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“No-Space”, a Roma con Contemporary Cluster in mostra le illusioni ottiche e le astrazioni sottili di Tycjan Knut

Tycjan Knut crea astrazioni sottili. Utilizza forme semplici, tavolozze di colori monocromatici e illusioni ottiche per ottenere un senso di profondo minimalismo; un’astrazione quasi totale che spinge lo spettatore a vivere i suoi dipinti in un modo spirituale e senza tempo.

Attraverso l’utilizzo di illusioni ottiche, Knut esplora gli aspetti psicologici della pittura, evocando risposte emotive e riflessioni più profonde da parte dello spettatore. Dal 23 marzo sarà in mostra al Palazzo Brancaccio di Roma con “NO-SPACE”, progetto espositivo targato Contemporary Cluster con il padrone di casa Giacomo Guidi. Grazie alle delicate differenze tonali e all’adozione di colori neutri, le sue opere creano effetti ottici, illusioni che ricordando le precise e sottili delineazioni dei piani e dei volumi architettonici di Fred Sandback. Le sue composizioni richiedono tempo e pensiero; nella piena tradizione minimalista le opere dell’artista polacco non vanno viste a colpo d’occhio, potrebbero non trasmettere tutto quello che esprimono ad un esame più attento. I dipinti di Knut si svolgono lentamente, con più punti di ancoraggio che guidano l’occhio dello spettatore attraverso il dipinto creando un senso di equilibrio.

Knut costruisce sulla tela strati di colore sovrapposti che ricordano la struttura del mondo organico, crea immagini che inducono l’occhio a percepire nuove profondità in oggetti già altamente strutturali. Senza usare schizzi o disegni preparatori, la pratica di Knut è reattiva, istintiva. L’artista segue attentamente la strutturazione della composizione, esaminando la funzione di ogni elemento in relazione alla pittura nel suo complesso, l’utilizzo di forme geometriche semplici come il quadrato e il rettangolo, figure alle base dell’arte fin dai suoi primordi, rendono Knut un classicista, secondo la definizione di classicismo di Barbara Rose. Le strutture elementari sviluppate su superfici bidimensionali sono composte da materiali semplici che danno modo di scoprire più in profondità il colore, la forma, lo spazio e la materia stessa.

“No-Space”, Tycjan Knut_Contemporary Cluster, Roma_credits Courtesy of Press Office
“No-Space”, Tycjan Knut_Contemporary Cluster, Roma_credits Courtesy of Press Office

La tavolozza di colori limitata e le forme geometriche semplici rendono queste opere oggettivamente minimali, per l’artista questa ricerca intrinseca di minimalismo comporta introspezione e contemplazione. L’uso dell’illusione ottica, attraverso la manipolazione di forme, linee e motivi aggiunge un aspetto dinamico e ammaliante all’opera d’arte.

NO-SPACE” rappresenta una riflessione su questi termini, una ricerca artistica che perdura nel tempo e che vada a illustrare lo stile di Tycjan Knut: uso di forme minimali, toni della terra, imitazione di trame, trame reali e illusioni ottiche che unite assieme esprimono l’idea del tempo assoluto, il non-tempo.

L’estetica “NO-SPACE” si riferisce ad un ciclo di opere che gioca con l’idea di vuoto e spazio negativo che circonda l’opera stessa. Ciò può essere ottenuto attraverso l’adozione di linee e forme pulite, nonché il posizionamento strategico dello spazio negativo per creare un senso di equilibrio e armonia nella composizione. L’artista durante il processo creativo è completamente guidato dall’intuizione non lasciando spazio a schemi mentali precostituiti; la sua arte è libera e incontaminata, non adotta disegni preparatori ma lascia l’immaginazione libera di esprimersi.
Le opere di Knut si ispirano all’arte astratta geometrica del Novecento con un profondo interesse accademico verso ‘maestri’ astratti meno conosciuti degli anni Sessanta e Settanta di cui lui è grande conoscitore; nel suo lavoro, profondi sono i riferimenti ai grandi autori del minimalismo astratto, da Ellsworth Kelly ad Al Held fino al più contemporaneo Sol Lewitt.

La sua è una ricerca dello spazio puro, il no-space, ottenuto grazie a continuo studio della rifrangenza della luce sulla superficie dell’opera che diviene la vera protagonista del quadro; insieme forma e materia creano un sinodo restituendo al contempo importanza all’oggettualità e alla fisicità dell’opera. Egli spinge i confini dell’illusione incorporando nuovi elementi presi dalla realtà, gioca con la luce e le ombre per modificare i gradienti di luce all’interno dei dipinti, creando un’illusione di profondità e multistrato. Il suo lavoro risuona dell’eco della tradizione minimalista americana ma si estende oltre la tendenza dell’astrazione geometrica, le sue opere sono liberate dai vincoli della formula indispensabile per il raggiungimento del non spazio.

