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Eugenio Finardi | La vera eleganza è alta ingegneria

Blues, rock e fado. Eugenio Finardi, classe 1952, arriva al succeso con l’album “Sugo” del ’77 edito dalla Cramps di Gianni Sassi.
“La radio”, “Musica ribelle” e “Extraterrestre” sono solo alcuni dei suoi grandi successi nei quali si nota una continua ricerca, sonora e linguistica. Caratteristica di Eugenio Finardi sarà infatti la contaminazione dei generi unita a tematiche impegnate attraverso un linguaggio comprensibile ai più.
Esibitosi due volte alla Scala di Milano, autore del libro autobiografico “Spostare l’orizzonte – come sopravvivere a 40 anni di Rock”, il 2011 rappresenta per lui il ritorno al rock delle origine attraverso l’Electric Tour, progetto che ripercorre i suoi grandi successi.

Bjork e Martin Margiela, Skin e Gianfranco Ferrè, Malcolm McLaren e  Vivienne Westwood. Musica e moda sono spesso in relazione tra loro. Come spiega questa rapporto?
Musica e moda sono fenomeni della cultura popolare, così come il cinema che è stato sempre legato a filo stretto con la moda. Moda e musica sono in relazione almeno dagli anni ’80, periodo in cui c’erano i nuovi stilisti che vestivano grandi artisti come Jimmy Hendrix. L’immagine è sempre stata una cosa importante. Quando ero più giovane e avevo la taglia dei modelli alcuni stilisti mi fornivano gli abiti delle collezioni. Era divertente avere questi giocattoli.
Ho molta ammirazione per persone come Peter Gabriel, Lady Gaga e Madonna che riescono ad influenzare la moda.

Leggevo su una rivista che da piccolo ha subito un’esclusione  spaventosa: sua madre la vestiva con le tutine a righe all’epoca in cui andavano i calzoni corti, per cui la chiamavano “il benzinaio”. Cosa pensa del detto “l’abito non fa il monaco”?
In Italia l’abito fa molto il monaco. Credo, purtroppo, che se tu andassi in banca a Milano, vestito bene e con la modella  giusta, ti farebbero fare tutto.
In Italia si sta pubblicizzando una cultura molto corporale, quella della sensualità. Questo si è visto anche nella moda. Da milanese ti posso dire che preferisco la sensualità di Kenzo ed Armani, ma non quella di Cavalli, sebbene vesta tante dive del rock. Trovo che la vera moda, la vera eleganza sia alta ingegneria, un po’ come avveniva con Gianfranco Ferrè.

Teatro Valle Occupato, tagli alle scuole pubbliche, divieto di cultura. Cosa ne pensa del panorama culturale ed artistico italiano?
Viviamo in un momento di lotta culturale. L’Italia è un paese in cui un personaggio come Gramsci ha teorizzato la cultura come terreno di lotta, come strumento per affrancarsi dal servilismo, dall’ignoranza e dalla povertà. Questo ha portato molta gente ad avere cultura e consapevolezza.
In questo momento economico questa gente non è utile al sistema imperante. La cultura spaventa.
Questo primo ministro è ostile ad un certo tipo di cultura che lui considera legata alla sinistra. Per i primi dieci anni del suo governo ad ogni prima della Scala è andato a vedere Teo Teocoli al teatro Manzoni, per altro suo. Faceva ben capire cosa significasse per lui quel mondo. Lo hanno fatto capire tutti, dal ministro Bondi alla Gelmini. L’ex ministro dell’istruzione Letizia Moratti aveva affermato che la musica non è formativa. La cultura è una cosa pericolosa che fa pensare e capire. Fa pensare ad altre cose che non siano il consumo, il calcio e la gnocca. E’ sovversiva per definizione.
Credo che ci sia in atto sin dagli ’80 una guerra ad un certo tipo di cultura per pubblicizzare la cultura della sensualità.

Ultimamente ha affrontato un progetto su Vladimir Vysotsky, poeta russo costretto ad imbracciare la chitarra per poter far passare le sue parole di orecchio in orecchio, aggirando così la censura. Pensando alla censura in Italia mi vengono in mente Francesco Guccini e Fabrizio De Andrè. Pensa che in Italia ci sia ancora la censura, implicita o esplicita?
Il mio primo album è stato quasi totalmente censurato. La censura moderna, da quando esiste il marketing, è semplicemente non darti spazio di marketing, la non pubblicità: basta non parlare di te ai telegiornali, non farti passare in televisione.
Quest’anno e l’anno scorso ho fatto la Scala, ho fatto teatro, un libro, tante cose. Il fatto di non averne parlato molto in televisione fa si che le persone non conoscano queste cose. La cultura non è quello che si fa, ma il fatto di farla passare il televisione.

Come si sopravvive a 40 anni di rock?
Facendo musica e mettendo la musica al centro di tutto cercando di raggiungere un’eccellenza qualitativa.

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