Il manico sinuoso, gentile, leggero. La fibbia dorata, fredda e dura. Il cuoio è rigido e morbido al tempo stesso. Il marchio toscano è sinonimo di lusso e qualità. Gentile ma forte. Dietro il riserbo dello sguardo malinconico della sua musa, custodisce indicibili segreti. E la fibbia della sua Gucci le ricorda, appunto, il diario segreto che scriveva da bambina a Southampton.
Allo stesso modo della First Lady americana, nota per una innata timidezza e un profondo riserbo, l’autenticità della “Jackie 1961” è racchiusa al suo interno dove gelosamente e con orgoglio è disseminato il monogramma della maison italiana, quelle due “G” mirabilmente intrecciate. E’ possibile certamente immaginare Jackie Kennedy quando la fibbia della sua borsa scatta, prendere i suoi grandi occhiali da sole dietro cui nasconde il mascara colato.
Flash, flash ovunque, le tocca aprirsi in un sorriso. Entra nella limousine, accavalla le gambe e accarezza il cuoio pregiato e finemente lavorato della sua Gucci, quasi la coccola. Ormai è come un’amica fidata. Forse l’unica vera amica. L’unica amica della First Lady, Jackie Kennedy.
È stata definita come la donna senza curve più sensuale del secolo scorso. Lei, Jane Birkin vanta una carriera di successi nel mondo della musica ,del cinema e non solo.
Nata nel 1946 a Londra, segue le orme di sua madre Judy Gamble, e debutta in teatro giovanissima, durante gli anni della swinging London. Il suo esordio cinematografico è con “Non tutti ce l’hanno”, ma è con il film seguente “Blow up” in cui compare in topless che Jane diventa un personaggio noto e chiacchierato.
Nel frattempo, il suo sguardo da cerbiatta, la sua corporatura esile e il suo stile un po’ sfrontato, attirano diversi giornali di moda, come Harper’s Bazar e Vogue, che le dedicano diverse copertine. Una donna che veste con minigonne e t-shirt ,senza trucco e mai con tacchi alti, non poteva di certo passare inosservata. D’altronde quelli sono gli anni della rivoluzione di Mary Quant, che la Birkin appoggia e sostiene.
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Decide di trasferirsi a Parigi e qui incontra l’amore della sua vita, il cantante Serge Gainsbourg del quale diventa ben presto una vera e propria musa. La coppia conquista la Francia con la canzone “Je t’aime…moi non plus”, dal testo fortemente esplicito. Nel frattempo, il celebre stilista Hermès le dedica una borsa, la “Birkin”, una delle it-bag attualmente più riconosciute al mondo.
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Dopo la loro separazione, Jane continua ad essere l’interprete di successo di molte altre canzoni scritte apposta per lei, ma decide di modificare la sua immagine di ragazzina londinese buffa e sexy, facendo emergere una personalità più matura evidenziata nei film realizzati con il nuovo compagno Jacques Doillon.
Oggi, il mito dell’Inglesina senza regole persiste. Nonostante i quasi 70 anni portati splendidamente, si dimostra una donna che non vuole più esibire quella sensualità che l’ha fatta diventare famosa in passato. Ed è forse questa la chiave del suo successo: aver riconosciuto il momento in cui “fermarsi” per lasciare indelebile nell’immaginario collettivo, il ritratto dell’icona Jane.
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Caschetto rosso geometrico, occhi segnati dalla matita nera, silhouette longilinea slanciata dai tacchi vertiginosi esibiti con grazia e disinvoltura. Lei, Sonia Rykiel, classe anni ’30, è una donna che ha fatto la storia della moda.
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Nata nelle periferie di Parigi, lavorò giovanissima come vetrinista in un atelier di moda. La sua carriera di designer iniziò per esigenze personali: quando rimase incinta, nel 1962, non riuscendo a trovare abiti adatti, decise di disegnarseli da sola. Da quel momento, cominciò anche a crearli per gli altri: il pullover attillato a righe colorate fu il suo primo capolavoro che riscosse molto successo, tanto che la rivista francese Elle, lo usò come copertina di una sua edizione.
