Tutti gli articoli di Stefania Andolfo

Spazio ai giovani talenti per Re Giorgio a Milano Moda Uomo

Quando i grandi della moda, e per grandi intendiamo quella con la “m” maiuscola, ripongono la propria fiducia negli stilisti di nuova generazione, allora si deve prender carta e penna, segnarsi i loro nomi e tener d’occhio queste nuove promesse. È il caso di Moto Guo, Consistence e Yoshio Kubo, i tre giovani stilisti emergenti sostenuti da Giorgio Armani che presenteranno il 17 gennaio, ultimo giorno di Milano Moda Uomo, le loro collezioni.Del resto il sostegno di Re Giorgio alla giovane creatività della moda non è mai mancato e tuttora continua. Dopo aver ospitato lo scorso giugno all’Armani Teatro di Milano, un nuovo designer per ogni stagione di Milano Moda Uomo e Milano Moda Donna, in vista della prossima settimana della moda maschile, insieme alla Camera Nazionale della Moda Italiana, lo stilista ospiterà in un’unica sfilata e in uno stesso appuntamento queste tre giovani promesse.

Spazio ai giovani talenti per Armani: Moto Guo, Consistence e Yoshio Kubo a Milano Moda Uomo

Moto Guo, Consistence e Yoshio Kubo, provenienti rispettivamente dalla Malesia, Cina/Taiwan e Giappone, proporranno le proprie creazioni sempre all’interno dell’Armani Teatro, in uno spazio dedicato a loro.
Una speranza ben riposta quindi quella di Armani, ma che parte anche da una considerazione di fondo e quanto mai più realistica: “Milano sta vivendo un momento di grande fermento estetico e culturale, del quale la moda è parte attiva. Per questo ho deciso di ampliare e strutturare la mia iniziativa a favore dei designer di maggior talento, per creare una giornata unica e stimolante nel calendario. Mi piaceva l’idea di offrire la possibilità a più brand di presentare il proprio lavoro in quest’occasione, lasciando che siano semplicemente gli abiti a parlare senza avvalersi di particolari allestimenti. Mi auguro che, così come era stato per me, anche per loro sia di buon auspicio”.
La scelta di dare spazio, voce e stimolo ai giovani talenti è anche un modo per favorire il cosiddetto “ricambio” generazionale e di rendere sempre più internazionale il calendario milanese in modo tale da far conoscere quanto più possibile i nuovi designer anche in diverse parti del mondo. Stessa intenzione che ha avuto il presidente Cnmi Carlo Capasa quando ha deciso di organizzare due sfilate in più quest’anno rispetto all’ edizione passata. Fra i nuovi nomi, ci saranno Billionaire, Federico Curradi, Plein Sport. Degli ormai noti brand, torneranno sulle passerelle milanesi Antonio Marras, Ermenegildo Zegna, Frankie Morello, Moschino e N. 21.

Spazio ai giovani talenti per Armani: Moto Guo, Consistence e Yoshio Kubo a Milano Moda Uomo

Forse però, questa possibilità che Giorgio Armani sta dando ai tre nuovi talenti, per alcuni potrà sembrare solo un grande azzardo. In effetti, una così grande visibilità difficilmente si dà a chi è agli esordi e sta appena varcando le soglie del fashion world.

Ma se facciamo un piccolo sforzo con la memoria e torniamo al lontano 1974 quando nella Sala Bianca di Palazzo Pitti un giovane Giorgio Armani si presentò davanti al pubblico delle passerelle, e si fece notare con la sua collezione Tendresse, dallo stile che ricordava quello del Bauhaus, con quel prendisole e chemisier dalle nuances tra il bianco e il blu, ma soprattutto da quella che oggi è diventata la sua firma inconfondibile, ovvero la giacca, il capo maschile rivisitato completamente sulla donna, potremo dire che, magari, ogni tanto azzardare può portare a un risultato unico e irripetibile.

E quindi, perché non ricreare la stessa situazione oggi e dare la stessa possibilità di farsi conoscere? Sarà infatti così per Moto Guo, Consistence e Yoshio Kubo grazie a Giorgio Armani: spazio ai giovani e al talento per future collezioni e nuove tendenze.

