Il papillon: il pezzo cult della moda maschile diventa quotidiano

Stanco di essere confinato nella gabbia, il farfallino ha preso il volo. Via dalle polverose tenute iperformali e da sera. Basta con i pregiudizi di chi lo considera reperto archeologico o anacronistica eccentricità. Nuovi scenari lo vedono agile protagonista all’insegna del giovanilismo di tendenza. C’è pure chi lo crea in ceramica con forme minimal e gli dà un nome: Cor Sine Labe Doli. Si chiama Antonio Patruno lo stylist che ha avuto l’idea di metterlo in commercio (in 10 punti vendita tra i più famosi d’Italia) e di chiamarlo “Cuore senza macchia di tradimento”. Un marchio che rimanda al motto della sua città di provenienza (Corato) e si ispira alla tradizione della moda, tradotta in chiave moderna.

Un accessorio, il “papillon” in ceramica, che si avventura nel jungle style del presente, pensato per ragazzi e ragazze, ma anche a uomini e donne che desiderano riscoprire il passato. Lo scopo di questo giovane stilista è stato quello di ridare ai farfallini una nuova connotazione nello stile attuale, creandoli appunto in ceramica e mixando colori standard con nuove tonalità tutte da scoprire (www.corsinelabedoli.com). Uno dei primi estimatori è stato Morgan, seguito da Fiorella Mannoia e Roy Paci. In sole due settimane 150 i pezzi venduti.

Prepariamoci dunque ad accoglierlo, il papillon, con il rispetto che merita la sua storia. Le ultime generazioni inglesi lo hanno riscoperto e rilanciato in chiave anticonformista, al punto da finire come inviato d’onore sulle autorevoli pagine del Wall Street Journal. Il quotidiano finanziario, infatti, conferma che negli ultimi due anni le vendite di questo e particolare accessorio sono aumentate del 25%. Non per la proliferazione d’impegni mondani degli adulti ma per l’innamoramento d’una variegata moltitudine di giovani. Il farfallino adottato di giorno come chicca del dilagante preppy look tecnologico, apprezzato sia dai rockettari d’avanguardia sia dagli studenti di Eton College.

Abbinato ai pantaloni stretti e leggermente corti, gilet, camicie a quadri, pullover o una vecchia giacca di tweed, il farfallino raggiunge il top della sua valorizzazione.

Con un occhio al presente più che al passato farfallini ovunque, perfino con i colori nazionali della Union Jack (al collo di Larry, l’altezzoso gatto del premier David Cameron con cui è stato fotografato il giorno delle nozze di William e Kate).

Ci sarà pure un boom italiano? Più che probabile, stando a quanto si è visto recentemente (Prada, Gucci, Dolce & Gabbana) sulle passerelle di moda. Sul come chiamarlo correttamente c’è soltanto l’imbarazzo della scelta. Per gli inglesi resta bow tie, i francesi insistono orgogliosamente sul papillon, mutuato pure dal resto d’Europa, Penisola compresa, che tuttavia si riserva soluzioni autarchiche come farfalla, farfallino, cravattino. Storicamente gli inglesi lo hanno indossato con maggiore disinvoltura degli italiani.

In Italia, invece, il farfallino è sempre stato visto come un segno di eleganza eccentrica, vagamente dannunziana, indossato soprattutto da celebri architetti. Al di là delle mode, sono numerosi gli strenui difensori dell’oggetto. Resta sempre però il problema del nodo: crudele test d’intelligenza, anche se qualcuno garantisce che sia semplice come allacciarsi le scarpe.

Il fatto è che il nuovo farfallino diurno – colorato, scozzese, a pois, a righe – ha la sua dignità soltanto con il nodo fatto a mano, dunque personalizzato come quello di qualsiasi cravatta. Ci vuole un po’ d’allenamento e il gioco è fatto.

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