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Fashion ID #40 I Iris Apfel

La sua chioma è un perfetto total white. Nonostante la statura minuta, non passa affatto inosservata. Lei è strati di collane, bracciali, bijoux, ciondoli e spille di ogni sorta. Abiti e tessuti sono accostati senza una logica del colore, della forma, delle fantasie. Parliamo di una donna diventata “fashion icon” per la sua deliziosa stravaganza, ma così difficile da imitare che preserva da quasi un secolo la sua unicità. Alla veneranda età di 101 anni, lei si definisce una “geriatric star”. I suoi tratti distintivi? I maxi occhiali da vista, rotondi ed extra large e il rossetto sempre rigorosamente rosso. Insomma, avete capito? Stiamo parlando di Iris Apfel. È una di quelle donne difficilmente classificabili. È una business woman, una arredatrice di interni, un’icona mondiale della moda (forse l’unica con la I maiuscola), una collezionista di accessori e abiti recuperati in ogni dove. È un personaggio che conquista, le cui citazioni, diventate celebri, sono grandi insegnamenti di vita. Ma chi è Iris Apfel? Qual è la sua storia?

Iiris Apfel, © Gabriel De La Chapelle 2016
Iiris Apfel, © Gabriel De La Chapelle 2016

Molto prima che i social conquistassero il mondo, prima del digitale, del telefonino, delle boy band, del prêt-à-porter milanese, dei mitici anni ’80, dei figli dei fiori, dei Beatles, dei Rolling Stones, prima della Seconda Guerra Mondiale, nell’agosto del 1921, nasceva nel Queens, a New York, la piccola Iris Barrel. Il padre Samuel Barrel, un americano di origine ebrea, possedeva un’azienda di vetri e di specchi. La madre Sadye, russa, aveva una boutique di moda. Da lei probabilmente Iris ereditò l’amore per abiti e accessori. La ragazza, negli anni universitari, si dedicò allo studio della storia dell’arte, prima alla New York University, poi all’università del Wisconsin. Agli inizi della sua carriera lavorativa si contano un’esperienza alla rivista Women’s Wear Daily, poi presso la designer di interni Eleanor Johnson, quindi per l’illustratore Robert Goodman, per il quale lavorò come assistente.

Iris e Carl Apfel, © Magnolia Picture
Iris e Carl Apfel, © Magnolia Picture

Nel 1948 incontrò Carl Apfel che divenne suo marito l’anno successivo. Carl e Iris sono stati compagni per tutta la vita, non solo nel settore privato, bensì anche in quello professionale. Con lui, infatti, nel 1950 fondò l’azienda tessile Old World Weavers. Essa si occupava della riproduzione di tessuti. La professionalità, il talento, la curiosità e l’amore per la bellezza dei due coniugi che spesso attraversavano l’oceano alla volta dell’Europa per procurarsi tessuti e ninnoli di ogni genere) sono stati il punto di forza della Old World Weavers, diretta da loro fino al 1992. L’azienda, sotto la loro guida, divenne tra le più famose del settore. Addirittura arredò gli interni della Casa Bianca per ben nove presidenti: Harry Truman, Dwight D. Eisenhower, Richard Nixon, Gerald Ford, John F. Kennedy, Lyndon B. Johnson, Jimmy Carter, Ronald Reagan e Bill Clinton.

Iris e Carl nel 2008. Carl Apfel è venuto a mancare nel 2015
Iris e Carl nel 2008. Carl Apfel è venuto a mancare nel 2015
Iris Barrel Apfel—fashion muse, decorator, and cofounder of Old World Weavers—wearing Chado Ralph Rucci and jewelry of her own design in the New York City apartment she shares with her husband, Carl. The living room's bleached-oak boiserie is 18th-cen
Iris Barrel Apfel nel suo appartamento a Manhattan. © Roger Davies

Iris ha svolto il suo lavoro con grande dedizione, ma non ha mai messo in secondo piano il suo amore per la moda. Ogni occasione era quella perfetta per fare nuovi acquisti. E gli accessori erano (e sono tutt’ora) linfa vitale per lei. L’incoronazione come “fashion icon” arrivò nel 2005. Quell’anno, infatti, il curatore del Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York, Harold Koda, curatore del prestigioso,  allestì la mostra Rara Avis: The Irreverent Iris Apfel,  in cui furono esposti gli abiti e gli accessori della collezionista. Il successo fu tale che la Apfel divenne famosissima nel mondo della moda e cominciò a essere un’ospite richiestissima agli aventi più esclusivi e nei front row delle sfilate nelle fashion week.