Borsalino e il progetto del cappello su misura

Se vi dicessimo Jean-Paul Belmondo, Alain Delon, Al Capone o, ancora, Robert Redford, Piero Tosi e Jean Claude Carrière, qual è la prima cosa che pensereste? Indubbiamente la loro passione per il cinema. Ma ciò che accomuna questi grandi nomi è anche un’altra cosa. Una passione anche questa sicuramente. Ed è quella per il cappello più noto al mondo e più amato nell’industria cinematografica hollywoodiana, sin dagli anni’20.

Borsalino e il progetto del cappello su misura

Stiamo parlando ovviamente di Borsalino, il celebre cappello in feltro. Il suo nome, apparso la prima volta ad Alessandria, la città piemontese in cui è nato il marchio, è dal 1857 simbolo di qualità e eccellenza.
E proprio per queste sue caratteristiche, l’azienda ha deciso di omaggiare la secolare tradizione artigianale, lanciando l’ “Itinerant Made To Measure Experience Trunk”, un progetto itinerante dove si realizzeranno, nei vari punti vendita del marchio, cappelli su misura.

Borsalino e il progetto del cappello su misura

L’obiettivo del progetto è infatti “personalizzare”. Lodenfrey, lo storico department store a sei piani e simbolo di Monaco di Baviera, ha dato inizio al progetto ospitando il servizio su misura della storica manifattura e installando in una delle sue vetrine, una quinta teatrale con davanti, circondati da flash fotografici, i cappelli Borsalino, sospesi in aria.
Il designer Moreno Ferrari, la storia e i segreti artigianali che hanno reso inestimabile il valore di Borsalino, viaggeranno in tutto il mondo. Saranno diverse infatti le tappe internazionali del fashion world che ospiteranno questo progetto.

Borsalino e il progetto del cappello su misura

Il servizio su misura, per chi lo sceglierà, permetterà di personalizzare il proprio cappello in feltro, scegliendone il colore tra le trentatré varianti possibili, la larghezza della tesa (dai trentotto colori disponibili), il nastro, la fodera e il marocchino. Infine, si potrà anche incidervi all’interno le proprie iniziali in lamina d’oro.

Borsalino e il progetto del cappello su misura

Il fine ultimo di questo progetto, oltre a rendere omaggio a Borsalino, un’icona di stile, eleganza e qualità che ha dato un grande contributo alla storia del cappello, in generale, è quello di rendere noto a tutti come il marchio sia anche e, soprattutto, un prodotto interamente completamente Made in Italy, che nasconde dietro un importante lavoro sartoriale e che continuerà ad essere per ancora molto tempo presente nel mondo della moda e dell’accessorio.

Questo perché Borsalino, è molto più di un semplice cappello, è storia.

Al Met di New York, la mostra di Comme des Garçons

Non c’è due senza tre. Se è vero che, nella scena museografica newyorkese, sono rarissime le retrospettive sui grandi della moda ancora in vita, e ad averne “beneficiato” sono stati solo Yves Saint Laurent al Met e la mostra di Giorgio Armani al Guggenheim nel 2000; perché non dare spazio anche a lei, a Rei Kawakubo. Fondatrice e stilista del brand giapponese Comme des Garçons, Kawakubo sarà la protagonista, insieme alle sue creazioni, della mostra dell’anno del Costume Institute al Metropolitan Museum di New York.

Al Met di New York, la mostra dell'anno di Comme des Garçons

La Grande Mela si prepara ad ospitare più che una stilista, un’artista a 360°. La Kawakubo rappresenta una scelta radicale, un’inizio di una nuova era. L’unica forse nel settore capace di esprimere la propria opinione sull’arte, a concepire l’opera come un’entità a sé. Non solo, sin dall’inizio della sua carriera, Kawakubo ha sfidato concetti comuni, come la bellezza, il buon gusto, stravolgendoli poi completamente. Non per nulla, è una delle più importanti e influenti stiliste degli ultimi tempi, specie per la sua capacità di dare massima dinamicità alla moda, in continua evoluzione. «Sfumando la divisione tra arte e moda, Kawakubo ci chiede di immaginare i vestiti diversamente», dichiara Thomas Campbell, direttore del Met. Creazioni, per l’esattezza 120 pezzi scelti tra quelli creati dal 1981 fino ad oggi, che permetteranno a Andrew Bolton, il curatore del Costume Institute, di esplorare e conoscere l’opera della stilista, il suo modo di concepire l’arte e la moda. E per farlo, Bolton avrà a disposizione abiti che sembrano delle sculture.

