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“Non Mo(ve)ment”, le opere dell’artista Hamid Zare in mostra alla Strati d’Arte Gallery di Roma

Apre a Roma, mercoledì 29 novembre 2023 dalle ore 19, presso la Strati d’Arte Gallery, la mostra personale “Non Mo(ve)ment” di Hamid Zare, a cura di Sveva Manfredi Zavaglia. Pittore internazionale, nato a Yazd in Iran, espone per la prima volta a Roma la sua nuova serie.

Una decina di opere con tecnica mista e olio su tela, dove in primo piano ci sono l’essere umano con il suo IO. L’Umanità vista da Hamid è qui immobile come una statua, non Mo(ve)ment, non si muove non trova i suoi momenti. Cerca attraverso le sue opere di toccare le coscienze, con uno sguardo socio-culturali.  Nulla è per caso, tutto è accuratamente studiato in una pittura leggera, simbolica, introspettiva, mentale, creata con maestria e inspirata ai grandi maestri del passato.

Hamid Zare, NonMo(Ve)ment, Strati d'Arte Gallery Roma
Hamid Zare, Non-Mo(Ve)ment, Strati d’Arte Gallery, Roma

“Le opere di Hamid Zare, racconta la curatrice, ci portano in un viaggio nel tempo e dedica la sua ricerca estetica all’essere e l’esistenza.  C’è una sospensione, le opere ricordano temi dell’infinito, della solitudine, del tempo che non scorre. Nei suoi quadri, infatti, tutto sembra essersi fermato: la figura, gli oggetti apparentemente familiari, sono come trasfigurati e si lasciano osservare, una realtà che alla fine percepiamo come diversa, come alternativa a quella in cui noi viviamo. Opere che dialogano con l’animo umano, sono in cerca di qualcosa che non sanno se trovarlo o perderlo. Un’umanità che viene rappresentata come una statua, per la sua staticità, come la nostra società che non ha mai un momento per ritrovar sé stessi ed è il tempo per fermarsi: l’essere umano qui è solo, con la sua immobilità e la mancanza di comunicazione. Questa pittura introspettiva e da interpretare, crea sensazioni ed emozioni profonde. Le sue opere infatti vengono evocate dall’uso del colore mai troppo squillante talvolta cupo, variano con tonalità tra il grigio, verde e marrone con tutte le sfumature e con ombre nette e scure dove gli oggetti sono la chiave per risolvere l’enigma”.

Hamid Zare – Artista: Nato nel 1990 a Yazd, in Iran. Ha studiato Arte e finito con un master in pittura presso l’Università della Scienza e della Cultura di Teheran, dove a esposto con diverse mostre. La sua attività artistica e professionale è iniziata nel 2015 e ha tenuto numerose mostre personali e collettive in Iran, Austria e ora in Italia. Tra il 2019 e 2021, ha collaborato con l’Istituto Porta Coeli curando il Mediterranean Contemporary Arts Festival di Potenza. Innamorato dell’Italia e la sua cultura storica, ha deciso di rimanere a studiare un secondo Master di moda presso l’Università La Sapienza di Roma, dove attualmente vive e lavora.

“Incinque Jewels”, nel cuore di Roma una residenza d’artista dedicata ai gioielli d’autore

Venerdì 24 novembre, alle ore 18.00, la galleria Incinque Open Art Monti apre le porte al progetto INCINQUE JEWELS, presentato durante la Roma Jewelry Week 2023, con il vernissage della mostra curata da Monica Cecchini.

Una nuova stagione dello spazio espositivo, che da ottobre ha deciso di dedicarsi al gioiello contemporaneo in maniera continuativa. Il format prevede la permanenza delle opere di artisti e designer del gioiello “resident”, che esporranno le loro creazioni nel corso dell’anno. I resident inviteranno ed ospiteranno a loro volta, in maniera temporanea e con progetti site-specific, altri artisti di varie discipline. L’obiettivo è quello di creare un costante dialogo tra le arti, che ha un ruolo centrale nella filosofia della galleria.

Un connubio dinamico che darà vita ad un contesto vibrante  in cui creatività e innovazione si intrecciano in una incessante fusione artistica. L’intento principale dell’iniziativa è quello di recuperare pienamente la consapevolezza dell’importanza della creatività e delle tradizioni, che possono essere messe a disposizione della tecnologia, convivendo in uno spazio aperto ad accogliere varie sfumature concettuali e definizioni più inclusive. Un’occasione di riflessione sulle molteplici espressioni del gioiello contemporaneo e sul dialogo con le altre forme d’arte.

In questo scenario, Incinque Open Art Monti si propone come spazio dedicato ad accogliere un nuovo fermento artistico, esaltando i concetti di condivisione e scambio creativo. La galleria diventa centro di riflessioni approfondite sulle molteplici espressioni del gioiello contemporaneo e dell’arte stessa, un luogo in cui l’estro si fonde armoniosamente per promuovere il valore della creazione artistica.

Gli artisti e i designer “resident”:

Myriam Bottazzi: attraverso l’uso di molteplici tecniche di lavorazione trasforma materie sempre più diverse e in modo diverso. I sui gioielli contemporanei nascono dalla necessità intima di ricercare una personale versione di bellezza, asimmetrica e imperfetta, in cui riconoscersi e attraverso cui comunicare la propria visione delle cose.

Chiara Fenicia: nasce come grafica pubblicitaria e da circa otto anni si è specializzata nel gioiello di riuso, la sua regola è che tutto deve essere rigorosamente riciclato e mai comprato, anche la ruggine trattata con delle resine, fa parte dell’originale.

Claudio Franchi: argentiere, orafo, storico dell’arte e designer della bottega storica FRANCHI ARGENTIERI, che dirige insieme al fratello Roberto. La sua ricerca si propone di elaborare linguaggi innovativi recuperando i segni di identità del passato nobile di Scuola Romana, senza tralasciare culture storiche che stimolino il suo interesse.

Emanuele Leonardi: realizza il “gioiello narratore” che racconta storie, spesso autobiografiche, in un garbato equilibrio tra comunicazione e poesia. Nei suoi gioielli autoportanti, scultura e gioiello si fondono creando opere uniche ed armoniose.

Paolo Mangano: è un orafo e uno scultore romano. Si dedica alla creazione di gioielli, oggetti e sculture, anche in collaborazione con artisti di grande notorietà; vere e proprie opere d’arte, presentate in gallerie d’arte contemporanea a Roma, Londra e New York, e alla Biennale di Venezia. Elabora gioielli ispirati alla natura e alle sue forme antropomorfe, abbinando i classici metalli preziosi a materiali alternativi.

Anna Pinzari: crea raccontando le emozioni che accompagnano la sua vita interiore. Ha scelto così l’arduo compito di trasformare il gioiello in un messaggio simbolico ed emotivo che la rappresenta.

Simone Vera Bath: forgia i suoi gioielli prendendo l’energia positiva dell’universo, nella quale crede e che vuole trasmettere in ogni singola creazione. I suoi gioielli emanano imperfezione, trasformazione, contrasto e giocosità. SVB realizza con una speciale tecnica di spalmatura che lascia l’oggetto volutamente incompiuto, è l’idea che le imperfezioni rendono l’oggetto unico, mai esattamente replicabile.

Lorella Verrillo: fa delle gemme la sua passione. I suoi gioielli, in equilibrio tra forma e colore, sono concepiti utilizzando tecniche tradizionali e sperimentali, con materiali nuovi ed insoliti. Ama pensare che il suo lavoro sia frutto di una visione poetica, sempre sospesa tra il sogno e la realtà.

Tra gli artisti e designer “ospiti”:

Angela Gentile: i suoi gioielli, sono come un patchwork di ricordi, di elementi raccolti e conservati, come un collage di emozioni sedimentate; riflettono il dialogo dell’autrice con elementi naturali e stati dell’animo, creando un duplice racconto.

E una giovane designer friulana, Lisa Dal Pont, che da poco ha ultimato il corso di design del gioiello dello IED di Roma. Abituata ad essere circondata dalla natura più verde, dall’aria gelida e pura, dai fiumi cristallini, dal silenzio più indisturbato, crea i suoi gioielli con la stessa sensazione e gentilezza.

Per Incinque Jewels, nel 2024, sono in programma varie mostre ed esposizioni che saranno un’ulteriore occasione di connessione tra le diverse forme d’arte. Molte attività saranno legate alla quarta edizione della Roma Jewelry Week che si terrà il prossimo anno.

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I Macchiaioli, in mostra a Gubbio la pittura en plein air tra Francia e Italia

Fino al 3 marzo prossimo, presso le Logge dei Tiratori di Gubbio si potrà ammirare la mostra “I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”, per celebrare il movimento artistico che ha lasciato un segno indelebile. L’esposizione è stata curata da Simona Bartolena, storica e critica d’arte. La mostra è prodotta e realizzata da Navigare Srl con il patrocinio del Comune di Gubbio e il sostegno di Fondazione Perugia.  La rassegna presenta oltre 80 opere dei grandi protagonisti di questa rivoluzionaria stagione artistica quali Signorini, Fattori, Abbati, Lega, Cabianca, Sernesi in dialogo con alcuni degli esponenti della Scuola di Barbizon quali Corot, Daubigny, Troyon e Rousseau.

“I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”, Ph. Vanessa Bocci
“I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”, Ph. Vanessa Bocci

 Le opere in esposizione provengono sia da collezioni private sia da alcune istituzioni pubbliche. Nel 1855 molti artisti italiani si recarono a Parigi per visitare la sezione di Belle Arti dell’Esposizione Universale  soffermandosi soprattutto sulle opere realizzate dai pittori della cosiddetta Scuola di Barbizon, un cenacolo artistico che prendeva nome da una zona ai margini della foresta di Fontainebleau, un villaggio divenuto meta per tutti quei  pittori  interessati ai paesaggi e alla vita di campagna. Gli appartenenti a questa scuola, i cosiddetti barbizonniers privilegiavano pitturare a contatto con la natura per dare una rappresentazione della realtà allontanandosi da quel retaggio passato, che vedeva i paesaggi in secondo piano con un’aurea di romanticismo accompagnati dalla realizzazione  di temi biblici, mitologici o storici. Gli artisti della Scuola di Barbizon cominciano a proporre paesaggi realizzati  in una sentita e profonda comunione con la natura, con un atteggiamento che, pur conservando alcune caratteristiche romantiche apre le porte ai futuri sviluppi della pittura sino all’Impressionismo.

