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Alexander McQueen, al cinema la storia dell’hooligan della moda

 

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Geniale, creativo, visionario, eccessivo, estroso, in due parole Alexander McQueen. L’hooligan britannico della moda, come il Fashion System ama definirlo, arriverà presto sul grande schermo con un film a lui dedicato. Una personalità eccentrica quella di McQueen che ha saputo farsi largo con le sue proposte sempre innovative, all’avanguardia, un vero e proprio occhio sul futuro del mondo della moda. Il biopic metterà in scena la vita dello stilista, la sue umili origini, i suoi studi, la sua carriera e la tragica scelta di porre fine alla propria vita. Un vero contributo ad un artista che ha lasciato il segno nel patinato mondo delle passerelle. Nato nel 1969, da padre tassista e madre insegnante, cresce nell’East End londinese; la sua creatività dirompente non tarda ad emergere, a 16 anni lascia la scuola per iniziare a lavorare presso la nota sartoria di Savile Row: Anderson & Sheppard, nota fornitrice del principe Carlo d’Inghilterra e siamo solo all’inizio. In Italia lavora presso Romeo Gigli e tornato in Inghilterra conclude la sua formazione presso la St. Martin School, scuola di moda delle più prestigiose che ha dato il via alle carriere di alcuni dei più celebri stilisti tra cui John Galliano. Lo stile del giovane designer è presto noto, una commistione tra gotico e romantico, vittoriano e dark. La prima collezione di McQueen, quella creata nel 1992 per la fine del corso alla St. Martin fu un vero successo tanto che, la nota stylist e scopritrice di talenti, Isabella Blow la acquistò tutta. Davvero un buon auspicio se si pensa alla sua rapida scalata al successo. Nel 1995 inaugura una linea col suo nome dalla quale si evince il suo stile eclettico e visionario. Direttore artistico di Givenchy fino al 2001, succede alla direzione creativa al già citato Galliano, inglese come lui e come lui uscito dalla St. Martin.

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Poliedrico, rivoluzionario e grande provocatore, impossibile non ricordare la collezione dedicata alle sue origini scozzesi Highland Rape, un vero e proprio grido provocatorio. Stupro delle Highland sta ad indicare il nome della collezione, autunno/inverno 1995-1996, che lo stilista ha portato sulle passerelle. Uno stupro appunto, uno stravolgimento al quale McQueen sottopose uno dei più classici tessuti britannici, il tartan. Abiti di pizzo stracciati, gonne ridotte a brandelli, scollature volutamente ampie a scoprire interamente i seni di modelle dagli occhi alieni. La stampa gridò allo scandalo ma McQueen seppe motivare tutto ciò. Tacciato di misoginia infatti lo stilista rispose che il suo intento non era quello di portare sulla passerella la tematica dello stupro femminile quanto invece quello stesso stupro che l’Inghilterra aveva fatto alla Scozia. Un enfant terrible, un artista maledetto, una genialità spiccata e precoce la sua che lo vide creare costumi per lo stesso David Bowie, negli anni ’90; allo stesso tempo sensibile, introverso ed estremamente fragile, a tal punto da compiere un gesto estremo, quello che c’ha privato delle sue straordinarie creazioni. Il progetto che porterà la vita del designer sul grande schermo è affidato al regista Andrew Haigh e al drammaturgo Chris Urch, che si occuperà della sceneggiatura. Sono trascorsi circa sei anni dalla sua scomparsa, eppure di artisti così non si finisce mai di sentirne la mancanza; in attesa dell’uscita del film vogliamo ricordare l’eclettico artista, interprete visionario del romanticismo, con una sua frase che più di tutte racchiude il suo concetto di moda:« Non voglio fare un cocktail party, preferisco che la gente vomiti e abbandoni il mio show. Preferisco le reazioni estreme».

La bellezza selvaggia di Alexander McQueen al V&A Museum di Londra

Dal 14 marzo fino al 2 agosto 2015 il Victoria & Albert Museum di Londra ospiterà “Alexander McQueen: Savage Beauty”, la prima e più grande retrospettiva mai presentata in Europa dedicata all’indimenticabile hooligan della moda deceduto l’11 febbraio 2010.

Dopo l’enorme successo avuto dalla mostra organizzata nel 2011 presso il Metropolitan Museum of Art di New York dal Costume Institute, «Savage Beauty», in collaborazione con Swarovski, è stata portata a Londra, città natale di McQueen, ed è stata ampliata ad hoc per il V&A. Infatti sono esposti più di 200 pezzi tra abiti e accessori: 30 capi in più rispetto alla precedente mostra, grazie ai prestiti di privati come Katy England e Annabelle Neilson e delle collezioni di Isabella Blow e della maison Givenchy.

Alexander “Lee” McQueen aveva una personalità romantica, capace di farsi ispirare da tutto ciò che lo circondava, ma soprattutto dalla natura e dalla storia. La retrospettiva si divide in dieci sezioni tematiche non cronologiche che ripercorrono la breve ma intensa carriera del designer britannico: dal 1992, anno della laurea alla Central Saint Martins fino al 2010, anno dell’ultima collezione, presentata incompleta.