Iris Apfel in prima fila alla sfilata di Disegual SS 2016
Iris Apfel in prima fila alla sfilata di Disegual SS 2016

La cosa più assurda è che Iris Apfel, considerata icona del fashion, non segue affatto la moda. Il suo è uno stile unico, che non passa con le stagioni e che “se ne frega” delle tendenze del momento. Come diceva Coco Chanel “Le mode passano, lo stile resta”, sebbene questa citazione si a un po’ irriverente visto che la Apfel, come ha dichiarato al The Guardian, non è mai stata fan di Chanel. Alla praticità e al minimalismo elegante e bon ton della stilista francese, in effetti, l’americana preferiva un’impronta più eccentrica. Nessun limite alla grandezza di perline e ciondoli, o al numero di colori indossati. “Mi piace improvvisare. Mi piace fare le cose come se stessi suonando jazz“. Ed è proprio così che potremmo definire lo stile di Iris Apfel: jazz allo stato puro. Nel 2015, il regista Albert Maysles ha dato vita a un docu-film sulla vita di Apfel, intitolato semplicemente Iris.  Nel film si sente una delle sue citazioni più celebri: “Mrs Loehmann in persona mi disse: tu non sei bella e non sarai mai bella. Ma non ha importanza. Tu hai qualcosa di molto meglio: hai stile”.

Iris Apfel testimonial della nuova DS3
Iris Apfel testimonial della nuova DS 3

Altro che nonnina esile. Iris Apfel è una donna incredibile, con un grosso bagaglio di esperienze e il modo di fare di un’adolescente. Un ultranovantenne che ha energia da vendere. I brand fanno ancora a gara per averla come testimonial (ultimo esempio quello della nuova DS 3). Questo perché Iris è un’intramontabile icona di stile che è diventata un mito in tutto il mondo.

Woolrich festeggia il “Pride Month” collaborando con The Binary Group e Jérôme Lamaar

Quest’anno Woolrich celebra il Pride Month con un tocco di magia. Il brand ha scelto di collaborare con The Binary Group e il talentuoso fashion designer, creative director e stylist Jérôme Lamaar, per aggiungere un tocco di luccichio ai suoi iconici capi d’archivio. Con questa collaborazione Woolrich desidera promuovere uno spirito di inclusività e invitare tutti e tutte a celebrare con orgoglio la propria unicità.  Jérôme ha selezionato tre capi Woolrich vintage e li ha trasformati in pezzi straordinari che riflettono la sua prospettiva incantata sulla vita, creando un legame tra la dimensione magica della fantasia e la vita all’aria aperta, che sempre di più può essere anche glam.

Jérôme Lamaar per Woolrich_credits Courtesy of Press Office
Jérôme Lamaar per Woolrich_credits Courtesy of Press Office

“Ci sono molte persone interessate alle attività outdoor, ad esempio gli amanti del glamping, presente? Persone che semplicemente hanno voglia di stare all’aria aperta, in mezzo alla natura, per sentirsi liberi”, sottolinea Jérôme Lamaar.

Le sue scintillanti creazioni saranno presentate il 30 giugno durante un evento presso il Flagship Store di Woolrich a Soho, New York. Una serata dedicata a celebrare l’essenza del Pride, e a ricordare a tutti e tutte di farlo ogni giorno. L’atmosfera sarà ispirata all’outdoor glam, con dettagli tipici delle attività outdoor – come il campeggio e l’escursionismo – ma rivisti con un tocco di glitter e di magia.

Woolrich ha inoltre deciso di sostenere un’organizzazione no-profit scelta proprio da Jérôme Lamaar, la Stonewall Community Foundation, che raccoglie fondi per sostenere la comunità LGBTQ+ e che ogni anno premia coloro che hanno avuto un impatto positivo sulla comunità tramite i Vision Awards. Una collaborazione che vuole ricordare a tutti e tutte che insieme, possiamo rendere il mondo un luogo più inclusivo, accogliente e incantato.

“G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy” , il primo libro sulla storia di colui che ha reso celebre la moda italiana nel mondo

G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy” è il primo libro che racconta la storia di colui che ha reso grande la moda italiana nel mondo. Tutti sanno che è stato il ‘padre della moda italiana’, ma in pochi conoscono il lungo percorso che portò Giovanni Battista Giorgini a organizzare la leggendaria sfilata del 12 febbraio 1951 a Villa Torrigiani. L’evento con cui la moda italiana mosse i primi passi sulla scena internazionale, per poi ‘trasferirsi’, sempre su idea di Giorgini, nella Sala Bianca di Palazzo Pitti. E quasi nessuno sa che per poco la nascita della moda italiana non avvenne a New York invece che a Firenze.

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G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy è il primo libro che racconta questa storia straordinaria, che non riguarda solo la nascita della moda italiana ma appunto del Made in Italy, e lo fa attraverso una profonda rilettura dell’Archivio Giorgini, l’enorme documentazione da lui stesso lasciata, relativa alla sua vita sia privata che lavorativa. Il nuovo volume  è stato presentato a Roma, al Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps, da Neri Fadigati (presidente Archivio Giorgini e curatore del libro), Daniela Calanca (Alma Mater Studiorum, Università di Bologna), Vittoria Caratozzolo (Sapienza, Università di Roma, con un incontro moderato da Alessio de’ Navasques.