Al Met di New York, la mostra dell'anno di Comme des Garçons

La rassegna, sponsorizzata da partner importanti come Apple, Condé Nast, Farfetch; H&M e la Maison Valentino, sarà aperta al pubblico dal prossimo 4 maggio fino al 4 settembre. Come abitudine però, sarà preceduta dal gala del 1 maggio con ospiti importanti come Anna Wintour, Katy Perry, Pharrel Williams e tanti altri. Un po’ in antitesi con la filosofia di pensiero del marchio Comme des Garçons che per le loro campagne pubblicitarie non hanno mai optato per celebrità ma sempre per altri soggetti.

Al Met di New York, la mostra dell'anno di Comme des Garçons

Una scelta questa, però, che ha destato non poche critiche. In effetti, aver chiamato per il Met un personaggio come Rei Kawakubo può rappresentare un rischio per l’istituzione stessa del museo che, da sempre, ha portato un grande pubblico grazie alla scelta di nomi importanti come Alexander McQueen (più di 661mila visitatori nel 2001 per “Savage Beauty”) o, ancora, il già citato Yves Saint Laurent, Miuccia Prada o Elsa Schiaparelli. Per non dimenticare la mostra dedicata alla Cina (815mila visitatori), come sottoscrive nelle pagine del New York Times, la fashion director Vanessa Friedman, affermando che «Tenere una mostra del genere in un posto così grande come la Iris and B. Gerald Cantor Exhibition Hall, è un atto notevole».

Al Met di New York, la mostra dell'anno di Comme des Garçons

Del resto non c’è gusto a osare senza rischiare un po’ no?E non tutti, infatti, sono d’accordo sul fatto che portare una stilista 74enne, una figura di culto nel mondo del design e delle avanguardie, un’artista capace di rivoluzionare la passerella per poter esprimere in totale libertà la sua arte, sia un totale azzardo. Sicuramente Andrew Bolton e Thomas Campbell non la pensano così. Non resta che aspettare al 4 maggio 2017 per scoprirlo.

“The tale of Thomas Burberry”, il film che omaggia i 160 anni dell’iconico trench

“The tale of Thomas Burberry”, il film che omaggia i 160 anni dell'iconico trenchCi sono quei capi destinati a non passare mai fuori moda. Sempre attinenti ai tempi e alle tendenze del momento, perfetti anche a distanza di anni. Ne sa qualcosa l’iconico trench coat di Burberry, che di anni dietro alle spalle ne ha un bel po’. Esattamente 160 anni. Un risultato unico ed è per questo che la maison britannica non poteva che celebrarne l’ anniversario omaggiandolo con un film di tre minuti, o poco più, e coinvolgendo tante star. Un film che è stato poi presentato a Londra nel flag store di Regent Street, in occasione dell’inaugurazione della nuova campagna natalizia 2016.
Il cortometraggio, che s’intitola “The tale of Thomas Burberry”, non è altro che un racconto romanzato che ripercorre la storia dell’uomo che nel XIX secolo fondò la nota casa di moda e creò il primo modello di trench. Una creazione da subito vincente e destinata al successo vista la sua praticità data dalla natura stessa del materiale con cui è stato fabbricato, completamente impermeabile e che rappresenta, ancora oggi, la chiave del suo successo, se non la sua essenza.
La regia è di Asif Kapadia, un nome già conosciuto nel mondo del cinema per aver vinto il premio Oscar con il documentario “Amy”. Il cast è invece formato dagli attori Domhnall Gleeson,nel ruolo protagonista e reduce dall’ultimo “Star Wars”; Sienna Miller, che interpreta i panni del primo grande amore di Thomas Burberry; Dominic West, alias sir Ernest Shackleton, l’ avventuroso esploratore che indossò un gabardine firmato Burberry in tre pionieristiche spedizioni antartiche; ed infine Lily James, nelle vesti di una nota aviatrice.