“I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”, Ph. Vanessa Bocci
“I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”, Ph. Vanessa Bocci

La pittura di paesaggio contamina anche l’Italia, in special modo tutti quei giovani artisti che vogliono ribellarsi alle norme accademiche e ai codici dell’arte ufficiale. In questo periodo storico prendono sempre più importanza i Caffè, luoghi di ritrovo di artisti e intellettuali, essi sostituiscono le aule dell’accademia sempre meno frequentate. Firenze, città culturalmente attiva ha molti Caffè e tra questi c’è il Caffè Michelangelo, dove si riuniscono  intellettuali e artisti d’avanguardia. Tra i suoi tavoli si riunisce un gruppo di giovani pittori insofferenti al sistema d’insegnamento accademico. Gli incontri al Michelangelo sono l’occasione per discutere, parlare e anche litigare sulle novità provenienti da oltralpe. All’interno del percorso espositivo ci si può imbattere in una parte dedicata completamente alle caricature di personaggi che frequentavano il Caffè Michelangelo, i quali offrono l’opportunità di scoprire una faccia diversa e meno nota della ricerca degli artisti del movimento macchiaiolo. Tra i primi a dedicarsi a questa pratica furono i pittori dell’area partenopea, zona nella quale il paesaggio, nelle sue forme moderatamente realistiche era apprezzato anche a livello accademico tanto da istituire nell’Accademia di Napoli la prima cattedra di paesaggio. La nascita della Scuola di Staggia, a pochi chilometri da Firenze, diventa il simbolo dei pittori di paesaggio, i quali vogliono rappresentare una pittura vera, che  vada a rievocare  una realtà senza filtri. La macchia nasce, dunque, come strumento per ritrarre la realtà, un mezzo per riprodurre gli effetti di luce e i contrasti tonali di un soggetto ritratto dal vero. I Macchiaioli propongono opere che di fronte alla critica e al pubblico appaiono studi preparatori, bozzetti, quadri non finiti.

“I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”, Ph. Vanessa Bocci
“I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”, Ph. Vanessa Bocci

Questi artisti  rappresentano scene di vita quotidiana, il lavoro nei campi, dove il soggetto principale è il paesaggio in ogni sua sfumatura. I Macchiaioli catturano scene di una semplicità estrema andando a rappresentare contadini, giovani ragazze, donne indaffarate nelle loro mansioni quotidiane, oppure animali al pascolo. Opere che ritraggono la semplicità , ma allo stesso tempo mostrano una grande rivoluzione artistica, di pittori che vogliono staccarsi dal passato per creare una nuova identità con lo scopo di dare una rinnovata  chiave di lettura al pubblico. Questi pittori  sono diventati un modello da emulare per una schiera di giovani artisti pronti a tradurre le istanze della macchia in nuovi contesti.

Escher, metamorfosi e paradossi geometrici nella retrospettiva romana a Palazzo Bonaparte

Da oggi 31 ottobre, a 100 anni dalla sua prima visita nella Capitale avvenuta nel 1923, Escher torna a Roma con la più grande e completa mostra a lui mai dedicata, a Palazzo Bonaparte.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma


Olandese inquieto, riservato e indubbiamente geniale, Escher è l’artista che, con le sue incisioni e litografie, ha avuto e continua ad avere la capacità unica di trasportarci in un mondo immaginifico e impossibile, dove si mescolano arte, matematica, scienza, fisica e design.
Artista scoperto in tempi relativamente recenti, Escher ha conquistato milioni di visitatori nel mondo grazie alla sua capacità di parlare ad un pubblico molto vasto. Escher è amato da chi conosce l’arte, ma anche da chi è appassionato di matematica, geometria, scienza, design, grafica. Nelle sue opere confluiscono una grande vastità di temi, e per questo nel panorama della storia dell’arte rappresenta un unicum.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

La mostra di Roma si configura come un evento eccezionale che presenta al pubblico, oltre ai suoi capolavori più celebri, anche numerose opere inedite mai esposte prima.
Un’antologica di circa 300 opere che comprende l’ormai iconica Mano con sfera riflettente (1935), Vincolo d’unione (1956), Metamorfosi II (1939), Giorno e notte(1938), la celebre serie degli Emblemata, e tantissime altre.
Inoltre, a impreziosire il percorso espositivo, anche una ricostruzione dello studio che Escher aveva a Baarn in Olanda che, qui a Roma, espone al suo interno i vari strumenti originali coi quali il Maestro produceva le sue opere e ilcavalletto portatile che lo stesso Escher portò con sé nel suo peregrinare per l’Italia.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

Dopo vari viaggi in Italia iniziati nel 1921 quando visitò la Toscana, l’Umbria e la Liguria, Escher giunse a Roma dove visse per ben dodici anni, dal 1923 al 1935, al civico 122 di via Poerio, nel quartiere di Monteverde vecchio.
Il periodo romano ebbe una forte influenza su tutto il suo lavoro successivo che lo vide prolifico nella produzione di litografie e incisioni soprattutto di paesaggi, scorci, architetture e vedute di quella Roma antica e barocca che lui amava indagare nella sua dimensione più intima, quella notturna, alla luce fioca di una lanterna.
Le notti passate a disegnare, seduto su una sedia pieghevole e con una piccola torcia appesa alla giacca, sono annoverate da Escher tra i ricordi più belli di quel periodo.
In mostra a Palazzo Bonaparte, infatti, sarà presente anche la serie completa dei 12 “notturni romani” prodotta nel 1934 – tra cui “Colonnato di San Pietro”, “San Nicola in Carcere”, “Piccole chiese, Piazza Venezia”, “Santa Francesca Romana”, “Il dioscuro Polluce” – insieme ad altre opere che rappresentano i fasti dell’antica Urbe come Roma (e il Grifone dei Borghese) del 1927, San Michele dei Frisoni, Roma (1932) e Tra San Pietro e la Cappella Sistina (1936).

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

La mostra, col patrocinio della Regione Lazio, del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura e dell’Ambasciata e Consolato Generale del Regno dei Paesi Bassi, è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con la M. C. Escher Foundation e Maurits ed è curata da Federico Giudiceandrea– uno dei più importanti esperti di Escher al mondo – e Mark Veldhuysen, CEO della M.C. Escher Company.
La mostra vede come sponsor Generali Valore Cultura, special partner Ricola,mobility partner Atac e Frecciarossa Treno Ufficiale, media partner la Repubblica e Urban Vision, partner Mercato Centrale Roma e hospitality partner Hotel de Russie e Hotel de la Ville.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma


La mostra Escher rientra nel progetto “L’Arte della solidarietà” realizzato con Komen Italia, charity partner della mostra.
Unire l’arte con la salute, la bellezza con la prevenzione: è questa l’essenza di un progetto che vede il colore rosa della Komen Italia fondersi con i capolavori esposti nelle mostre.
Nel concreto, una parte degli incassi provenienti dalla vendita dei biglietti di ingresso della mostra verrà devoluta da Arthemisia per la realizzazione di specifici progetti di tutela della salute delle donne.
Con questa partnership Komen Italia chiude ottobre, mese della prevenzione, e si prepara al grande evento nazionale per festeggiare il suo 25esimo anno della “Race for the cure” il prossimo maggio 2024. Il catalogo è edito da Skira.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

LA MOSTRA

Prima sezione – Gli inizi

Samuel Jesserun de Mesquita (1868 – 1944) è stato un esponente del movimento Art Nouveau olandese. Fu insegnante di Escher alla Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem e lo incoraggiò a diventare un grafico. I primi lavori di Escher risentono quindi dell’influenza dall’Art Nouveau, corrente caratterizzata da forme sinuose ed eleganti ed ornamenti decorativi ispirati a soggetti naturali. L’artista ha sempre nutrito un profondo interesse per la natura e ha eseguito numerose stampe con raffigurazioni realistiche di fiori e insetti. Dal 1922 al 1935, Escher intraprese molteplici viaggi nel Belpaese, disegnando monumenti, paesaggi, flora e fauna, che al suo ritorno in studio trasformava in opere grafiche. In questi lavori, per lo più caratterizzati da prospettive insolite, una meticolosa osservazione della natura si fonde già con vedute che spaziano verso orizzonti lontani, quasi anticipando i paradossi prospettici e le illusioni ottiche della maturità. In questa sezione sono riprodotte anche le 28 xilografie che compongono il libro XXIV Emblemata dat zijn zinne-beelden, cioè XXIV Emblemi, con massime in versi, una delle tre opere di Escher in qualità di illustratore.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

Seconda sezione – Italia

Dal 1922 al 1935, Escher soggiornò in Italia, trasferendosi stabilmente a Roma dal novembre del 1923. La città eterna rappresenta una parte importante del corpus delle sue opere; oltre a vari monumenti e scorci della città, ci resta una serie di 12 magistrali xilografie, realizzate a partire dagli schizzi abbozzati di notte grazie ad una torcia e un cavalletto da viaggio. Un altro riferimento a quel periodo, si trova per esempio nella celebre opera Mano con sfera riflettente dove viene riprodotto fedelmente il suo studio di via Alessandro Poerio 122. Ogni anno Escher intraprendeva un viaggio attraverso l’Italia e nel Mediterraneo per riprodurne i magnifici paesaggi: Campania, Calabria, Sicilia, Abruzzo ecc., spesso in compagnia dell’amico ed artista svizzero Giuseppe Haas Triverio. A seguito della crescente oppressione del movimento fascista, si trasferì dapprima in Svizzera nel 1935, poi nel 1937 a Uccle in Belgio, e infine nel 1941 a Baarn, nei Paesi Bassi. Quello tra Escher è l’Italia è un legame indissolubile. In Italia visse probabilmente gli anni più felici: qui si sposò, fondò una famiglia e raccolse i primi successi professionali; questo trapela dai suoi diari, dalle fotografie ma soprattutto dalle sue opere. Anche dopo la svolta artistica verso soggetti astratti, nella composizione dell’immagine ritroviamo frequenti rievocazioni del paesaggio italiano.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

