Quello di Dubai è il secondo Palazzo Versace nel mondo. Il primo è stato aperto nel 2000 in Australia, il prossimo si prevede a Macao. Una residenza di lusso, che comprende 215 tra camere e suite, tutte arredate nel segno della Medusa. È stata l’eclettica Donatella Versace a scegliere spazi e arredi, carte da parati e complementi ispirandosi alla villa di Miami in cui è stato assassinato il fratello Gianni nel 1997. Stucchi e affreschi, cuscini e broccati decorano le meravigliose stanze. La più lussuosa è l’Imperial Suite: 1200 mq di sfarzo con terrazza privata, piscina, vasca idromassaggio e una magnifica vista sulla città. «Fin dall’inizio il mondo Versace ha compreso diverse categorie di prodotto: dagli abiti agli accessori, dai beni preziosi alla collezione per la casa, capaci di trasmettere lo stile esclusivo e iconico proprio del brand – afferma Gian Giacomo Ferraris, Amministratore Delegato di Versace – oggi, con il nuovo Palazzo portiamo il lifestyle Versace a Dubai. Il design ricercato e lussuoso è ritrovabile in ogni dettaglio dell’hotel, e il lusso diventa uno stile di vita».
Versace non è l’unica casa di moda a lanciarsi nell’hôtellerie di alta gamma: altri stilisti e maison hanno scelto di creare luoghi in cui si respira e si vive la filosofia del brand a 360 gradi. La prima in Italia è stata Mariuccia Mandelli alias Krizia, che già negli anni ’80 apriva il suo K Club nelle Antille. E da allora i resort progettati dagli stilisti si sono moltiplicati nelle location più esclusive del mondo. C’è chi ha scelto la città dove tutto è cominciato, come la famiglia Fendi. Villa Laetitia a Roma è stata restaurata e arredata con l’impeccabile gusto di Anna Venturini Fendi, e promette un’esperienza unica e un magico silenzio in cui sentirsi a casa propria. Allo stesso modo Giorgio Armani ha scelto l’atmosfera metropolita della sua Milano e di Dubai per i suoi hotel di lusso. Il gusto dello stilista e il minimalismo estetico accolgono i clienti in un’atmosfera raffinata, nelle camere come nei ristoranti e nella spa. Bulgari ha preferito invece Londra come prima location di una serie di hotel di lusso. Eleganza e sobrietà sono le parole chiave di questo gioiello di marmo e argento a pochi passi da Hyde Park. Anche qui camere e suite sono ispirate all’estetica della maison italiana, con dettagli e arredi che ne ripercorrono la storia. Le tende di seta con motivi in argento, per esempio, si ispirano a una spilla creata di Sotirio Bulgari del 1800.
Residenze esclusive quindi, che nel nostro Paese o all’estero testimoniano il gusto italiano per la moda, il design e il lifestyle. Solo per veri fashion addicted!
Uno Slow Club esclusivo e poliedrico, punto d’incontro per gli amanti della cucina, dei cocktail e della musica. Sheket, in ebraico שקט, Silenzio, sorge a Roma nel celebre Palazzo Caetani di Via delle Botteghe Oscure 33. Nato dalla partnership tra Izhak Nemni, proprietario di Baccano e La Zanzara, e Riccardo Sargeni e Gianluca Sette (già partner di locali quali Cohouse Pigneto, Terrazza di San Pancrazio e Vodoo Bar) che qui si occupano della direzione artistica e pr, Sheket si inserisce come un unicumnella scena notturna capitolina, un luogo in grado di offrire al cliente un’esperienza totale, dall’aperitivo fino al dopocena. Elegante e raffinato,Sheket vanta una cucina dal respiro internazionale, un’ampia selezione di cocktail e distillati provenienti da tutto il mondo, con i live set e le performance degli artisti più rinomati della scena disco del momento.
