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Lady Gaga & Therry Richardson, istantanee di ordinaria follia

SOUNDTRACK: Lady Gaga – Marry The Night  
Visionario,  dissacratorio, borderline. Semplicemente un genio. Terry Richardson non usa sovra strutture, né artifici, ci sono solo l’obbiettivo di due instant-camera impugnate contemporaneamente, luce e passione.

Istantanee di vita impressionate nella sua reflex, campagne pubblicitarie censurate e star ritratte nelle loro passioni più recondite.

Un destino scritto nel dna, il suo: con una madre stylist di moda e con un padre,  il  famoso fotografo Bob Richardson, la sua vita non poteva andare diversamente. Gusto estremo anche per la musica, vista la sua collaborazione per 5 anni con il gruppo punk-rock The Invisible.

Grazie a Tony Kent, che lo ha accolto nel suo studio come assistente, si è avvicinato alla macchina fotografica. Una carriera folgorante per questo enfant terrible americano.

Dalle campagne pubblicitarie più famose, ai limiti dell’hard, fa discutere quella per Sisley, alle foto di 11 modelle curvy dalla sensualità procace, immortalate sul magazine Vice, dal Calendario Pirelli 2010 che trasuda nudo eros giocoso, alle accuse di molestie sessuali, non ancora confermate, il rocktografo, come lui stesso si definisce, non smette di catalizzare l’attenzione su di sé. Anzi rincara la dose in grande stile.

Questa volta intrappolata nel suo obbiettivo, c’ è finita niente di meno che Lady Gaga, nome de plume di Stefani Joanne Angelina Germanotta, italoamericana, star e fashion icon del panorama pop internazionale.

Da Lollapalooza ai Grammy  Awards 2011, Richardson l’ha seguita, behind-the-scenes, per dieci mesi stando sempre sul pezzo. Vita privata, Monster Ball Tour, curiosità e risvolti scabrosi. Risultato? 100.000 scatti, 450 inediti, a colori e in bianco e nero, foto rubate alla sua quotidianità e ai suoi vizi più pruriginosi. Dagli MTV  Video Music Award allo show parigino di Mugler, chez Maxime, dalle lezioni di yoga in lingerie, alle foto in vasca da bagno vestita, Richardson ha catturato l’anima di Lady Gaga come non l’avete mai vista.

Ci ha  abituato all’incredibile Miss Germanotta con le sue performance teatrali, i suoi look all’eccesso, risultato di una liaison artistica con  Nicola Formichetti, stylist e direttore creativo di Mugler.

Metamorfosi, installazioni avveniristiche e  zoomorfiche. L’arte che supera l’arte e la porta ad un livello superiore, futuristico. Il sodalizio con Richardson risale a “The nude truecover di Vogue Giappone in cui Lady Gaga indossa un vestito di carne realizzato da Formichetti e impressionato dal rocktografo. Arte allo stato puro, centro nevralgico dei suoi scatti, moderna, contemporanea, purché trasportata nel presente.

Genio maschile e follia femminile reificati in 350 immagini. Gli ormoni impazziscono, gli atomi si elettrizzano e BAM si genera un’ esplosione nucleare.

Lady Gaga X Terry Richardson: un libro che brucia nelle fiamme della perversione.

Conspiracy, le scarpe gioiello componibili



Come coniugare con stile tecnologie innovative con la preziosità di materiali, forme e design quando si parla di calzature very glamourous degne di figurare anche ai piedi di una vera principessa?

Ci pensa il designer di scarpe emiliano Gianluca Tamburini, 33 anni, dando vita al nuovo progetto fashion Conspiracy, esclusiva linea di calzature-gioiello da personalizzare a seconda del proprio gusto, che rappresentano un interessante e pregiato esperimento (tutto italiano) di connubio tra arte e tecnologia.

Le calzature firmate Conspiracy traggono la loro essenza dalla passione dello stilista per tutto ciò che è unico, dai suoi numerosi viaggi intorno al globo e dall’ineludibile attrazione verso le nuove tecnologie: ecco la magica ricetta che ha plasmato queste scintillanti calzature-gioiello e rivoluzionato l’universo del tacco a spillo 12.