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Un coffee table book di oltre 230 pagine, in inglese e italiano – edito da Gruppo Editoriale in collabo- razione con Polimoda – dove dell’archivio si svelano non solo le foto storiche, ma anche lettere, inviti, programmi, articoli e altri materiali dell’epoca. A questo importante apparato grafico si unisce il racconto corale di grandi firme italiane e internazionali, quali Gian Luca Bauzano, Daniela Calanca, Grazia d’Annunzio, Eva Desiderio e Sonnet Stanfill. Le cui penne ripercorrono la vita di Giovanni Battista Giorgini, a partire dai suoi primi viaggi negli anni Venti in America, dove proponeva ai buyer un campionario dei nostri migliori prodotti artigianali.

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In questi viaggi, nel dopoguerra, Giorgini notò il grande cambiamento sociale e di stile che stavano viven- do gli Stati Uniti. Parigi esercitava un grande fascino oltreoceano, ma la sua moda era elaborata, pom- posa e soprattutto cara. I buyer non vedevano l’ora di trovare abiti semplici e portabili con cui riempire le vetrine dei loro grandi magazzini, frequentati da giovani donne affaccendate tra lavoro e famiglia. Al- trettanto vogliose di spendere i soldi guadagnati per apparire carine e eleganti come le dive del cinema. Nasce da qui l’idea di organizzare una grande sfilata di abiti italiani in occasione della mostra Italy at Work.

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L’idea andò in fumo per il rifiuto del grande magazzino B. Altman & Co.. Giorgini però non si arrese e decise di portare il progetto della sfilata nella sua città. Fu quindi per questo diniego americano che la moda italiana è nata a Firenze e non a New York. Aprono il volume i contributi di chi Giorgini l’ha conosciuto, come lo stilista Roberto Capucci, e di grandi personaggi della moda come Ferruccio Ferragamo, Laudomia Pucci, Bruce Pask, Men’s Fashion Director di Bergdorf Goodman e Neiman Marcus, e Antonella Mansi, presidente del Centro di Firenze per la Moda Italiana. Una pubblicazione rivolta non solo agli appassionati che desiderano scoprire tutto su questo importante pezzo di storia italiana, ma soprattutto agli studenti di moda e ai giovani stilisti, che grazie all’attento lavoro di Polimoda sull’Archivio Giorgini, in queste pagine possono trovare i capi che hanno fatto la grande la moda italiana e i modelli, alcuni ormai di più di 70 anni fa, che risultano ancora oggi di grande attualità. Con firme come Simonetta, Schuberth, Fontana, Marucelli, Veneziani, Fabiani, Galitzine, Emilio Pucci, Roberto Capucci, Valentino e molti altri. “G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy è vendita nelle migliori librerie d’Italia, oltre che su gruppoeditoriale.com e sui principali portali di vendita online.

Photo credits Courtesy of Press Office

– Cover  del libro G.B. Giorgini and the Origins of Made in Italy, edito da Gruppo Editoriale

– G.B.Giorgini 1955 N.A.G. credito Archivio Giorgini

– SimonettaSport_1957 credito Archivio Giorgini

– Valentino_1963 credito Archivio Giorgini

“Dior Tribales”, orecchìni per un look sofisticato

Impressi di un classicismo estremamente contemporaneo gli orecchini Dior Tribale s’iscrivono nel ritorno ai fondamentali della maison di lusso parigina. Moderni ed eleganti, asimmetrici e audaci, rappresentano il gioiello contemporaneo dal gusto tribal-chic. Gli orecchini Dior Tribales reinterpretano la perla, un evergreen in fatto di accessori, e gioiello preferito di Mitzah Bricard, musa di Christian Dior, richiamando in modo stilizzato i campanellini del mughetto, il fiore portafortuna del couturier.

Dior Women Cruise2016 Courtesy of Dior Press Office
Dior Women Cruise, Courtesy of Press Office 

Un’idea semplice quanto geniale, per le boucles d’oreilles culto della maison francese, che si candidano a diventare un accessorio must have di questa stagione. Due sfere di dimensioni diverse compongono il prezioso dal sapore tribal-chic, che può trasformarsi in infinite variabili grazie ai diversi materiali, applicazioni e colori. La piccola sfera è bene in vista, mentre la grande è parzialmente nascosta dal lobo dell’orecchio. Un contrasto di volumi sapientemente studiato con astuzia ed eccellenza, un’evoluzione del Mis en Dior diventato l’accessorio passepartout di tutte le fashioniste, e non solo. Al contrasto delle dimensioni si aggiunge anche quello cromatico. Dior Tribales è esclusivo proprio perché non è un unico orecchino, bensì due e la combinazione dei colori delle due sfere può essere intercambiabile, svariata e divertente.

Dior Women Cruise2016 Courtesy of Dior Press Office
Dior Women Cruise, Courtesy of Press Office

Presentati nell’autunno 2013 i Dior Tribales si declinano in molteplici versioni. Oltre alle semplici perle sono disponibili infatti, anche sfere in vetro color serenity, rosa quarz, giallo, rosso, con pietre e con pendenti. Da quelli laccati ai metallizzati, da quelli impreziositi da cristalli fino a quelli con stampe colorate. Indossati da soli o in coppia danno così vita ad una infinità di combinazioni.