Dopo qualche anno, la Rykiel riuscì ad aprire la prima boutique a Saint Germain des Prés, il quartiere parigino tanto amato dagli artisti dell’epoca che influenzarono il suo stile. Ispirata dal surrealismo e dal dadaismo, creò abiti principalmente neri per poi passare a quelli a righe dalle tonalità vivaci.
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Divenne famosa verso la fine degli anni 60 quando cambiò radicalmente le regole della moda. Propose vestiti fatti in maglia da indossare sulla pelle nuda, molto apprezzati dalle femministe parigine che erano alla ricerca di un look eccentrico ma comodo e trovarono negli abiti di Sonia Rykiel, il modo per essere femminili sentendosi a proprio agio. Erano anche gli anni del total look, ma lei lo stravolse e creò le felpe, le giacche trapuntate e i vestiti da indossare al contrario con gli interni a vista. I pantaloni maschili, dettagli sproporzionati e accessori esagerati divennero iconici.
Il messaggio era chiaro: nessuno stilista poteva influenzare lo stile di una donna, padrona di se stessa e per questo introdusse il famoso concetto di démodé, affermando che la moda stessa era fuori moda e poco attenta ai reali bisogni dell’universo femminile.
La stilista ribelle, rivoluzionò anche le tecniche sartoriali: cuciture al rovescio in evidenza e abiti da sera senza orli si imposero tra le creazioni più originali di sempre.
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Una donna forte, testarda e stilisticamente controcorrente dotata di una personalità fuori dagli schemi che ha mantenuto finché una grave malattia, che l’ha poi portata alla morte, non le ha impedito di trasferire sui cartamodelli tutta l’energia per cui era famosa.
Lascia una grande ed inestimabile eredità: la libertà di esprimersi “provocando-come amava dire lei stessa-non con l’abito ma con l’animo”.
Classe 1931, volto di una straordinaria bellezza e 178 cm di inaudita eleganza. Lei, Carmen Dell’Orefice, icona di stile, vanta una carriera lunghissima nella moda che continua ancora oggi nonostante i suoi 85 anni di età.
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Figlia di un musicista italiano e di una ballerina ungherese, vive un’infanzia parecchio difficile e tormentata fatta di stenti. Dopo il trasferimento a New York, viene notata dalla moglie di Herman Landschoff, fotografo di Harper’s Bazar. I suoi lineamenti delicati e il suo sguardo profondo le regalarono la copertina di Vogue, che per la prima volta nella storia fu dedicata ad un quindicenne.
Da lì, un percorso solo in salita per Carmen: posò per Irving Penn, Francesco Scavullo e ben 58 volte per Richard Avedon. Musa ispiratrice di Salvador Dalì e volto per la campagna Chanel N5, è riuscita a imporsi nel fashion system.
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La sua carriera di fotomodella ben presto la lancia anche in passerella: nel 2000 sfila per John Galliano e nel 2004 per Hermes.
Nonostante avesse un lavoro da sogno, la sua vita privata non lo è stata altrettanto. Corteggiata dai moltissimi uomini ricchi e potenti, ha avuto tre matrimoni, finiti tutti con dei divorzi.
Sulla soglia dei 40 anni, la non più giovanissima modella si ritrova a dover ricostruire la sua vita privata mentre quella lavorativa procede a gonfie vele: copertine su Vogue e Town and Country non mancano ad arrivare. Gli anni continuano a passare, ma solo sulla linea del tempo. Helmut Newton la sceglie come modella dotata di un sex appeal straordinario.
“Sono anziana, ma sono una professionista“. Dopo quest’affermazione Carmen Dell’Orefice sfila al Palazzo Pitti come testimonial di Alberta Ferretti, in tutto il suo fascino da raggiante 80enne.
La taglia 38, il naso sottile, la chioma argento-platino e le gambe lunghe hanno di certo contribuito a rendere questa donna una leggenda. Ma c’è di più. Carmen ha saputo rinnovarsi senza perdere quei valori che la contraddistinguono da sempre ed è in grado tutt’ora di essere al passo con i tempi. Una stella che non perde occasione di brillare, ieri oggi e sempre.