Conspiracy sovverte sia la legge secondo cui una donna dall’allure elegante e ricercata debba indossare scarpe già finite – che quindi a priori la vedono esclusa dal processo creativo-compositivo – sia quella legge intrinseca per la quale la calzatura debba essere per forza fabbricata sempre con i materiali più usuali e tradizionali quali pelle, cuoio e legno.

Seguendo questo concept, il designer restituisce potere creativo-democratico alla donna dall’inguaribile animo fashion-addicted e realizza degli speciali sandali divisi per moduli, componibili secondo multiple combinazioni a partire dallo scheletro, dato dalla avanguardistica soletta in alluminio aeronautico.

Alla soletta, comune a tutti i modelli, sono poi fissate tomaie-gioiello sulle quali sono incastonati cristalli naturali e gemme attraverso disegni-ricami realizzati rigorosamente a mano da prestigiosi maestri artigiani  italiani, o anche addirittura filati preziosi, piume e coralli.

In questo caso davvero creatività, stile e fantasia non conoscono limiti: i sandali possono essere montati e rismontati a piacimento, in quanto ben due elementi della scarpa – tomaia e tacco – si possono scomporre ed essere sostituiti con altri pezzi della stessa linea, generando così nuovi ed inediti esemplari. Il sandalo ultimato può essere infine acquistato direttamente dal website dell’azienda,  scegliendo tra una vasta gamma di forme e modelli.

Il risultato finale, dunque, è una lussuosa alchimia di ingredienti rari e preziosi, fatti apposta per una donna esigente, sofisticata e molto attenta ai dettagli, dai quali traspare un’opera calzaturiera che assume le sembianze di un autentico gioiello, unico come colei che lo indossa.


¡Átame! Luigi Borbone e il bondage tricotico

Erotismo, tricotonie, bondage. Lo stilista romano Luigi Borbone strappa il velo che ammanta la divinità della donna svelandone il lato perturbante. Rivelazione dell’eidolon femminile.
Armoniche metamorfosi. Le installazioni tricotiche ricalcano i miti greci delle trasformazioni divine. Dafne diviene alloro, Cisso edera. Il pertubante è costruito sul verticalismo. L’haute couture degli abiti in velluto broccato oro, raso e chiffon cede il passo a creazioni che imprigionano mannequin voluttuose, Pandore contemporanee.
Luigi Borbone e il bondage tricotico

 

“Se non ti lego scapperai? Non lo so. E’ meglio che mi leghi. Legami!”. Le modelle sembrano reinterpretare il genio di Pedro Almodovar. Estasi del bondage. Le legature creano morsi e collari, fino a generare bustini come quello indossato dall’attrice Valeria Flore. Costante armonia. Il latex viene sostituito da elementi naturali. Le corde sono realizzate attraverso veri capelli, proprio a voler ribadire l’ambiguità e l’emancipazione della donna. Nessuna violenza. Totale libertà di espressione.

La sfilata di Luigi Borbone esplicita una verità folgorante quanto inquietante. Il turbamento colpisce il pubblico. Gli abiti si fanno portavoce di messaggi, inducono a pensare. Lo spettacolo è diventato troppo pericoloso.Clicca qui per vedere le foto del backstage della sfilata

Raggiungiamo lo stilista ed il suo staff nel backstage, prima che lo spirito della censura invada l’Hotel Westin Excelsior di Roma, location dell’evento Heart & Fashion. Antonio Ciaramella, curatore dell’immagine della sfilata di Luigi Borbone è intento a liberare Valeria Flore dalle tricotiche legature. Riusciamo a scambiare due chiacchiere con lui.