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Dior Women , Courtesy of Press Office

È al numero 30 di Avenue Montaigne, a Parigi, che questi orecchini prendono forma su un foglio di carta bianca. Dal disegno a matita, addetti allo sviluppo realizzano uno schizzo tecnico in cui ogni elemento del gioiello è precisato nei minimi dettagli. Da Parigi si vola dritti verso Pforzheim, in Germania, dove un modellista basandosi su queste indicazioni progetta al computer tramite apposito programma CAD, il primo stampo degli orecchini in cera.

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Dior Women ,Courtesy of Dior Press Office

Gli orecchini Dior di ispirazione tribale e dal design asimmetrico, si declinano davvero in mille variabili. Si va dai Dior Tee Shirt, realizzati con perle in resina metallizzata, ai Gum Tee Shirt, con perle rivestite da una resina gommosa, arrivando sino ai preziosissimi Tribale Flowers, ornati di cristalli a forma di petalo. Questi prendono forma grazie all’antico procedimento di fusione a cera persa, che consiste nel sostituire il modello inizialmente realizzato in cera con un modello di metallo, materiale definitivo del prezioso.

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Dior Women, Courtesy of Press Office

Quest’ultimo viene poi lavorato a mano dall’artigiano e immerso in un bagno galvanico per donargli lo strato finale di oro giallo, rosa o palladio. Come per gli abiti la firma couture Dior viene incisa al laser su ogni modello, e per i Dior Tribale Flower l’artigiano seleziona accuratamente ed incolla negli appositi spazi i cristalli, di quattro misure e due colori diversi. Una volta assemblate le due perle gli orecchini sono pronti per alloggiare in un raffinato scrigno pronti per essere indossati e sognare ad occhi aperti.

Libri di moda: ecco 8 volumi da leggere subito

Essere un esperto o un giornalista di moda non significa soltanto saper scrivere bene e avere una grande passione per il mondo del fashion. Un bagaglio culturale ricco e variegato, con conoscenze che possano spaziare dalla storia della moda e la fotografia, a campi come attualità, economia, arte e cinema è indispensabile. Lo studio continuo, l’aggiornamento costante e l’attenzione alle novità contribuiscono alla formazione di quello spiccato senso critico che una giornalista deve assolutamente possedere. Un vocabolario settoriale ricco a cui poter attingere nella stesura degli articoli e un ampio campo di conoscenze permettono poi la creazione di contenuti di qualità, con riferimenti colti e originali. Un buon giornalista non deve dunque mai smettere di studiare e aggiornarsi.

Ecco 8 libri assolutamente da leggere e rileggere, per avere conoscenze sulla storia, sul vocabolario e sulla comunicazione di moda sul web.

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Vuoi diventare giornalista di moda? Potrebbe interessarti il Master in comunicazione e giornalismo di Moda di Eidos Communication in partenza a settembre 2017

1. Storia della moda dal XVIII al XX secolo di Enrica Morini

Avere una panoramica sulla storia della moda è essenziale per poterne scrivere, analizzare i fenomeni attuali e prevedere i cambiamenti futuri. Storia della moda dal XVIII al XX secolo di Enrica Morini è un viaggio attraverso tre secoli di cambiamenti e sviluppi, per arrivare alla moda moderna, passando di capitale in capitale, da Parigi, a New York, da Londra a Milano, Firenze e Roma. Questo libro illustra il percorso del sistema moda e tutte le trasformazioni sociali che essa ha subito per diventare oggi un fenomeno di massa.

2. Parole di moda. Da A-line dress a Zuava di Michela Zio e Monica Camozzi

Un buon giornalista di moda deve conoscere il lessico di settore, a cui attingere nella stesura dei propri articoli. Dai capi ai tessuti, dagli accessori alle scarpe, dalla terminologia storica “tecnica” ai neologismi di settore. Parole di Moda è un vocabolario fashion che contiene in ordine alfabetico tutti i vocaboli ricorrenti e anche i meno noti, che sono ormai entrati a far parte del lessico quotidiano di giornalisti, sarti, stilisti e fashion blogger.

3. Modabolario dizionario tecnico creativo di Antonio Donanno

Un vocabolario innovativo e originale quello di Donanno, con termini che si articolano nei vari settori tecnologici, storici, stilistici, sartoriali e industriali del tessile/abbigliamento, arricchito da molte figure a colori, fra dipinti, fotografie e illustrazioni scelte per integrare il testo scritto e spiegarlo attraverso l’immediatezza visiva. Non si tratta però solo di un semplice vocabolario: Modabolario contiene anche un inserto realizzato dal semiologo-psicologo Pietro Brunelli che esamina il fenomeno moda degli ultimi cinquant’anni e di oggi e un ultimo capito interamente dedicato agli stilisti.