Terza sezione – Tassellature

Nel 1936, Escher soggiorna a Granada, in Spagna, dove visita nuovamente l’Alhambra, un complesso palaziale fortificato, costruito fra il secolo XIII e il XIV sul colle che domina la città dagli emiri nasridi, famoso per l’elaborata decorazione degli edifici. Questa visita si rivela essere uno punto di svolta nella sua carriera, le elaborate decorazioni geometriche in stile moresco lo affascino e lo spingono a interessarsi alle tassellature. In geometria, si dicono tassellature i modi di suddividere il piano con una o più figure geometriche ripetute all’infinito senza sovrapposizioni e senza lasciare spazi vuoti. Tali figure geometriche, dette “tasselli”, sono spesso poligoni, regolari o meno, ma possono avere anche lati curvilinei. Sono stati identificati 17 diversi tipi di simmetrie che permettono di suddividere il piano. Di queste simmetrie, Escher costituì un catalogo di 137 acquarelli, numerati e archiviati secondo un suo proprio schema logico, da usare come motivi per eseguire tassellature e metamorfosi. Come vedremo, l’uso delle tassellature diventerà un tratto distintivo della sua arte, in cui fantasia, geometria e soggetti figurativi sono sapientemente combinati. A partire da questo momento, Escher si dedicherà, a parte qualche sporadico caso, alla rappresentazione di scene astratte, di ispirazione geometrico-matematica, paradossali o illusorie.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

Quarta sezione – Metamorfosi

Le tassellature sono alla base dei cicli e delle metamorfosi, il cui tema Escher affronta a partire dal 1937. Per Escher, una metamorfosi, ovvero dal greco una trasformazione, in particolare una trasformazione di un essere o di un oggetto in un altro di natura diversa, prende infatti le mosse dalla modificazione e successiva concatenazione di diverse tassellature (procedimento di divisione regolare del piano). Escher crea così un mondo in cui diverse figure danno vita a vortici di trasformazioni di forme astratte in forme animate e viceversa. La xilografia Metamorfosi II (1939-1940), uno dei suoi capolavori, è un universo circolare in cui un una lucertola può progressivamente diventare la cella di un alveare o un pesce tramutarsi in uccello che a sua volta si trasforma in un cubo e poi in un tetto ecc. A volte nelle metamorfosi interagiscono elementi antitetici ma complementari, come il giorno e la notte o il bene e il male, intrecciando gli opposti all’interno di una stessa composizione. Lo studio delle tassellature e la realizzazione di cicli e metamorfosi (che per altro possono coesistere nella stessa stampa, come in CicloGiorno e NotteRettili o ancora Incontro) inducono in Escher il desiderio della rappresentazione dell’illimitato attraverso la suddivisione infinita del piano. Ci riuscirà formalmente grazie agli spunti forniti dallo studioso di geometria H.S.M. Coxeter, nelle opere Limite del cerchio I-II-II-IV.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

Quinta sezione – Struttura dello spazio

Fin dalle sue prime opere, più ancora che per l’elemento pittorico, Escher dimostra un’attenzione particolare per l’organizzazione dello spazio compositivo. Come abbiamo visto a partire dalla metà degli anni ‘30, Escher si staccherà progressivamente dalla rappresentazione euclidea dello spazio. Il suo crescente interesse per la matematica e la geometria passa attraverso lo studio e il fascino che esercitano su di lui sfere, superfici riflettenti, solidi geometrici o ancora superfici topologiche come il nastro di Möbius, un oggetto percepito come superficie a due facce ma che, ad una più attenta osservazione, ne dimostra una sola. Potremmo parafrasare un suo commento alla litografia Mano con sfera riflettente del 1935, una delle sue opere più celebri, in questo modo: la sfera, riflettendolo, racchiude in sé tutto lo spazio circostante, al cui centro si staglia proprio colui che la guarda; l’uomo è quindi il centro di questo universo. Escher qui non dissimula una certa ironia riguardo all’ego dell’artista, immortalato in una dinamica autoreferenziale. La disamina di questi concetti porterà Escher ad esacerbare il suo gusto per i paradossi, le distorsioni prospettiche e le illusioni ottiche che queste figure permettono.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

Sesta sezione – Paradossi geometrici

Le conoscenze matematiche di Escher erano principalmente visive e intuitive. Le sue architetture e composizioni geometriche si caratterizzavano grazie a distorsioni prospettiche che, a prima vista, si presentavano come perfettamente plausibili ma che, dopo una più attenta ispezione, si rivelavano impossibili. Una svolta importante avviene nel 1954, anno in cui vengono esposte alcune stampe di Escher durante il Congresso Internazionale dei Matematici ad Amsterdam. Da quel momento il suo lavoro viene sempre più apprezzato dalla comunità scientifica e l’artista inizia un dialogo serrato con matematici e cristallografi che si rivela una vasta fonte di ispirazione per la sua ricerca sulle strutture impossibili, le illusioni ottiche e la rappresentazione dell’infinito. Questa sezione analizza come Escher abbia cercato di forzare oltre ogni limite la rappresentazione di situazioni impossibili, all’apparenza coerenti, attraverso una selezione di alcune delle sue opere più famose: Salire e Scendere, Belvedere, Cascata, Galleria di stampe, o ancora Relatività. Questi capolavori riflettono un aspetto essenziale dell’arte del grafico olandese: il suo complesso rapporto con la matematica, la geometria e il tema della riproduzione grafica dell’infinito.

Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma
Escher, mostra Palazzo Bonaparte di Roma

Settima sezione – Lavori su commissione

Come tutti gli artisti che vivono della propria opera, Escher, in qualità di grafico, riceve nel corso degli anni commissioni di vario genere. In questa sezione ritroviamo una carrellata di alcune di queste opere: ex libris (contrassegni da inserire in libri di collezioni o biblioteche private per attestarne la proprietà ed evitarne la perdita o lo scambio con copie identiche), biglietti d’auguri o ancora design per loghi, francobolli, articoli pubblicitari ecc. Per questi lavori, Escher fa un largo e sapiente uso delle tassellature, che non sono solo un suo tratto caratteristico, ma che si prestano per altro perfettamente all’uso: ideali per ottimizzare i tempi del processo creativo attraverso l’uso ripetuto di uno stesso elemento figurativo.

Ottava sezione – Eschermania

Dagli anni ’50 in poi la popolarità di Escher cresce. Grazie anche alle sue connessioni con il mondo scientifico ed accademico, varie riviste cominciano a dedicargli articoli e recensioni. A partire dalla metà degli anni ‘60, inoltre, suo malgrado, una grossa visibilità gli sarà offerta, soprattutto negli Stati Uniti, dal movimento hippy che si approprierà delle sue opere, modificandole e riproducendole su poster e magliette, in chiave psichedelica. Questa ottava ed ultima sezione presenta una serie di opere d’arte ed oggettistica che dimostrano quanto Escher non sia stato solo un artista figlio del suo tempo, ma anche come, fino ai giorni nostri, tramite il suo lavoro avanguardistico e il suo linguaggio attuale, eserciti ancora una forte influenza sul processo creativo di molti artisti, musicisti, pubblicitari e fumettisti, per citare alcuni esempi. Certamente la sua passione per le tassellature nonché la creazione di modi impossibili e paradossali non hanno ancora cessato di essere fonte d‘ispirazione per ulteriori sviluppi e rielaborazioni, nei settori più diversi.

Photo credits Courtesy of Press Office

Roma Jewelry Week, ecco tutti i designer vincitori della terza edizione

Grande successo di pubblico e stampa per la terza edizione della Roma Jewelry Week, la manifestazione ideata e curata dall’ architetto Monica Cecchini, in scena nella Città Eterna con mostre diffuse di arte orafa, conferenze, talk e incontri dai Mercati di Traiano al Museo Napoleonico, dove si è svolta la mostra “Ri-trovamenti. Il gioiello tra Roma e Valenza”, che ha visto in esposizione opere della Neo scuola Romana del gioiello contemporaneo, Le Sibille, e i Maestri Orafi di Valenza, in collaborazione con Mani Intelligenti, Alessia Crivelli e il Comune di Valenza; fino a Palazzo Valentini e Palazzo Braschi. Oltre 5mila i visitatori dell’iniziativa che, promossa dall’associazione Incinque Open Art Monti, quest’anno ha visto la collaborazione organizzativa e logistica del Municipio I – Roma Centro, grazie all’Assessore alla cultura Giulia Silvia Ghia, con la collaborazione di Alessandro Onorato, Assessore Capitolino ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda e della Direzione dei Musei civici della Sovrintendenza capitolina Ilaria Miarelli Mariani. Il tema del 2023 è “Second Life”: in linea con la nuova evoluzione tecnologica. La rassegna si pone come obiettivo quello di approcciare queste tematiche con uno sguardo riflessivo che non fugga dal presente e riesca a dialogare con il futuro. La conferenza “Dalla via della seta a Venezia” di Alessio Boschi, jewelry designer apprezzato in tutto il mondo, si è svolta a Palazzo Venezia grazie alla collaborazione di Edith Gabrielli direttrice del VIVE-Palazzo Venezia, con l’assessorato alla cultura del Municipio I Roma Centro.

Attesissima, dopo Madrid e Sofia, l’esposizione nel prestigioso sito archeologico dei Mercati Traianei con alcune delle creazioni svelate nel corso della mostra “Il prezioso cammino di Dante – La Divina Commedia” nei gioielli di Percossi Papi.

Conferenza di rilievo anche quella sul cammeo italiano, tenuta a Palazzo Valentini da Vincenzo Aucella, Gino Di Luca, con moderatrice Laura Astrologo Porchè. La giornalista è main media partner dell’evento con la pagina @journaldesbijoux, insieme al gruppo Mb media Consulting di Massimo Basile, con le riviste Rinascimento Magazine, Celebre Magazine, Luxury Investment Magazine e Beach-Radio.co.uk.

Hanno accolto l’invito nella suggestiva location, per la cerimonia di consegna del “Premio Incinque Jewels”, vinto da Francesco Ridolfi, Simone Cipolla, Igor Quagliata e l’artista messicana Paula Guzman, La Presidente del Primo Municipio Lorenza Bonaccorsi, la dottoressa Lucia Cianciulli della Sovrintendenza Capitolina, l’attrice Amanda Sandrelli,  il presidente della sezione moda di Unindustria Lazio Stefano Dominella, Barbara Brocchi, coordinatrice del dipartimento di design del gioiello Ied-Roma insieme agli studenti dell’Istituto, Matilde Pavone dell’Accademia Italiana, gli artisti Alessandro Arrigo e Myriam Bottazzi, la blogger e influencer Giorgia Zoppolato, nota come MissGiò, l’orafo e argentiere Claudio Franchi, , i designer Ivan Barbato, Maria Patrizia Marra, Rossella Ugolini, Cristiana Perali, Fontanagioielli. Ospiti d’eccezione Milano Faschion &Jewels che ha premiato Chiara FeniciaAnna Pinzari, Teilor Fine Jewellery con il premio a Lisa Dal Pont e Francesca Pallaoro, Elena Donati Milano, e Luca Daverio della Gioielleria Daverio1933 che ha premiato Angela Gentile.