Haute Couture e Bondage. Come mai questa contaminazione?
E’ una contaminazione che si sposa benissimo. Il bondage è giocato sulle linee architettoniche, in quanto la costrizione del corpo è studiata e costruita. La moda, a sua volta, è strettamente influenzata dall’architettura. Luigi Borbone ne è l’esempio. Nasce come architetto e trasporta il metodo, l’attitudine progettuale, la volontà di analisi nelle proprie creazioni.
Quella del bondage è un’arte orientale ed in quanto tale nasce con armonie perfetti. Si ha una sublimazione del corpo nelle forme.
Il bondage viene praticato sopratutto negli ambienti borghesi, quelli stessi ambiente dove è più facile trovare vestiti di alta moda. Non è un giochetto erotico per tutti, ma una vera è propria arte sofisticata nella quale assume un’importanza fondamentale il gusto erotico dell’immobilizzazione della persona. Soffri, ma allo stesso tempo godi e chi ti è davanti gode nel sapere questo. Si opera a livello mentale, molte volte l’atto sessuale in senso stretto è assente.

  C’è una tecnica particolare per realizzare queste installazioni tricotiche?
Dipende se il bondage viene fatto direttamente sul corpo o sui vestiti.
In queste installazione abbiamo dato molto importanza al gusto ornamentale. L’obiettivo era quello di  non sovrastare il vestito, che rimane il protagonista della sfilata, piuttosto di esaltarlo attraverso un valore aggiunto. La maschera è uno degli elementi che riesce in maggior modo a coesistere con l’abito, senza intaccarlo, a differenza del bustino che in questa sfilata appare sotto alcuni capispalla.

Il bustino è un elemento molto forte che spesso crea disagio alla modella. Si lavora direttamente sul corpo attraverso l’assemblaggio di ciocche di capelli. Il corpo viene avvolto e stretto dallo stomaco in su. La respirazione è alterata. La costruzione delinea una nuova silhouette caratterizzata dall’enfatizzazione del punto vita e del seno schiacciato.
Si entra nel mondo del mistero, del fascino. Le ciocche vere danno la sensazione di essere avvolti e stretti da un materiale vivo.

Quanto è stata fondamentale la ricerca per lo sviluppo di questo progetto?
La ricerca c’è sempre. Prendi suggestioni e contaminazione dalla realtà, da fatti che producono in te meccanismi e pensieri.
L’idea è nata a seguito del gioco erotico mortale avvenuto a Roma nel periodo di settembre. Dopo una prima fase di ricerca e sperimentazione su manichini abbiamo realizzato, insieme a Romina Toscano e Marco D’Amico, The Crying Game, un servizio nel quale l’elemento bondage è predominante. Non c’è nulla di dissacrante o che manchi di rispetto alle persone che hanno vissuto quella esperienza.

E’ stato un avvenimento che mi ha fatto pensare moltissimo. Da qui l’idea di trasportare il bondage in un contesto beauty. Ho contattato il presidente italiano di bondage con l’intento di ricevere alcune lezioni private di nodistica. Alla fine della conversazione, purtroppo, ho dovuto svelare la mia identità causando paradossalmente entusiasmo nel presidente, desideroso di collaborare.
Avevo appena capito che l’idea piaceva e l’argomento poteva stuzzicare i più. Ho deciso di agire da autodidatta, utilizzando tutorial online e le conoscenze di mio padre, marinaio.

Qual è stata la reazione del pubblico?
Chi è abituato all’estro creativo, chi sa leggere i messaggi apprezza sempre le sperimentazioni. The Crying Game, ad esempio, è un servizio che nasce a Roma, ma che ha avuto molto successo all’estero.

Il bondage è molto più presente nella vita reale di quanto si pensa: c’è chi fa auto-bondage con il botulino e chi, come me, che lo fa con i capelli sul corpo. Quando un’opera ti toglie la fantasia e aliena le sinestesie dei sensi non è più opera d’arte.

Tracce, polaroid e ricordi di colore

Traccia: ricordo di colori, forme, luci e materiali. Questo il leitmotiv per la primavera estate 2012 firmata Arnoldo][Battois.
Tracce intese come sinuosi binari metropolitani su cui scorrono vagoni fluo; ombre colorate trasparenti, fantasmi di antichi fregi metallici; intrecci dinamici e complessi, ricordo di città invisibili; memoria generatrice di nuove idee.