4. La comunicazione della moda (significati e metodologie) di Hélène Blignaut e Luisa Ciuni

L’avvento di Internet, con la nascita di numerosi giornali digitali e blog, ha portato a un aumento delle nozioni inesatte, urlate e confuse. Per fare una buona comunicazione di moda è quindi necessario secondo Blignaut e Ciuni rinnovare la capacità di osservazione dei fenomeni per ricominciare a distinguerli e ridare una mano a chi comunica per mestiere. Questo volume si pone proprio questo obiettivo, rivolgendosi agli studenti e ai professionisti (giornalisti, addetti stampa o studiosi di pubblicità) ai quali offrire una nuova guida per farsi leggere, ascoltare e seguire.

5. Alla corte di re moda di Daniela Fedi e Lucia Serlenga

Un’altra caratteristica che un buon giornalista non può non possedere è la curiosità. La voglia di scoprire, conoscere, andare oltre ciò che appare, per poi raccontarlo. Cosa si cela nel backstage delle sfilate di moda? Daniela Fedi e Lucia Serlenga, due giornaliste da anni impiegate in questo settore, lo raccontano senza peli sulla lingua, svelando tutti i segreti che si celano dietro le quinte dei fashion shows.

6. Comunicare la moda. Il manuale per futuri giornalisti e addetti stampa del settore di Hélène Blignaut, Luisa Ciuni, Maria Grazia Persico

La comunicazione di moda viene analizzata a 360° in questo volume, concentrandosi sia sulla figura del giornalista di moda, ma anche su quella dell’addetto stampa e sul rapporto che intercorre tra i due. Qual è il ruolo e quali sono i mezzi del giornalista che si occupa di moda e dell’addetto stampa che comunica la sua azienda all’esterno? Come si scrive un articolo su una sfilata e come si prepara un corretto ed efficace comunicato stampa? Come far fruttare al meglio la collaborazione tra giornalista e addetto stampa? Queste sono alcune delle domande a cui Blignaut, Ciuni e Persico cercano di dare una risposta.

7. Runway: The Spectacle of Fashion di Alix Browne

Un libro interamente dedicato alle sfilate e all’importanza delle scenografie. Si va dalla prima sfilata di Raf Simons da Dior, che fece ricoprire le pareti della sala in cui si trovava il pubblico di fiori veri, agli spettacoli accuratissimi di Miuccia Prada, a quelli dall’ambientazione sempre diversa di Karl Lagerfeld per Chanel.

8. Fashion Blogger, new dandy? di Giulia Rossi

C’era una volta il giornalista di moda, l’esperto. Poi, con il web, è arrivato il fashion blogger, inizialmente un semplice appassionato, poi sempre più professionale e dalle qualità complesse da accostare più che al giornalista in senso stretto a un influencer o a una celebrity. Il libro ripercorre gli approcci alla moda dei principali filosofi e sociologi, poi descrive nel dettaglio il fashion blog nelle sue principali tipologie, illustrandone case history e confrontandoli con i media tradizionali, per poi analizzare le principali tendenze della comunicazione online della moda. Una panoramica completa sull’evoluzione contemporanea di uno dei fenomeni più pervasivi e influenti dei nostri tempi: per comprendere come la moda, intesa come spinta all’uniformità e nello stesso tempo motore di creatività e distinzione, sappia essere anche un importante fattore di mutamento e una lente straordinaria con cui leggere la società nel suo complesso.

E voi? Qual è il libro di moda che vi interessa di più?

Fashion ID #41 I Carmen Dell’Orefice

Classe 1931, volto di una straordinaria bellezza e 178 cm di inaudita eleganza. Lei, Carmen Dell’Orefice, icona di stile, vanta una carriera lunghissima nella moda che continua ancora oggi nonostante i suoi 85 anni di età.

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Figlia di un musicista italiano e di una ballerina ungherese, vive un’infanzia parecchio difficile e tormentata fatta di stenti. Dopo il trasferimento a New York, viene notata dalla moglie di Herman Landschoff, fotografo di Harper’s Bazar. I suoi lineamenti delicati e il suo sguardo profondo le regalarono la copertina di Vogue, che per la prima volta nella storia fu dedicata ad un quindicenne.

Da lì, un percorso solo in salita per Carmen: posò per Irving Penn, Francesco Scavullo e ben 58 volte per Richard Avedon. Musa ispiratrice di Salvador Dalì e volto per la campagna Chanel N5, è riuscita a imporsi nel fashion system.

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La sua carriera di fotomodella ben presto la lancia anche in passerella: nel 2000 sfila per John Galliano e nel 2004 per Hermes. Nonostante avesse un lavoro da sogno, la sua vita privata non lo è stata altrettanto. Corteggiata dai moltissimi uomini ricchi e potenti, ha avuto tre matrimoni, finiti tutti con dei divorzi.

Sulla soglia dei 40 anni, la non più giovanissima modella si ritrova a dover ricostruire la sua vita privata mentre quella lavorativa procede a gonfie vele: copertine su Vogue e Town and Country non mancano ad arrivare. Gli anni continuano a passare, ma solo sulla linea del tempo. Helmut Newton la sceglie come modella dotata di un sex appeal straordinario.