Brindisi alla galleria “Incinque Open Art Monti”, fra gli ospiti la storica del gioiello Bianca Cappello, la dottoressa Maria Rita Delli Quadri di Roma&Roma S.r.l., il console camerlengo del Nobil Collegio Sant’Eligio Aldo Vitali.

I PREMI E I VINCITORI DELLA RJW 2023

Premio Incinque Jewels:

1° Francesco Ridolfi – Vite parallele

2° Simone Cipolla – Ricordo nel cassetto

3° Igor Quagliata – Void Bracelet

4° Anastasia Mukhortova – Renaissance

5° Elda Maresca – Ghirlanda Poppin

Premio Internazionale:

Paula Guzman – Monsters are flowers

Premio alla carriera:

Ivan Barbato – Passando al futuro

Premio Milano Fashion & Jewels:

WEME Chiara Fenicia e Anna Pinzari – Commistioni

Premio giovani Elena Donati:

Alejandra Aguirre – Pareti palpitante

Premio Rossella Ugolini consulenza al design :

Lisa Dal Pont – Scorretto

Premio MissGiò:

Dettaglidattimi – Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Premio scultura I Daverio:

Angela Gentile – BOOM

Premio giovani talenti Teilor :

1° Lisa Dal Pont – Scorretto

2° Francesca Pallaoro – Twins

Menzione speciale alla tecnologia :

Dong Ik Lim – Topik D-Transprims

Menzione speciale al design:

Valentina Brunetti – Noises

Menzione speciale città di Roma :

Juwon Mun – Evergreen ear cuff

Menzione speciale alla tradizione culturale :

Hani Baayoun – The cercle of life

 

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“Un mare tutto fresco di colore”, le arti figurative del poeta Sandro Penna in mostra alla Galleria Nazionale dell’Umbria

Dopo la grande mostra dedicata al Perugino per celebrare i 500 anni dalla sua scomparsa, Perugia celebra un altro suo concittadino: il poeta Sandro Penna (1906- 1977), una delle voci più sensibili e profonde del Novecento. La Galleria Nazionale dell’Umbria ospita dal 6 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024 la mostra “Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative”, con l’obiettivo di indagare il rapporto del poeta con il mondo dell’arte. L’esposizione, curata da Roberto Deidier, Tomasso Mozzati e Carla Scagliosi, presenta 150 opere di autori quali Pablo Picasso, Jean Cocteau, Filippo De Pisis, Mario Mafai, Tano Festa, Mario Schifano, Franco Angeli e altri. Sandro Penna nasce nella città di Perugia il 12 giugno del 1906 da una famiglia borghese di piccoli commercianti. Inizia a scrivere poesie sul finire degli anni Venti. Nel 1929 si trasferisce definitivamente a Roma entrando in contatto con diversi intellettuali, tra cui Umberto Saba.

Mostra "Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative" alla Galleria nazionale dell'Umbria_Ph. Vanessa Bocci
Mostra “Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative” alla Galleria nazionale dell’Umbria_Ph. Vanessa Bocci

Nel 1939 pubblica il suo libro d’esordio dal titolo “Poesie” vincendo, nel 1955 il Premio Viareggio. La passione per il mondo dell’arte nasce durante i suoi soggiorni marchigiani, ma solo negli anni Quaranta inizia a dedicarsi al mercato dell’arte diventandone un vero intenditore di opere di qualità. Mentre Roma cambia intorno a lui, Penna continua a vivere nella sua casa romana isolandosi dal mondo esterno e vivendo in stretto contatto con il mondo che si è creato, tra opere di artisti famosi e creazioni di nomi nuovi. Proprio il poeta con la sua esistenza anticonformista diventa punto di riferimento per le nuove generazioni.

Mostra "Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative" alla Galleria nazionale dell'Umbria_Ph. Vanessa Bocci
Mostra “Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative” alla Galleria nazionale dell’Umbria_Ph. Vanessa Bocci

Durante gli anni Sessanta Penna si vede riconosciuto un vero e proprio culto da parte dei pittori della Scuola di Piazza del Popolo, come Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli. Oltre a celebrarlo tramite tele e serie fotografiche, questi giovani lo coinvolgono in prima persona in una vivace stagione di contatti e iniziative, di cui resta traccia nelle opere rinvenute all’interno della sua casa dopo la morte, avvenuta  il 21 gennaio del 1977. Le dediche si possono ammirare all’interno della mostra con testimonianze sulle tele, citando l’opera di Angeli si può vedere l’ammirazione e l’affetto  nei confronti del poeta, attraverso una frase che cita: “A Sandro caro”, oppure i cinque grandi disegni realizzati da Festa ispirandosi ai versi del poeta, in cui lo stesso Penna avrebbe tracciato di suo pugno alcune rime. La rassegna offrirà al visitatore l’occasione di ammirare un vasto nucleo di opere provenienti dalla casa del poeta , in via Mole de’ Fiorentini a Roma dove, oltre a intrattenersi con pittori, scultori, galleristi e letterati, Penna svolgeva la sua attività di mercante d’arte.

Mostra "Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative" alla Galleria nazionale dell'Umbria_Ph. Vanessa Bocci
Mostra “Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative” alla Galleria nazionale dell’Umbria_Ph. Vanessa Bocci

All’interno del percorso sono esposti, anche autografi, diari e lettere assieme alle prime edizioni delle opere e ai materiali audiovisivi indispensabili per capire le passioni dello scrittore , attraverso il colto dialogo tra immagine e parola scritta. Proprio questo dialogo ha suggerito alla letteratura critica un parallelo tra le sue poesie e l’arte. In particolare, il critico letterario Cesare Garboli fu il primo a sottolineare quanto Penna solesse trattare le proprie poesie “come fossero dei quadri”, questa affermazione ci fa conoscere l’universo  del poeta caratterizzato da versi e immagini in un connubio indissolubile.

Mostra "Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative" alla Galleria nazionale dell'Umbria_Ph. Vanessa Bocci
Mostra “Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative” alla Galleria nazionale dell’Umbria_Ph. Vanessa Bocci

Sandro Penna ci apre le porte della sua casa invitandoci ad entrare nel suo “io” più intimo per apprezzare le sfumature di una poesia, che non profuma solo d’inchiostro. Lo scopo di questa esposizione  è proprio quello di rappresentare un mondo unico, che vada  ad inglobare sia la letteratura, sia la pittura, in cui  l’osservatore percepisce tutto come opera d’arte senza rendersi conto che si tratti di un foglio pieno di parole o di un quadro.

Con la terza edizione della “Roma Jewelry Week” l’arte del gioiello incanta la Capitale

La Roma Jewelry Week torna nella Capitale, per la sua terza edizione, con un ricco programma di eventi, dal 6 al 15 ottobre 2023. La settimana si amplia per accogliere nuovi progetti. L’evento di respiro internazionale valorizza e diffonde la cultura del gioiello contemporaneo, d’autore, d’artista e delle realtà orafe storiche.

Dato il successo delle edizioni precedenti e la validità di questa iniziativa, promossa dall’associazione Incinque Open Art Monti, quest’anno la RJW vede la collaborazione organizzativa e logistica con il Municipio I – Roma centro, a seguito di una deliberazione municipale; con la collaborazione del VIVE-Vittoriano e Palazzo Venezia, con il patrocinio della Città metropolitana di Roma, dell’Assessorato alle Politiche della Sicurezza, Attività Produttive e alle Pari Opportunità e del Municipio I Roma Centro, e in collaborazione con il Comune di Valenza. Si ringrazia per la collaborazione Alessandro Onorato Assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda di Roma Capitale.

“Visto il successo delle edizioni precedenti, la Settimana del Gioiello di Roma ha conosciuto quest’anno un up-grade che si concretizza nella co-progettazione dell’evento con il Municipio I – Roma Centro attraverso una specifica delibera municipale. Abbiamo aiutato, così, questa manifestazione a costruire una vera e propria rete e un vero e proprio “gioiello district”, grazie alle porte che il Municipio è riuscito ad aprire a livello delle istituzioni culturali, comunali, di Città metropolitana e statali, che sono state coinvolte. L’arte orafa ha origini antichissime, pertanto abbiamo ritenuto corretto anche il coinvolgimento di spazi archeologici, come i Mercati di Traiano, che ospiteranno il Premio Incinque, contest rivolto ad artisti orafi provenienti da tutto il Mondo”. Così afferma l’Assessore alla Cultura del Municipio I – Roma Centro Giulia Silvia Ghia.

Roma ha una tradizione orafa e artigianale preziosa, da difendere e da trasmettere alle nuove generazioni. L’artigianato è l’anima dei nostri rioni e di zone anche meno centrali della Capitale dove il loro talento rappresenta uno scrigno di competenze, storia, lavoro e passione che dovremmo tutti avere molto a cuore. E’ questo lo spirito con cui abbiamo voluto fortemente che in città si svolgesse questo bellissimo evento che va ad arricchire il panorama delle opportunità di visita a Roma sia per romane e romani che per i turisti. Da questo punto di vista stiamo lavorando molto. Confermando e accogliendo in città eventi internazionali, culturali, sociali e sportivi che possano rappresentare una ragione in più per i turisti per visitare la Città Eterna”. Lo afferma Alessandro Onorato assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda di Roma Capitale.

L’evento vede numerose iniziative con adesioni di artisti e designer provenienti da tutto il mondo, che, attraverso la RJW, potranno esporre le loro creazioni.

Protagonisti dell’evento ancora una volta sono i jewelry designer, gli artisti orafi, gli atelier del gioiello, le gallerie, le accademie, le scuole e le associazioni.

Per la terza edizione della RJW, il gioiello contemporaneo continua ad essere promosso come vera e propria opera d’arte portatrice di un proprio racconto. Per il 2023 la Roma Jewelry Week sceglie come tema “Second Life”. In linea con la nuova evoluzione tecnologica che sta spostando l’interesse sempre più verso la realtà virtuale, la RJW si pone come obiettivo quello di approcciare a queste tematiche con uno sguardo riflessivo che non fugga dal presente e riesca a dialogare con il futuro. La riflessione porta anche a pensare di reinterpretare per creare nuovi equilibri anche nel rispetto delle regole della natura. In tal senso il tema Second life può essere inteso come il dare nuova vita ad un oggetto che una vita l’ha già vissuta.