La mostra sarà visitabile a Palazzo Brancaccio, in via Merulana a Roma  fino a sabato 22 aprile 2023, dal martedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.00, il sabato dalle 11.00 alle 20.00.

La Pelanda, Mattatoio di Roma: ecco i nuovi progetti di marzo con l’Accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico”

L’Azienda Speciale Palaexpo presenta presso gli spazi della Pelanda al Mattatoio di Roma nuove modalità di formazione e produzione artistica grazie alla prestigiosa collaborazione, avviata a febbraio 2023, con l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”. Il programma, che si svolgerà negli spazi della Pelanda, prevede l’ospitalità nei mesi di marzo e aprile di due progetti di didattica e spettacolo guidati rispettivamente da Giorgio Barberio Corsetti, considerato tra i rappresentanti principali del teatro di ricerca in Italia, e Antonio Latella, attore, regista, drammaturgo e pedagogo presso le più importanti Scuole di Teatro italiane:

Il primo progetto, Non è il mio cuore a perdersi, ma il mondo che lascio con la supervisione artistica di Giorgio Barberio Corsetti, è volto allo studio di tre testi di Pier Paolo Pasolini, messi in scena dagli allievi registi di II anno, con gli allievi del secondo anno del corso di recitazione: Studio su “Porcile”, allievo regista Sergio Biagi; Studio su “Histoire du soldat”, allieva regista Giulia Funiciello; Studio su “Pilade – Appunti da un’Orestiade pasoliniana”, allievo regista Mattia Spedicato.

La Pelanda, Mattatoio di Roma_credits Courtesy of Press Office
La Pelanda, Mattatoio di Roma_credits Courtesy of Press Office

Il lavoro si concluderà con uno spettacolo itinerante pensato per gli spazi della Pelanda e aperto al pubblico il 17 e 18 marzo 2023 alle ore 18:30 e il 19 marzo 2023 alle ore 17:00.

Il secondo progetto è dedicato alla messa in scena del Male Sacro di M. Binazzi, saggio del III anno di recitazione del Diploma Accademico di primo Livello, per la regia di Antonio Latella (Teatro 1).
Contemporaneamente nei due foyer della Pelanda saranno in prova gli spettacoli vincitori del
Premio Camilleri con la guida di Antonio Latella quale Tutor del progetto, che nella scorsa edizione ha avuto due vincitori ex aequo: Il supermaschio, regia di Marco Corsucci e Parole Morte Comunque, regia di Diego Parlanti. Le prove dei progetti guidati da Antonio Latella saranno aperte al pubblico il 27 e 28 aprile 2023.

Da aprile la programmazione, negli spazi della Pelanda e nei padiglioni del Mattatoio, proseguirà con i progetti di Spazio Griot, ARF! Il Festival del Fumetto a Roma, la rassegna SHE DEVIL (in un padiglione), la seconda edizione di IPER Festival delle Periferie “Uncentered Paradigma” (il paradigma del non-centro) diretto da Giorgio De Finis, e due nuovi progetti espositivi “Terra Animata” (nel padiglione 9a, dal 30 marzo al 30 luglio) e “Roma Periurbana” (nel padiglione 9b, dal 23 marzo al 21 maggio), per poi continuare da settembre fino a fine dicembre con il Festival Short Theatre, il Romaeuropa Festival, il Festival di Nuova Consonanza, e molto altro ancora.

“Rhizomes”, i dipinti di Marco Angelini in mostra all’Istituto Italiano di Cultura a Marsiglia

Inaugurerà giovedì 16 marzo  l’esposizione personale “Rhizomesdell’artista romano Marco Angelini, a cura di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci. Il sodalizio artistico tra Angelini e Nidiaci prosegue in quanto l’artista e la curatrice vantano all’attivo diverse collaborazioni, in particolare le mostre personali dell’artista nel 2019 in collaborazione, rispettivamente, con l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia e con l’Istituto Italiano di Cultura di Algeri.

Marco Angelini, “Rhizomes”
Marco Angelini, “Rhizomes”

In questa occasione, la collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia, in Francia, si traduce nell’ospitare direttamente presso le sale espositive dell’Istituto le opere di Angelini, fungendo da habitat ideale delle stesse.