Cara Delevingne, nata il 12 agosto 1992, ha iniziato la sua carriera da modella all’età di 17 anni e da allora non si e più fermata. Ha sfilato per i marchi di moda più prestigiosi da Versace, Fendi, Burbery, Blumarine, Victoria Secret’s e negli ultimi anni è stata la musa di Chanel.
Instagram Cara Delevingne
Diventata ormai una it-girl super seguita sui social ( conta su Instagram 33,1 milione di seguaci), ha deciso ,esattamente l’anno scorso, di lasciare le passerelle tramite un’intervista sul Time. La motivazione principale è il troppo stress che le ha scatenato una forte forma di psoriasi (una malattia infiammatoria della pelle), oltre a quello di essere arrivata ad odiare il suo corpo.
Abbandonate le passerelle ma non i riflettori, Cara Delenvigne si è lanciata nel mondo della recitazione: nel 2012 ha avuto un piccolo ruolo nel film “Anna Karerina“, ma il suo vero debutto è stato nel film, che la vede come protagonista “Città di Carta“, ispirato al libro di John Green.
Nonostante la sua decisione presa di abbandonare le passerelle, a marzo Cara ritorna sui suoi passi con la campagna di Saint Laurent. Il tutto accompagnato da un tweet che dice “Non ho mai smesso”.
Instagram Cara Delevingne- Saint Laurent
Poi, l’avventura al cinema con il film “Suicede Squad” di David Ayer dove interpreta Enchantress, l’Incantatrice, la cattiva del film.
E’ apparsa anche sulle copertine dei redazionali più prestigiosi del mese settembre: British Vogue, Elle Usa.
Instagram Cara Delevingne -Elle UsaInstagram Cara Delevingne- Vogue British
Insomma Cara non hai mai abbandonato la moda e continua a sorprendere sempre con il suo stile street chic, le sue enormi sopracciglia e le sue facce buffe che l’hanno resa inconfondibile.
Fisico mozzafiato perfettamente distribuito su un metro e 78 centimetri di altezza. Sorriso radioso e sguardo accattivante. Sembra il ritratto della perfetta top model e per certi versi lo è. Winnie Harlow, nome d’arte di Chantelle Brown Young, è una modella che fa parlare di sé ad ogni uscita in passerella.
La giovanissima canadese, classe ’94, di bellezza indiscutibile, ha dovuto fare i conti con una rara malattia della pelle, la vitiligine, che colpisce il 2% della popolazione mondiale avendo però effetti peggiori sulle persone di colore, come Winnie, dove la discromia tra il nero e il bianco è più evidente.
Vittima di bullismo a scuola, ha sempre combattuto contro i pregiudizi e l’ignoranza di chi la mortificava chiamandola “zebra” o “mucca” e sin da bambina era fermamente convinta di poter realizzare il suo sogno, quello di diventare una modella.
Dopo i rifiuti di molte agenzie di moda che la consideravano fisicamente troppo strana per quel mondo, Winnie, sedicenne, fu notata da un giornalista canadese che ha postato un suo video su Youtube ottenendo moltissime visualizzazioni.
E’ stato però in seguito alla partecipazione al concorso America Next top Model che la sua carriera ha iniziato a decollare. Prima come protagonista di un video di Eminem e poi come vera e propria modella per Desigual che l’ha scelta per rappresentare il motto “La Vida es Chula” cioè “la vita è bella”.
Winnie è la prova vivente che la bellezza ha molte forme che si manifestano in svariati modi. Nonostante la sua pelle sia stata motivo di sofferenza, adesso rappresenta una combinazione, unica e imperfetta che va oltre i canoni della moda, così austeri e monotoni.
La modella,dalla pelle color caffè latte, in ogni sua apparizione lancia un messaggio preciso “Nessuno è perfetto, impeccabile e privo di difetti. Siamo tutti unici e speciali a modo nostro, ognuno deve essere felice per quello che è”.
