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L’iWatch di Apple: il nuovo device diventa accessorio indossabile

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Apple Watch esposti da Colette a Parigi

La Apple si sa, mira sempre a raggiungere i suoi obiettivi con grande successo cercando di affermarsi in tutti i settori, ed uno in particolare in cui è pronta lanciarsi è proprio quello dell’alta moda. Non è un caso infatti che il brand stia rafforzando i propri rapporti con l’universo del fashion system, tanto da potersi così assicurare nei prossimi mesi una presenza capillare sulla stampa, all‘uscita del nuovo device indossabile firmato Apple, l’iWatch, chiamato Apple Watchprevista per i primi mesi del 2015.

Il fatto che l’azienda di Cupertino fosse interessata a far breccia nell’universo della moda lo si era capito sin dall’evento del 9 settembre, quando al Flint Center for The Performing Art, l’azienda dalla Mela morsa ha invitato numerosi giornalisti del settore e altrettante fashion blogger proprio per conquistare il mondo del glamour ed averlo dalla sua parte. Sicuramente tanti smartwatch verranno acquistati e non solo per la loro funzionalità, ma anche e sopratutto per l’eleganza e la possibilità di poterlo abbinare ai più svariati outfit.

Esposizione Apple Watch da Colette - Parigi
Esposizione Apple Watch da Colette – Parigi

 

L’Apple Watch, lanciato in concomitanza con la New York fashion week sembra già aver prima ancora della sua effettiva uscita sul mercato, tutte le potenzialità per far concorrenza ai maestri orologiai e rivoluzionare il rapporto tra moda e hi-tech, che il suo debutto ha già diviso il mondo del fashion.

Data precisa dell’uscita come il suo prezzo ancora non sono ben noti per le due versioni più costose, la Sport e la Edition. Il dispositivo, a detta degli esperti del settore, è un’ottima sintesi tra esigenze tecnologiche e quelle puramente estetiche degli utenti. Merito sicuramente della scocca disponibile in ben tre materiali diversi tra cui anche l’oro e una infinita varietà di cinturini. Il device è un orologio intelligente dalle forme rettangolari e sarà disponibile in due dimensioni della cassa – 38 e 42 millimetri – e in ben tre versioni di design.

La scocca, arrotondata e bombata, è rifinita con vetro in cristallo zaffiro o agli ioni leggermente curvo sugli angoli. I tre modelli si diversificano tra loro per l’appunto per il materiale di cui è costituita la scocca. L’Apple Watch sarà in acciaio lucido inossidabile, in tinta naturale o nero siderale, l’Apple Watch Sport è costituito da alluminio anodizzato in argento oppure in grigio siderale, mentre l’Apple Watch Edition sarà in oro 18 carati, realizzato con uno speciale processo di lavorazione che lo rende due volte più duro e resistente all’oro classico.

Apple Watch
Apple Watch

 

Come la maggior parte degli smartwatch anche l’iWatch non potrà fare a meno delle applicazioni, per aumentare così le funzionalità di base offerte da Apple, rendendo il dispositivo ancora più versatile. Infatti selezionati sviluppatori di applicazioni di terze parti sono già stati dotati del kit di sviluppo per realizzare le indispensabili app che non possono mancare in un device così importante per casa Apple. Tra le app che sicuramente saranno parte integrante dello smartwatch non potrà mancare Facebook o Twitter per la notifica dei vari messaggi, anche anche app come quelle adibite al fitness o destinate all’automazione domestica.

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Per quanto riguarda la dotazione hardware l’Apple Watch si caratterizza per tre componenti principali quali il circuito principale, i sensori e il sistema touch. Display Retina, altoparlante e un sistema combinato di vibrazioni, pulsazioni e suoni saranno utili come feedback all’utente per le funzioni in uso. Non mancherà un microfono per interagire agilmente con Siri, nonché un MagSafe magnetico per la ricarica a induzione.

Apple stupisce sempre di più con il suo Watch grazie al design della sua interfaccia che lo rende di facile utilizzo. La rivista per eccellenza, Vogue, elogia il suo stile un po’ retrò. L’impatto visivo è una sorta di rimando al tradizionale linguaggio degli orologi analogici svizzeri. E’ un orologio che sembra un orologio con la possibilità di personalizzare il quadrante, mentre la presenza della “corona digitale” ricorda esattamente la rotellina da girare per regolare l’ora come in quelli tradizionali.

Hacktivisti: eroi in versione 2.0

Ogni epoca ha il suo eroe. Nel 1200 vi era un noto arciere, tale Robin Hood, che si aggirava per la foresta di Sherwood, gabbando le forze dell’ordine (lo sceriffo di Nottingham) e gli uomini al potere (il Principe Giovanni), per rubare ai ricchi quel che spettava ai poveri. Nel 1400 in Francia, una giovane donna, tale Giovanna D’Arco, guidò vittoriosamente le armate francesi contro quelle inglesi, per risollevare le sorti del Paese. In soldoni, tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci difenda dai malvagi e dagli usurpatori e ci faccia sentire protetti.