Marco Angelini, “Rhizomes”
Marco Angelini, “Rhizomes”

Il corpus di opere, composto per esattezza da 30 lavori ad acrilico su tela (che vedono, misto al colore, l’impiego ora di elementi seriali, ora della foglia oro) e 6 sculture a dimensione naturale, racconta le emozioni dell’artista sotto forma di ricordi che si intrecciano con quelle della storia e cultura marsigliese, intercettando idealmente delle trame emozionali come vere e proprie radici, diramazioni.

Marco Angelini, “Rhizomes”
Marco Angelini, “Rhizomes”

Così la curatrice Nidiaci scrive nel testo critico del catalogo posto a corredo dell’esposizione: «Marsiglia possiede un centro storico rimasto lo scrigno di una certa anima popolare, crogiolo di culture. Tale capillarità è minuziosamente ma non didascalicamente descritta dalle tele toccate dal colore acrilico di Marco Angelini, artista sociologo di formazione, che, completamente scevre da forzature e obblighi interpretativi e adempiendo perfettamente alla logica astrattista, raccontano una commistione visiva e ideologica al contempo, la coesistenza e la coesione di culture e sottoculture differenti.

Marco Angelini, “Rhizomes”
Marco Angelini, “Rhizomes”

La capillarità è, per scientifica definizione, l’insieme di fenomeni dovuti alle interazioni fra le molecole di un liquido e un solido sulla loro superficie di separazione. Le forze in gioco che si manifestano in tale fenomeno sono la coesione, l’adesione e la tensione superficiale. Le campiture piatte di Angelini accolgono, divenendo habitat colorati, macchie che tendono alla circolarità benché informi, fluide, in un continuo divenire; questi elementi coabitano con elementi più netti, forme più precise, che rimandano ad un infinitesimo rapporto spazio-temporale tra macro e micro, tra la collettività e l’individuo, tra le collettività stesse e vicendevoli». L’esposizione sarà visitabile sino al 3 maggio .

Marco Angelini, “Rhizomes”
Marco Angelini, “Rhizomes”

About Marco Angelini

Marco Angelini è nato a Roma nel 1971, vive e lavora tra Roma e Varsavia. Ha realizzato, dal 2006 ad oggi, varie mostre personali a Roma, Milano, Varsavia, Cracovia, Londra, Bratislava, Algeri, Santiago del Cile, Bologna e partecipato a collettive, presso spazi pubblici e gallerie private, a New York, Washington DC, Tel Aviv, Abu Dhabi, Varsavia, Zamość, Stettino, Monaco di Baviera, Essen, Londra, Bruxelles, Roma, Lucca.

Marco Angelini, “Rhizomes”
Marco Angelini, “Rhizomes”

Le opere di Angelini fanno parte di diverse collezioni private, tra cui quella della Fondazione Roma. Laureato in Sociologia studia il fenomeno urbano ed è interessato alle culture e subculture che si creano nelle metropoli del mondo. Le città sono lo scenario in cui le pulsioni inconsce sopravvivono interagendo con le nuove possibilità offerte dalla tecnologia, per questo esse diventano il nucleo e l’habitat ideale di tutti i paradossi e le contraddizioni umane. La sua ricerca espressiva è dominata dalla materia. A volte i materiali diventano la superficie pittorica al posto della tela, altre volte diversi oggetti, spesso di riciclo, entrano a far parte dell’opera. La forma astratta interpreta perfettamente la sua poetica fluida e mutevole che suggerisce l’esistenza di molteplici realtà. Affronta diverse tematiche di ricerca: natura e tecnologia, tempo e memoria, dialogo interreligioso e dimensione del “sacro”, arte e scienza, energia e sostenibilità.

Photo credits Courtesy of Press Office

“Art Is (Not) A Game”, alla galleria Rosso20sette di Roma la prima personale della street artist Laika

Verrà inaugurata sabato 11 marzo, alle ore 18.00 negli spazi della Galleria d’Arte Rosso20sette arte contemporanea di Roma, la prima mostra personale della street artist Laika dal titolo “Art Is (Not) A Game”, a cura di Tiziana Cino e Stefano Ferraro e accompagnata da un testo di Edoardo MarcenaroLaika, che ama definirsi una “attacchina romana”, è un’artista attiva dal 2019, con un nome omaggio alla cagnolina Laika, primo essere vivente nello spazio.

Art is (not) a game ripercorre la sua “arte senza filtri”, con una serie di opere divenute iconiche. Tra queste: l’opera dedicata a Patrick Zaki eGiulio Regeni (L’abbraccio), a Gino Strada (Le lacrime di Kabul), ad Angela Davis (Sweet Black Angel), e poi la serie No Eyez On Me Project con i ritratti di Greta Thunberg (Barbie Girl) e Matteo Salvini (Baywatch).