L’intento è quello di offrire un alto contenuto culturale all’evento e recuperare pienamente la consapevolezza del valore delle arti, della creatività e delle tradizioni che possono essere messe a disposizione delle innovazioni e della contemporaneità e viceversa. Valorizzare il grande patrimonio culturale e dunque immateriale.

La manifestazione RJW è ideata dall’architetto Monica Cecchini, direttore del progetto, e organizzata con il
supporto dell’Assessorato alla Cultura del Municipio I – Roma Centro, nella persona dell’Assessore Giulia
Silvia Ghia
, e con la consulenza di Barbara Brocchi, creative manager, illustratrice, scrittrice, designer e
coordinatrice del dipartimento di design del gioiello IED-Roma, di Bianca Cappello, docente, storica e critica
del gioiello, di Claudio Franchi orafo, argentiere, storico e critico d’arte, di Laura Astrologo Porché, jewelry
journalist, caporedattrice della rubrica Watches & Jewels del gruppo editoriale Celebre Magazine World,
redattrice per Robb Report Italia, Rapaport, Orafo Italiano e altri magazine, lecturer e titolare della pagina
instagram @journaldesbijou, di Giorgia Zoppolato, Jewelry Blogger, Psicologa del Marketing, Art Director e
Set Designer per fotografia del Gioiello, @missgio_jewelryblog, e quest’anno anche di Maria Rita Delli
Quadri
, esperta di valorizzazione culturale e Amministratore Unico di Roma&Roma srl, per quanto riguarda i rapporti con le istituzioni, e infine con il contributo dell’artista Emanuele Leonardi.

Nell’ottica di consolidare i rapporti, anche per questa terza edizione, la RJW ha coinvolto molte realtà, protagoniste di un ricco palinsesto e ad oggi vanta la partecipazione continuativa dell’Università e Nobil Collegio degli Orefici, Gioiellieri, Argentieri dell’Alma Città di Roma e del Console Camerlengo dell’Università e Storico di Arte Orafa Aldo Vitali.

Anteprima della Roma Jewelry Week sarà la mostra “Oltre il confine – opere d’arte orafa e pittorica” dell’artista Rocco Epifanio presso la Biblioteca Casanatense, dal 4 al 6 ottobre.

La Roma Jewelry Week apre ufficialmente le sue porte il 6 ottobre con la mostra “Ri-Trovamenti. Il gioiello tra Roma e Valenza”, che vedrà in esposizione le opere della Neo Scuola Romana del gioiello contemporaneo e dei Maestri orafi Valenzani. L’esposizione, ospitata nelle sale del Museo Napoleonico, all’insegna della collaborazione e condivisione, ha l’intento di rinnovare l’incontro tra le arti, anticipando quella che sarà la II° edizione della Valenza Jewelry Week del 2024. La mostra è a cura di Monica Cecchini e di Claudio Franchi.

 

In apertura della RJW anche la collettiva presso la galleria Incinque Open Art Monti. Una mostra che inaugura una nuova stagione dello spazio, che da ottobre si dedicherà al gioiello contemporaneo in maniera permanente. Il format prevede la permanenza di alcuni artisti e designer che saranno definiti residenti, e che esporranno le loro creazioni nel corso dell’anno. I residenti ospiteranno a loro volta, altri artisti in maniera temporanea. In questo modo ci sarà un continuo dialogo tra le arti. Il nuovo progetto prende forma il 6 ottobre dalle 18:30, insieme agli artisti residenti Incinque Jewels, che ospiteranno il gruppo KOK Kollettivo Orafo Kontemporaneo.

Onorati di annunciare, una conferenza “Dalla via della seta a Venezia” di Alessio Boschi, jewelry designer riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo, che si terrà a Palazzo Venezia il 7 ottobre alle ore 18:00, e vedrà la partecipazione di Edith Gabrielli, Direttrice del VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia, e dell’Assessore alla Cultura del Municipio I Roma Centro, Giulia Silvia Ghia, con moderatrice Barbara Brocchi, creative manager, illustratrice, scrittrice, designer e coordinatrice del dipartimento di design del gioiello IED-Roma.

«Il VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia conserva una delle più notevoli raccolte d’arte applicata in Italia. La collezione, che parte dal Medioevo e giunge fino al Novecento, include numerosi e a volte straordinari oggetti di arte orafa. Facendo leva sulla storia, sono perciò lieta di collaborare alla Roma Jewelry Week 2023 organizzata dal I Municipio di Roma Capitale e l’Associazione Incinque Open Art Monti: l’evento permette al pubblico di stabilire un ponte ideale tra il patrimonio del VIVE e la cultura del gioiello contemporaneo» dichiara Edith Gabrielli, direttrice del VIVE– Vittoriano e Palazzo Venezia.

L’ Associazione Gioiello Contemporaneo AGC organizza una mostra nella Galleria Alternatives a cura di Rita Marcangelo e Maria Rosa Franzin, in programma dal 7 ottobre.

Inaugura il 9 ottobre la mostra “La rondine in fiamme” di Paola Gandolfi e Le Sibille presso l’atelier Le Sibille.
Le Sibille da oltre 30 anni sperimentano, come in un laboratorio alchemico, materiali, pietre e metalli,
trasmutando e dando valore artistico alle loro collezioni; gioielli in micromosaico, che diventano oggetti da tavolino o da ammirare come opere architettoniche e comunque in grado di ispirare o sbalordire l’attento occhio di un osservatore che intuisce e vede trasversalmente, catturato in vibrazione da colori e forme artistiche.
Ispirandosi all’artista Paola Gandolfi, con la quale si sono trovate in sinergia per i potenti messaggi che le
accomunano, sono giunte a sperimentare volumi, tecniche e dimensioni nuove, riuscendo a realizzare un
progetto come quello de La Rondine in Fiamme.

Il 10 ottobre tornano i tour di visite guidate nei Rioni di Roma, cuore pulsante della RJW. Alla scoperta della storia e del prestigio della Città Eterna, gli atelier orafi apriranno le loro porte ai visitatori per un racconto immersivo tra creatività, contemporaneità e antiche tecniche che vengono tramandate di generazione in generazione. Novità di quest’anno la collaborazione organizzativa di Open City Roma, nella promozione dei tour RJW 2023 e gestione delle prenotazioni.

Ancora martedì 10 si inaugura il racconto performativo presso il laboratorio Verdastro, un’antica bottega dove i Verdastro continuano, unici a Roma, dal 1919 a svolgere con sapiente perizia la loro attività di “cassai”. Marco Verdastro, progetta e crea modelli originali di orologi, realizzandoli a mano. La performance prende avvio con una lettura di un brano tratto dal libro di Levi, che cita l’orologeria Verdastro.

In calendario il 12 ottobre imperdibile la visita guidata ai Musei Capitolini condotta, eccezionalmente per la RJW, dalla Direttrice dei Musei Civici Ilaria Mariani Miarelli.

Sempre per il 12 ottobre alle ore 17:00 ci sarà la presentazione del libro “Gioielli a Firenze / Jewels in Florence, archivio fratelli Peruzzi 1880-1970” di Bianca Cappello. Durante l’incontro, presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, interverranno: Maria Paola Guidobaldi, Monica Cecchini, Steven Tranquilli, Laura Giannoni Peruzzi e Bianca Cappello.

Attesissima l’esposizione delle opere dell’atelier Percossi Papi, nel prestigioso sito archeologico dei Mercati
di Traiano
con alcuni dei gioielli esposti alla mostra “Il prezioso cammino di Dante – La Divina Commedia nei gioielli di Percossi Papi”. Dopo aver riscosso grande successo a Madrid e a Sofia, i Percossi Papi portano a Roma un’anteprima della mostra in occasione della Roma Jewelry Week.

Torna anche quest’anno il Premio Incinque Jewels indetto dall’Associazione Incinque Open Art Monti, contest giunto alla sua quarta edizione che promuove la cultura del Gioiello Contemporaneo. L’esposizione avrà luogo dal 13 al 15 ottobre presso i Mercati di Traiano, un sito d’eccezione per la sua importanza storica.  Circa 80 artisti provenienti da tutto il mondo esporranno le loro creazioni realizzate e ideate per il tema di quest’anno: Second Life.

Durante il Premio Incinque Jewels si terrà anche una esperienza performativa scoppiettante in collaborazione con elda.about, Dialoghi Tattili- RJW ‘23 Experience. La performance è concepita come un invito al dialogo tattile che coinvolge il pubblico nella manipolazione della materia, attraverso cui si potrà esplorare il concetto di indossabilità di una sensazione.

Tra i premi in palio: premio Teilor per gli studenti, premio internazionale, premio speciale o alla carriera, Premio HOMI FASHION&JEWELS, che assegnerà come premio un’esposizione presso il loro evento, il Premio I DAVERIO, per il gioiello scultura, si impegna a sostenere e promuovere l’eccellenza nell’arte e nella manualità, il Premio MISSGiò e il Premio Elena Donati, per i giovani artisti. Novità sarà anche un premio/consulenza ideato in collaborazione con la designer Rossella Ugolini.

Ai Mercati di Traiano torna la Neo Scuola del gioiello Contemporaneo con una esposizione di opere inedite. Sempre ai Mercati di Traiano in mostra l’artista kazako Nurdos Aliaskarov.

Il 14 ottobre alle 17:00 a Monterotondo, presso la Galleria di Carlo Lucidi verrà presentata “New Stories II”, una straordinaria collezione di microsculture indossabili dell’artista lituana Kamile Staneliene.

Come avvenuto anche per la scorsa edizione durante la settimana si terrà un ciclo di conferenze aventi come tema il gioiello e le sue diverse declinazioni, tenuto da diversi esperti del settore nelle sale di Palazzo Valentini, il 14 ottobre, e Palazzo Braschi, il 15 ottobre. Interverranno, Vincenzo Aucella, Gino di Luca, Laura Astrologo Porché, Nurdos Aliaskarov, Alessia Crivelli, Alessio Boschi, Luca Daverio, Paula Guzman, Wallis Hong e Teilor. Le conferenze verranno realizzate grazie alla collaborazione con la Città Metropolitana di Roma Capitale e della Sovrintendenza Capitolina.