Courtesy of Factory4 Press Office
IL CONCEPT – Con un concept molto attento ai trend internazionali, Sheket è in grado di catapultarci in un attimo nelle atmosfere più cool di un club parigino o di un cocktail bar di Soho, circondati dalla vivacità di una clientela proveniente da ogni parte del mondo. Un interior design ricercato, con pareti policrome che sembrano ricamate, luci e colori studiati per regalare un’atmosfera cromatica tendente al rosa, con l’utilizzo del color ruggine, caldo e emozionale, per i colori delle pareti e del velluto dei divani. Il designer Alfredo Cianchetta, ispirandosi all’immaginario di Wes Anderson e rispettando l’architettura del luogo, ha saputo dar vita ad un ambiente accogliente e familiare, ma allo stesso tempo trendy e contemporaneo. Gli arredi sono pezzi unici creati ad hoc, come il bancone piccolo in ceramica smaltata, le lampade in japan style, ma sono stati anche rivalorizzati degli elementi già esistenti, come il grande lampadario della sala centrale, che spicca sulle pareti nere. Il tutto con l’idea di creare un ambiente che resti e non invecchi mai.
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LA CUCINA – La cucina multietnica e ricercata è affidata alla maturata esperienza dell’executive Chef Marco Milani, già Chef de La Zanzara e di Baccano, rinomato per la sua conoscenza delle culture culinarie più disparate, per la raffinata cura del dettaglio che si fa piacere per gli occhi oltre che gusto per il palato, per la capacità di unire tradizione e modernità con creatività e trasformismo. La degustazione che diventa momento conviviale e di condivisione, l’ispirazione alla tradizione contemporanea dei ristoranti di Nobu Matsushita, un autentico fenomeno nella ristorazione di tutto il mondo, per un viaggio culinario innovativo e attentissimo alle materie prime. Sheket propone sushi e tempura, ma anche snacks internazionali da accompagnare ai drinks: crudi, sushi rolls, tartare, ostriche al nature o in Sheket Style. Ogni giorno si realizzano dei deliziosissimi ravioli cotti al vapore e scottati: sono le gyoza di verdure o di carne. Da non dimenticare il grill, che ci propone differenti yakytory di pollo, piccoli anticucho peruviani e kushiyaki di pork belly che si alternano a picana di Wagyu e churrasco di agnello.
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LA MUSICA – Sheket non è solo un ristorante. Sheket è anche un club esclusivo, che propone ogni sera una selezione musicale inedita per la notte capitolina, che passa dai suoni groove al blues, al funk, tenendo come fil rouge la black music declinata nei suoi differenti sottogeneri.
Il palco del live set, costruito su una pedana mobile che può aprirsi o chiudersi in base alle esigenze delle performances, si apre il mercoledì sera con la serata Sugar Department, che inizia con l’aperitivo e vede alternarsi alla consolle nomi della scena romana. Il giovedì è la volta della serata “It’s so good”dedicata alla ricerca e alla new disco, con le esibizioni di djs importanti della scena internazionale come Soul Clap, Sadar Bahar, Dimitri from Paris. Si arriva poi al weekend, alle serate “No guest list” del venerdì e Extra Cheese” del sabato, entrambe aperte da esclusivi live che reinterpretano la scena black di successo, con nomi del calibro di Joshua Jack, Chelsea Como, Lydia Lyon. Il venerdì sul live stage del club i djs italiani di tendenza del momento, come Spiller e Lele Sacchi, suonano la loro house music. Il sabato è la volta dell’hip-hop: la stagione è stata aperta da Frenkie hi-nrg mc, che tornerà anche nella seconda parte della stagione, e vedrà poi on stage rapper della vivace scena romana e internazionale.
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IL BAR – Sheket ti accoglie con un bancone imponente, alto sei metri: che espone una selezione esclusiva di spirits introvabili, come la gamma di whisky di tutti i paesi, tra cui spiccano gli scozzesi, i rye americani e i giapponesi; insieme a un’ampia scelta di gin, mezcal, tequile e rhum. Vengono proposti una ventina di cocktail home-maid, tutti realizzati con prodotti freschi e divisi in tre sezioni: la “Predinner”, con proposte ideali per l’aperitivo, come il Once upon a time…, un French 75 rivisitato a base di fiori di sambuco; c’è poi la “Fresh Anytyme”, che propone delle miscelazioni molto fresche e originali, tutte ideate dal capo barman Matteo Dedde e studiate apposta per essere consumate in qualsiasi momento della serata: da provare lo Shinano, a base di sakè e lemon grass; infine la “Our Classic”, drink classici rifatti allo Sheket Style, come il Margarita realizzato con un mix di Tequila con bordatura di zucchero di camomilla.
Non meno preziosa è la carta dei vini e degli champaigne, molto ampia e che propone mescite e bottiglie di grande qualità, anche di nicchia: da Sheket potrai infatti degustare dei rari Viognier Independants o Salon Delamotte, ma anche degli eleganti Jermann o Sassicaia, fino ad arrivare ad un porto Don Pedro Ximenes del 1987.