“The tale of Thomas Burberry”, il film che omaggia i 160 anni dell'iconico trench
Un film che omaggia l’iconico trench, la cui genesi viene raccontata tappa per tappa, ma allo stesso tempo celebra la vita e i successi di Thomas Burberry, un uomo che fu prima di tutto un inventore ma anche un geniale innovatore dello stile.
L’idea di festeggiare il trench di Burberry e i suoi 160 anni nasce dall’attuale direttore creativo, Christopher Bailey, che ne riconosciuto la grande importanza storica. Il trench ha, in effetti, caratterizzato diversi momenti importanti della storia, a partire dalle divise delle esplorazioni dell’800 o a quelle dei soldati della Seconda Guerra Mondiale, fino a diventare poi il tratto distintivo dell’affascinante e carismatico Humprey Bogart, nel mondo del cinema. Oggi è, più che mai presente nelle passerelle, sia nella sua versione classica che nei modelli più sportivi.

Un film omaggio che seppur breve e di soli tre minuti circa, ha comunque lanciato «uno sguardo su una vita piena e straordinaria, attraverso i tumultuosi alti e bassi del XX secolo» come spiega Bailey.

“The tale of Thomas Burberry”, il film che omaggia i 160 anni dell'iconico trench

È destino quindi che capi come il trench coat di Burberry, vivano ancora a lungo, magari per altri 160 anni o forse anche di più. Un chiaro esempio di come la moda non mai è fine a se stessa ma fa parte della storia, facendo essa stessa la storia.

Per vedere il film  “The tale of Thomas Burberry”, cliccare qui:

https://www.youtube.com/watch?v=6D5IZtDCS5c

“Nulla dies sine linea”. Antonio Marras in mostra alla Triennale di Milano

Quando l’arte crea un legame unico con la moda, l’avvolge, si nutre di essa, proprio come se fosse la sua linfa vitale. Un connubio forte e che spesso può essere fonte di ispirazione per geni come Antonio Marras. Amante e fruitore dell’arte ma anche creatore di opere. Dipinti, disegni, sculture, installazioni, fotografie, collage e oggetti ritrovati, il tutto, grazie a un costante lavoro di ricerca introspettiva e di rielaborazione, ha dato vita a “Nulla dies sine linea”, una delle esposizioni più attese dello stilista sardo.

La mostra antologica, ospitata dalla Triennale di Milano, dal 22 ottobre fino al 21 gennaio 2017, fa riferimento a Plinio il Vecchio e alla sua frase rivolta al pittore Apelle che: “che non lasciava passar giorno senza tratteggiare col pennello qualche linea”.

 

Il concetto è molto chiaro: il continuo coltivare l’arte, una passione che per Antonio Marras, a partire dal suo passato come direttore creativo di Kenzo fino alla sua indipendenza come designer rivoluzionario, è diventata ormai una filosofia di vita. “È un’esperienza totalizzante, un viaggio in un mondo suggestivo e provocatorio (suggestivo perché provocatorio), a volte assoluto, a tratti spregiudicato”, così descrive la mostra la curatrice, Francesca Alfano Miglietti.

"Nulla dies sine linea" di Antonio Marras, in mostra alla Triennale di Milano

“Nulla dies sine linea” non è altro che uno specchio di quello che è realmente lo spirito di Antonio Marras: uno stilista che prima ancora nasce come artista, un mix di talenti che l’hanno portato a vincere il Premio Francesca Alinovi nel 2009, o ad essere il protagonista di una delle ultime Biennali di Venezia; un genio creativo che utilizza linguaggi diversi, applicandoli ovunque, in nome di un’arte sempre più comunicativa e che affianca la tecnica all’espressività in un rapporto indissolubile.