«Sono anziana, ma sono una professionista». Dopo quest’affermazione Carmen Dell’Orefice sfila al Palazzo Pitti come testimonial di Alberta Ferretti, in tutto il suo fascino da raggiante 80enne.By Official Page Facebook

La taglia 38, il naso sottile, la chioma argento-platino e le gambe lunghe hanno di certo contribuito a rendere questa donna una leggenda. Ma c’è di più. Carmen ha saputo rinnovarsi senza perdere quei valori che la contraddistinguono da sempre ed è in grado tutt’ora di essere al passo con i tempi. Una stella che non perde occasione di brillare, ieri oggi e sempre.

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Voglia di un look urban? Ecco come costruirlo in quattro semplici mosse

Come ottenere un perfetto look street urban? È la domanda che molte appassionate di moda e tendenze si sono fatte in questi mesi, quando fu chiaro che tra i trend per la bella stagione ci sarebbe stato vestire secondo uno stile comodo, piuttosto casual, ma non per questo poco ricercato o privo di personalità.

Anzi: vestire streetwear, anche smorzandolo con dettagli più cittadini e senza tempo, è decisamente una scelta di carattere e che, soprattutto, dice molto del carattere della persona. Il giusto tocco di audacia senza aver paura di osare è l’unico vero elemento indispensabile per ottenere il perfetto look street urban. Poi basteranno solo una serie di accorgimenti pratici che dovrebbero permettere di evitare errori grossolani quando si va a fare shopping.

Dai capi oversize ai dettagli moda: guida al perfetto look street urban

Per non sbagliare parti optando per un capo oversize: felpe extralarge, jeans modello boyfriend, t-shirt ampia o, ancor meglio, camicia maschile rubata dall’armadio del fidanzato, sono perfetti per un look street urban femminile. Col tempo si imparerà soprattutto a giocare con i volumi e mixarli nel modo migliore, quello più capace di valorizzare le proprie forme (la camicia, per esempio, si stringe con una cinturina sottile o si indossa al contrario come nei migliori tutorial tanto in voga su tiktok ultimamente).

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La regola less is more vale sempre

Less is more è, per molti versi, un buon secondo principio da seguire per entrare nella “tribù” degli amanti dello streetwear più cittadino. Vale per i colori, con bianco e nero che sono di gran lunga gli accostamenti preferiti da chi sceglie questo stile, e vale soprattutto per le stampe. Non a caso se si dovesse scegliere un capo iconico dello stile street urban sarebbe, forse, la t-shirt con stampa grafica: meglio, tra l’altro, se la stampa è legata alla musica o a una serie TV.

Il jeans e il vintage style per essere anche green

Attenzione anche ai tessuti: jeanspelle sono essenziali per ottenere il perfetto look street urban. I secondi finiscono soprattutto su giubbini biker, gilet, scamiciati ma, anche, gonne o fuseaux attillati per chi proprio non vuole rinunciare a un tocco trendy. Il tocco in più lo aggiungono soprattutto capi vintage e recuperati dagli armadi dei genitori o, perché no, acquistati nei mercati dell’usato divertendosi a scovare chicche introvabili con cui fare mix e match tra nuovo e retrò. Spesso l’amante dello streetwear che vive in città è anche sensibile, del resto, a temi come i consumi circolari e la maggiore sostenibilità anche delle proprie scelte di abbigliamento.

Gli accessori per un look street urban

Per un perfetto look street urban non si può rinunciare, infine, soprattutto a dettagli preziosi o con personalità. Uno zaino tecnico è, per esempio, il perfetto alleato se ci si sposta molto per lavoro e lo si fa coi mezzi. Anfibi, tronchetti, stivaletti militari sono l’accessorio perfetto ai piedi di chi veste street urban: è per questo che i Prada stivali , meglio noti come chunky boots, dalla suola molto alta e che ricorda per molti versi quella delle scarpe tecniche, non mancano ormai da qualche anno e sono proposti, anzi, come veri e propri oggetti cult.

Se cercate ispirazione, fate un giro su Pinterest e date un occhio alle più recenti sfilate che prendono sempre più ispirazione dalla strada. Sapevate, infatti che gli stilisti stessi incaricano i cosiddetti cool hunter (cacciatori di tendenza) e gli streetstyle photographer per avere spunti nuovi? Magari il prossimo spunto immortalato sarai proprio tu!

Amedeo Testoni, in primavera le sneakers sono un inno ai colori

Proprio come l’alba segna l’inizio di un nuovo giorno, la primavera segna l’inizio di un nuovo anno. Dopo un viaggio di tre anni che ci ha portato attraverso la pandemia, è tempo di un nuovo inizio. La nuova collezione Amedeo Testoni Primavera-Estate 2023 nasce dai temi delle ultime 3 stagioni del marchio: dalla Riscoperta alla Riconnessione all’Esplorazione, è ora tempo di RINNOVARE le nostre passioni e abbracciare il futuro. Amedeo Testoni invita a intraprendere un viaggio per forgiare un futuro plasmato dalla promozione dell’artigianato, l’eco-consapevolezza e il desiderio di dare ai clienti la possibilità di vivere pienamente il loro senso dello stile. 