La sua chioma è un perfetto total white. Nonostante la statura minuta, non passa affatto inosservata. Lei è strati di collane, bracciali, bijoux, ciondoli e spille di ogni sorta. Abiti e tessuti sono accostati senza una logica del colore, della forma, delle fantasie. Parliamo di una donna diventata “fashion icon” per la sua deliziosa stravaganza, ma così difficile da imitare che preserva da quasi un secolo la sua unicità. Alla veneranda età di 101 anni, lei si definisce una “geriatric star”. I suoi tratti distintivi? I maxi occhiali da vista, rotondi ed extra large e il rossetto sempre rigorosamente rosso. Insomma, avete capito? Stiamo parlando di Iris Apfel. È una di quelle donne difficilmente classificabili. È una business woman, una arredatrice di interni, un’icona mondiale della moda (forse l’unica con la I maiuscola), una collezionista di accessori e abiti recuperati in ogni dove. È un personaggio che conquista, le cui citazioni, diventate celebri, sono grandi insegnamenti di vita. Ma chi è Iris Apfel? Qual è la sua storia?
Molto prima che i social conquistassero il mondo, prima del digitale, del telefonino, delle boy band, del prêt-à-porter milanese, dei mitici anni ’80, dei figli dei fiori, dei Beatles, dei Rolling Stones, prima della Seconda Guerra Mondiale, nell’agosto del 1921, nasceva nel Queens, a New York, la piccola Iris Barrel. Il padre Samuel Barrel, un americano di origine ebrea, possedeva un’azienda di vetri e di specchi. La madre Sadye, russa, aveva una boutique di moda. Da lei probabilmente Iris ereditò l’amore per abiti e accessori. La ragazza, negli anni universitari, si dedicò allo studio della storia dell’arte, prima alla New York University, poi all’università del Wisconsin. Agli inizi della sua carriera lavorativa si contano un’esperienza alla rivistaWomen’s Wear Daily, poi presso la designer di interni Eleanor Johnson, quindi per l’illustratore Robert Goodman, per il quale lavorò come assistente.
Nel 1948 incontrò Carl Apfel che divenne suo marito l’anno successivo. Carl e Iris sono stati compagni per tutta la vita, non solo nel settore privato, bensì anche in quello professionale. Con lui, infatti, nel 1950 fondò l’azienda tessile Old World Weavers. Essa si occupava della riproduzione di tessuti. La professionalità, il talento, la curiosità e l’amore per la bellezza dei due coniugi che spesso attraversavano l’oceano alla volta dell’Europa per procurarsi tessuti e ninnoli di ogni genere) sono stati il punto di forza della Old World Weavers, diretta da loro fino al 1992. L’azienda, sotto la loro guida, divenne tra le più famose del settore. Addirittura arredò gli interni della Casa Bianca per ben nove presidenti: Harry Truman, Dwight D. Eisenhower, Richard Nixon, Gerald Ford, John F. Kennedy, Lyndon B. Johnson, Jimmy Carter, Ronald Reagan e Bill Clinton.
Iris ha svolto il suo lavoro con grande dedizione, ma non ha mai messo in secondo piano il suo amore per la moda. Ogni occasione era quella perfetta per fare nuovi acquisti. E gli accessori erano (e sono tutt’ora) linfa vitale per lei. L’incoronazione come “fashion icon” arrivò nel 2005. Quell’anno, infatti, il curatore del Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York, Harold Koda, curatore del prestigioso, allestì lamostra Rara Avis: The Irreverent Iris Apfel, in cui furono esposti gli abiti e gli accessori della collezionista. Il successo fu tale che la Apfel divenne famosissima nel mondo della moda e cominciò a essere un’ospite richiestissima agli aventi più esclusivi e nei front row delle sfilate nelle fashion week.
Iris Apfel in prima fila alla sfilata di Disegual SS 2016
La cosa più assurda è che Iris Apfel, considerata icona del fashion, non segue affatto la moda. Il suo è uno stile unico, che non passa con le stagioni e che “se ne frega” delle tendenze del momento. Come diceva Coco Chanel “Le mode passano, lo stile resta”, sebbene questa citazione si a un po’ irriverente visto che la Apfel, come ha dichiarato al The Guardian, non è mai stata fan di Chanel. Alla praticità e al minimalismo elegante e bon ton della stilista francese, in effetti, l’americana preferiva un’impronta più eccentrica. Nessun limite alla grandezza di perline e ciondoli, o al numero di colori indossati. “Mi piace improvvisare. Mi piace fare le cose come se stessi suonando jazz“. Ed è proprio così che potremmo definire lo stile di Iris Apfel: jazz allo stato puro. Nel 2015, il regista Albert Maysles ha dato vita a un docu-film sulla vita di Apfel, intitolato semplicemente Iris. Nel film si sente una delle sue citazioni più celebri: “Mrs Loehmann in persona mi disse: tu non sei bella e non sarai mai bella. Ma non ha importanza. Tu hai qualcosa di molto meglio: hai stile”.
