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Oscar 2016. Kate e Leo, il politically correct e gli abiti da favola

 

Da sinistra: Mark Rylance(miglior attore non protagonista), Brie Larson, Leonardo DiCaprio e Alicia Vikander. Credits: Google.
Da sinistra: Mark Rylance(miglior attore non protagonista), Brie Larson, Leonardo DiCaprio e Alicia Vikander. Credits: Google.

Ancora una volta la notte più attesa dell’anno è stata anche la più discussa, sia per quello che abbiamo visto sul red carpet che all’interno del Dolby Theatre di Los Angeles. Il 28 Febbraio scorso, infatti, tutte le star della Hollywood più glamour hanno gareggiato ancora una volta a colpi di pellicole e strascichi. Da molti verranno ricordati come gli Oscar che hanno (finalmente) visto vincere un Leonardo DiCaprio emozionatissimo, premiato nella categoria degli attori protagonisti, grazie alla sua interpretazione in “Revenant- Redivivo”. Dopo cinque nomination, l’Academy ha pensato che fosse giunto il momento di premiare uno dei migliori attori in circolazione. Tanto che alla ragazza incaricata di porre la targa col suo nome sulla statuetta dorata, DiCaprio ha simpaticamente chiesto: “Fai ogni anno questa cosa? Beh, io non potrei saperlo!”.

Kate Winslet in Ralph Lauren e Leonardo DiCaprio in Giorgio Armani, alla cerimonia degli Oscar. Credits: Google.
Kate Winslet in Ralph Lauren e Leonardo DiCaprio in Giorgio Armani, alla cerimonia degli Oscar. Credits: Google.

Ha fatto commuovere i più romantici l’arrivo di Leo in passerella, in posa di fronte agli obiettivi dei fotografi insieme all’amica/collega di lunga data Kate Winslet che, oltre ad esser stata criticata da alcuni per l’abito nero troppo simile ad una busta della spazzatura, non è riuscita a conquistare la statuetta come miglior attrice non protagonista, categoria nella quale ha invece trionfato la giovanissima attrice di origini svedesi Alicia Vikander per l’intensa interpretazione in “The Danish Girl“. Un abito, il suo, tra i più discussi del red carpet: un esclusivo giallo firmato Louis Vuitton (di cui Alicia è testimonial) che ha diviso il pubblico in perplessi e amanti del look. Molti altri abiti, invece, sono stati apprezzati per l’eleganza e la semplicità. E’ il caso di Rachel McAdams, in gara con “Il caso Spotlight (premio come miglior film dell’anno), splendida con un make-up naturale e un leggerissimo abito color verde smeraldo disegnato dallo stilista semisconosciuto e giovanissimo August Getty (l’unica, visto che di solito gli stilisti da red carpet sono altri). Un punto in più per aver osato!

Rachel McAdams in August Getty. Credits: Google.
Rachel McAdams in August Getty. Credits: Google.
Da sinistra: Alicia Vilkander in custom Louis Vuitton e Olivia Wilde in Valentino Haute Couture. Credits: Google.
Da sinistra: Alicia Vilkander in custom Louis Vuitton e Olivia Wilde in Valentino Haute Couture. Credits: Google.

Cate Blanchett può essere facilmente inserita nella lista di quelle che non sbagliano mai un colpo (ma proprio mai), grazie al suo abito celeste Armani Privé e gioielli Tiffany&Co. Perfetta, come da copione. E poi ancora Charlize Theron in un classicissimo rosso Christian Dior. Olivia Wilde invece, in Valentino Haute Couture, ha giocato benissimo con i contrasti: abito bianco algido ma con la schiena nuda, acconciatura neoromantica e collier sexy.

Da sinistra: Cate Blanchett in Armani Privé, Brie Larson in Gucci e Charlize Theron in Christian Dior. Credits: Google.
Da sinistra: Cate Blanchett in Armani Privé, Brie Larson in Gucci e Charlize Theron in Christian Dior. Credits: Google.

Tra le ultime ad arrivare sul red carpet, si è fatta notare Jennifer Lawrence, diversa dal solito in un trasparente abito nero in pizzo firmato Christian Dior Couture. Stessa scelta di colore anche per il celebre afterparty a casa di Vanity Fair, dove a trionfare sono stati proprio gli abiti neri e, soprattutto, le applicazioni, gli inserti e i dettagli metallici (silver ma soprattutto gold, proprio come le statuette). Trasformando la notte in una delle più sexy dell’anno.