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Amedeo Testoni SS 23

Uno dei temi che riflettono il concetto della collezione è REVIVE YOUR COLORS, un’ode alla libertà ritrovata, all’abbracciare senza paura la vita ed esprimersi attraverso stampe, trame, lavorazioni e colori diversi e contrastanti. Gioia, sportività, spontaneità e divertimento si uniscono per una proposta di alta moda che mantiene comunque funzionalità, comfort e leggerezza, sottolineando l’impegno del brand per l’eccellenza del prodotto.

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Amedeo Testoni SS 23

Muovendosi nei ritmi frenetici della vita moderna con spensieratezza e riscendo a interpretare le principali tendenze, le nuove SNEAKER KIM LEATHER AND SUEDE sono tutto questo e molto altro. Amedeo Testoni unisce stile ineguagliabile alla silhouette contemporanea del modello, pur comprendendo che la comodità viene prima di tutto. Gli elementi a contrasto di pelle e camoscio conferiscono alle scarpe un appeal moderno, rendendole perfette per ogni occasione.

Amedeo Testoni SS 23
Amedeo Testoni SS 23

Prepararsi alla stagione più calda non è mai stato così facile grazie alla palette, dalle tonalità estive, che gioca sui contrasti cromatici per una sferzata energia ad ogni passo.

Photo credits Courtesy of Press Office

Con AltAlAna il made in Italy è 2.0

AltAlAna è l’espressione del made in Italy contemporaneo. Il brand, nato nel 2012, riassume nel suo DNA gli aspetti legati al saper fare tipico dell’artigianato italiano, a quelli di un gusto affinato dalle linee del design europeo. Caratterizzato da un’identità culturalmente ibrida, AltAlAna fa delle differenze il suo punto di forza: la produzione è concentrata nel cuore della Toscana, da cui vengono selezionati anche la maggior parte dei tessuti, mentre l’ideazione, affidata all’ufficio stile del marchio, guarda alle tendenze che si sviluppano nel lifestyle urbano di tutto il mondo. AltAlAna disegna le sue collezioni per un pubblico capace di imprimere la propria impronta nella società in cui vive.

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Il design che caratterizza il marchio trae ispirazione dalle linee pulite dell’arte e delle architetture contemporanee, mentre la qualità dei suoi tessuti è ricca come ricche sono le reti sociali in cui l’uomo e la donna che scelgono AltAlAna sono immersi. Il Made in Italy applicato allo stile di vita 2.0 assume, con AltAlAna, un aspetto inatteso: le collezioni del marchio parlano un linguaggio internazionale, improntato ai canoni dello stile minimal e, sempre, giocato su palette cromatiche dove i toni neutri sono protagonisti. La qualità della manifattura e la preziosità dei filati rappresentano, invece, il cuore della filosofia di AltAlAna, espressione di un Rinascimento Italiano Contemporaneo.

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Tessuti pregiati a tagli contemporanei nella collezione femminile, il brand ha in passato interpretato alcuni dei capi iconici per l’inverno: dalle morbide maximaglie a collo alto in lana e cashmere, al pantalone palazzo in impalpabile viscosa, passando per lo stile sport-chic rivisitato con tessuti pregiati. Sulle felpe le zip si spostano nella schiena e disegnano silhouette cocoon. La femminilità si esprime attraverso il gioco di tagli a sbieco, tipici di AltAlAna, e un’attitudine libera e ricercata.

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La collezione maschile si ispira ad uno stile urban e porta nel guardaroba dell’uomo capi classici come il maglione girocollo e il cardigan, rivisitandoli in una palette cromatica contemporanea. L’uomo di AltAlAna ama la vestibilità comoda ed elegante tipica dello sportswear di alta gamma. Anche per lui, il brand sviluppa capi con tagli asimmetrici che esaltano la figura. Mohair, cashmere e mix di tessuto caratterizzano la collezione.

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“Fashion in Orbit”, così la moda arriva nello spazio

Come l’universo è infinito anche le possibilità della moda di stupirci sono immense. E questa volta la dea delle apparenze si spinge proprio oltre i confini del tempo e dello spazio e arriva in orbita. Fra corpi celesti su maglie, abiti e soprabiti il soggiorno nello spazio diventerà un’odissea glamour che sembra aver conquistato anche le star come Samantha Cristoforetti, la nostra testimonial intergalattica.

Courtesy of Press Office Polidesign Milano
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Tutto è cominciato con il progetto Couture in Orbit quando l’Agenzia Spaziale Europea ESA ha coinvolto cinque scuole di moda e design scelte nei paesi di origine degli astronauti ESA, che dal 2014 in poi hanno soggiornato a bordo della Stazione Spaziale come la stessa Cristoforetti. L’Italia è stata rappresentata dal Politecnico di Milano, che ha un’offerta formativa specifica nell’ambito del fashion design con particolare riferimento alle caratteristiche dei materiali, alle tecniche sartoriali nonché ai processi di lavorazione.