 

Rapporto che verrà raccontato negli spazi del Triennale Design Museum con la raccolta di opere artistiche di Marras riprodotte negli ultimi vent’anni e legate inevitabilmente alla sua terra di origine, la Sardegna. Ma non solo. Oltre ad altre installazione artistiche da lui pensate appositamente per la mostra, saranno esposte anche le opere delle artiste Carol Rama e Maria Lai con cui spesso ha lavorato.

 

Un universo multilingue e polimorfe quello che si vedrà in questa mostra. Non poteva esser diversamente. Del resto Antonio Marras, da sempre, ha camminato lungo quel confine tra l’arte e la moda, e questa sua personale dimostra come la fusione di questi due linguaggi, così simili tra loro, possa portare alla piena conoscenza del suo mondo poetico, del suo modo di comunicare e di quanto sia importante per lui il suo rapporto, in continua conoscenza, con l’arte.

Prada Journal 2016 -I vincitori del Premio Prada Feltrinelli

Un modo di raccontarsi, ma non come sempre. Diverso, alternativo. La scena si fa digitale e le storie da narrare diventano delle rappresentazioni teatrali in formato digitale. L’innovazione che trasforma il lettore in uno spettatore. Innovazione resa possibile dall’unione di Prada e Luxottica che tornano insieme per la terza edizione del Prada Journal – Premio Prada Feltrinelli.
E i vincitori di quest’anno sono loro: Kei Matsushima, con “Dialogando con un’ombra”, Flávio Vinicius Moreira Costa e il suo “Tenente Marcus”, Billie Phillips e “Non v’è più balsamo in Galaad” insieme a Maria Laura Rodriguez con “L’ora del lupo”.

Prada Journal 2016 -I vincitori del Premio Prada Feltrinelli

Tutti loro, insieme agli altri duemila scrittori da tutto il mondo che hanno partecipato, hanno espresso la loro creatività sul tema di quest’anno: “Luci, ombre e miraggi. Non sempre cose e persone sono come le vediamo.” Lo hanno fatto al meglio, dando vita a rappresentazioni digitali uniche, che si inseriscono all’interno teatro moderno e sede di confronto, e capaci di incarnare lo spirito innovativo che Prada e Luxottica promuovono da ormai tre anni.
Non esiste né lo spazio né il tempo, ogni luogo interagisce con più ambienti diversi, uniti tra loro da legami, elementi, connessioni, il tutto tramite una virtualità unica.

Novità di quest’anno è come la parola scritta si trasforma a pronunciata, detta. E la storia viene filtrata con la scrittura e gli occhiali da vista, subisce un processo editoriale tridimensionale. In effetti, sono proprio gli occhiali da vista della collezione Prada Journal, in collaborazione con Luxottica, a rappresentare il mezzo tramite cui osservare il mondo, la realtà circostante e dare quell’angolazione, quel punto di vista diverso, nuovo, innovativo appunto.

Prada Journal 2016 -I vincitori del Premio Prada Feltrinelli

«Lo sceneggiatore americano Christopher Ciancimino ha trasposto degli estratti dei racconti vincitori in rappresentazioni teatrali per la durata di due minuti. Undici attori hanno portato in scena le storie in due ambientazioni diverse – dentro e fuori dal teatro – per creare otto interpretazioni».
Così facendo lo spettatore si immerge completamente nella rappresentazione teatrale, è in grado di esplorare i luoghi, libero di cambiare posizione e punto di vista premendo la barra spaziatrice o scuotendo il dispositivo mobile che permette, allo stesso tempo per chi volesse, di passare anche da un’interpretazione all’altra.

Prada Journal 2016 -I vincitori del Premio Prada Feltrinelli

E pensare che tutto è nato da un progetto, un ‘idea, nel 2013, quando Prada, insieme a Giangiacomo Feltrinelli Editore e Luxottica, ha lanciato Prada Journal – Premio Prada Feltrinelli, un concorso letterario internazionale dedicato agli scrittori emergenti che attualmente rappresenta uno dei premi letterari più innovativi e avanguardisti nel settore.