La mostra si apre con “London”, dedicata alla città natale di McQueen, l’epicentro di tutto il suo mondo. «Londra è il luogo dove sono cresciuto. È il luogo dove risiede il mio cuore e dove ho la mia ispirazione» ha dichiarato lo stilista nel gennaio 2000. “Romantic Mind” ripercorre le prime fasi della carriera del brillante designer, fasi in cui getta le basi per tutti i suoi lavori futuri. Segue “A Gothic Mind” che descrive il periodo segnato dall’ispirazione gotico-vittoriana. “Romantic Primitivism” racconta un ritorno ad un ipotetico stato di natura, in cui i capi vengono combinati in mix paradossali per riportare l’uomo alla sua essenza primitiva, al suo stato di natura. “Romantic Nationalism” è un tributo alla Scozia, terra delle sue origini, e alla sua cultura fortemente legata alla tradizione. Ciò si evince soprattutto nella collezione “Highland Rape”, che segna l’ingresso del tartan nell’universo di McQueen. “Cabinet of Curiosities” racchiude gli stupefacenti accessori realizzati in collaborazione con il “cappellaio matto” Philip Treacy  e il gioielliere Shaun Leane. Il tema dell’esotismo di “Romantic Exoticism” era uno dei più cari allo stilista, che spesso si è fatto incantare dalle atmosfere della Cina, dell’India, dell’Africa e soprattutto del Giappone, di cui è prova l’amore per i kimono. Adorava mischiare diversi elementi, come nel caso di “It’s Only a Game” in cui ripropone, sulla scia di Harry Potter, una sfida a scacchi tra Oriente e Occidente. VOSS, dal nome della collezione P/E 2001 inscenata all’interno di un’enorme scatola con specchi, mostra i canoni estetici anticonvenzionali di McQueen. “Romantic Naturalism” esprime l’esplosiva passione che Lee, da vero romantico, nutriva per la natura. E’ stata proprio quest’ultima la protagonista della sua penultima collezione “Plato’s Atlantis” (P/E 2010), ispirata da “L’origine delle specie” di Charles Darwin, che, inoltre, dà il nome alla sezione conclusiva della mostra.

La curatrice della mostra Claire Wilcox, Senior Curator of Fashion del V&A, ha dichiarato che «quella di McQueen è un’arte che pochi sapranno replicare. Con la sua nobile irriverenza ha saputo creare show inimitabili, portando sule passerelle un ideale di stravaganza che non ha mai perso di vista il senso dello stile: la forza di un’espressione personale portata oltre ogni limite».

Con le sue concezioni fuori dagli schemi, Alexander McQueen ha rivoluzionato il fashion system grazie anche alla fusione di un’estetica inedita ed innovativa con una sartorialità impeccabile, secondo quello che era il suo credo: «Devi conoscere le regole per non rispettarle. Io sono qui per questo, per demolire le regole, mantenendo però la tradizione».  È proprio in questa “demolizione” che risiede tutta la bellezza selvaggia dell’arte di McQueen.

«Le collezioni del V&A non mancano mai di incuriosirmi e di ispirarmi. La Nazione ha il privilegio di avere accesso a tale risorsa… È il tipo di posto in cui mi piacerebbe essere chiuso durante la notte» – Alexander McQueen

"Savage Beauty". Credits: V&A Museum
“Savage Beauty”. Credits: V&A Museum
Alexander McQueen, 1997. Credits: Marc Hom Trunk Archive
Alexander McQueen, 1997. Credits: Marc Hom Trunk Archive
Alexander McQueen S/S 2008. Credits: Anthea Simms
Alexander McQueen S/S 2008. Credits: Anthea Simms
Alexander McQueen F/W 2006/07. Credits: firstVIEW
Alexander McQueen F/W 2006/07. Credits: firstVIEW

Alexander McQueen e Damien Hirst: la skull scarf compie dieci anni

alexander mcqueenQuando due artisti condividono una tanto simile quanto controversa natura è d’obbligo che prima o poi le loro strade si incontrino. Succede ad Alexander McQueen e Damien Hirst, uniti nella realizzazione di una capsule collection in occasione del decimo anniversario della celebre Skull Scarf firmata McQueen.

Hirst, padre dell’arte più oscura e d’effetto degli ultimi tempi, ha accettato infatti di reinterpretare il pezzo iconico del designer inglese scomparso nel 2010, traendo ispirazione dal proprio progetto Entomology. Farfalle, libellule, ragni e scarafaggi, si incontrano e si fondono su tessuti pregiati quali chiffon, seta e cashmere, per decorare o dare vita al motivo del teschio.

Un’immagine nota allo stesso Damien Hirst, tanto da averne realizzato un calco in platino e con più di ottomila diamanti incastonati. Il valore commerciale della scultura dal titolo For the love of God fu stimato attorno ai centomila dollari.

Non mancano i colori ad arricchire le geometrie caleidoscopiche e le forme dei modelli firmati Hirst e McQueen. Colori accessi che regalano alla collezione una allure estremamente contemporanea.

Per promuovere e celebrare la collaborazione tra due nomi celebri nel mondo dell’arte e della moda, il fotografo Sølve Sundsbø ha realizzato un cortometraggio in cui il corpo umano interagisce e si muove con la stoffa stampata.

I 30 modelli che compongono la limited edition rappresentano l’esaltazione di un’estetica comune che osanna la morte, la sua ossessione e la sua simbologia per esternarle e concretizzarle. “I just thought : what can you pit against death?”, affermò una volta Hirst. E la sua arte e quella di McQueen rappresentano l’unica risposta plausibile.

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