Jennifer Lawrence prima in Christian Dior Couture, poi in Alexander Wang. Credits: Google.
Jennifer Lawrence prima in Christian Dior Couture, poi in Alexander Wang. Credits: Google.
Da sinistra Anne Hathaway, Olivia Munn, Selena Gomez, Alicia Vikander e Kate Hudson al party di Vanity Fair. Credits: Google
Da sinistra Anne Hathaway, Olivia Munn, Selena Gomez, Alicia Vikander e Kate Hudson al party di Vanity Fair. Credits: Google

Una notte di premi in alcuni casi prevedibili, come la vittoria del cartone animato “Inside Out” e quella di Leo (come ormai ci piace chiamarlo), quest’anno favoritissimo. In altri casi sorprendenti, come quello della giovane Brie Larson, che alla prima nomination si è subito accaparrata la celebre statuetta nella categoria delle attrici protagoniste, per la sua splendida e commovente interpretazione in “Room“, fasciata in uno splendido abito blu firmato Gucci e realizzato da Alessandro Michele su misura per l’attrice. In effetti, nonostante non fosse tipico dello stile della maison fiorentina, Michele si è dichiarato orgoglioso di vestire una delle sue favorite in gara.

Brie Larson in Monse al party di Vanity Fair. Credits: Google.
Brie Larson in Monse al party di Vanity Fair. Credits: Google.

E se questi dovevano essere gli Oscar della protesta (a causa dell’assenza di nomination black), sono diventati invece quelli del politically correct. Si è parlato (tra uno sbadiglio e l’altro) della questione razziale, ripercorrendo la storia delle candidature nere e con degli sketch non sempre apprezzati o riusciti da parte di Chris Rock, presentatore dell’evento per la seconda volta. Se dunque, negli ultimi anni, la forza degli Oscar era proprio nelle gag che si frapponevano tra una premiazione e l’altra, stavolta nemmeno queste trovate (la migliore sicuramente quella della vendita di biscotti delle scout girls ai presenti in sala) sono riuscite a portare brio sul palco degli Academy Awards.

Chris Rock e le Scout Girl che hanno raccolto soldi per beneficenza vendendo biscotti in sala. Credits: Google.
Chris Rock e le Scout Girl che hanno raccolto soldi per beneficenza vendendo biscotti in sala. Credits: Google.

A far brillare gli Oscar quest’anno sono state le star: da DiCaprio che al suo primissimo Academy Award parla dell’importanza di una consapevolezza ambientale, a Kate Winslet che lo guarda commossa. Da Alicia Vikander che con il suo abito da favola bacia il principe (Michael Fassbender, non uno qualsiasi) e poi conquista il suo happy ending, fino a Lady Gaga (che si è esibita sul palco a favore delle vittime di abusi sessuali). Dal tenerissimo Ennio Morricone, che ritira un premio importante quanto mai doveroso salutando tutti con un “Buonasera signori”, fino ad Alejandro G. Iñárritu (per la seconda volta di fila regista dell’anno), per poi arrivare ai creatori di “Mad Max-Fury Road, il pluripremiato della serata con ben sei statuette. Per loro, di sicuro sarà stata una delle notti più splendenti.

Finale della cerimonia con i vincitori sul palco. Credits: Google
Finale della cerimonia con i vincitori sul palco. Credits: Google

Golden Globe. Premi, sorprese e look da sogno

Il mondo del cinema è in subbuglio. Parte il conto alla rovescia per la Notte degli Oscar 2016, che si terrà il 28 febbraio. Nel frattempo, attori protagonisti, non protagonisti, registi, sceneggiatori, mogli, mariti, compagni e amici vari si allenano per affrontare la corsa sul Red Carpet e si confrontano già in una prima competizione: quella dei Golden Globe Awards. Nella notte tra il 10 e l’11 gennaio, presso la “modesta” location del Beverly Hilton Hotel di Los Angeles, la Hollywood Foreign Press Association (associazione di giornalisti esperti di cinema e tv) ha assegnato i globi dorati della 73esima edizione dell’evento.