Credits Immagini: Prada.com

“Franca: chaos and creation”.A Venezia, il film su Franca Sozzani

Moda e glamour sul tappeto rosso con “Franca: chaos and creation”, il ritratto cinematografico che Francesco Carrozzini ha fatto sulla leggendaria redattrice capo di Vogue, Franca Sozzani, nonché sua madre. Il documentario è stato presentato in occasione della 73esima Mostra del Cinema di Venezia, lo scorso 2 settembre nella sezione del Cinema in Giardino.

Francesco Carrozzini, da fotografo apprezzato per i servizi di moda e per i ritratti a personaggi famosi,  passando per videoclip musicali da lui girati, si è dedicato a questo nuovo e sentito progetto cinematografico sulla madre. È il racconto della vita e della carriera di Franca Sozzani, realizzato da un nuovo punto di vista, quello di un figlio che ha sempre seguito la madre in giro per il mondo nei suoi vari impegni di lavoro sin da quando era piccolo.

L’idea del film documentario è nata anche in seguito alla morte del padre di Carrozzini. Lui stesso ha detto di aver girato il film perché «quando mio padre è morto, mi sono reso conto che mia madre era tutto quello che mi restava. Volendo instaurare una connessione più profonda, ho girato la telecamera su di lei e l’ho usata come mezzo per esplorare il nostro rapporto, in un modo nuovo, e per dare voce alle domande che non avevo mai fatto prima».

Fanca Sozzani e il figlio Francesco Carrozzini (Franca. Chaos and Creation)
Fanca Sozzani e il figlio Francesco Carrozzini
(Franca. Chaos and Creation)

Tutte le scene sono state girate con una 8 millimetri, in bianco e nero, e il leitmotiv sono le interviste fatte da Carrozzini alla madre, dove lei si racconta parlando non solo del suo lavoro, della moda,  del ruolo che ha avuto e continua ad avere in questo mondo, ma anche del rapporto tra lei e il figlio e la sua vita in generale. Le interviste sono spesso state girate in macchina, nei vari spostamenti della Sozzani, in attesa di prendere un aereo o prima di un evento.

Ma “Franca: chaos and creation” è molto più di questo. Ciò che emerge è sicuramente il lato umano di una donna, con un ruolo importante e un’immagine sempre da salvaguardare. Si capisce che spesso non è stato facile per lei essere la Sozzani, quella che tutti conoscono come la donna della moda, dal giudizio imprescindibile, che si distingue per la sua genialità, senso dell’estetica e un coraggio da vendere. Lei stessa conferma che il mondo in cui vive non è semplice e che una figura come la sua ha davvero segnato la moda « Sì, è vero, io ho fatto la storia della moda degli ultimi 25 anni », lo conferma senza false modestie anche perché, del resto, quello è davvero  il suo mondo.

Francesco Carrozzini (Franca. Chaos and Creation)
Francesco Carrozzini
(Franca. Chaos and Creation)

La sua storia personale è un altro dei fili conduttori di questo film: dalla ribellione e fuga dalla sua famiglia di borghesi milanesi per andare a vivere a Londra, alla scelta di intraprendere la strada del giornalismo, fino all’arrivo a Vogue Bambini e poi Vogue Italia, dove sarà lei a cambiare e stravolgere tutto, rischiando a volte il licenziamento per il suo osare e dare la linea della testata che tutti ora riconoscono come quella definitiva.

Da lì, tutto in discesa: l’incontro con i grandi fotografi di moda, l’invenzione delle top model, le copertine che fanno discutere ma che allo stesso tempo accattivano, storie e testimonianze di talento, creatività e innovazione. Un giornale di moda che si rapporta con l’esterno. È questa la formula, il segreto vincente che ha fatto trionfare la Sozzani e che vedremo raccontato in questo film.

Stile e talento immortalato sulla pellicola cinematografica. Questo è “Franca: chaos and creation”.