 

Tra le scuole presenti l’Istituto Europeo di Design – IED Roma, che ospiterà un workshop con l’artista kazako Nurdos Aliaskarov e la scuola di formazione artistica di livello universitario per la moda, il design e la fotografia Accademia Italiana. Novità di quest’anno la partecipazione anche di due scuole internazionali: HTF Hard to Find dal Messico e MINOSS Jewelry Academy dalla Corea.

Torna l’esposizione collettiva con la Capsule Second Life, quest’anno ospitata presso le esclusive sale di Palazzo Velli, nel centro di Trastevere, dove si svolgeranno anche performance artistiche. Presso le sale sarà ospitato anche il progetto Design Pal di Thai Puan Creative Hub, la collaborazione nata tra Naresuan University (Tailandia) e l’IED Roma (Italia) mira ad unire l’eleganza e la cultura tailandese con lo stile italiano. È importante sottolineare il grande lavoro che Promperú (Organizzazione per la promozione delle esportazioni e del turismo in Perù) ha svolto a sostegno del Consorzio dei Gioielli di Cajamarca, città delle Ande peruviane. Il Consorzio sarà rappresentato da Llull Joyas alla Rome Jewelry Week con una collezione ispirata agli Huacos della cultura precolombiana Mochica.

Novità di quest’anno il primo contest di Jewelry Illustration lanciato dalla Roma Jewelry Week. Questo
evento speciale e innovativo mira a celebrare la creatività e l’eccellenza dell’illustrazione, offrendo a
partecipanti provenienti da tutto il mondo la possibilità di presentare le proprie opere.
In collaborazione con Winsor & Newton, la RJW fornirà ai vincitori del contest l’opportunità di ottenere un
premio, che consisterà in buoni per una fornitura di materiali.

Tra le associazioni presenti ci sono AGC Associazione Gioiello Contemporaneo che curerà una mostra collettiva di autori orafi del gioiello contemporaneo presso Alternatives Gallery, a cura di Rita Marcangelo e Maria Rosa Franzin, in programma l’7 ottobre; OTP Officine di Talenti Preziosi, che curerà un’esposizione per festeggiare i 10 anni dell’associazione, presso la galleria Plus Arte Puls in viale Mazzini, 1 – Roma, seguiranno esposizioni e conferenze dal 13 al 15 ottobre; AReAM che realizzerà una esposizione collettiva, e il giorno 11 ottobre, una tavola rotonda dal titolo “Gioielli di architettura” – un racconto in memoria di Elviro Di Meo, con interventi di diversi esponenti del mondo dell’architettura come i professori Ruggero Lenci e Franco Purini.

L’evento RJW è realizzato grazie al supporto degli sponsor: Homi Fashion&Jewels exhibition, Teilor, Elena Donati, Daverio1933 sculptors of jewels, Montanelli Restauri S.r.l., M.O.S.T. CND S.R.L. monitoring & structural testings, Winsor & Newton, Residenza Maritti, Q’S Rummeria, Lihos, Casale del Giglio e Homero Studio.

NOMI PARTECIPANTI PREMIO INCINQUE JEWELS:

Laura Agnello Modica, Arte & Bellezza di Dragana Mircetic, Asimi di Anna Butcher, Hani Baayoun, Ivan Barbato, Shirley Blanch, Rossano Caldaroni, Simone Cipolla, Chantal Corso, Damea di Elena De Battisti e Giancarlo De Battisti, Gaia Descovic, Dettagli D’Attimi di Pinella Distefano, Betti Domonyi, Melinna Elizondo, Ellence di Elle Di Muro, Etra di Ilaria Bonomo, Chiara Fenicia, Chiara Fenicia e Anna Pinzari, Roberto Fenzl, Daniela Ferrero, Formedarte di Rosa Maria Venetucci, Isabella Gabbin, Angela Gentile, Patrizia Giachero, Giove sulla Luna di Monica Petrella, Claudia Gobbi, Cristiane Iglesias Arenas, Kamay di Camille Chikli, Les Mascarones di Inga Macaron, Francesca Luciani, Elda Maresca, Maria Patrizia Marra, Gina Melosi, Gianni Misto, Francesca Mo’, Anastasia Mukhortova, Narratrame di Silvia Pichi e Fernando Masone, Ornella Pandolfi, Tania Marta Pezzuolo, Lon Phanna, Maria Gaia Piccini – Pontevecchio Maria Gaia Piccini, Anna Pinzari, Andreia Gabriela Popescu, Igor Quagliata, Macarena Ravioly Cataldo, Luigina Rech, Renata Jewellery Maker di Renata Dragusin, Ines Reynoso, Francesco Ridolfi, Serena Sciarrini, Sognando lo scirocco di Anna Paparella, Simone Vera Bath, Verba Mundus di Anna Fanigina, Metteo Vitali, Marie Therese Wolf, Zefiro di Annette Schreyer, Zilfi di Pati Kakhniashvili.

Ai Mercati di Traiano

La Neo Scuola Romana del Gioiello Contemporaneo e Nurdos Aliaskarov

Le scuole

Accademia Italiana:

Julianne Birdin, Dong Ik Lim, Camila Martinez Parente, Francesca Pallaoro, Negar Sanaei

IED-Roma:

Valentina Brunetti, Emma Calce, Lisa dal Pont, Marta Ferrara

 

MINOSS JEWELRY ACADEMY:

Yuri Choi, Jinwoo Joun, Haekyung Kim, Rihyun Kim, Keun hee Kuag, Harang Kwak, Juwon Mun, Sion Mun, Minyoung oh, Gaun Park, Jinhee Park, Sunju Park, Sunsuk Park

HTF – HARD TO FIND:

Alejandra Aguirre Chávez, Juan Diego Cervantes, Paula Angélica Guzmán Gutiérrez, Elizabeth Guadalupe Hernández Sarmiento, Ana Paula Manjarrez Montaño, Maria Rojas Góme

NOMI ARTISTI CHE ESPONGONO AL MUSEO NAPOLEONICO:

Per la Neo Scuola Romana: Laura Abramo, Riccardo Alfonsi, Franchi Argentieri, Glauco Cambi, Flavia Diamanti, Fontanagioielli, Michele Forlenza, Negri Gioielli, Cristiana Perali, Anna Pinzari, Rose’s Jewellery, Nicola Vitali e le Sibille

Per gli Archivi Orafi di Valenza: Annaratone, Barberis Carlo, Callegher, Ceva gioielli, Crivelli gioielli, Leo Pizzo, Margherita Burgener, Monile Jewels of Italy, Moraglione, G. Verdi& C., For.Al “Vincenzo Melchiorre”.

In mostra sarà presente anche il gioiello La fragilità degli abbracci/Raíz de luz, opera frutto della collaborazione tra l’artista Elizabeth Aro e la ditta Lombardi Srl.

NOMI ATELIER e LOCATION RJW:

Atelier Agau di Sonia Cerquitella, Atelier Anna Retico, Atelier Cristiana Perali arte orafa dal 1907, Atelier Franchi Argentieri, Atelier Giulia Iosco, Atelier Glauco Cambi, Atelier Le Sibille, Atelier Mère Art Femelle- Gioielli Informati Del Mastro, Atelier Negri Gioielli, Atelier Rose’s Jewellery di Rosa Piellucci, Atelier Percossi Papi, Galleria Alternatives, Galleria Incinque Open Art Monti, Galleria Spazio Monti, Museo Napoleonico, Orologeria Verdastro, Palazzo Velli, Studio d’Arte il Micromosaico di Luigina Rech, Studio di Gioielleria Alfonsi, Università e Nobil Collegio degli Orefici dell’Alma Città di Roma.

NOMI ARTISTI CHE ESPONGONO IN COLLETTIVA PRESSO GALLERIA INCINQUE OPEN ART MONTI:

Myriam Bottazzi, Simone Vera Bath, Chiara Fenicia, Emanuele Leonardi, Anna Pinzari e Lorella Verrillo.

 

Nomi K.O.K – Kollettivo orafo Kontemporaneo:

Maria Elena Abbate, Marco Aschi, Angelo Bordino, Enza de Pinto, Stefano De Robert, Adriana del Duca, Simona della Bella, Barbara Ebbli, Stefania Mairano, Paolo Mangano, Raimondo Oliviero, Ebi Rahbarian, Maddalena Rocco, Federico Vianello, Bruno Villani

NOMI OTP:

Aschi Collezioni, Rossella Bernardini Papalia, Gioia Capolei jewelry design, Emanuela Faitelli, Chiara Fenicia, Daniela Ferrero, Francesco Lops, Lorotraledita, Stefania Rainone, Maria Paola Ranfi, Orietta Montanari, Maitai Jewels, Marco Serra, Anastasia Seulli, Silvia Silor, Marina Valli, Vover Jewelry Design, Maria Laura Venturelli

 

NOMI AGC:

Maura Biamonti, Alice Biolo, Natalia Cellini, Corrado De Meo, Stefano Fronza, Mari Ishikawa, Yukiko Kakimoto, Giulia Morellini, Mariangela Murgia e Alberto Catalano, Liana Pattihis, Roberta Pavone, Daniela Repetto, Roberta Consalvo Sances, Yoko Takirai e Pietro Pellitteri, Yiota Vogli, Babette von Dohnanyi

NOMI AReA M:

Elena Bonuglia Bonuel, Lucio Campanelli, Elviro di Meo, Emanuela Faitelli, Brunella Ferrarese, Ruggero Lenci, Tito Livio Negri, Monica Petrella, Valentina Piscitelli, Maria Clelia Scuteri.

In mostra a Trastevere Atque Studio, Hilal Baymis, Gabriella Campanella, Carola Caputo, Betti Domonyi, Lalla’s Maria Laura Luccetti, Jenn Wells Studio

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“In-caute trame”, alla galleria SpazioCima la personale romana dell’artista Federica Zianni

La Galleria SpazioCima di Roma  inaugura oggi una nuova stagione espositiva con la mostra IN-CAUTE TRAME, personale di Federica Zianni, vincitrice sezione Scultura MArteLive 2022. Curata da Roberta Tosi, IN-CAUTE TRAME racconta di “intrecci, reticoli astrali, trame dell’essere attonite e inquiete che si aprono come segni e presenze di segni ancestrali”, appartenenti all’anima o trasformatisi in materia che si piega o combatte. Un reale allegorico, dunque, o estremamente veritiero, ossimorico, è ciò che identifica le opere di Federica Zianni, in cui i contrasti di ombre e luci che caratterizzano il suo interrogarsi trovano anche nei materiali e nei colori, sapientemente scelti, la dualità e il contrasto delle possibili risposte; camere e lacci emostatici, dunque, ma anche legno e bronzo, nero e oro. Un’arte totalizzante, che esige un contatto e una pluridimensionalità creatrice di quel collegamento necessario tra spirito e mondo reale.