Impossibile non accorgersi dell’espressione di gioia immensa celata dietro una convenzionale sobrietà (sebbene il suo sguardo sembrava dicesse “Dai che quest’anno ce la faccio!”) di Leonardo Di Caprio. Proprio a lui, infatti, è andato il premio come Miglior Attore in un film drammatico, guadagnato grazie alla sua eccellente interpretazione in The Revenant – Il Redivivo, film che ha trionfato ai Golden Globes, accaparrandosi anche il premio per la Miglior Regia di Alejandro González Iñárritu. Dopo questa bella soddisfazione, è arrivata l’attesa nomination agli Oscar. Sarà questa la volta buona in cui la serie di barzellette “Di Caprio e l’Oscar mancato” avrà finalmente fine? Nel frattempo l’attore è protagonista indiscusso dei social, che, a quanto pare, parteggiano solidamente per la sua vittoria.

Leonardo Di Caprio, Migliore Attore Drama
Leonardo Di Caprio, Migliore Attore Drama

Per la categoria Miglior Attore comedy a stringere tra le mani l’ambito globo è stato Mat Damon, per il film The Martian – Sopravvissuto. Su questa scelta della HFPA vi sono state però delle critiche, specie per il fatto contestabile di aver considerato il lungometraggio una commedia. Polemiche a parte, il film di Ridley Scott ha convinto i telespettatori che hanno affollato le sale cinematografiche all’uscita della pellicola. Il Golden Globe come Miglior Attore non protagonista è andato a Sylvester Stallone, che nel film Creed – Nato per combattere torna nei panni di uno dei personaggi che più gli ha dato fama, Rocky Balboa. Stavolta però il ruolo assume una luce tutta nuova e lo vede nei panni di mentore del figlio illegittimo del suo grande rivale, Apollo. Un’interpretazione che convince critica e pubblico.

Sylvester Stallone, Miglior Attore non protagonista
Sylvester Stallone, Miglior Attore non protagonista

Per quanto riguarda il gentil sesso, a trionfare nella categoria Miglior Attrice in un film drammatico è la giovane Brie Larson, protagonista di Room (Lenny Abrahamson), che ruba a sorpresa il Golden Globe (e la scena) all’ormai veterana Cate Blanchett. L’attrice statunitense è quasi una sconosciuta se paragonata alle grandi dive presenti. Tuttavia la sua vittoria non sorprende, data la sublime interpretazione nel film. Che si aggiudicherà anche l’Oscar? Staremo a vedere. Quasi scontato, invece, il premio per la Miglior Attrice in una commedia che è andato dritto dritto nelle mani di una splendida Jennifer Lawrence per il film Joy. Questo è il terzo globo su tre che l’attrice vince grazie a un film del regista David O. Russel. Una collaborazione, quella tra regista e musa, che pare decisamente fruttuosa. La Miglior Attrice non protagonista è invece Kate Winslet, davvero convincente nel film biografico di Danny Boyle su Steve Jobs.

Jennifer Lawrence, Miglior Attrice Comedy
Jennifer Lawrence, Miglior Attrice Comedy

Premi o non premi, i Golden Globe Awards, così come tutte le serate evento di questo tipo (quelle in cui, per intenderci, potreste ritrovarvi come vicino di posto Christian Bale che vi passa la forchetta) sono quasi soprattutto delle vetrine in cui le celebrities, specie le donzelle, amano mostrarsi nelle loro mise più eleganti e preziose. Ed è questa la vera sfida sul tappeto rosso: quella che si combatte a suon di capi griffati e accessori glamour.

Brie Larson, Miglior Attrice Drama
Brie Larson, Miglior Attrice Drama

Carismatico il look total gold di Brie Larson: il suo abito firmato Calvin Klein si abbinava perfettamente al Globo d’Oro vinto. Stessa nuance anche per la sensuale Eva Green e la bellissima Rosie Huntington (la quale ha sfoggiato un vistoso anello sull’anulare sinistro: nozze in arrivo?). Molto graziosa e tra le nostre preferite Alicia Vikander (The Danish Girl) in abito bianco con schiena scoperta firmato Louis Vuitton.

Alicia
Alicia Vikander in Louis Vuitton

Preferisce il cipria Rooney Mara (Carol) in un sontuoso Alexander McQueen che si confondeva con la sua pelle diafana. Particolarissima la collega Cate Blanchett, tutta frange in una mise Givenchy Haute Couture. Christian Dior per la Lawrence, che sceglie un rosso intenso e stavolta riesce a non inciampare a causa del vestito. Fascino da diva retrò è quello ostentato dalla cantante Lady Gaga, meravigliosa nell’abito nero scollato dell’Atelier Versace (probabilmente visto da mezzo mondo dopo l’esilarante video dell’espressione di Leonardo Di Caprio al suo passaggio).

