tra pendolari intermodali, assistere ad un torneo-esibizione di Bike Polo, sport metropolitano che si pratica con cavalli meccanici a pedali.

#VeloLove è dunque un progetto realizzato per chiunque usa la bicicletta come mezzo di trasporto urbano, e anche per chi non ha una bici ma si muove a piedi, col monopattino, con i mezzi pubblici aspirando ad uno stile di mobilità nuovo, efficiente e sicuro, convinto sopratutto che l’uscita dall’ingorgo quotidiano sia una delle scelte necessarie per far tornare le città belle, accoglienti e vivibili.

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L’appuntamento clou della giornata è stata la “manifestazione 30 e lode”, cuore dell’evento #VeloLove, che è iniziata nel pomeriggio dalle 15 in poi a Piazza del Popolo. Organizzata da Rete Mobilità Nuova e #Salvaciclisti con la collaborazione di altri attori della mobilità come Legambiente e Ciclonauti, il corteo “30 e lode”  ha percorso le strade della capitale per poi confluire a Villa Borghese. Obiettivo principale è la necessità di introdurre un nuovo limite di velocità, dei 30 orari all’interno dei centri abitati, e rimarcare la domanda popolare di azioni che favoriscono un nuovo stile di mobilità. Il corteo è stato preceduto la mattina da “30 piazze per 30 all’ora”. Un gruppo di ciclisti è partito da piazza Vittorio e ha percorso 30 piazze tra centro e periferia indossando maglie cl simbolo del limite di velocità a 30kmh.

Rallentare la velocità massima in città è un intervento già realizzato in molte città europee e produce una lunga serie di vantaggi sia in termini di sicurezza, sia in quelli di riduzione della congestione, dello smog, del rumore e dei consumi di carburante, rendendo più fruibili le strade per il traffico non motorizzato. L’iniziativa volge anche a  dimostrare come la bici sia un mezzo di trasporto adatto anche ai tragitti di media-lunga distanza. L’itinerario tracciato è stato di 60km, dalle 9 alle 15, e si è concluso a Piazza del Popolo per confluire così nella grande pedalata collettiva prevista per quell’ora.

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L’evento #VeloLove, e TweedRide al suo interno,  sono appuntamenti dove al contempo ci sono sia cose da guardare che eventi da vivere, dove è possibile essere protagonisti di una nuova mobilità. Riempire le strade di ciclisti urbani di tutte le età è uno dei  modi migliori per mettere in evidenzia che il desiderio di uscire dall’ingorgo quotidiano è comune a tutti. E per raccontare attraverso le immagini tutte quelle persone che hanno scelto uno stile di mobilità più sano e libero è stato realizzato in occasione di #VeloLove il primo album di figurine dei ciclisti urbani, una sorta di antologia di persone che usano la bicicletta come mezzo di trasporto sia quotidianamente che occasionalmente.

Così come farà l’album di figurine l’ha fatto #VeloLove il 14 giugno, ossia ha fissato nelle foto e nelle menti delle persone l’estetica del movimento smart, quella capacità di vivere le strade e le piazze come luoghi d’incontro e non di scontro, condizione necessaria per restituire bellezza alle città. La manifestazione #VeloLove e il suo evento correlato Tweed Ride è sinonimo della necessità di un mondo migliore, è voglia di stupire con semplicità, e Roma ci ha dato la possibilità di partecipare a tutto questo. Allora cosa aspettiamo a scendere in pista ogni giorno e ammirare le bellezze della città eterna e viverla, anziché salire in auto e rimanere bloccati nel traffico? Tweed Ride vi aspetta e con essa le dolci vie romane.

Parco Sempione, Avirex Tweed Ride, Corsa in bici con vestiti d' epoca dei primi del novecento

“The Glamour of Italian Fashion 1945-2014″: il Victorian and Albert Museum festeggia i 70 anni della moda Italiana.