Iris Apfel testimonial della nuova DS 3
Altro che nonnina esile. Iris Apfel è una donna incredibile, con un grosso bagaglio di esperienze e il modo di fare di un’adolescente. Un ultranovantenne che ha energia da vendere. I brand fanno ancora a gara per averla come testimonial (ultimo esempio quello della nuova DS 3). Questo perché Iris è un’intramontabile icona di stile che è diventata un mito in tutto il mondo.
Quando la moda chiama, Barbie risponde! Questa volta la famosa bambola icona di stile è diventata la protagonista di una collezione, Global Beauty, nata dalla collaborazione tra Vogue Talents e Mattel.
Barbie, dalla sua nascita fino ad adesso, ha cambiato 24 acconciature, 7 tonalità di carnagione e 22 colori di occhi, ma non ha di certo perso il suo fascino riconosciuto a livello internazionale.
Per questa ragione, venti stilisti di fama mondiale hanno creato nuovi outfit per queste nuove venti Barbie, una vera gioia per i collezionisti e non. Versioni completamente reinventate e presentate in chiave moderna: dalla bucolic-girl alla business woman passando per la Street girl.
Tra gli stilisti che si sono cimentati in questa impresa ci sono:Simone Rocha, Aquilano Rimondi, Stella Jean, MSGM, Paula Cademartori, Au jour le jour, Gabriele Colangelo, Marco de Vincenzo, Paul Andrew e Max Kibardin. Accanto ai grandi nomi del fashion, compaiono quelli dei giovani designer emergenti come: Coliac, Arthur Arbesser, Giancarlo Petriglia, COMEFORBREAKFAST, Tak.Ori, Leitmotiv, COITE, DazyShely, AngelosBratis e Piccione.Piccione.
Look fantasioso e styling di tutto rispetto, sono gli elementi chiave di questa collezione Barbie Global Beauty disponibile on line sulla piattaforma YOOX. I ricavati delle vendita saranno devoluti in beneficienza a supporto del FAI(Fondo Ambiente Italiano) per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 24 Agosto 2016.
Se vi dicessimo Jean-Paul Belmondo, Alain Delon, Al Capone o, ancora, Robert Redford, Piero Tosi e Jean Claude Carrière, qual è la prima cosa che pensereste? Indubbiamente la loro passione per il cinema. Ma ciò che accomuna questi grandi nomi è anche un’altra cosa. Una passione anche questa sicuramente. Ed è quella per il cappello più noto al mondo e più amato nell’industria cinematografica hollywoodiana, sin dagli anni’20.
Stiamo parlando ovviamente di Borsalino, il celebre cappello in feltro. Il suo nome, apparso la prima volta ad Alessandria, la città piemontese in cui è nato il marchio, è dal 1857 simbolo di qualità e eccellenza.
E proprio per queste sue caratteristiche, l’azienda ha deciso di omaggiare la secolare tradizione artigianale, lanciando l’ “Itinerant Made To Measure Experience Trunk”, un progetto itinerante dove si realizzeranno, nei vari punti vendita del marchio, cappelli su misura.
L’obiettivo del progetto è infatti “personalizzare”. Lodenfrey, lo storico department store a sei piani e simbolo di Monaco di Baviera, ha dato inizio al progetto ospitando il servizio su misura della storica manifattura e installando in una delle sue vetrine, una quinta teatrale con davanti, circondati da flash fotografici, i cappelli Borsalino, sospesi in aria.
Il designer Moreno Ferrari, la storia e i segreti artigianali che hanno reso inestimabile il valore di Borsalino, viaggeranno in tutto il mondo. Saranno diverse infatti le tappe internazionali del fashion world che ospiteranno questo progetto.