“Fashion for Theatre: the Masque of Beauty” – Quando la moda si lega al Teatro

Un trionfo di arti, dove l’amore per il teatro si traduce nella moda dando vita a una delle più interessanti rassegne di Viterbo, nell’ambito di “Quartieri d’arte”, in programma dal 4 settembre fino al 7 novembre e che prende il nome di “Fashion for Theatre: The Masque of Beauty”. L’originalità della manifestazione sta nella possibilità, da parte dello spettatore, di potersi portar via un pezzo di scenografia griffata.

L’evento, che celebra i 400 anni dalla morte di Shakespeare, è giunto alla sua XX edizione, in collaborazione con il “Gay Village”. Qui, diversi stilisti e designer sono stati coinvolti con lo scopo di dare vita alle loro creazioni basandosi sulle più famose opere teatrali, interpretandole con il loro tocco “fashion” personale. È stato chiesto a loro di contribuire alle produzioni teatrali in programma nel festival con la creazione di capi e accessori delle loro collezioni, ideate per interagire con le storie, le scenografie e gli artisti presenti.

Fashion for theatre
Fashion for theatre

Da Gianluca Ferracin e Andrea Masato per Edithmarcel, a Ewa Gawkowska & Malgorzata Szczsna per La Métamorphosé, fino a Anton Giulio Grande e Francesco Pimpinicchio per Might, Olga Sholoh, Carlo Alberto Terranova, Robert Vrzala e Alessandro Vulcano, con la straordinaria partecipazione di Giano del Bufalo e dello Chef Stella Michelin Salvatore Tassa.

Tutti hanno partecipato per dare vita a questo progetto, che riporta alla memoria i “masque” elisabettiani, come sostiene Gian Maria Cervo, direttore artistico del festival, dove gli spettatori, alla fine, potevano portarsi a casa un pezzo di scenografia. Lo stesso avverrà con i gadget che verranno dati al pubblico al termine di alcune rappresentazioni inserite all’interno della rassegna.

In effetti lo scopo generale “Fashion for Theatre” è proprio quello di partire dal teatro di una volta e associarlo alla moda, e quindi, di aver unito brand, stilisti e artisti europei agli autori e interpreti del teatro internazionale contemporaneo. Della serie, “quando l’unione fa la forza”. Ed è proprio questa unione che rende “Fashion for Theatre: The Masque of Beauty” una realtà multiculturale che, a livello internazionale, spazia dalla cultura, alla moda, per un evento imperdibile e innovativo.

Fashion for theatre
Fashion for theatre

L’evento è a cura di Giuseppe Giulio, Leila Tavi e Yuliya Galycheva , con la partecipazione della Rinascimentiamo Gallery e della GB EditoriA e la collaborazione di Lorenzo de Witt,Sarah Mataloni e The London Chef Matthew Drummy ed infine con la partecipazione straordinaria del maestro T Kode.

Master of Arts: le sneakers vincono il premio Disney

MOA non è solo l’acrononimo di Master of Arts, il marchio italiano di fashion sneakers più amato dagli “addicted” a questo genere di calzature ma è anche sinonimo di ironia, spensieratezza e creatività. Tutte caratteristiche che gli hanno fatto vincere il premio Disney Best Licensee of the Year 2016, premio con cui The Walt Disney Company premia ogni anno il miglior licenziatario che ha saputo valorizzare al meglio la tradizione Disney in modo innovativo e originale.
Obiettivo raggiunto a pieni voti da MOA Master of Arts che ha primeggiato non solo nella sezione fashion ma anche su tutte le altre categorie merceologiche licenziatarie firmate Disney.

snekaers moa topolino
snekaers moa topolino

La “MOA Master of Arts Disney Capsule Collection” è diventata culto non solo per gli appassionati ma anche per molte celebrities e tutto questo nel giro di una sola stagione. Risultato record per il brand che ha triplicato il suo fatturato in tre stagioni.Non è la prima volta che MOA e Disney si ritrovano a collaborare insieme. Basta pensare alla stagione primavera/estate 2016 quando il brand aveva dedicato la sua capsule collection al topolino più amato dai bambini e non: Mickey Mouse.Il brand nasce a Firenze con l’intento di dare vita a una collezione di sneakers sia per donna e sia per uomo, che nel corso degli anni, riscontrando successo e gradimento, ha avuto distribuzione nei più importanti retail del mondo.