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Imponenti come non mai gli abiti scultura di Cappucci, il caleidoscopio rigato di Missoni, i jeans di Fiorucci e i modelli a sorpresa di Moschino, si ergono nelle sale espositive del celebre museo di Londra, il Victoria and Albert Museumper festeggiare i 70 anni della Moda Italiana. E’ qui che torna di scena il made in Italy con “The Glamour of Italian Fashion 1945-2014″, una mostra evento che ha aperto i battenti lo scorso 5 aprile e sarà visitabile fino al 27 luglio 2014 

E’ un viaggio nel mondo della moda italiana, dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, quello presentato nelle sale del più prestigioso museo d’arte e design del mondo, un percorso nel passato recente dell’Italia visto e proposto nella veste storica di uno dei settori più celebrati del Bel Paese, la moda, che attraverso personaggi, maison e momenti importanti hanno reso grande lo stile e la qualità italiana nel mondo. “La moda è cruciale per l’Italia e l’Italia è cruciale per la moda” – commenta Tom Ford durante l’inaugurazione della mostra. Un’appassionante esplorazione attraverso i meandri della storia, patrimonio d’arte fatto di genio e abilità artigiana, creatività e destrezza commerciale, la rassegna racconta come l’Italia sia riuscita a passare dagli austeri abitini di “garanzia italiana” del periodo fascista all’eccellenza attuale, famosa e sopratutto richiesta in tutto il mondo.

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Abiti di Jole Veneziani 1956

Centoventi  sono i pezzi in mostra che, come spiega la curatrice Sonnet Stanfill, non vogliono rappresentare un’enciclopedia della moda italiana, bensì un compendio in cui a emergere devono essere i punti chiave che contraddistinguono il Made in Italy, ossia l’altissima qualità sartoriale, l’eccellenza della manifattura e dei materiali e la tradizione di molte case di moda estese in tutte le regioni del Bel Paese. “Abbiamo tentato di riproporrre al pubblico le tappe di un percorso che hanno reso la moda italiana unica nel suo stile e nei suoi prodotti – commenta la Stanfill – e l’abbiamo fatto dividendo l’installazione in due parti. La prima parte è dedicata agli anni dell’Alta Moda, mentre la seconda che arriva fino ai giorni nostri, è riservata al ready to wear, all’industria in larga scala che ha conquistato anche i  mercati più difficili”.  

 Sfilata nella Sala Bianca, Palazzo Pitti, Firenze, 1955 - Photo Archivio Giorgini, Firenze© courtesy press office V&A

Sfilata nella Sala Bianca, Palazzo Pitti, Firenze, 1955 – Photo Archivio Giorgini, Firenze© courtesy press office V&A

L’installazione realizzata dal museo londinese è una ricostruzione minuziosa resa possibile da un lungo lavoro iniziato dallo studio degli archivi storici delle aziende di moda, dalla preziosa collaborazione di Bulgari e dal contributo di numerose collezioni private ,che per l’occasione hanno prestato alcuni dei loro pezzi più belli. Tessuti e creazioni favolose sono così a portata di visitatore, offrendogli la possibilità di conoscere per la prima volta anche alcuni grandi protagonisti del mondo della moda italiana, noti fino ad ora solo ad esperti del settore. Come l’illustre Giovanni Battista Giorgini, che negli anni Cinquanta lanciò i prodotti italiani sul mercato internazionale. Dopo il 1945 le industrie manifatturiere grazie al Piano Marshall, ripresero a lavorare favorendo l’inizio del ritorno al lusso che necessitava però di una nuova spinta rivoluzionaria. A fornirla è stato proprio l’imprenditore Giorgini, che nel 1951 inaugurò a Firenze il primo salone internazionale della moda. Successo che si ripeté quando l’imprenditore organizzò lo show nella Sala Bianca di Palazzo Pitti, dove sfilarono i migliori stilisti dell’epoca sotto l’occhio attento di centinaia di buyers.

Elizabeth Taylor indossa i gioielli di Bulgari, Photo courtesy press office V&A
Elizabeth Taylor indossa i gioielli di Bulgari, Photo courtesy press office V&A

Al Victorian and Albert Museum potranno essere ammirate proprio le creazioni di quelle prime sfilate, dai pizzi elaborati degli abiti da sera delle sorelle Fontana, ai delicati abiti da cocktail con stola di Emilio Pucci con le loro ampie gonne che sbocciano come fiori fino ad arrivare ad alcuni splendidi abiti della stilista Simonetta, molto amata dal pubblico americano. E saranno proprio questi ultimi grazie ai desideri delle star di Hollywood, a fare da volano internazionale della moda italiana. Infatti dalla Dolce Vita di Fellini, con gli splendidi abiti indossati da Anita Ekberg, realizzati dalle sorelle Fontana, a quelli di Ava Gardner ed Elizabeth Taylor, le attrici diventano le principali ambasciatrici nel mondo dello stile italiano. Proprio di quest’ultima sono esposti i gioielli di Bulgari, comprati per l’attrice da Richard Burton.