Larte, scritto proprio così, senza apostrofi, tutto attaccato, quasi a voler abbracciare in un’unica parola tutto quello che in essa può essere contenuta. Questo il nome del concept, nato nel cuore di Milano, nella centralissima Via Manzoni, laddove anni fa visse il poeta e scrittore Carlo Emilio Gadda, che vuole essere il nuovo polo dell’eccellenza italiana in fatto di lifestyle: uno spazio dove possono convivere e completarsi moda, enogastronomia, arti e design.
Un progetto ambizioso, ispirato da Fondazione Altagamma, che intende rilanciare e far conoscere nel mondo l’esperienza del Contemporary Italian Lifestyle, riunendo tra i soci alcuni dei più importanti brand Made in Italy: Alessi, Artemide, Baratti & Milano, Bellavista, Ca’ Del Bosco, Caffarel, Cantine Ferrari, Capri Palace Hotel, illycaffè, MK Consulting, Federico Regalia, Sanpellegrino e Santo Versace. Non solo ristorante stellato, dunque, ma anche luogo di ritrovo per un caffè o una cioccolata, galleria per mostre d’arte d’eccezione e store per shopping di lusso.
«Desideriamo creare un ambiente affascinante in cui tutto ciò che viene presentato e acquistato diviene esso stesso ‘opera d’arte’ da guardare, vivere, condividere e ricordare – commenta Davide Rampello, presidente e direttore creativo dell’hub milanese – Dal caffè al cioccolato, dal quadro al piatto dello chef, dalle bottiglie al modello di scarpe e all’arredo».
Oltre a Rampello, nel team dirigenziale vi sono anche Roberto Morelli, vicepresidente esecutivo, già direttore delle strategie di business di illycaffè ed Ermanno Zanini, già general manager del Capri Palace, nel ruolo di direttore. A dare un tocco glam e artistico, invece, ci saranno in esposizione alcune delle opere dei più importanti designer italiani, come Fortunato Depero, Arnaldo Pomodoro ed Emilio Vedova, per citarne solo alcuni.
Un modello di collaborazione tutto italiano, pronto però ad essere esportato nel mondo, per farsi portavoce del meglio dell’Italian lifestyle.
Petali di fiori e rosmarino. Per creare esperienze olfattive d’autore nel cuore di Torino, a due passi dalla Mole Antonelliana. Dalla passione per i profumi di Stefania Marzufero Boni nasce il brand Zeromolecole. Zero, come il civico della boutique-atelier, Mole come il simbolo della città che lo ospita e dove Stefania crea. “Per raccontarvi cosa significa oggi per me creare profumi, avere oggi una linea mia, vi posso dire che quando ero bambina il mio gioco preferito era pestare nel fondo del mio bicchiere di spremuta che so, petali di fiori e terra, piuttosto che il rosmarino che aveva mia nonna in giardino e giocare a fare profumi” spiega Stefania Marzufero Boni a Trendstoday.it.
Zeromolecole
Emozioni liquide e tangibili in cui l’animo dell’eterna ragazza si riflette su tavolozze profumate che l’ideatrice del brand realizza ad hoc con quel savoir faire tipico dei maitres parfumeurs parigini. Incontri di gusti e sapori esotici, un volo nella fantasia olfattiva in cui si alternano terre orienatali e guizzi fruttati, per lasciare spazio a quell’armonia senza tempo che in un sapiente mélange artistico produce sensazioni irripetibili e multisensoriali. Già perché chi crede che Zeromolecole sia solo un brand di profumeria sbaglia di grosso. Design impeccabile e minimal per il packaging, gioia per la vista e mix perfetto di sapori olfattivi come in Lalao e Nerocacao, dove latte e cacao fanno venire quasi voglia di assaggiarli. E poi Osa, il tripudio della sensualità che fonde le note romantiche dei fiori d’arancio con quelle esotiche del tiaré, Dudù con spezie orientali, vaniglia e frangipane e l’aroma che solo il legno di cedro sa regalare.