Ad impreziosire la mostra, poi, ci saranno anche le opere più politiche dell’artista, veri e propri manifesti: da Iustitia, dedicata a Mimmo Lucano, a Es Ley, sulla legalizzazione dell’aborto in Argentina, fino a Mir, invito alla pace e al disarmo. E ancora il lavoro realizzato sulla rotta balcanica dedicato ai migranti Life Is Not A Game – da cui prende il titolo anche l’omonimo film di Antonio Valerio Spera in cui Laika è protagonista.

Non solo carta e tele, però. Verrà esposta infatti anche l’installazione Futuro, composta da una tavola optometrica realizzata su legno smaltato, presentata per la prima volta nel 2021 a Francoforte, con le lettere che si riducono sempre più mettendo a dura prova la vista nel leggere una sola parola: “Futuro”. Laika è attualmente in mostra anche presso la collettiva Jago, Banksy, TVboy e altre storie controcorrente a Palazzo Albergati (Bologna). “Art Is (Not) A Game” è la sua prima mostra personale e sarà visitabile fino al 22 aprile 2023.

La street artist Laika, credits Courtesy of Press Office
La street artist Laika, credits Courtesy of Press Office

About Laika

Laika è una street artist italiana. Il nome nasce come richiamo al primo essere vivente giunto nello spazio, la cagnolina Laika, nata nel 1954. C’è anche un riferimento alla Leica, la famosa macchina fotografica. La scelta di Laika come nome d’arte è legata al concetto di voler “puntare allo spazio”, di non porsi mai dei limiti. Puntare allo spazio, inoltre, permette di osservare il mondo da lontano, per avere una visione più ampia, senza limiti. Laika ha deciso di non svelare la propria identità indossando una maschera. L’anonimato, infatti, le garantisce una maggiore libertà espressiva e distoglie l’attenzione dagli aspetti della sua vita personale facendoci concentrare solo ed esclusivamente sui suoi messaggi. Inizia la sua attività nella primavera del 2019, cominciando ad attaccare degli sticker nella sua città, Roma, ma la fama internazionale arriva all’inizio del 2020 con le sue due opere più famose: Jenesuispasunvirus, l’opera (una delle prime al mondo dedicate al COVID19) che denuncia gli atti di razzismo contro la comunità cinese prima dello scoppio della pandemia; L’Abbraccio, il celebre poster dedicato a Patrick Zaki e Giulio Regeni attaccato nei pressi dell’Ambasciata egiziana di Roma. Il fascino misterioso di questa figura, quasi “asessuata”, ha portato da più parti a definirla come “la Banksy italiana“, definizione attribuita per lo più dalla stampa internazionale. D di Repubblica l’ha inserita tra le “100 Donne che cambiano il mondo” del 2021. Alcune sue opere sono esposte a Bologna presso Palazzo Albergati nella mostra collettiva “Jago, Banksy, TV Boy e altre storie controcorrente”.

La sua attività è stata oggetto di un docufilm dal titolo “LIFE IS (NOT) A GAME” diretto da Antonio Valerio Spera, presentato alla 17a edizione del Roma Cinema Fest nella sezione Freestyle e che le ha fatto guadagnare un Nastro D’Argentocome “Protagonista dell’anno 2023”.

Roma, prorogata fino al 7 maggio la mostra dedicata all’artista Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte

Dall’8 ottobre a oggi sono oltre 400mila i visitatori che, a Palazzo Bonaparte di Roma, hanno preso parte alla grande mostra dedicata a Van Gogh. Una mostra che, fin dalla sua apertura, ha registrato numeri record. L’esposizione a piace perché, come testimoniano i visitatori, ci sono i grandi capolavori di Van Gogh ma c’è anche una ricchezza incredibile di contenuti scientifici, approfondimenti su ogni tema, le sue lettere, l’intrattenimento. È una mostra di grande spessore accompagnata da uno spettacolare allestimento, la formula vincente per farne un evento di straordinario successo.

Roma, mostra Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte
Roma, mostra Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte

La mostra è sold out da molto tempo ma le richieste continuano incessanti da ogni parte del mondo. Motivo per cui Arthemisia, in accordo col Kroller Muller Museum, ha deciso di prorogare eccezionalmente fino al 7 maggioL’ultima settimana la mostra sarà aperta tutti i giorni fino alle 24.00. Inoltre, il 30 marzo, in occasione del 170esimo anniversario della nascita di Van Gogh, ci sarà una grande giornata di festa: apertura fino a mezzanotte, musica, drink dedicato al grande artista e palloncini per tutti i bambini.