Tagli  convergenti,  da  cui  fuoriescono  macro  filetti  in  pitone  laccato  fluo,  e  un  curioso accessorio  metallico di una  vecchia  postina  militare  rinnovano  borse  dalle  forme  canoniche realizzate in gommosi vitelli all’anilina.
Fitti  intrecci  di  nodi  in  cotone  cerato  e  gomma  trasparente  si  diradano  per  far  trasparire  il colore delle sacche in nappa plongè, appese a curiose barre metalliche di chiusura. Forme in plexiglass trasparente fluo si combinano con superfici in capretto bottalato lavorate a pieghe piatte, soffietti multipli e filetti fluo per codificare un nuovo vintage. Piastre snodabili in ottone battuto trattenute da viti a taglio, ricordo di armature medievali, imbrigliano soffici sacche di nappa plongè lavorate con impunture macro. Volumi  antropomorfi,  in  precedenza  lavorati  con  ricche  plissettature,  perdono  ora  la complessa texture per mettere a nudo la propria architettura.

La  palette  dei  colori,  invasa  da  lampi  rosso  e  giallo  fluo,  trae  ispirazione  dal  mondo della polaroid e delle foto sbiadite dal tempo: toni di verde tra il latteTmenta e il salvia con punte intense  che  arrivano  a  fondersi  con  il  turchese,  bianco  con  note  di  grigio  e  sabbia, corallo sbiadito contaminato dai beige, cognac rosato, viola copiativo e bronzo laminato camaleonte che  riflette  i  colori  vicini.  Anche  l’oro  delle  galvaniche  sbiadisce,  come  intaccato  dal  tempo, quasi trasformandosi in platino.
La collezione si contamina con l’indefinito per generare oggetti unici e senza tempo.
Stempera i colori con la delicata trasparenza degli acquerelli, trasforma i fregi in radiografie di luce, diluisce i contenuti per raccontare con garbo, parla  di  frammenti  di  passato  sbiaditi  dal tempo, descrive il continuo divenire dell’esperienza.

Novità in casa Benetton: blog & nuovo direttore creativo

Tira aria di novità in casa Benetton. A cominciare dalla nomina fresca di qualche settimana del nuovo direttore creativo del brand, ovvero You Nguyen, già global senior vice president merchandising and design della linea donna del celebre marchio di denim Levi’s. Laureato alla University of Hartford e diplomato presso il Franco American Institute of Management nel 1985, Nguyen verrà presentato ufficialmente al fashion business e alla stampa proprio quest’oggi presso lo showroom di Corso di Porta Vittoria a Milano.

Ma non è l’unica novità. Sul web, già da qualche settimana, è attivo il nuovo blog, o meglio United blogs of Benetton, dove convergono le voci delle singole nazioni: Italia, Spagna, Gran Bretagna, Francia, Portogallo Messico, Filippine, Cina, Taiwan, a cui presto si aggiungeranno altre voci da tutti gli angoli del pianeta. Un modo semplice e immediato per raccogliere impressioni e opinioni da tutto il mondo su quattro aree tematiche: fashion, sulle ultime tendenze dalle passerelle e sullo street style; tech, per essere sempre aggiornati sulle innovazioni tecnologiche intelligenti che facilitano la vita e aumentano la qualità delle relazioni con gli altri; young, per dar spazio al ‘nuovo’ per eccellenza che avanza, cioè i giovani e le loro idee; culture, dedicata all’arte, alla musica, alle tradizioni locali e globali viste come occasione per abbattere le barriere sociali e culturali.



Italia-Inghilterra, il binomio perfetto per la valorizzazione della filiera tessile nostrana

Dalla perfetta commistione tra il design londinese e la qualità dei prodotti tessili italiani nasce, anche quest’anno, una nuova collezione realizzata dall’Istituto nazionale per il Commercio Estero e dalla prestigiosa scuola di moda “Central Saint Martins College of Art & Design” di Londra.

