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Europeana Fashion, il primo archivio digitale della moda

Con “Europeana Fashion”, iniziativa partita nel Marzo dello scorso anno e pronta a debuttare sul web il prossimo 2 Maggio, anche la moda oggi dispone di un vero archivio ufficiale. E in chiave rigorosamente digitale.

In fase iniziale il progetto renderà accessibili online “solo” 100.000 oggetti multimediali legati al mondo del glamour, ma poi nel giro di 2 anni Europeana espanderà il suo raggio d’azione e i suoi elementi saranno destinati a moltiplicarsi diventando, entro Marzo 2015, ben 700.000: abiti storici, accessori, archivi fotografici, manifesti, disegni, bozzetti, files audiovisivi e inediti cataloghi di moda.

logo Europeana

 

 

 

Vere chicche imperdibili per tutti gli studiosi ed appassionati del settore, per i quali sarà dunque possibile consultare gratuitamente la prima grande “biblioteca virtuale” multilingue della moda europea: griffes, musei, eventi, iniziative speciali e “addetti ai lavori” che ogni giorno contribuiscono a scrivere una nuova pagina della storia dello stile made in Europe.

fashion Studies

 

 

 

L’iniziativa “Europeana Fashion”, dalla durata triennale, è cofinanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del programma ICT Policy Support coordinato dalla Fondazione Rinascimento Digitale.

 

Ed è una sorta di grande rete che coinvolge ben 23 rinomati partners, costituiti per la maggior parte da musei pubblici e privati, archivi storici e collezioni esclusive appartenenti ai 12 Paesi che partecipano al progetto.

 

Tra i musei coinvolti figurano anche il celebre “Victoria&Albert Museum” di Londra, il “Les Arts Decoratifs” in Francia e il “Museo del Traje” in Spagna, mentre l’Italia è invece rappresentata da “Pitti Immagine”, dal gruppo calzaturiero “Rossimoda” e dagli Archivi privati delle Maisons Missoni, Emilio Pucci ed infine dal neonato Museo Ferragamo di Firenze.

victoria&albert museum

 

 

 

Perchè la moda è una voce fondamentale del patrimonio culturale europeo, essendo il suo valore creativo sempre più riconosciuto ed affermato anche in relazione a diverse altre discipline come le arti figurative, la letteratura, la sociologia e le scienze della comunicazione.

 

Basti pensare che già dall’inizio del XX secolo alcune delle più importanti istituzioni culturali pubbliche e private, assieme ad alcuni musei pubblici e privati, danno vita ad un lavoro di raccoglimento e classificazione di costumi, indumenti, accessori di moda, cataloghi ed altri documenti e materiali attinenti al settore moda.

 

Un lavoro certosino che si è tradotto in un numero crescente di collezioni uniche che Europeana oggi riunirà online in esclusiva per tutti gli amanti dello stile.

 

Per condividere con tutti noi una risorsa culturale unica e meravigliosa: la moda, “specchio dei tempi” ed organismo in continua espansione.

stilista

 

 

 

 

 

L’ignoranza è sulla punta della lingua…italiana

Indugia la lingua italiana, avvilita e depressa.
Chiusa nei confini di uno spazio astratto chiamato “patria”, medita sul quel soffio di vita che ancora le resta.
Questa “vecchia Signora”, abbandonata da “figli” in affido a “tata Europa”, non esce più: l’aria inquinata dai gas di termini stranieri è deleteria per il suo apparato respiratorio e le frequenti piogge di castronerie grammaticali indeboliscono il corpo, ormai tanto gracile.
Tace, allora. Forse, ormai, non sente nemmeno più.
È passato il tempo in cui, fasciata in un abito di frasari eleganti, si mostrava con un copricapo di costrutti chiari e coerenti, fonte di plauso per i dialetti del volgo, che ammiravano quel suo filo di perle di saggezza intorno al collo. Una robusta stola di analisi logica, poi, velava sempre le sue spalle, dritte come spade nella roccia di regole inflessibili, e le altre lingue adoravano la musicalità dei suoi suoni e ne invidiavano l’estro, tanto era spontaneo e intrigante.
Ma è arrivato il momento in cui “l’Europa chiede” e la “sventurata risponde” e, siccome da esportare c’è ben poco, s’introducono termini esotici, che sanno tanto di “progresso”.

Adesso, quindi, non va più bene niente, oggi «è tutto ok». I fine settimana sono «week end tra un happy hour e una disco», «il relax del break è un’oretta di fitness», mentre una persona autorevole è “very important”. «Si paga cash, mica in contanti», e «se non cambi look te lo scordi di essere glam, perché sei out, my darling». Il mestiere più antico del mondo si esercita da “escort” e se resti in “mutande”, chiamale “slip”, così sei “sexy” comunque.
Il francese, poi… vuoi mettere lo “charme” dei “cugini d’Oltralpe”?
E allora «via quel trucco e giù col maquillage», «hai visto la réclame? Quest’anno va il tailleur sotto al paltò». «La rosetta è finita, se vuole ho la baguette», «il cornetto è vintage, mangia un bel croissant». «Datti al découpage e trova un escamotage alla routine del tuo ménage». «Che gaffe, senza il bon ton!», «Leggi la brochure e, voilà, diventi parte dell’elite». «Non sei graziosa, sei un bijou», «macché parrucchiere, il mio è un coiffeur», «non è una spogliarellista, ma fa gare di burlesque».

Gli italiani si adeguano, dunque, e se da un lato inseriscono nel linguaggio quotidiano una valanga di termini stranieri, dall’altro incrementano l’utilizzo di alcune espressioni “caserecce”, adoperate nel linguaggio comune come espressioni di un moderno carosello verbale.
Invece di” è soppiantato da“piuttosto che”, non si dice più “ovviamente”, ma “infatti sì” e il “no, grazie” è un generalizzato “ma anche no”. L’inasprimento di una legge è un “giro di vite”, la più banale chiacchierata è un “dialogo costruttivo” e una “larga intesa” si raggiunge quando l’interlocutore non accetta compromessi.
All’occorrenza, però, quando è fondamentale mostrarsi acculturati per impressionare una platea, si stendono lenzuola di sproloqui lessicali, si ascoltano interminabili “salmoni” e si mangiano “arringhe” marinate. La predica viene da un “palpito”, la disattenzione è solo un “lapis” involontario e si saluta tutti “indiscretamente”.
“Dulcis in fondo”, poi, si svecchia il vetusto latino proclamando che no, “in claris non fit interpretation“.

Il nostro “antiquato” italiano tenta di sopravvivere al pubblico ludibrio, ma l’esiguo gruppo di “medici con le frontiere” che veglia su di lui, da solo, non riesce a tenerlo in vita.
Basterebbe un’iniezione di vocaboli semplici al giorno e una flebo di congiuntivi al posto giusto da parte di tutti per lasciarlo esistere ancora, perché una “lingua sciolta” sarà anche l’accesso al mondo globalizzato, ma ignorare l’italiano significa mordere, tristemente, la lingua della propria storia.

 

 

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