Roma, mostra Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte
Roma, mostra Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte

Con il patrocinio del Ministero della cultura, della Regione Lazio, del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura e dell’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, la mostra è prodotta da Arthemisia, realizzata in collaborazione con il Kröller-Müller Museumdi Otterlo ed è curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti.

Roma, mostra Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte
Roma, mostra Vincent Van Gogh a Palazzo Bonaparte

La mostra vede come main sponsor Acea, sponsor Generali Valore Cultura, special partner Ricola, mobility partner Atac e Frecciarossa Treno Ufficiale, media partnerUrban Vision ed è consigliata da Sky Arte.
Il catalogo è edito da Skira con saggi a cura di Maria Teresa Benedetti, Marco Di Capua, Mariella Guzzoni e Francesca Villanti.

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Stephane Koerwyn, le opere dell’artista francese in mostra al Sofitel Rome Villa Borghese

Location perfetta per un appuntamento con l’arte, il Sofitel Rome Villa Borghese, venerdì 10 marzo 2023 dalle ore 12:30 alle 15:00 ospita il vernissage della mostra, in esposizione al pubblico sino ai primi di giugno, di Stephane Koerwyn. L’artista, con la sua propria visione dinamica ed eclettica dell’arte, sarà presente all’inaugurazione. Sarà un’occasione per vivere l’accoglienza di questo gioiello dell’hotellerie capitolina e internazionale: nel panoramico ristorante Settimo Roman Cuisine & Terrace l’executive chef Giuseppe D’Alessio sarà sempre presente per offrire agli ospiti la sua cucina, fedele alla tradizione romana e alle eccellenze del nostro territorio.

L’artista francese Stephane Koerwyn
L’artista francese Stephane Koerwyn

A illuminare e reinventare gli eleganti ambienti dell’hotel Sofitel Rome Villa Borghese arrivano le creazioni dell’artista francese Stephane Koerwyn. Il vernissage di venerdì 10 marzo apre la mostra che vedrà in esposizione sino ai primi di giugno quadri e sculture di questo poliedrico esponente dell’arte contemporanea: un artista multidisciplinare ed eclettico, guidato dalla necessità di trasmutare l’emozione in colori. Le sue opere sono il manifesto di un viaggio nell’immaginazione, il risultato della passione per il mondo del colore e della moda e la testimonianza del passato che dà origine a nuove fasi della vita in cui l’arte ne diviene espressione. Sorprendere chi guarda, suscitare l’emotività del visitatore posizionando le opere in luoghi che riescano a farle vivere, dare ampio spazio alla luce come elemento in grado di dare movimento alle stesse, sono i motivi che hanno portato a scegliere per questa mostra personale il Sofitel Rome Villa Borghese e il suo panoramico ristorante Settimo – Roman Cuisine & Terrace. Qui si respira l’eleganza e lo charme della vera art de vivre, la storicità della città che lo ospita, la capacità di instaurare un dialogo sempre nuovo e moderno con i commensali, mentre il cielo di Roma muta la sua scenografia con il trascorrere delle ore.

Un’opera dell’artista Stephane Koerwyn
Un’opera dell’artista Stephane Koerwyn

L’arte di Stephane Koerwyn
Stephen Koerwyn è un artista multidisciplinare la cui produzione nasce da una pulsione interna naturale dettata da una continua ricerca di libertà e da una passione profonda per il colore, l’arte e la moda. Una dote che viene scoperta all’improvviso durante un laboratorio di arte terapia: così la necessità di esprimersi attraverso forme artistiche entra nella vita di Stephane Koerwyn, affermato direttore marketing dell’azienda della più famosa bevanda al mondo, la Coca Cola. La consapevolezza di avere un talento lo porta a formarsi presso l’acclamata École des Beaux-Arts e l’École du Louvre. Ispirandosi a due geni della pittura come Pierre Soulages e Gerhard Richter inizia un proprio percorso che lo vede esprimersi attraverso tele astratte, in cui il colore gioca in modo prepotente e impulsivo per rompere quella confortante immagine del reale e trasportare in un mondo di emozionalità sempre nuova.

Un’opera dell’artista Stephane Koerwyn
Un’opera dell’artista Stephane Koerwyn

Il desiderio di esprimersi attraverso opere vive, in continuo mutamento crea il bisogno di dare volume alla pittura, di cercare altri moduli espressivi. Elemento fondante di tutta la sua opera è senza dubbio la luce e così Stephane usa il suo passato per creare il suo presente e dopo aver trascorso anni a tenere in mano lattine di Coca Cola durante i lunghi incontri di lavoro, decide di dipingere sull’alluminio e di utilizzarlo per dare movimento alle sue creazioni. Ha luogo così un altro inevitabile incontro, dopo l’arte ora la moda irrompe nella sua vita. Sull’alluminio l’artista ha plasmato i suoi quadri poi trasformati in abiti, nella collezione Pret Art Porter, che hanno sfilato in tutto il mondo, da Singapore a Tokyo, Dubai, Parigi, Londra, Washington DC, San Francisco e New York.