In-caute trame, la personale di Federica Zianni

“Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è, infinito”. William Blake

Dove finisce il nero che aggroviglia i pensieri, l’oro liquefatto che arroventa la forma e la solidifica? Intrecci, reticoli astrali, trame dell’essere attonite e inquiete si aprono come segni e presenze di segni ancestrali, quelli che appartengono all’anima e lì restano a tratti inespressi, altri trovano la via coraggiosa della materia che si piega o combatte. Tra le mani di Federica Zianni si muovono, si ergono raffigurazioni ardite suscitate dall’incontro o scontro con la realtà, colta nell’intimo della sua inespressa essenza. In fondo raffigurare significa “mettere in figura”, ovvero rappresentare nell’allegoria, o simbolicamente, il reale da cui non si fugge e non ci sono sconti, né facili risoluzioni. Da questo incontro sempre generativo dove i contrasti diventano singolarità, teatri d’ombre e di luce che si dibattono e gridano la loro lotta con la vita, nascono opere come paradossi, quasi fossero scherzi del destino che interrogano e disturbano se l’esistenza diviene solo un facile attraversamento dei giorni. Ma l’arte, quella vera non appare mai un mansueto attraversamento: «Nessuna opera regge se dentro di sé non ha tutto il pathos e tutta la sofferenza dell’autore. (…).

In-caute trame, la personale di Federica Zianni_credits Courtesy of Press Office
In-caute trame, la personale di Federica Zianni_credits Courtesy of Press Office

Né video art, né body art, né concettuale art, acephal art, squallida art, fecal art. Nessuna comic art o ethnic art. Solo un eterno punto interrogativo inchiodato al cielo.», ha scritto Claudio Parmiggiani. Quel punto interrogativo è anche ciò che scuote la ricerca di Zianni quando la raggiungono le sue improvvise apparizioni, sul finire del giorno. Scende allora l’artista, scende e risale la scala preziosa dell’esistenza, la sua Scales, quasi fosse la scala biblica di Giacobbe, ne cercasse l’accesso o ne togliesse la pelle, di più, le squame. Come fossimo anche noi creature che si dibattono, tra terra e acqua, anche cielo, e forse è così. Quasi cercasse le «immagini spettrali a strati sovrapposti sino all’infinito, avvolte in membrane infinitesimali» di Balzac, sedimentando tessiture di vita e interrogandosi costantemente sulle sue forme, su ciò che è e, soprattutto, non è. Il percorso è lungo, un parto nel tempo accolto quando ancora Federica muoveva i primi passi nell’arte e dunque nella vita, per giungere a materia e sostanze in continuo affanno tra loro, sospinte da forze centripete che stringono, avvolgono, proteggono. Anche la scelta dei materiali, che non è mai un caso, si scopre a tratti duttile, docile, arrendevole come camere d’aria e lacci emostatici, altri potente e salda, come bronzo o legno. L’intreccio di forze contrastanti, l’insaziabile scelta del controcanto cromatico come il nero, nel profondo che tutto trattiene, e l’oro, icona che spalanca e apre, creano un equilibrio che riassume e ritrova l’istinto al viaggio archetipico. Non potrebbe essere che così quando, faccia a faccia, come di fronte a uno specchio che non riflette ma evoca, si chiede: Who are you? Interrogativo che cela tra le pieghe, ciò che non rivela: “Who am I?”. O ancora, il suo I’m looking for the Man, bronzo teso e aggrovigliato dell’anima che non si arrende e si protende come un Diogene con la sua lanterna, a cercare l’Uomo, l’essere umano stesso e la sua verità. Una ricerca inquieta, perché inquieta è la realtà che viene assoggettata ai propri desideri o bisogni ma rimane lì come quella spada, risoluta a cedere e a risvegliare le coscienze. Appesa quasi per errore, pronta al minimo sussulto, Restless of Democles è questo monito a cui fa quasi da eco In case of emergency. C’è sempre un’emergenza che impone la sua evidenza e ci scopre a volte fragili, sulla soglia, nell’oro e nel nero, tra trame d’aria e di respiro. Trame che si scoprono Reticulum, grandi e piccoli, e tornano, tornano sempre. Linee sovrapposte che imbrigliano il pensiero, lo celano al sentire distratto, pieghe oscure che trattengono la luce per non schiuderla a chi non ne è degno. Il movimento diventa costante, l’inseguimento infinito e bussa alle porte dell’Io e al mistero di ciascuno, anche a costo di svuotarne la custodia per accedere a una semente incapace di generare. Cosa resta di un melograno che non produce più frutto, paradigma di una vita in cui si è donato tutto? S’intrecciano fili, si avvolgono reticoli che chiedono, no esigono, il contatto, pelle a pelle, perché l’arte o è in questa totalità o non è. Federica Zianni lo afferma, senza reticenze: nella bidimensionalità si sente soffocare. Così spodesta la mano dalla sua quiete e oltrepassa il vuoto, quello che resta attorno alle opere, lo spazio necessario perché l’arte avvenga, si compia l’incontro e ci sia il lungo succedersi dei momenti, uno dopo l’altro. Laddove il mondo accelera, l’arte sospende, chiede tregua, trattiene lo sguardo per inabissarsi nello spirito e trovarne l’accesso. Se questo avviene, allora ci sarà la possibilità di cambiare rotta, tagliare i cordoni che imbrigliano, le cravatte al collo che imprigionano ma, al contempo, sciolgono i fili incostanti dei giorni e si appuntano al chiodo come memento. E allora, tutto questo non sarà stato invano”, scrive Roberta Tosi nel testo curatoriale.

“LOTTO TBQ”, esperimenti e residenze d’arte al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma

Uno spazio di ricerca per il teatro e la danza con residenze, laboratori e incontri dove la comunità artistica e il tessuto cittadino si incontrano per sperimentare nuove visioni del contemporaneo. Dal 20 settembre prende il via LOTTO TBQ, progetto con cui il Teatro Biblioteca Quarticciolo si prepara alla ripartenza della nuova stagione 2023 | 2024 ricca di proposte; due mesi e mezzo fino al 20 novembre di creatività e formazione che vanno oltre la normale programmazione di spettacoli e attività culturali del cartellone del Teatro Biblioteca Quarticciolo e dei progetti del Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita|Spellbound. Il titolo LOTTO TBQ è suggerito dalla morfologia del Quarticciolo che è costituito da 11 lotti dove ogni lotto è organizzato come luogo autonomo ma in contiguità con tutti gli altri. Idealmente il Teatro Biblioteca Quarticciolo diventa un dodicesimo lotto, il lotto della cultura e della creazione artistica ma anche il luogo della lotta e della resistenza agli stilemi omologanti del produrre le arti performative. E in ultima analisi il termine lotto è inteso come premio per artisti e artiste che abbiamo scelto di sostenere all’insegna della libera creatività.

“Ahmen” del gruppo Cromo Collettivo Artistico
“Ahmen” del gruppo Cromo Collettivo Artistico

Molti gli ospiti che abiteranno il LOTTO TBQ e che, attraverso il dispositivo della residenza, contribuiranno a costruire all’interno del Teatro, fuori dal perimetro del centro storico della città, un luogo in ascolto dei fermenti e dei linguaggi del presente. Come il gruppo di ricerca nel campo teatrale e audiovisivo, Cromo Collettivo Artistico, nato dall’incontro di artisti tutti under 30, che con il progetto Ahmen esplorano l’esperienza emotiva di un giovane immigrato, immerso nella sua routine quotidiana (debutto in forma di studio nella rassegna Anni Luce di Romaeuropa Festival 2023). Oppure Greta Tommesani, che con CA-NI-CI-NI-CA porta la leggerezza del suo sguardo mescolato a una profonda riflessione politica legata allo sfruttamento nel mondo del lavoro, o Giovanni Onorato, che con A.L.D.E non ho mai voluto essere qui coniuga poesia e ironia (entrambi i progetti debutteranno in prima nazionale al REF23). E ancora, Adriana Borriello che proprio a Lotto TBQ prosegue il percorso coreografico di Timelessness Dances focalizzato sulla relazione suono/movimento; Michela Aiello che con il suo omaggio tra danza butoh e marionetta, Prayer for quiet, ripercorre l’incredibile parabola del danzatore Kazuo Ono, che iniziò a danzare a 51 anni e non smise fino alla sua morte a 101; Arkadi Zaides che con The Cloud attenziona la ricerca sul recente tentativo della Russia di invadere l’Ucraina, in cui Chernobyl è stato il primo luogo preso dalle forze russe.

CA-NI-CI-NI-CA di Greta Tommesani  ©Cosimo Trimboli
CA-NI-CI-NI-CA di Greta Tommesani ©Cosimo Trimboli

Durante le sei residenze sono previsti percorsi di condivisione e incursioni informali – al termine  anche un confronto finale – tra gli artisti e gli spettatori e le spettatrici che così partecipano al processo creativo entrando nei meccanismi della drammaturgia scenica. Puntando infatti sull’accessibilità di comunità spesso escluse dall’offerta culturale per questioni economiche, linguistiche, generazionali o legate alla salute, LOTTO TBQ prosegue il cammino già avviato dall’attuale direzione del Teatro Biblioteca Quarticciolo, che ha indirizzato la propria attività anche e soprattutto all’inclusione e alla coesione sociale, e si rivolge a generazioni differenti e con diverse condizioni socio-culturali. Soprattutto non si limita a raccontare un territorio ma anzi proprio da esso si genera, nella convinzione che il ruolo del teatro sia anche questo: mettere al servizio della collettività strumenti di contenuto e sistemi di partecipazione lungo un  percorso nella creazione da fare tutti insieme per generare una circolarità di idee, pensieri, progettualità condivise. Fare teatro per creare comunità.