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Le altre scuole coinvolte sono state la Fashion Design Akademiet di Copenaghen, la Revensbourne di Londra e l’Ecole supérieure des arts et techniques de la mode per la Francia e la Germania. Il progetto prevedeva di realizzare una collezione di abiti che integrasse tecnologie spaziali e materiali innovativi. Una sfida pienamente accolta dagli istituti e sopratutto dal Poli.design di Milano. Gli aspiranti couturier hanno lavorato facendo riferimento ai temi forniti che l’ESA ha assegnato ad ogni scuola, tratti dalle strategie dell’agenzia nei settori della sostenibilità, della tutela del clima e del riutilizzo. Tecnologia, ambiente, innovazione, salute e sport sono i punti cardine ispiratori per i giovani designer che si trovano ad esplorare e sperimentare l’interazione tra moda e tecnologia.

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Dai sensori incorporati alle unità per il calore, fino ai tessuti super assorbenti. Gli abiti tecnici del futuro strizzano l’occhio alla funzionalità risultando allo stesso tempo accattivanti dal punto di vista estetico e pratico. Anticipare i bisogni dell’era spaziale che verrà nel campo dell’abbigliamento. Questa la sfida che hanno portato a termine gli studenti con grande successo ed oltre a rispondere ai requisiti specifici collegati a ciascun tema, tutti i modelli disegnati dai giovani stilisti dovranno essere allo stesso tempo adatti ad un utilizzo quotidiano.

Gli ottimi esiti del progetto, i cui risultati sono stati presentati a Londra al Museo della Scienza con una passerella space-à-porter lo scorso maggio, hanno suscitato un particolare interesse tra gli addetti ai lavori del comparto moda internazionale. A fronte del forte successo del progetto il Politecnico di Milano lancia la prima edizione del Corso di Alta Formazione Fashion in Orbit. Moda, tecnologia, ispirazione spaziale che avrà inizio il 30 gennaio prossimo e terminerà il 17 febbraio 2017, proseguendo con l’esperienza insieme ad ESA e aprendo così la partecipazione a professionisti e aziende che operano nel fashion system.

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Materiali innovativi ed estro creativo, con lo sguardo proiettato verso l’immensità dello spazio e le tecnologie che da esso derivano. Sono questi gli ingredienti alla base del progetto Couture in Orbit. Se è vero che l’Astro mania con le sue innovazioni spaziali avranno nel prossimo futuro una sempre più forte influenza su trend di consumo e comportamenti, al fashion designer spetta di capire come diventare protagonista attivo e più consapevole di questo processo per arrivare alla creazione di prodotti e modelli di business innovativi che comprenderanno smart textile, wearable ma anche tecnologie per l’ambiente e politiche di sostenibilità per la moda.

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Il corso, con durata di 3 settimane, è suddiviso in due moduli, il primo teorico con seminari e project work per sviluppare il concept della capsule collection ne affianca un secondo pratico presso il laboratorio sartoriale del Politecnico, che permetterà di realizzare la collezione caratterizzata da un alto livello di technology wearable, di presentarla attraverso un portfolio professionale e di fotografarla negli spazi del Lab.

La collezione seguirà un preciso fil rouge che prende ispirazione dalla tecnologia spaziale tra quelle presentate e i partecipanti lavoreranno sia in aula che in laboratorio con materiali tessili innovativi riproducendo le dinamiche reali di un’azienda di moda, dall’immagine complessiva del prodotto alla comunicazione.

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Il corso permetterà dunque non solo di approfondire competenze sulle innovazioni tecnologiche e capacità progettuali avanzate, ma offrirà anche l’opportunità unica di costruire relazioni trasversali con esperti appartenenti al settore tecnologicamente più avanzato al mondo e di esplorare come la ricerca condotta nello spazio possa ispirare la moda e creare nuove opportunità di crescita sociale e business.

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I risultati saranno esposti in una speciale mostra dedicata a Fashion in Orbit nella sede dell’Agenzia Spziale Europea all’European Space Researchand Technology Centre a Noordwijk e durante eventi e fiere di tessile innovativo e abbigliamento supportate da TexClubTec (Associazione Tessili Tecnici Innovativi – partner del progetto insieme a Colmar) in Europa.

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L’iniziativa promuove lo scambio di ispirazione tra due settori all’apparenza molto distanti, spazio e fashion, che hanno saputo tuttavia influenzarsi reciprocamente, come dimostra ad esempio il caso di innovazioni dell’ESA utilizzate nel campo della biancheria intima termica dal produttore Björn Borg o della dermotuta fatta su misura per l’ESA dal produttore di indumenti per motoveicoli Dainese, con l’obiettivo di alleviare i problemi di schiena degli astronauti. Nessun limite alla creatività dunque per modelli che sono eleganti, stravaganti, semplici o essenziali ma sopratutto con la “stoffa” per delineare una nuova generazione di capi d’abbigliamento.

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