Un’opera dell’artista Stephane Koerwyn
Un’opera dell’artista Stephane Koerwyn

Opere uniche che a differenza di una tela cambiano ogni volta con il movimento delle modelle che le indossano e con le luci delle passerelle e dei flash dei fotografi. Abiti che nel desiderio di rimanere indelebili divengono sculture 3D. “Questi abiti sono opere d’arte uniche, mai viste prima. Che audacia! Sono raffinati e mozzafiato”. Queste le parole con cui Christine Lagarde, ex capo del FMI e attuale presidente della BCE, ha commentato le opere di Koerwyn in esposizione all’ambasciata francese a Washington DC.

Settimo Roman Cuisine & Terrace
Settimo Roman Cuisine & Terrace

La cucina di Settimo Roman Cuisine & Terrace e la formula del “Pranzo Romano”
Quella di Settimo Roman Cuisine & Terrace è una cucina creata all’insegna della stagionalità, la tradizione e la celebrazione del territorio attraverso materie prime selezionate e di eccellente qualità. Un criterio di lavoro virtuoso, quello adottato dallo chef Giuseppe D’Alessio che sfocia in cotture espresse, che non stressano le materie prime di stagione e che arricchisce la carta con piatti speciali che animano occasionalmente la tavola di Settimo in base alla offerta del mercato e all’estro dello chef. La scelta degli ingredienti e l’attenzione per una cucina salubre che esalta i sapori mediterranei è ciò che ritroviamo nei piatti che rappresentano anche il racconto della cultura gastronomica del Lazio.

L’esecutive Chef Giuseppe D’Alessio
L’esecutive Chef Giuseppe D’Alessio

«La nostra carta -racconta lo chef D’Alessio -vuole dare soddisfazione a una clientela italiana e straniera sempre più decisa a voler fare una vera esperienza gastronomica ritrovando nei piatti quei sapori che raccontano il nostro Belpaese». In una location in cui la vista si perde tra le cupole della città eterna e il verde sconfinato di Villa Borghese si trova, dunque, un’offerta gastronomica in grado di soddisfare ogni esigenza. Dalla formula del Pranzo Romano, un light lunch declinato su una doppia offerta, due o tre portate, che vedono sfilare proposte salubri e golose come l’appetitoso Mini supplì con crema di pecorino, i classici fiori di zucca fritti, le Mezze Maniche alla Amatriciana, il Filetto di vitello a mo’ di saltimbocca con cicoria e stracotto di cipolla, alla cena raffinata ed elegante accompagnata da un’interessante e ricercata carta vini, tutto è studiato per celebrare il benessere e la convivialità.

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“Alla luna”, a Roma un omaggio alla luce riflessa negli spazi di Substratum Galleria

SUBSTRATUM G A L L E R I A, spazio relazionale tra design, arte e pratiche contemporanee, è un progetto che nasce dall’idea di ricreare un ambiente “interiore” e familiare in cui il concetto di arredo interno si armonizzi con le opere di artisti contemporanei che, di volta in volta, interagiranno con lo spazio capitolino.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Condurre i visitatori in un altrove dimenticato, un sotto che riemerga sopra, immersi in un’atmosfera raffinata e intima in cui ritrovarsi e ritrovare insieme, a ogni appuntamento, il senso di una cultura e umanità perduta attraverso pratiche artistiche che intervalleranno il periodo espositivo.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Il primo tema del format quadrimestrale di SUBSTRATUM G A L L E R I A si ispira Alla Luna, un omaggio alla luce riflessa attraverso un progetto esperienziale che ci mette in relazione, tra design, arte contemporanea e spazi interni, visibili e invisibili.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Perché la luna? Perché qui vengono raccolte tutte le cose perse dagli uomini sulla Terra, beni materiali ma soprattutto morali.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Come Astolfo nell’Orlando Furioso vogliamo intraprendere il nostro viaggio verso il regno della Luna per recuperare il senno e…il senso delle cose che siamo e facciamo. In questo omaggio al corpo celeste che da sempre ha ispirato artisti, poeti e scrittori, c’è il filo della poesia che attraversa SUBSTRATUM G A L L E R I A: le opere di Virginia Carbonelli, artista romana specializzata in calcografia e tecniche di stampa tradizionale e sperimentale, disegnano un unicum spaziale che evoca e celebra il disco lunare.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Dal cerchio Universi ci si sposta con eleganza verso Fase Lunare, per poi convergere centralmente accolti dalla luce della grande Moon di Davide Groppi che dolcemente ci invita ad accomodarci sulle intriganti sedute di Kartell; così predisposti raccogliamo le parole di Luna, piccoli segni celesti incisi su carta, la stessa che ritroviamo nella impalpabile installazione della Carbonelli che ci riporta alla sospensione. Siamo nello spazio e sulle Nuvole…ed è forse in questa dimensione visionaria e onirica che tutto può accadere, ma solo se davvero lo desideriamo.