Lady Gaga in Atelier Versace
Lady Gaga in Atelier Versace

Blu elettrico per Kate Winslet, che sceglie un abito di Ralph Lauren. Ma, forse, avrebbe potuto osare un po’ di più. E i Maschietti? Quasi tutti in giacca e cravatta (o papillon) neri che, si sa, sono l’evergreen dell’eleganza maschile. Tutti tranne Ryan Gosling, che opta invece per un tuxedo bianco.

E ora siamo tutti in attesa della Notte degli Oscar. Pronti (speriamo) per applaudire Di Caprio e per rifarci gli occhi con gli outfit delle dive.

 

 

 

No Video No Fashion

In principio fu Prêt-à-Porter (1994), poi venne Il Diavolo veste Prada (2006). 

Oggi, a vent’anni dall’uscita del cult di Altman, ormai in piena era digitale, gli epigoni dei più famosi film sul mondo della moda sono soprattutto cortometraggi di generazione 2.0, video in cui il fashion va oltre il semplice mostrare la sfilata e i back-stage, facendosi arte tra le arti.

diavolo veste prada

Del resto non è un caso se si serve di quella che è  stata definita la settimana arte, il cinema, che “racchiude in sé molte arti” (Akira Kurosawa). La moda, mai come adesso, sembra voler dimostrare di non essere da meno, apparendo eclettica e in grado di appropriarsi dei tratti distintivi degli altri mezzi d’espressione creativa. Quindi gli abiti non solo sono il risultato di rivisitazioni e, per così dire, trasfigurazioni, di modelli e icone derivanti dalle arti figurative, ma sono anche oggetto esaltato nelle sue singolarità grazie ai videomaker. Come ci sono il metateatro e il metacinema, così si fa “metamoda”.

Questo lo ha capito perfettamente un mito del glamour,  Diane Pernet (il suo fashion  blog, ASVOF, è considerato uno tra i tre più influenti al mondo), che attraverso la propria lungimiranza ha fondato ASVOFF: A Shaded View Of Fashion Film, il primo festival internazionale di cortometraggi di moda. Questo concorso, che ha come sede principale il Centro Poumpidou di Parigi, viene esportato anche nelle principali città capitali della moda.

ASOFF

 Infatti in occasione della XXVI edizione AltaRomaAltaModa, che si è svolta dal 25 al 27 gennaio scorso, ASVOFF 6 ha visto trionfare il video di Vincent Gagliostro, “The Colors of myLife”  (clicca qui), seguito da  “Notre Amour” di Franck Glenisson e “State of Flux” di Karine Laval. Significativo il fatto che l’evento si sia svolto nel Tempio di Adriano e che tra i giurati ci fosse l’artista Orlan, pioniera della Body Art fino alle sperimentazioni più estreme sul proprio corpo. Scegliere come location uno dei simboli più antichi dell’arte romana e come giudice una performer del post organic contemporaneo significa dare ulteriore prova di come si possa creare una sinergia affascinante e per nulla anacronistica tra passato presente e futuro di ogni forma d’arte.

Premiare il video di Gagliostro, poi,  significa premiare la semplicità del dettaglio. Come la vita di ognuno è fatta di  particolari indimenticabili che rendono unica l’esistenza, così è la moda, un insieme perfetto derivante da tanti piccoli preziosi dettagli. Tutto studiato, tutto calibrato, ma dall’effetto assolutamente naturale e spontaneo, come il racconto di una normale esistenza, come racconta il suo filmato. 

E sempre in occasione dell’Alta Moda romana e in collaborazione con ASVOFF, il dettaglio lo ha cercato anche Bulgari col contest “Let Bulgari dazzle your senses”, per premiare il miglior video sulle pietre preziose e i gioielli.

