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“The tale of Thomas Burberry”, il film che omaggia i 160 anni dell’iconico trench

“The tale of Thomas Burberry”, il film che omaggia i 160 anni dell'iconico trenchCi sono quei capi destinati a non passare mai fuori moda. Sempre attinenti ai tempi e alle tendenze del momento, perfetti anche a distanza di anni. Ne sa qualcosa l’iconico trench coat di Burberry, che di anni dietro alle spalle ne ha un bel po’. Esattamente 160 anni. Un risultato unico ed è per questo che la maison britannica non poteva che celebrarne l’ anniversario omaggiandolo con un film di tre minuti, o poco più, e coinvolgendo tante star. Un film che è stato poi presentato a Londra nel flag store di Regent Street, in occasione dell’inaugurazione della nuova campagna natalizia 2016.
Il cortometraggio, che s’intitola “The tale of Thomas Burberry”, non è altro che un racconto romanzato che ripercorre la storia dell’uomo che nel XIX secolo fondò la nota casa di moda e creò il primo modello di trench. Una creazione da subito vincente e destinata al successo vista la sua praticità data dalla natura stessa del materiale con cui è stato fabbricato, completamente impermeabile e che rappresenta, ancora oggi, la chiave del suo successo, se non la sua essenza.
La regia è di Asif Kapadia, un nome già conosciuto nel mondo del cinema per aver vinto il premio Oscar con il documentario “Amy”. Il cast è invece formato dagli attori Domhnall Gleeson,nel ruolo protagonista e reduce dall’ultimo “Star Wars”; Sienna Miller, che interpreta i panni del primo grande amore di Thomas Burberry; Dominic West, alias sir Ernest Shackleton, l’ avventuroso esploratore che indossò un gabardine firmato Burberry in tre pionieristiche spedizioni antartiche; ed infine Lily James, nelle vesti di una nota aviatrice.

“The tale of Thomas Burberry”, il film che omaggia i 160 anni dell'iconico trench
Un film che omaggia l’iconico trench, la cui genesi viene raccontata tappa per tappa, ma allo stesso tempo celebra la vita e i successi di Thomas Burberry, un uomo che fu prima di tutto un inventore ma anche un geniale innovatore dello stile.
L’idea di festeggiare il trench di Burberry e i suoi 160 anni nasce dall’attuale direttore creativo, Christopher Bailey, che ne riconosciuto la grande importanza storica. Il trench ha, in effetti, caratterizzato diversi momenti importanti della storia, a partire dalle divise delle esplorazioni dell’800 o a quelle dei soldati della Seconda Guerra Mondiale, fino a diventare poi il tratto distintivo dell’affascinante e carismatico Humprey Bogart, nel mondo del cinema. Oggi è, più che mai presente nelle passerelle, sia nella sua versione classica che nei modelli più sportivi.

Un film omaggio che seppur breve e di soli tre minuti circa, ha comunque lanciato «uno sguardo su una vita piena e straordinaria, attraverso i tumultuosi alti e bassi del XX secolo» come spiega Bailey.

“The tale of Thomas Burberry”, il film che omaggia i 160 anni dell'iconico trench

È destino quindi che capi come il trench coat di Burberry, vivano ancora a lungo, magari per altri 160 anni o forse anche di più. Un chiaro esempio di come la moda non mai è fine a se stessa ma fa parte della storia, facendo essa stessa la storia.

Per vedere il film  “The tale of Thomas Burberry”, cliccare qui:

https://www.youtube.com/watch?v=6D5IZtDCS5c

E’ primavera, “sbucciatevi” bambine

SOUNDTRACK: Antonio Vivaldi – Primavera
Con i primi tepori primaverili, avviene una singolare esplosione. Una deflagrazione d’immagini, di corpi, di capelli al vento e di piedi nudi, che si esibiscono trionfanti per gridare al mondo che sì, sono sopravvissuti. La robustezza del feltro non li ha fiaccati, il peso di pellicce non li ha indeboliti, il pizzicore della lana non li ha scalfiti. Ci sono ancora, esistono, decisi a riscattare una lunga assenza.