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Otto artisti per una mostra. A Roma la galleria SpazioCima riapre con “Art collection”

Otto artisti, otto stili, otto percorsi. Riapre, al termine della pausa estiva, la galleria SpazioCima, nel quartiere Coppedé, a Roma, con una mostra dalla rinnovata versatilità tecnica e tematica, e con il leitmotiv di una costante ricerca artistica e contenutistica. Un viaggio ipercolorato, tra ritratti segnati dalla vita e sagome umane macchiate dal criptico contenuto,tra paesaggi naturali e surreali ad angoli urbani e iperrealistici.

“Art collection”è la nuova esposizione della galleria, sita in via Ombrone 9. L’esposizione inaugurerà oggi, giovedì 21 settembre, alle ore 18:30, e proseguirà sino a martedì 10 ottobre. Ingresso gratuito, orari 10-13 e 14-19, dal lunedì al venerdì. La mostra, curata da Roberta Cima e organizzata con Giuliano Graziani e Laura Piangiamore, propone disegni, chine, pitture ad olio, acrilici e collage. Tecniche diverse che si fondono insieme per raccontare l’arte, in ogni sua forma, in un tripudio di accecante ma mai banale bellezza.

Più di venti le opere in mostra, realizzate dagli artisti Nino Attinà, Gabriele Buratti, Roberto Di Costanzo, Sam Gimbel, Luisiano Schiavone, Carlo Grechi, Fabio Salafia, Petr Shevchenko.

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Di Costanzo-lamore-puro-tecnica-mista-su-carta-30×40

“Abbiamo voluto riaprire carichi dell’energia dell’estate e consapevoli del percorso autunnale che si apre – spiega Roberta Cima, titolare della galleria – Un percorso che, nelle sue opere, propone contrasti interessanti, sia sensorialmente tangibili che mentali. Il leitmotiv, dopotutto, è sempre lo stesso: la bellezza, italiana e internazionale. E questi artisti, come si scoprirà meglio nei prossimi mesi con alcune mostre personali, ne sanno proporre tanta, con uno stile ricercato ed estrema eleganza”. 

NINO ATTINA’ – Nino Attinà nasce a Reggio Calabria nel 1953. Dopo gli studi artistici, si trasferisce a Milano dove inizia ad insegnare e a dedicarsi alla pittura. Fondatore, insieme ad altri artisti, del gruppo “I Mediterranei”, è protagonista di numerose mostre, sia in Italia che all’estero, Osaka, Tokyo, Kyoto, Berlino. Fa inoltre parte degli artisti soci del museo della Permanente di Milano.Nelle opere di Attinà ritroviamo “echi picassiani” di straordinaria sensibilità e bellezza, che raccontano un’umanità dinamica. Opere dai tratti veloci, volti appena abbozzati, guizzi di colore e dinamismo. Un tripudio di colori, come una danza.

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Nino-Attinà figura-con-interno-35-x-50-tecnica-mista-su-carta

GABRIELE BURATTI – Gabriele Buratti – Buga – nasce a Milano nel 1964, laureato al Politecnico in Architettura del Paesaggio. Sviluppa negli anni interesse per i carattere fisici, antropici, storici e strutturali del territorio che influenzerà profondamente la sua opera di pittura, scultura e fotografia. I suoi dipinti contengono anche un marchio, che marchio non è, perché è un vero e proprio codice a barre, lo stesso che troviamo sui prodotti, e che segnano la produzione del nostro tempo, caratterizzata da un forte consumismo. Ebbene, proprio questo marchio è diventato un’icona, un segno, un’immagine forte che ruota quasi sempre nei dipinti del nostro artista, dando di lui un’idea forte della sua arte che non è avulsa dalla storia degli ultimi anni, di quella storia economico-sociale che ha dato ai paesi occidentali e capitalismi processi accelerati.