Il servizio su misura, per chi lo sceglierà, permetterà di personalizzare il proprio cappello in feltro, scegliendone il colore tra le trentatré varianti possibili, la larghezza della tesa (dai trentotto colori disponibili), il nastro, la fodera e il marocchino. Infine, si potrà anche incidervi all’interno le proprie iniziali in lamina d’oro.
Il fine ultimo di questo progetto, oltre a rendere omaggio a Borsalino, un’icona di stile, eleganza e qualità che ha dato un grande contributo alla storia del cappello, in generale, è quello di rendere noto a tutti come il marchio sia anche e, soprattutto, un prodotto interamente completamente Made in Italy, che nasconde dietro un importante lavoro sartoriale e che continuerà ad essere per ancora molto tempo presente nel mondo della moda e dell’accessorio.
Questo perché Borsalino, è molto più di un semplice cappello, è storia.
Ci sono quei capi destinati a non passare mai fuori moda. Sempre attinenti ai tempi e alle tendenze del momento, perfetti anche a distanza di anni. Ne sa qualcosa l’iconico trench coat di Burberry, che di anni dietro alle spalle ne ha un bel po’. Esattamente 160 anni. Un risultato unico ed è per questo che la maison britannica non poteva che celebrarne l’ anniversario omaggiandolo con un film di tre minuti, o poco più, e coinvolgendo tante star. Un film che è stato poi presentato a Londra nel flag store di Regent Street, in occasione dell’inaugurazione della nuova campagna natalizia 2016.
Il cortometraggio, che s’intitola “The tale of Thomas Burberry”, non è altro che un racconto romanzato che ripercorre la storia dell’uomo che nel XIX secolo fondò la nota casa di moda e creò il primo modello di trench. Una creazione da subito vincente e destinata al successo vista la sua praticità data dalla natura stessa del materiale con cui è stato fabbricato, completamente impermeabile e che rappresenta, ancora oggi, la chiave del suo successo, se non la sua essenza.
La regia è di Asif Kapadia, un nome già conosciuto nel mondo del cinema per aver vinto il premio Oscar con il documentario “Amy”. Il cast è invece formato dagli attori Domhnall Gleeson,nel ruolo protagonista e reduce dall’ultimo “Star Wars”;Sienna Miller, che interpreta i panni del primo grande amore di Thomas Burberry; Dominic West, alias sir Ernest Shackleton, l’ avventuroso esploratore che indossò un gabardine firmato Burberry in tre pionieristiche spedizioni antartiche; ed infine Lily James, nelle vesti di una nota aviatrice.
Un film che omaggia l’iconico trench, la cui genesi viene raccontata tappa per tappa, ma allo stesso tempo celebra la vita e i successi di Thomas Burberry, un uomo che fu prima di tutto un inventore ma anche un geniale innovatore dello stile.
L’idea di festeggiare il trench di Burberry e i suoi 160 anni nasce dall’attuale direttore creativo, Christopher Bailey, che ne riconosciuto la grande importanza storica. Il trench ha, in effetti, caratterizzato diversi momenti importanti della storia, a partire dalle divise delle esplorazioni dell’800 o a quelle dei soldati della Seconda Guerra Mondiale, fino a diventare poi il tratto distintivo dell’affascinante e carismatico Humprey Bogart, nel mondo del cinema. Oggi è, più che mai presente nelle passerelle, sia nella sua versione classica che nei modelli più sportivi.
Un film omaggio che seppur breve e di soli tre minuti circa, ha comunque lanciato «uno sguardo su una vita piena e straordinaria, attraverso i tumultuosi alti e bassi del XX secolo» come spiega Bailey.
È destino quindi che capi come il trench coat di Burberry, vivano ancora a lungo, magari per altri 160 anni o forse anche di più. Un chiaro esempio di come la moda non mai è fine a se stessa ma fa parte della storia, facendo essa stessa la storia.
Per vedere il film “The tale of Thomas Burberry”, cliccare qui:
https://www.youtube.com/watch?v=6D5IZtDCS5c
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