snekaers moa topolino
snekaers moa topolino

MOA tra ispirazione dall’arte figurativa, riproducendo le grafiche e le stampe dei grandi artisti e prestando massima attenzione ai materiali e ai dettagli. È questa la ricetta vincente, e la collezione scorsa ne è un esempio concreto.
L’ispirazione era arrivata, infatti, dal principale esponente e protagonista dell’astrattismo: Mondrian. Con le sue linee orizzontali e verticali e l’uso di colori primari, come il blu, il rosso e il giallo, ha minimizzato la realtà in volumi geometrici. E MOA ne ha fatto una collezione nei modelli running, ballerina e tennis.

snekaers moa topolino
snekaers moa topolino

Ora, la pre-collection autunno/inverno 2016-17, in vendita da pochissimo, ha già ottenuto numeri da record per quanto riguarda i sell-out. Tutto fa pensare che sarà un grande successo questa serie dedicata al grande Walt Disney. Non solo, la collaborazione tra Moa Master of Arts e The Walt Disney Company è stata da poco rinnovata per un altro biennio. Chiaro segnale, questo, di un legame ormai indissolubile.

Da Roma a New York. La moda italiana si lascia ispirare dal food

Quando la moda si veste dei prodotti tipici del Made in Italy, e per prodotti tipici si intende il cibo, la tradizione culinaria e quei sapori nostrani, il risultato finale non può che essere un connubio indissolubile tra moda e “food”. Ed è stata proprio questa unione vincente a svolgere un ruolo da protagonista nella mostra “L’eleganza del cibo” a New York, curata da Bonizza Giordani Aragno e Stefano Dominella, Ceo della maison Gattinoni. Dopo l’esposizione al Museo dei Mercati di Traiano di Roma, i grandi nomi dell’alta moda si sono spostati nella Grande Mela, dal 24 giugno al 4 luglio. Un evento unico dove ben 58 stilisti, da Giorgio Armani a Etro, Valentino, Gucci, Gattinoni,Antonio Grimaldi, Salvatore Ferragamo,Ken Scott, Moschino e Laura Biagiotti insieme ad altri nomi importanti di designer emergenti, hanno creato appositamente degli abiti ispirandosi al tema del food fashion. Per la sezione bijoux, in mostra la creatività del brand FuturoRemoto by Gianni De Benedittis, senza dimenticare i giovani talenti come Tiziano Guardini e Italo Marseglia.

Eleganza del Cibo NY
Eleganza del Cibo NY

Le loro creazioni sono state poi esposte al Chelsea Market, nel cuore di Manhattan. L’esposizione presentata dall’Agenzia Ice in collaborazione con Unindustria, aveva come fine celebrare la creatività del Made in Italy nel panorama internazionale. Chi ha assistito a questa mostra è stato accompagnato in un percorso visivo «ispirato alla contaminazione tra moda e food, tra eco-sostenibilità ed energia».

Giorgio Armani_Ph. Paolo Belletti
Giorgio Armani_Ph. Paolo Belletti
Ken Scott_Ph. Paolo Belletti
Ken Scott_Ph. Paolo Belletti

Da materiali come il bambù con cui Giorgio Armani ha realizzato la sua collezione Privè, si passa alle stampe con le immagini di colorati mercati italiani di frutti di mare e pasta di Etro, un chiaro rimando allo slogan “noi siamo ciò che mangiamo”. Salvatore Ferragamo, invece, ha preferito materiali “poveri”, dal sughero alla canapa, per realizzare le sue inimitabili calzature.

FuturoRemoto Gioielli - Designer Gianni De Benedittis
FuturoRemoto Gioielli – Designer Gianni De Benedittis

Un omaggio quindi alla cultura italiana, alla sua essenza e alla sua energia tramite la moda che si è fatta portavoce di quello che è da sempre stato il grande potenziale del Made in Italy ben apprezzato all’estero. E il tutto, si è svolto con un padrino d’eccezione, tutto italiano anche lui: l’attore Raul Bova.

 

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