Francesco Capponi e la sua pinhole a Roma

Avete presenti quei fotografi professionisti con due macchine fotografiche un tele zoom, ombrelli flash e compagnia bella? Ecco dimenticateli perché questa storia non parla di loro.

In questa storia si parla di macchine fotografiche che sono grandi come uno spillo e di una tecnica chiamata Pinhole, o fotografia stetoscopica, un procedimento che sfrutta il principio della camera oscura per la riproduzione di immagini.

La ” fotocamera” utilizza un foro stenopeico (dal greco stenos opaios, dotato di uno stretto foro), in pratica un semplice foro al centro della “fotocamera”, che come un obiettivo produce immagini attraverso l’impressione della luce sulla pellicola sistemata da una parte del suddetto foro e una medio lunga esposizione alla luce dall’altro. Teoria a parte i risultati sono sorprendenti e gli artisti che la praticano sempre di più, visto che in primavera a Roma è previsto un raduno con esposizione annessa degli artisti sparsi in tutto il mondo.
In questi giorni a Roma, presso la Stamperia del Tevere (san francesco a Ripa 6)si è tenuta la mostra di Francesco Capponi, da anni impegnato nella produzione artigianale di oggetti stenopeici e macchine fotografiche, che l’artista utilizza per creare immagini.
La mostra, molto ben curata mostrava allo spettatore la “macchina” utilizzata per ogni serie di foto ed era impressionante vedere l’accostamento tra l’oggetto usato e il risultato ottenuto.
Capponi si è divertito a giocare creando una macchina in un cilindro per fotografare un coniglio, o a costruirne un’altra un una casetta per uccelli e adarci una visione del mondo “da lì”, oppure ancora, a realizzare un “mini” safari da un “pinolo” (appunto pinhole).

“La fotografia di per sé mi affascinava e mi annoiava al tempo stesso” racconta l’artista ” Mi divertiva soprattutto fare esperimenti in camera oscura, provare le solarizazzioni, sovrapporre negativi e cose del genere. Ho cominciato a giocare con le Polaroid e a maltrattarle, accartocciandole, aprendole e lavandole. Adoravo l’indeterminazione estetica che le immagini ottenute mi regalavano, poi,quasi per sfida cominciai a costruirmi oggetti stenopeici che diventavano, insieme alle foto, parte dell’opera. Installazioni tra scultura e fotografia.”
A giudicare dai risultati direi che la sfida, è stata vinta.
by: Sandra Scarpettini
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