E oggi, che tutto corre così veloce? Che il cattivo è ovunque, anche più vicino di quel che si pensi? Che tutto si svolge in questo grande e infinito spazio chiamato Internet, senza confini, forma e misura? Chi ci difenderà?

Li chiamano hacktivisti e sono gli eroi di questa realtà 2.0. Una definizione che deriva da hacker e attivisti, ovvero coloro che portano avanti cause sociali e non, a colpi di click. Niente calzamaglia o arco per loro, dategli un computer e un mouse e vi salveranno il mondo. A metà tra il nerd e lo smanettone, gli hacktivisti sono dei veri e propri tecnoribelli che contando sulla forza e sull’onda d’urto del web, danno il via a rivolte online e ad azioni di disobbedienza civile, tutto in nome della giustizia. Organizzano netstrike (scioperi), violano barriere e codici informatici, introducendosi nei file delle aziende (cybersquatting) e fanno volantinaggio attraverso le mailing list (mailbombing). Questo è l’attivismo del Terzo Millennio.

I loro obiettivi? Attaccare le multinazionali monopoliste, far cadere i governi corrotti, denunciare qualsiasi forma di censura e di abuso dei diritti civili. Tutto, prendendo le distanze dai cracker, che invece non sono altro che coloro che eludono i sistemi di sicurezza per guadagnarci, rivendendo password e software dopo averli craccati.

Il motto del collettivo Anonymous, la congregazione degli hacktivisti.

In principio fu George Hotz, noto come GeoHot o Million75. A soli 22 anni, è riuscito a violare i sistemi di sicurezza di Apple e della Playstation 3, rilasciando in Rete i codici segreti. Tutto questo perché i vertici della Sony avevano promesso di rendere open-source il sistema operativo, supportando Linux, cosa che non hanno mai fatto. Il risultato di questa (all’apparenza) malefatta, è valso a Hotz – nell’ordine – una convocazione in tribunale, la nomea di eroe e un supercontratto con Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook. Dici niente.

George Hotz, il primo hacktivista della Storia.

Dopo di lui, Ryan Cleary, arrestato da Scotland Yard, in quanto ritenuto il capo della società segreta LulzSec, il cui principale obiettivo è hackerare le multinazionali dell’entertainment; Reda Cherqaoui, colpevole di aver trovato una falla in Facebook; e anche un italiano, Raoul Chiesa, che oggi è finito a occuparsi di cybercrime per l’Onu. E questi sono solo alcuni degli hacktivisti nel mondo, una congregazione di hacker buoni che si nascondono dietro l’anonimato per poter proseguire il loro lavoro.

Ovviamente, ai grandi della Terra questi giochini non piacciono. E si sono già attivati per neutralizzare questa banda di ‘criminali del Web’. Dalla Nato fino ai magazine più conservatori, si sono dati un gran daffare per organizzare convegni e conferenze sulla Code War, ovvero la guerra digitale. Obiettivo: unire le forze per combattere l’eccesso di trasparenza, soprattutto dei dati sensibili (Wikileaks vi dice nulla?). C’è chi addirittura dipinge i nostri Robin Hood 2.0 come pericolosi terroristi che possono provocare stragi solo stando dall’altra parte dello schermo del pc. Scenari apocalittici che non spaventano i nostri hacktivisti, che anzi replicano: “La cosa che vi spaventa di più è aver realizzato la vostra debolezza. Ciò che vi terrorizza non è un collettivo di hacktivisti, ma il fatto che i progressi tecnologici abbiano reso superflui voi e tutto quello che rappresentate”.

Coraggiosi, strafottenti e sprezzanti del pericolo. Come si addice ai veri eroi.

Il nuovo rivale di iPad parla indiano

L’Oriente avanza a passi da gigante verso la conquista dei mercati mondiali e lo fa senza mezzi termini, rimarcando la sempre più ingombrante presenza dei BRIC – i cosiddetti mercati emergenti – all’interno del bilancio economico globale. Giunge a sorpresa dal continente asiatico una delle risposte al dominio incontrastato di uno dei prodotti di punta lanciati da Apple, ovvero il tablet iPad.

Il suo nome è Aakash, che in lingua indi significa “cielo”, ha un costo rivoluzionario di sole 3000 rupie (45 dollari) e proviene nientemeno che dall’India. Tale prodotto, anche se di piuttosto modeste pretese, può vantarsi di avere il primato di “tablet più economico al mondo” ed è interamente ideato e fabbricato in India.