BULGARI

 Al di là di ASVOFF Ci sono anche video in cui emerge soprattutto il valore performativo della moda e dei suoi direttori creativi: una via di mezzo tra cinema e videoclip in cui musica, danza, effetti speciali accompagnano gli abiti che, pur essendo i protagonisti, talvolta sembrano quasi passare in secondo piano. Ne sono esempio i video di Gareth Pugh, in cui non c’è una trama vera e propria, bensì un concentrato di alta spettacolarità visiva. Il giovane stilista inglese, ricercato dalle star internazionali, spesso, infatti, si avvale della collaborazione di fotografi e registi come Nick Knight e Ruth Hogben, che hanno più volte registrato video musicali di Lady Gaga (l’eccentrica pop star ha indossato diverse creazioni di Pugh: l’ultima il “mantello paracadute” indossato nel video di “Applause”). A ulteriore dimostrazione di come il connubio moda-arte-spettacolo siano facilmente interscambiabili e sconfinanti l’uno nell’altro senza soluzione di continuità.

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Formichetti e l’avvento della moda 3.0

Provocatorio e fuori dagli schemi come la maison di cui è direttore creativo e come la diva di cui è personal stylist. Il suo nome è Nicola Formichetti e seppur giovanissimo – ha 35 anni – disegna collezioni per Thierry Mugler e cura l’immagine della popstar internazionale Lady Gaga, nonché è fashion editor per Vogue Homme Japan e Uniqlo. Dici niente. Se alla lista si aggiunge il fatto che sta per lanciare una linea tutta sua di abbigliamento, il quadro è completo: un nuovo astro nascente si sta per fare strada nel mondo della moda e promette di stravolgerla per sempre.

Trasgressivo come Thierry Mugler, se non ancora più sfacciato (ha lanciato l’ultima collezione di menswear Brothers of Arcadia tramite un video porno, in cui degli attori – modelli interpretano degli dei greci, ndr), il designer italo-giapponese vuole orientare la sua linea, il cui nome sarà semplicemente Formichetti, verso una dimensione high tech, ovvero digitale e davvero innovativa. La sua idea è quella di dar vita a creazioni che possano modellarsi sul corpo di chi le indossa, grazie all’utilizzo dell’energia solare e di nuovi materiali e che siano dotate di prestazioni extra, come per esempio la possibilità di poter ricaricare il cellulare. Un ulteriore spunto innovativo sarà quello di abolire le stagionalità, all’insegna di una moda passe partout. Nel pieno rispetto del suo credo tecnologico, il lancio della prima collezione, previsto per metà 2013, probabilmente sarà online e non durante la Fashion Week.

Insomma, ancora una volta le idee più rivoluzionarie arrivano da un giovane talento. Che Formichetti sia la nuova frontiera della moda 3.0? Ai posteri l’ardua sentenza.

Lady Gaga & Therry Richardson, istantanee di ordinaria follia

SOUNDTRACK: Lady Gaga – Marry The Night  
Visionario,  dissacratorio, borderline. Semplicemente un genio. Terry Richardson non usa sovra strutture, né artifici, ci sono solo l’obbiettivo di due instant-camera impugnate contemporaneamente, luce e passione.

Istantanee di vita impressionate nella sua reflex, campagne pubblicitarie censurate e star ritratte nelle loro passioni più recondite.

Un destino scritto nel dna, il suo: con una madre stylist di moda e con un padre,  il  famoso fotografo Bob Richardson, la sua vita non poteva andare diversamente. Gusto estremo anche per la musica, vista la sua collaborazione per 5 anni con il gruppo punk-rock The Invisible.

Grazie a Tony Kent, che lo ha accolto nel suo studio come assistente, si è avvicinato alla macchina fotografica. Una carriera folgorante per questo enfant terrible americano.

Dalle campagne pubblicitarie più famose, ai limiti dell’hard, fa discutere quella per Sisley, alle foto di 11 modelle curvy dalla sensualità procace, immortalate sul magazine Vice, dal Calendario Pirelli 2010 che trasuda nudo eros giocoso, alle accuse di molestie sessuali, non ancora confermate, il rocktografo, come lui stesso si definisce, non smette di catalizzare l’attenzione su di sé. Anzi rincara la dose in grande stile.

Questa volta intrappolata nel suo obbiettivo, c’ è finita niente di meno che Lady Gaga, nome de plume di Stefani Joanne Angelina Germanotta, italoamericana, star e fashion icon del panorama pop internazionale.