Dopo l’Italian Style degli anni ’60 dedicato alla Moda uomo e il Grand Tour delle dame del ‘700 per la Moda donna delle scorse edizioni, quest’anno è in scena un tributo, ancora una volta a firma italiana, ai lavori del ‘Menphis Group’, il collettivo di designer nato in Italia negli anni Ottanta. Si tratta del gruppo composto da Ettore Sottsass, Andrea Branzi, Aldo Cibic, Michele De Lucchi, Alessandro Medini e altri architetti di livello internazionale che si poneva come reazione al design minimalista, per privilegiare le linee audaci e il colore, un ‘ispirazione che viene da movimenti come l’art decò, la pop art, il kitsch e i temi futuristici.

Il progetto, che nella sua terza edizione ha scelto questo importante riferimento, ha come obiettivo quello di far conoscere e di promuovere la filiera tessile italiana e, nello specifico, la sua qualità. Per la nostra industria si tratta di una collaborazione molto importante: questa scuola di Londra rappresenta infatti un ente riconosciuto a livello internazionale come Centro di formazione di eccellenza per designers. La ‘sfilata’ di qualche giorno fa ha quindi unito due realtà differenti presso la sede espositiva della scuola, la Lethaby Gallery, dove i lavori sono rimasti in mostra fino a ieri, sotto l’occhio attento della stampa, degli operatori di settore e dei delegati delle ditte italiane partecipanti.

Tessuti in lana, in cotone e accessori vari sono stati forniti, tramite campioni, da undici aziende selezionate attentamente dai due Istituti e poi lavorati dagli studenti che si apprestano a intraprendere il mestiere di stilista in ambito internazionale. La formula di presentazione dei capi scelta è stata quella statica e non quella della sfilata vera e propria, per permettere una maggiore valorizzazione del lavoro svolto e dei materiali utilizzati.

Un’attenzione particolare è stata posta poi nei confronti della comunicazione che, oltre al coinvolgimento dei più importanti media quali Fashion, Moda on line, Repubblica, Il Sole 24 ore, prevede la realizzazione di un catalogo ad opera del fotografo olandese Wiglius De Bie ( autore dei servizi Moda per Vogue), stampato su carta offerta dalla ditta Fedrigoni, sponsor dell’evento.

by: Stefania Zaccaria

Lowbrow Karl By Tokidoki

Kitsh, ironia, fantasia. Sono questi gli elementi utilizzati da Tokidoki per reinterpretare Karl Lagerfed, taste maker delle maison Fendi e Chanel.

Una metamorfosi in stile lowbrow art, movimento artistico americano caratterizzato dalla rappresentazione caricaturale dei soggetti figurativi.

In Tokidoki, la street culture si fonde con il design giapponese per dare vita ad un art toy in vinile. L’opera d’arte genera un’altra opera d’arte. Questa la genesi di Mini Karl, oggetto di pura arte emotiva raffigurante lo stilista con il codino visto dagli occhi di Simone Legno. L’ispirazione nasce dalle poche foto raffiguranti Lagerfeld nel quotidiano. Occhiali scuri, guanti, colletto alto vengono enfatizzati per tracciare il profilo di un uomo solitario che fa di questi elemnti un Burka verso il mondo esterno troppo legato alla notorietà. Mini Karl rappresenta la passione dello stilista per l’arte in tutte le sue sfaccettature. Attore con Andy Warhol, disegnatore per H&M, Lagerfeld ha da sempre dimostrato come alla moda e all’arte Ë concesso tutto, tranne annoiare.

Una questione di spazio

Fisico. Astrale. Destrutturato. Lo spazio è da sempre fonte d’ispirazione per molti artisti.

Candida Höfer, Jan Dibbets, Imi Knoebel, Giulio Paolini sono i quattro artisti che hanno reinterpretato la superficie all’interno della galleria Giacomo Guidi & MG Art.

Nulla è lasciato al caso. La Galleria appare bianca, come un limbo aspaziale. Sulle pareti risaltono le quattro opere artistiche. Spazio che diviene cultura attraverso le prospettive del teatro Comunale di Bologna della Höfer, si trasforma in artificio con i giochi di livelli di Jan Dibbets, torna all’essenza tramite la rielaborazione di Knoebel per poi mutare in visione onirica con Giulio Paolini.