LOTTO TBQ sarà arricchito anche da diverse attività collaterali e percorsi di visione in collaborazione con la rivista Teatro e Critica, e ospiterà la mostra fotografica di Irene Tomio This is a Male Nipple. Am I Censored Enough? sulla censura del corpo femminile sui social. Sono previsti anche due laboratori teatrali Chi è di scena?, pensati per bambine e bambini del Municipio V di età compresa tra i 6 e i 13 anni da Danilo Turnaturi/ Compagnia TeatroViola.

mostra fotografica This is a Male Nipple. Am I Censored Enough? ©Irene Tomio
mostra fotografica This is a Male Nipple. Am I Censored Enough? ©Irene Tomio

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E, visto che il Teatro nasce in un ex mercato comunale coperto, sarà riproposta l’iniziativa TBQ a KM0 che offre l’opportunità agli abitanti del Quarticciolo, e non solo, di poter ritirare la propria cassetta della frutta. Infine, per lasciare al pubblico del materiale di riflessione e di lettura su tematiche di attualità, sarà distribuito gratuitamente l’editoriale TBQvoices che, sotto il titolo MANIFESTO, raccoglie i manifesti poetici di svariate comunità di interesse e associazioni portatrici di messaggi identitari di attuale rilevanza. Una grande attenzione sarà riservata ai piccolissimi abitanti del Quarticciolo, molti dei quali vittime della dispersione scolastica, a cui la Comunità Educante Quarticciolo cerca di ovviare con il Doposcuola Quarticciolo. Attraverso una chiamata pubblica, sarà organizzata una raccolta di materiali scolastici, da destinare a tutti i bambini del quartiere. Il progetto è realizzato da E.D.A. in Ati con il Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita|Spellbound e il sostegno del Ministero della Cultura – Direzione Generale Spettacolo ed è vincitore dell’Avviso Pubblico Lo spettacolo dal vivo fuori dal Centro – Anno 2023 promosso da Roma Capitale – Dipartimento Attività Culturali.

“Le origini delle buone maniere a tavola”, alla galleria d’arte Casa Vuota di Roma la mostra di Alberto Maggini

Il corpo dell’artista si smembra e si fa cibo, fra seduzione e cosmesi, per apparecchiare un ironico banchetto capace di scardinare la separazione tra natura e cultura, ambientando le trasgressioni rispetto alle regole imposte nel luogo in cui esse sono codificate e tramandate: un appartamento borghese. L’appartamento è Casa Vuota, lo spazio espositivo indipendente in via Maia 12 a Roma, che allestisce dal 21 settembre al 5 novembre 2023 Le origini delle buone maniere a tavola, una personale di Alberto Maggini. La mostra si inaugura giovedì 21 settembre dalle ore 18:30 alle 21 e, dopo l’inaugurazione, è fruibile dai visitatori su appuntamento.

lberto Maggini, Giardiniera, 2023, ceramica smaltata, 45 x 28 x 14 cm
lberto Maggini, Giardiniera, 2023, ceramica smaltata, 45 x 28 x 14 cm

Spiegano Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, ideatori del progetto curatoriale di Casa Vuota: “Costruita su misura con un approccio versatile e multilinguistico, utilizzando la struttura dell’ambiente domestico come traccia per ordinare uno spazio che rievoca i modi propri dell’abitare e le abitudini che si hanno al suo interno, Le origini delle buone maniere a tavola si presenta come una grande installazione che si disloca nei vari ambienti espositivi dell’appartamento e si compone di elementi scultorei in ceramica, di dipinti, di ricami e di un video che documenta una performance. Questi artifici concorrono, tutti insieme, a portare gli spettatori al centro di un sontuoso banchetto cannibale, vegliato da due nasute allegorie arcimboldiane dell’Abbondanza e della Vanità. Alla pienezza della stanza conviviale, si contrappone uno spazio più vuoto e intimo. Qui si viene invitati a spiare nella penombra di una camera da letto, abitata da due enigmatiche figure dotate di elmi e pantofole, intente a loro volta a guardare uno spot pubblicitario sulla cura del corpo, che rende esplicito il discorso su consumismo, capitalismo e merce”.

Alberto Maggini, Tacchino ripieno al forno, 2023, ceramica smaltata, 45 x 31 x 20 cm
Alberto Maggini, Tacchino ripieno al forno, 2023, ceramica smaltata, 45 x 31 x 20 cm

La ricerca artistica di Alberto Maggini riflette la sua formazione in biologia e botanica e il suo interesse per le ecologie queer, per la mitologia e più in generale per la reinterpretazione degli archetipi visivi che definiscono le culture dominanti ed egemoniche del nostro tempo. In questa mostra, nello specifico, l’artista si sofferma sul continuo gioco di rispecchiamento dell’uomo nella natura, sulla sua passione per la classificazione biologica che attribuisce “nomi e cognomi” a piante e animali e sulla separazione tra natura e cultura che giustifica il dominio esercitato dall’uomo sulle altre forme di vita.

Alberto Maggini, Giardiniera, 2023, ceramica smaltata, 45 x 28 x 14 cm
Alberto Maggini, Giardiniera, 2023, ceramica smaltata, 45 x 28 x 14 cm

L’artista parte da una riflessione sull’idea di natura e sui suoi significati culturali. Il principio ordinatore che da essa si fa discendere viene usato, nel mondo occidentale, per separare e distinguere ciò che è considerato innato, selvaggio, spontaneo da quanto è coltivato, civilizzato, artificiale, il crudo dal cotto. Ciò che non è naturale è perciò innaturale, secondo un senso morale che vede l’ordine minato dalla presenza dell’errore, del mostro che trasgredisce i confini delle specie. “Tali aberrazioni di natura – annota Alberto Maggini – sono state meravigliosamente rappresentate nei bestiari medievali, in cui a ogni bestialità veniva associato un traviamento della norma”. Vizi e virtù si ritrovano dunque rispecchiati nelle forme della natura, che diventa una gigantesca camera di risonanza per gli ordini morali che l’uomo crea.

L’esaltazione dell’errore, in chiave queer, ispira nella pratica artistica di Alberto Maggini l’utilizzo del corpo umano come strumento per ridurre la frattura tra natura e cultura: se da una parte infatti, in quanto elemento biologico, esprime la sua naturalezza, dall’altra è un mezzo di espressione della cultura di una società. Rievocando in maniera archetipica fertilità e resurrezione, l’artista prende in prestito i miti sullo smembramento disseminati tra le culture di popoli molto distanti fra loro e smembra il suo stesso corpo per offrirlo allo sguardo di un pubblico antropofago.

Il corpo dell’artista – argomenta – si smembra diventando cibo. Si fa bello per sedurci, come alimento afrodisiaco, ci confonde tra le sue decorazioni e guarnizioni, mascheramenti e trattamenti di bellezza. Attraverso il suo smembramento indago la transitorietà, il cambiamento, la mutevolezza della vita sociale, delle regole che reggono i comportamenti individuali e collettivi, sfidando l’ideologia capitalista patriarcale. Lo smembramento seduttivo che metto in scena asseconda con ironia le regole del capitale, secondo le quali soltanto decorazioni e accessori sono oggetto di una perpetua e superficiale trasformazione”.

Alberto Maggini, Le Virtù - Vanità e Abbondanza, 2023, ceramica smaltata, 48 x 38 x 67 cm (ognuna)
Alberto Maggini, Le Virtù – Vanità e Abbondanza, 2023, ceramica smaltata, 48 x 38 x 67 cm (ognuna)

Scrivono Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo: “Con il suo progetto installativo ipercolorato e saturo di elementi formali, culturali e simbolici, metabolizzati dal ventre-casa nell’itinerario di una fantasmagoria abitabile, Alberto Maggini ci conduce direttamente al cuore delle metamorfosi, dove il già scritto si svela nella possibilità di un errore vivificante, in un cortocircuito tra mito e cibo che fonda il nostro essere mutanti. Per il suo ritorno a Roma dopo una lunga stagione di studio e di ricerca a Londra, Alberto Maggini si confronta con le memorie di una romanità monumentale fatta di marmi, mascheroni e sculture che, incontrandosi con paillettes, resine, acquerelli, ricami e con gli smalti della ceramica lavorata con una minuziosa preziosità, vengono ripensati come cifre di un linguaggio queer, donando leggerezza a quello che sembra inamovibile e immutabile. Il volto dell’artista, le sue dita, il naso, la bocca e persino i glutei vengono riprodotti e, graziosamente, imbanditi come se fossero insalata russa o tacchino, in un’ipotesi di commestibilità non commestibile che, nel titolo della mostra, cita esplicitamente gli studi dell’antropologo Claude Lévi-Strauss. Il corpo è misura dell’esperienza, il cibo è veicolo della trasformazione e la tavola, con il suo affastellarsi di miti, credenze, comportamenti, è il teatro per inscenare le strutture sociali più profonde, gli stereotipi, la nevrosi umana del classificare ed etichettare che si fa pregiudizio, mettendone a nudo l’innaturalezza naturalizzata e la smania cannibale mai si sazia”.

“Nel ricreare l’interno di un appartamento borghese – conclude Alberto Maggini – genero un linguaggio fatto di miti, modi di stare a tavola e ricette per cuocere i cibi. Tali usanze infatti dicono in realtà molto di più: per quanto appaiano casuali, sono il mezzo attraverso cui una società traduce inconsciamente la propria struttura mentale o addirittura rivela, sempre senza saperlo, le proprie contraddizioni”.

About Alberto Maggini

Alberto Maggini (Roma, 1983) ha conseguito una laurea in biologia e un master in botanica ed ecobiologia presso l’Università Sapienza di Roma e un master in arti visuali presso il Chelsea College of Arts di Londra. Tra principali mostre alle quali è stato invitato, si segnalano a Londra nel 2022 A celebration of LGBTQIA+ artists and creative communities alla Tate Late della Tate Modern, They/Them/Their: Naturally Not Binary alla IMT Gallery e Crafting Ourselves all’Ugly Duck and Courtauld Institute of Art, nel 2021 A Lost World al Sotheby’s Institute, Diva’s Boudoiralla Deptford Does Art Gallery, la performance Make Utopia Great Again all’interno di Qw’ere London alla Matchstick Piehouse Gallery e Why do you tear my from myself? alla Cookhouse Gallery e in Austria nel 2018 Animism alla Fortezza di Salisburgo. Ha esposto inoltre in Grecia ad Atene e a Tessalonica e in Italia a Milano e a Roma ed è stato in residenza nei Pesi Bassi, in Belgio e in Portogallo. Nel 2023 è fra gli artisti vincitori del bando Italian Council 12indetto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Photo credits Courtesy of Casa Vuota

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