Zeromolecole
Non mancano limone, muschio bianco, cedro e fiori di lino nell’essenza eterea e delicata di Nuvole, fragranza lineare e capace di accompagnare tutti gli stati d’animo. Per lui e per lei. Il patchouly indonesiano sposa invece la cannella, il rhum, il sandalo, la noce moscata, la vaniglia e la dolcezza del miele in Geco per un delizioso effetto gourmet. Profumi per buongustai. Alghe mediterranee, muschi e licheni in Stromboli, fragoline, lampone e caramello in Iaia, talco, iris viola e oponax in Nhè?!, un omaggio elegante e raffinato alle donne torinesi. Dulcis in fundo Biancolatte, essenza simbolo di purezza con vaniglia, caramello, burro e un pizzico di sale. E ancora Bollicine di champagne, pepe rosa, incenso e agrumi per una frizzante atmosfera di festa. Il menù a la carte dell’alta profumeria è servito con l’artigianalità di Zeromolecole nel centro di Torino.
Va bene, c’è crisi. Lo spread sale, la borsa scende, il Pil sta fermo.
Ma ogni tanto almeno un viaggetto ci vuole, che diamine.
E se l’aereo è un lusso per pochi, la nave una iattura per molti, la benzina un castigo di Dio, resta il buon vecchio treno a far sperare che lo svago sia ancora un diletto nazionalpopolare.
Il pellegrino che subisce il “fascino del binario” può essere un inguaribile claustrofobico. È oppresso dal pensiero che durante il tragitto la sua visuale si fermerà allo schienale del sedile di fronte e urterà contro il vetro oltre il quale tralicci elettrici e tangenziali saranno l’unico panorama. Avere con sé un libro, l’iPod, l’iPad, l’iPhone, tuttavia, potrebbe non bastare, per cui una capatina in edicola va fatta prima di partire. Un quotidiano a destra, uno a sinistra e uno al centro per il viaggiatore intellettuale, gazzette e corrieri per quello che «giocava a calcio finchè i legamenti non lo hanno tradito», un arcobaleno di riviste patinate per chi si diletta con le cronache di tutti i colori, perché «già il mondo è tanto triste».
Alla valigia e al sacchetto del bar si aggiunge, dunque, anche un personale bagaglio enciclopedico.
L’attesa della partenza s’imbatte in un numero altissimo di sentimenti.
La schietta commozione e quella trattenuta, l’amore appassionato e l’affetto caloroso, la gioia di andare e la tristezza di restare. Si levano mani e si celano lacrime. La famiglia che accompagna, la mamma che raccomanda, il fidanzato che giura, la figlia che promette. Alzi la mano chi è cattivo! Silenzio: è l’attimo in cui «si ama da morire». Ma il convoglio è insensibile alla nostalgia, fischia e parte.
Sistemare “l’arsenale” al seguito, innanzitutto. «Permesso», «Scusi, se la sposta un pochino entra anche la mia», «Giovanotto, ti dispiace aiutarmi?». La cortesia e la comprensione dei primi istanti sono le attitudini naturali di qualunque passeggero. Una volta accomodati, un artificioso silenzio invade la carrozza. Si dorme, si legge, si guarda un film al computer. Lenti sugli occhi, cuffiette nelle orecchie, penne nelle mani. Poi, «Biglietto, prego» ed ecco la fine della finzione: ognuno, lentamente, si attribuisce la licenza di scrivere una personalissima “nota musicale” nel “pentagramma in movimento” e inizia così un “concerto”, che diventa la sinfonia di una pittoresca cagnara.
Un greve ronfare batte il ritmo, un colpetto di tosse segna le pause, la carta di una caramella e il mordicchio di un biscotto rallegrano la nenia. Poi, tutti insieme, intonano il ritornello di una chiacchiera confusa, breccia nel ghiaccio di una formale compostezza.
Il «governo ladro» s’imbatte nel «miracolo italiano»,«la fine del mese» insorge contro «le rendite catastali» e il prontuario di frasi fatte raggiunge il picco del suo utilizzo.
Un via vai di gambe da sgranchire serpeggia sinuoso e il vociare di bambini che scalano poltrone disturba il cane tascabile che fa capolino dalla borsa, subito bloccato dal padrone, “progettista” di una moquette di patatine sbriciolate. È il culmine di una contaminazione che scambia di tutto, dal crackers alle ricette di cucina. L’intellettuale chiede di “sfogliare” la cronaca rosa “solo per curiosità, non per altro!” e l’esperta di Grande Fratello si concentra su bund, btp e tassi d’inflazione. L’addetto alla pulizia invoca la magia di un aspirapolvere che ingurgiti tutto, individui compresi. La meta è vicina: forza, raggiungerla è possibile!