ROBERTO DI COSTANZO –Ritrattista, illustratore, pittore, docente di Storia del Costume e Disegno dal Vero. Dopo l’Accademia di Belle Arti di Roma, indirizzo scenografia teatrale, spinto dal grande amore per il cinema, Di Costanzo accede al prestigioso Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove seguito dal Maestro costumista Piero Tosi, suo mentore, e dallo scenografo Andrea Crisanti, si diploma in scenografia, costume ed arredamento per il cinema. Cresce in lui l’interesse per l’illustrazione che lo porterà a realizzare progetti editoriali importanti, quali “Roma” (Editions Nomades).Le sue opere figurano in collezioni private tra Roma, Parigi, New York e in prestigiose gallerie. Disegni a matita o con la china, ritratti di volti e di opere architettoniche, le sue creazioni sono una pioggia di linee chiare e scure di straordinaria bellezza e sensibilità.

Sam Gimbel-the-politics-of-pub-gouache-collage-su-carta-300gr-78x53
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SAM GIMBEL – L’artista newyorkese ha al proprio attivo esposizioni in tutto il mondo: Svezia, Danimarca, Francia, America.Le sue nuove opere raccontano stili e pensieri della sua vita, in una cacofonia del linguaggio e del colore, dando vita a un momento di linee infinite. Da lontano ogni pezzo sembra essere un’immagine, ma, ad uno sguardo più approfondito,si scoprono centinaia o più dipinti individuali in miniatura, messi insieme per crearne uno intero. Ogni pittura parte da diversi fogli di carta da 300-600 grammi. Sono opere realizzate con grande destrezza e precisione, da una mano attenta e vibrante, quella dell’artista che taglia, incolla, dipinge, crea.Ogni opera è una storia e un commento sugli eventi attuali e sulla vita dell’artista.

LUISIANO SCHIAVONE – Dopo aver conseguito la maturità artistica e successivamente la laurea alla Accademia di Belle Arti di Lecce, l’artista mostra da subito una predisposizione pittorica per l’informale e l’espressionismo astratto. Nel 2014 realizza due tele per il film ” I nostri ragazzi” del regista Ivano De Matteo: esegue i ritratti dei protagonisti, gli attori Alessandro Gassman e Barbora Bobulova. Negli ultimi anni l’artista si proietta in un linguaggio pittorico introspettivo utilizzando la rappresentazione del figurativo alternandosi con l’informale. Come nel libro “Aut Aut” di Kierkegaard, Schiavone si pone il quesito della scelta fra l’essere etico e l’essere estetico, esplorando, pittoricamente e psicologicamente, queste due caratteristiche fondamentali dell’uomo.

Luisiano Schiavone-mauricio-tecnica-mista-su-tela-80x80
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CARLO GRECHI – Nato a Roma nel 1944, negli anni settanta frequenta la Scuola delle arti Decorative e nel 1971, l’Accademia Libera del Nudo. Pittore, illustratore e grafico, ha all’attivo numerose mostre collettive e personali. In campo editoriale ha progettato libri, locandine, manifesti e calendari, collaborando con periodici a diffusione nazionale. Le “femmine” di Carlo Grechi sono il simbolo di un delicato ma potente universo in continua “rivoluzione”. Sono donne divine e carnali al tempo stesso, ritratte nell’attimo esatto in cui compiono un gesto. Sedute per terra con le ginocchia al petto, sdraiate in riva al mare o mentre fumano una sigaretta. Le sue opere, disegni e dipinti, sono tele delicate, eteree, armoniose e leggere.

FABIO SALAFIA – Nato nel 1979 a Grammichele, in provincia di Catania, frequenta l’Istituto Regionale d’Arte conseguendo la maturità in Design Architettura e Arredamento, e l’Accademia delle Belle Arti di Catania,dove si laurea nella sezione Pittura. Fin dai primi lavori, si profila l’interesse fondamentale del pittore per il paesaggio, affrontato nel tempo con diverse tecniche, l’olio, il pastello,l’incisione, e indagato nella soggettività delle percezioni della natura,come essenziale traduzione d’una emozione. Le chiavi d’accesso all’universo pittorico dell’artista vanno infatti ricercate proprio nelle regioni stratificate dell’io. È un viaggio, quello di Fabio Salafia, che si propone quale meta ultima l’anima, il nucleo caldo delle cose naturali e delle cose dell’uomo.

PETR SHEVCHENKO – Da quando ha memoria, come lui stesso afferma, Petr Shevchenko, artista russo che vive ad Atene, è sempre stato interessato all’arte e all’espressione della propria persona. Per lui l’arte rappresenta un viaggio attraverso l’esplorazione di sé stessi e la creazione di un linguaggio universale capace di interpretare la realtà. Molti dei suoi lavori sono vere e proprie sperimentazioni, in ogni sua opera cerca di esprimere i suoi pensieri e le sue sensazioni attraverso la combinazione di tecniche diverse.

 

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