Da Lollapalooza ai Grammy  Awards 2011, Richardson l’ha seguita, behind-the-scenes, per dieci mesi stando sempre sul pezzo. Vita privata, Monster Ball Tour, curiosità e risvolti scabrosi. Risultato? 100.000 scatti, 450 inediti, a colori e in bianco e nero, foto rubate alla sua quotidianità e ai suoi vizi più pruriginosi. Dagli MTV  Video Music Award allo show parigino di Mugler, chez Maxime, dalle lezioni di yoga in lingerie, alle foto in vasca da bagno vestita, Richardson ha catturato l’anima di Lady Gaga come non l’avete mai vista.

Ci ha  abituato all’incredibile Miss Germanotta con le sue performance teatrali, i suoi look all’eccesso, risultato di una liaison artistica con  Nicola Formichetti, stylist e direttore creativo di Mugler.

Metamorfosi, installazioni avveniristiche e  zoomorfiche. L’arte che supera l’arte e la porta ad un livello superiore, futuristico. Il sodalizio con Richardson risale a “The nude truecover di Vogue Giappone in cui Lady Gaga indossa un vestito di carne realizzato da Formichetti e impressionato dal rocktografo. Arte allo stato puro, centro nevralgico dei suoi scatti, moderna, contemporanea, purché trasportata nel presente.

Genio maschile e follia femminile reificati in 350 immagini. Gli ormoni impazziscono, gli atomi si elettrizzano e BAM si genera un’ esplosione nucleare.

Lady Gaga X Terry Richardson: un libro che brucia nelle fiamme della perversione.

H&M in love with Versace

Tubino di pelle nero, geometrismi di borchie dorate, glamour e rock ‘n’ roll. Donatella Versace chiude la propria sfilata a Milano Moda Uomo indossando un abito della nuova capsule collection “Versace per H&M”

Dopo Karl Lagerfeld, Roberto Cavalli, Stella McCartney, Jimmy Choo e Lanvin, anche la designer italiana cede alle tentazioni del fast fashion.
Disponibile in 300 negozi a partire dal 17 novembre, la collezione sarà composta da 20 vestiti uomo e 40 donna, accessori ed arredamento che ripercorreranno la storia artistica della maison, dando molto spazio alle creazioni di Gianni Versace.
A differenza dei predecessori, Donatella Versace creerà per la prima volta una pre-collezione primaverile disponibile online dal 19 gennaio 2012

“Versace è uno dei marchi più importanti degli ultimi tempi – ha affermato Margareta Van den Bosch, Creative Advisor di H&M- “ La collezione per H&M sarà glamour e teatrale e rispecchierà perfettamente il brand. Donatella Versace condividerà con H&M una serie di creazioni uniche, tratte dagli archivi della maison. Si tratta di una collezione celebrativa, perfetta per i party”.

Passato e futuro. Questo sembra essere il nuovo concept della maison italiana. Nuovo pubblico, nuove strategie di marketing, ma una linea creativa sempre più vicina alle origini e alla tradizione.
Lady Gaga, H&M…chi sarà il prossimo?



Versace: Italian Gay Dream of Lady Gaga

Abito monospalla, jersey nero, gonna-mantello ottocentesca con pannelli stampati in bianco e nero. Lady Gaga realizza all’Europride di Roma il desiderio di vestire Gianni Versace. Da Lady Diana ad Elton John, da Madonna a George Michael, il sogno americano degli anni ’90 ha vestito tutte le grandi stelle diventando un’icona tra gli stilisti.
Attraverso le doppie spalline a vista ornate di Swarovski ed i giochi di volume, Lady Gaga e Donatella Versace hanno affiancato la lotta del popolo LGBT a quella di Gianni Versace, sempre in prima linea per difendere la propria sessualità e quella degli altri.
La scelta stilistica sembra dare un valore aggiunto alle parole pronunciate dalla cantante: Versace è lo stilista del tutto è possibile, delle lotte al perbenismo, della rivoluzione basata sull’amore, la stessa invocata da Miss Germanotta.

Aromatica Madeleine Gaga, capace di trasportare il milione di presenti al Circo Massimo nel 1997, hanno dell’ultima collezione dello stilista.
L’abito scelto dalla popstar appartiene, infatti, alla collezione AI 97-98 di Versace Atelier, collezione barocca e sensuale caratterizzata da scollature imbottite, spalline a vista e contrasti cromatici.

Nessuna polemica, nessun eccesso, Lady Gaga rende memorabile la propria perfomance scegliendo una linea acustica, piano e voce, quasi a voler ricordare che il pride non è soltanto divertimento.

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