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Dagli albori del Made in Italy si arriva al boom degli anni Ottanta di Giorgio Armani, Fendi, Gianfranco Ferré, Gucci, Missoni, Prada, Pucci, Versace e Dolce e Gabbana fino ad arrivare agli stilisti dei nostri giorni come Gianbattista Valli, al duo Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli alla guida della maison Valentino, a Fausto Puglisi e Stella Jean. La mostra è arricchita da immagini e testimonianze di numerose celebrità tra cui Audrey Hepburn, inoltre attraverso filmati e interviste ai protagonisti del mondo della moda, viene documentata l’eccellenza dei diversi settori del Made in Italy, dal pregiato tessile alla maestria sartoriale, dalle nuove tendenze alle moderne strategie di comunicazione.

Editor-in-chief of the British edition of Vogue Alexandra Shulman, Italian designer Valentino; editor of Vogue Italia Franca Sozzani and long-time partner of Valentino, Giancarlo Giammetti at The Red Carpet of "The  Glamour of Italian Fashion" exhibition at the Victoria and Albert Museum.  Photo credit should read CARL COURT/AFP/Getty Images
Editor-in-chief of the British edition of Vogue Alexandra Shulman, Italian designer Valentino; editor of Vogue Italia Franca Sozzani and long-time partner of Valentino, Giancarlo Giammetti at The Red Carpet of “The Glamour of Italian Fashion”. Photo credit should read CARL COURT/AFP/Getty Images

La mostra ha l’ambizioso obiettivo di raccontare attraverso disegni, abiti e celebrità la storia dell’eleganza e dell’eccellenza tutta Made in Italy e di quanto essa sia stata influente dal secondo dopoguerra in poi, fino a diventare vessillo della capacità imprenditoriale e dello stile in tutto il mondo. Un evento questo, che oltre a mettere in risalto la creatività pone le basi per una riflessione sul futuro. “La moda è tutto il mondo, noi siamo italiani” commenta Stefano Gabbana. In un districarsi di valori e sentimenti nazionali è il paesaggio della creatività che si vuole mettere in risalto, quella mappa digitale che sottolinea la rete di tessutai, di laboratori e filiere industriali distribuite su tutto il territorio.

 

“The Glamour of Italian Fashion”: a Londra va in scena l’Italian style!

italian_fashion_header_1bChe l’Italia abbia dato tanto al patrimonio artistico mondiale in ogni tempo è risaputo: geni come Michelangelo, Donatello o Raffaello hanno lasciato un’impronta nella Storia con le loro opere, cambiando il modo di intendere l’arte e consegnandoci dei veri e propri capolavori. Altrettanto vero è per il mondo della moda, in cui l’Italia da sempre primeggia ed è sinonimo di qualità. Grandi nomi anche qui hanno scritto pagine importanti, rileggendo la moda in chiave personale e stravolgendone il senso, lasciandoci in eredità non solo abiti o trine, ma un modo di essere.

Eccellenze che vanno celebrate con una mostra, che andrà in scena al Victoria and Albert Museum di Londra dal 5 aprile al 27 luglio 2014: “The Glamour of Italian Fashion, 1945-2014” il titolo dell’esposizione, fortemente voluta e sponsorizzata da Bulgari. Dal Dopoguerra fino ad oggi, l’obiettivo della mostra è quello di fare un excursus storico – tecnico sul Made in Italy attraverso i marchi e gli stilisti che lo hanno reso famoso in tutto il mondo per creatività e qualità.

Si parte appunto da quel lontano 1952 nella Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze, dove grazie all’intuizione del marchese Giovanni Battista Giorgini, venne organizzata la prima presentazione di Alta Moda italiana per i compratori dei più importanti department store americani, per arrivare alle camicie-scultura create dall’architetto Gianfranco Ferré. Si celebrano le grandi donne della couture del Dopoguerra, come le Sorelle Fontana e Mila Schön, ma si vedrà da vicino anche la grande influenza della moda italiana sui film hollywoodiani.

Un outfit firmato Mila Schon presente alla mostra
Un outfit firmato Mila Schon presente alla mostra

“Abbiamo lavorato per cinque anni a questo progetto – racconta la curatrice Sonnet Stanfill – È la prima volta che ci si trova di fronte a una panoramica tanto completa sulla moda italiana”.