Eccoli, allora, vivi e fieri, che danno il via alla fiera dell’esibizione. Inizia lentamente questa parata di vanità e parte dalla testa. Chiome fresche di shampoo si lasciano attraversare dalla brezza, risorte grazie a colpi di sole e bagni di colore che hanno seppellito le ricrescite giallo ocra. Banditi i berretti, odiosa premessa di un prurito senza fine, sono liberi, finalmente, piastrati e lucidati, phonati e ondulati.

Il viso è curato. Il pallore è ricordo invernale che odora di naftalina, la stessa che tiene compagnia al resto dei maglioni riposti nell’anta più alta dell’armadio. Una lampada abbronzante ci può stare, una ogni tanto non fa male, giusto un po’ di colore: solo per evitare di scottarsi ai primi raggi ultravioletti. D’improvviso, le agende dei centri estetici cominciano a rimpolparsi di appuntamenti. Scrub al bicarbonato, gommage al miele, peeling al cioccolato. Pulizia del viso, acido glicolico, vaporizzatore con ultrasuoni, aromaterapia. Ceretta a freddo, a caldo, allo zucchero. L’estetista ringrazia, il portafogli supplica, l’aspetto se la ride.

Al collo, un foulards. Con i teschi, con i pois, a righe o a fiori: basta che sia di consistenza leggera e impalpabile. Anche di poliestere va bene, purchè sembri seta 100%.

Si esce la mattina presto? Un trench è perfetto: così versatile, è la foggia ideale contro la frescura delle prime ore. Altrimenti, va bene anche un giubottino di pelle. E se è di ecopelle fa lo stesso, tanto non se ne accorge nessuno o, se qualche impertinente lo chiede, si può citare Stella McCartney e la storia dell’eco friendly, così il successo è assicurato comunque.

Poi, arriva la calura, quella di mezzogiorno, che fa boccheggiare e agitare la mano (smaltatissima, ovvio) davanti alla fronte. Aver preso a modello l’ortaggio più triste tra i vegetali, la cipolla, è una grande risorsa per non trovarsi smarriti in queste circostanze.
Può iniziare, così, la pratica dello “sbucciarsi”.
Il trench è già andato e il foulards lo ha seguito.  Il maglioncino di cotone? Sbottonato, rimboccato, slacciato. Prima poggiato sulle spalle e infine gettato nella borsa. Resta la camicetta: meglio se bianca o nera, così da camuffare gli eventuali antiestetici aloni nei pressi del cavo ascellare. E se si tratta di una maglietta, l’importante è che sia sbracciata. La “mezza manica”, infatti, quella che rimaneva ferma appena sopra al gomito, pare essere diventata demodè, scomparsa dopo la triste dipartita della “mezza stagione”.

Oggi, le estremità degli indumenti o sono lunghi fino alle dita o non esistono proprio. L’ibrido non va più. Anche le gambe devono poter godere del loro momento di gloria: se non ancheggiano sotto microgonne, ammiccano attraverso l’aderenza di fuseaux (pardon, leggins), infallibile panacea dei mali provocati dai chili di troppo, privi come sono di taglie. L’elastico in vita può pure segnare come un cilicio penitenziale, ma “ti stanno”, quindi “stai bene”.

I piedi? Ma sì, tiriamo fuori pure loro, poveretti! Per troppo tempo sono stati stipati in scarponi, stivali e galosce. Dei fanatici open toe se li meritano proprio (il minimo, con tutto quello che è costata la pedicure…..).

Esporre tutto. Subito. Aspettare non ha senso, in fondo fa caldo ed era pure ora. Braccia scolpite, braccia cascanti. Lisce come petali, irsute come piante grasse. Non importa: ciò che conta è che la carne si mostri attraverso la vetrina di una primavera che sembra il banco di una macelleria che offre grande varietà di tagli, dalla fiorentina d.o.c. agli insaccati di maiale.

E in tutto questo guardare, gli occhi lacrimano.
Allergia al polline?
No.
Effetti collaterali della “cipolla”.

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