Da un punto di vista tecnico l’apparecchio si avvale del sistema operativo Android, di un processore da 366 Mhz, 256 Mb di RAM, di uno schermo resistivo da 7 pollici e ovviamente di connessione Wi-Fi.
Questo dispositivo a kilometri 0 non promette le più avanzate performances tecnologiche ma in cambio suscita un grande scalpore e promette sicuramente faville.
Aakash è il coronamento di un lungo percorso che è partito proprio da un sentito desiderio del governo indiano che ha investito le sue forze nel promuovere questo progetto e lo ha dunque commissionato personalmente.

Stando alle speranze del Ministro della Comunicazione indiano questa magica tavoletta made in India e antagonista di gioielli tecnologici come appunto l’iPad, il Samsung Galaxy o l’ultimo arrivato Amazon, nasce in vista di una mirata finalità di tipo didattico: aiutare a ridurre il gap tecnologico nei confronti dei paesi sviluppati e quindi sviluppare in maniera decisiva la diffusione dell’accesso alla grande Rete nella nazione indiana e in primis della collettività studentesca visto che in India al momento addirittura solo l’8% della popolazione totale possiede una connessione Internet.

E non finisce qui: il governo indiano sta cercando di coinvolgere l’azienda nazionale di telecomunicazioni affinchè si impegni in un ulteriore abbattimanto del costo del dispositivo, per portarlo dapprima al prezzo di 20 e infine al ridottissimo prezzo di 10 euro.


“A cosa stai pensando?” “Mi piace… la t-shirt!”

On line è acquistabile la t-shirt che visualizza il proprio stato di Facebook

Gli utenti attualmente attivi su Facebook sono circa 17milioni soltanto in Italia ed è questo il target a cui si rivolge un nuovo curioso gadjet. La moda degli abiti social sembra in ascesa ed è su questa scia che trova spazio la t-shirt su cui pubblicare il proprio stato di Facebook. Viene dagli Usa questo nuovo capo che integra un mini display sul quale viene visualizzato l’ultimo aggiornamento di stato, la frase con cui da tempo gli utenti amano rispondere nei modi più vari alla classica domanda “a cosa stai pensando?”(ma ci sono indiscrezioni che preannunciano a breve una versione 2.0 con Twitter).

Trascorrere il proprio tempo fra le pagine di questo social network a caccia di link, gruppi e amici forse era sembrato troppo poco e già recentemente negli Stati Uniti era nata la moda di indossare le foto profilo degli gli amici di Facebook su una maglietta realizzata grazie a Super Shirter, sito che acquisisce le immagini degli amici relativi ad un account e ne realizza un collage. All’utente non occorre fare altro che scegliere colore e taglia della T- Shirt, effettuare il pagamento e attendere la spedizione.

La nuova frontiera del “social dress”, invece, funziona così: la maglietta “comunica” con l’applicazione ufficiale Facebook per iPhone o iPad e recupera lo stato sul profilo così che in pochi secondi questo viene mostrato sul display posizionato sul petto. Un oggetto un po’ geek, tendente al nerd che risponde allo scopo di non solo con tutti gli amici online ma anche con chiunque sia nei paraggi, dandogli la possibilità di lasciare un “LIKE” semplicemente schiacciando l’omonimo tasto. La maglietta a sua volta è in grado di comunicare i consensi alla pagina FB anche se tecnicamente non si connette alla rete; la parte “interna”, infatti, ha un cavetto per il con i dispositivi Apple a cui è demandata la connessione. Se sui dispositivi della mela non è aperta l’applicazione del noto social network la maglietta non è in grado di acquisire lo stato, una soluzione forse un po’ scomoda che avrebbe potuto utilizzare un sistema Wi-Fi o Bluetooth.

Il display si alimenta con comunissime pile stilo ed è completamente removibile in caso di lavaggio. La maglietta è disponibile solo nella tonalità di blu che richiama il logo del social network, è realizzata in cotone, unisex e disponibile nelle taglie Small, Medium e Large a circa 68€ (spese di spedizione incluse) sul sito www.latestbuy.com.

Non che il principio alla base di questa invenzione sia completamente nuovo. Negli anni ’90 esplose la moda degli store t-shirt maker in cui stampare qualsiasi genere di scritta o disegno. Da sempre l’obiettivo della moda è quello di comunicare, mostrare e condividere ed è per questo che probabilmente si accompagna perfettamente all’utilizzo dei social network che hanno come scopo la circolazione di informazioni. Ma che sia questo il futuro che ci attende? Scriverci qualcosa addosso ed aspettare che qualcuno ci “clicchi” per mostrarci approvazione? Chissà se è il caso di abbandonare il dialogo per una scritta digitale e il calore della cara vecchia “pacca sulla spalla” per un asettico “click-
mi piace”.

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