Molti i riferimenti artistico culturali nelle opere esposte. Dibbets fa rivivere la fotografia di Helmut Newton attraverso i vari piani visivi e la volontà di rendere lo spettatore partecipe dell’evento. Un gioco tra realtà ed artificio enfattizzato dai geometrismi sviluppati nell’opera, che appare come una composizione di quattro immagini fotografiche. Fotografia, arte, geometria, ma anche moda nell’opera di Dibbets. Il grafismo geometrico proposto richiama le numerose stampa apparse durante le sfilate della New York Fashion Week.

Il minimalismo di Knoebel sembra essere, invece, la base per la nascita di un quadro di Mondrian. Le linee sono realizzate con delle assi di legno, leggermente colorate con colori primari. Lo spazio viene decomposto negli elementi primari. L’artista lascia spazio all’immaginazione dello spettatore che si titilla nella ricostruzione mentale dello spazio, delle figure, delle forma, come se si trovasse davanti ad un Tangram.

“Una questione di spazio“, questo il nome dell’evento inaugura, dunque, la stagione espositiva della galleria Giacomo Guidi & Mg Art.

New York Fashion Week

Op Art, Fauves, Dadaismo. La settimana della moda newyorkese dà vita ad uno show ricco di contaminazioni artistiche.

Minimalismi, geometrismi, black & white per Lacoste. Christopher Lemaire dà il proprio addio alla Lacoste con un tributo all’eleganza degli anni 30.

La storia della casa di moda francese fondata nel 1933 da Renè Lacoste e Andrè Gillie rivive in passerella attraverso abiti capaci di unire la competizione sportiva al glamour.
Una collezione basata sul grafismo e che sembra far rivivere le filosofie del mondo dell’ Optical Art e del Bauhaus attraverso linee geometriche, forti e decise.
Destrutturata, rielaborata, priva di maniche,  la polo, capo storico della maison francese, domina la nuova collezione. Il gioco di volumi è enfatizzato dalle linee squadrate che contrastano con le forme larghe e confortevoli dei pantaloni, rigorosamente a vita alta e con l’orlo alle caviglie.

Sneakers declinate in tutte le varianti, dalla versione  ballerine, allo stivaletto, ai sandali rimandano al connubio tra moda e sport. Non solo abiti, ma anche collane e pendenti per Lacoste che celebra così la nascita della prima linea di bijoux.
Diane Von Furstenberg  e il designer Yvan Mispaelere trasportano il pubblico in quadro Op Art che sfocia nel Fauves attraverso l’ eccesso decorativo e cromatico.

“Godes”, questo il nome della collezione, rivaluta e glorifica la figura della donna considerata dalla stilista come una dea, libera e bella.Tabacco, khaki, cammello, rosso, pesca, si fondano alle stampe optical dando vita ad abiti dal forte impatto visivo.Giacche morbide, bermuda e gonne drappeggiate si contrappongono alla violenza cromatica dando la sensazione di fluidità, in linea con lo stile easy chic caratteristico della stilista.

Colore ancora protagonista con Philosophy di Alberta Ferretti.
Fucsia, turchese, verde smeraldo, viola reinterpretano in chiave ironica e moderna il mondo dell’antica Cina e delle Hawaii. Cheongsham, Kimono, copricapi a pagoda dalle lunghezze ridotte diventano gli strumenti di seduzione per una donna allegra e spensierata. L’uso di seta, satin, stampe floreali e di draghi amplificano il clima dolcifico e zucchero proposto dalla stilista italiana.  Una collezione surreale e stravagante che ricorda il mondo creato dal fotografo David LaChapelle.

Sperimentazioni, invece, per Custo Barcelona che accosta in passerella una collezione dal mood più eccentrico, artistico ed occasionale ad una più quotidiana. Psichedelico il risultato. Un hippy moderna capace di indossare abiti e piume dall’alto gusto estetico con noncuranza.

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