Oltre cento creazioni esposte, a partire dai capi disegnati da Simonetta, Gattinoni, Emilio Pucci e dalle Sorelle Fontana, tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, per arrivare agli exploit stilistici di Valentino, Giorgio Armani, Prada, Missoni, Gucci, Versace e Dolce&Gabbana di oggi. Bulgari, infine, dedicherà una sezione della mostra ai carati appartenuti a Elizabeth Taylor.

Private by Giancarlo Giammetti

giammetti“Non tutti sanno che per gran parte della mia vita mi sono occupato di fotografia: ho accumulato più di 50’000 foto”, ha dichiarato Giancarlo Giammetti in occasione della pubblicazione del suo libro dal titolo Private. Il volume, edito da Assouline e presentato il 16 Ottobre al Claridge’s Hotel a Londra, si presenta infatti come una selezione di immagini scattate personalmente, ma anche stralci di interviste e articoli che raccontano la vita del braccio destro oltre che amico e compagno dello stilista Valentino Garavani.

Diviso in quattro sezioni, Private ripercorre tutte le fasi essenziali della vita di Giammetti. In Early days, ad esempio, si racconta la nascita durante la Seconda Guerra Mondiale, la giovinezza e il primo incontro con Valentino nel 1960 al Café de Paris a Roma.

Nella seconda sezione The Tribe, diventano protagoniste tutte le persone che hanno preso parte alla vita della coppia e alla nascita e al successo della maison Valentino. Ricordata come una grande famiglia, Giammetti ricorda con piacere le personalità più eclettiche e interessanti che hanno arricchito il suo mondo.

Work è la sezione in cui si snocciola tutto ciò che riguarda il lavoro svolto dall’autore nella casa di moda romana. Organizzare, gestire e guidare l’azienda nell’industria della moda fu il suo compito principale per moltissimi anni: un punto di riferimento fondamentale per lo stilista e per la maison.

Infine Society raccoglie le fotografie dei momenti vissuti insieme a personaggi noti passati dall’essere solo clienti a veri e propri amici. Tra i vari episodi sono raccontati ad esempio il pranzo con Andy Warhol a New York e le lezioni di sci con Madonna: aneddoti memorabili raccontati con divertimento.

Il libro ha attirato l’attenzione di nomi celebri del mondo della moda: da Suzy Menkes a Tom Ford, erano tanti i presenti all’evento svoltosi a Londra. Hanno scelto di celebrare Valentino, ma soprattutto il ruolo chiave svolto nella sua vita da Giancarlo Giammetti, al fianco dello stilista da oltre cinquant’anni.

Christian Louboutin: retrospettiva di un artista

Louboutin_7“La suola rossa è come un fazzoletto che una donna elegante lascia cadere se ha visto un uomo che la attrae”. A dirlo è Christian Louboutin che ha festeggiato da poco venti anni di carriera. E come celebrare un percorso di grandi successi, fatto di creatività, innovazione e lussuose scelte estetiche, se non con una retrospettiva in tour mondiale?

Dopo aver conquistato Londra e il Design Museum nel 2012, la mostra si è trasferita a Toronto dal 21 Giugno al 15 Settembre presso il Design Exchange e anche qui tutti i visitatori hanno avuto la possibilità di ammirare le straordinarie creazioni del Re della suola rossa. Pumps, stiletti, sneakers borchiate, stivali con le frange, ma anche la collezione firmata in collaborazione con David Lynch per la mostra Fetish che si è svolta presso la Gallerie Du Passage a Parigi nel 2007. E ancora, i disegni preparatori delle sue creazioni dai primi passi nel mondo della moda a quelli che ritraggono le ultime collezioni: tutto il mondo di Louboutin , comprese le sue più importanti fonti di ispirazione come il cinema e il teatro parigino di varietà, era tutto lì a dimostrare l’intensità del suo lavoro, la passione e il genio artistico.

Per l’occasione, il Design Exchange ha riunito i più importanti professionisti del settore, come Ashlee Froese, fashion lawyer, e David Dixon, stilista canadese, i quali si sono confrontati sulla carriera del designer francese, sulle sue creazioni iconiche e su tutto ciò che ruota attorno l’industria della moda.

E’ un cammino che parte dall’idea, attraversa la produzione e approda al successo. E’ un mix di eleganza, creatività e trasgressione: è Christian Louboutin, genio della moda dei nostri tempi.

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