Quando manca ancora mezz’ora, basta che uno solo inizi ad alzarsi perché si scateni una tacita gara a chi fa prima a raggiungere la porta. «Arrivederci», «è stato un piacere», «Allora ci sentiamo, eh?!» «Come no?! Sicuro!». L’arrivo è conquista. Di aria, di spazio, di udito. Gli orchestrali si allontanano: epilogo di un “concerto” a cui non si chiede di “bissare”. Chissà come mai…!
Sulle acque cristalline del Golfo del Tigullio, nei pressi di Sestri Levante, si affaccia Tigu Beach, un elegante stabilimento balneare che, per la stagione estiva 2023, vestirà Paul&Shark.
Tigu Beach
Un progetto ideato dall’imprenditore Edoardo Santanna, storico proprietario di Tigu Beach, la cui famiglia si occupa da anni di hôtellerie, e Mattia Ferrari anima internazionale e creativa.
Il beach club, completamente rinnovato, accoglierà i suoi ospiti in un’atmosfera da appartamento francese degli anni ’40.
Tigu Beach
La scelta d’arredo include sedute e tavoli che richiamano alla mente i bistrot delle vie parigine, mentre le nuance di tè verde della pavimentazione e verde bosco dei dettagli del mobilio rimandano alle patisserie storiche.
Tigu Beach
I 54 lettini standard insieme ai 10 Vip bed, posizionati nella Paul&Shark Lounge, compongono un colorato quadro vista mare, con pattern a righe in raffinate nuance verde salvia e arancio, mixate al bianco e all’écru.
Tigu Beach
Una variegata offerta food completa l’esperienza all’interno di Tigu Beach:
il primo ristorante da 60 coperti circa è di impronta mediterranea con una cucina sperimentale ma del territorio; il secondo è un ristorante di stampo Giapponese con 30 coperti, la cui proposta è curata da due esperti sushiman del ristorante Kisen di Milano.
Un, deux, trois, quatre…Un, deux, trois, quatre…Come una formula, una melodia, un mantra non appena si entra in una scuola di danza. Tutte in fila, perfette nel loro portamento impeccabile e con l’aria sognante, le ballerine sono simmetricamente allineate alla sbarra, ripetendo in modo naturale i loro movimenti sinuosi. Vestite di solo tulle leggero ad evidenziarne la delicatezza, come steli di fiori appena sbocciati dai colori tenui come il rosa, il bianco o il beige.
La ballerina, la scarpetta più femminile di ogni tempo perchè avvolge il piede come un guantino evidenziandone la bellezza, la sinuosità e la forma nasce nel 1884. La prima scarpa che ogni bambina vuole indossare perché simbolo di libertà: la sua prima scelta di stile. Espressione, come la danza, del proprio io, unico, eccentrico, etereo.
Così Repetto ebbe l’idea di crearne una linea per lo street style.
Riproducendola con materiali più resistenti così che qualunque donna potesse sentirsi libera come una première étoile.
Il suo successo? L’arcobaleno di colori e materiali a disposizione, oltre alla sua comodità, dovuta alla scelta di un pellame di altissima qualità. La scarpa che non è una scarpa perché è come avere le ali con delle ballerine ai piedi. Spesso considerata la meno sexy dal genere maschile, forse invidioso di una bellezza a cui non poteva accedere, a distanza di un secolo dalla sua nascita, viene oggi presentata nella collezione Fall/Winter uomo… confermando la libertà di espressione del proprio io dei nostri giorni.
A cura di Alessia Tomassini “La bellezza inizia nel momento in cui inizi ad essere te stesso” è una delle celebri frasi di Coco Chanel.
L’abito da sposa della collezione Primavera/Estate 2017 indossato da Lily-Rose Depp, che ne ha sfoggiato uno rosa confetto tutto ruches con un lungo strascico e romantiche maniche a palloncino, è sicuramente la prova di come una donna può sentirsi bene con sé stessa, indossando un abito che la fa sembrare una principessa. La donna Chanel è una figura femminile perfetta, elegante e raffinata ma anche semplice e pratica. Una donna indipendente che sa cosa vuole e che non ha bisogno dell’aiuto di nessuno se non il suo. Grazie a Chanel lei si è iniziata a vedere come una “persona” e non come un bell’oggetto da sfoggiare. La donna Chanel è uno stile di vita e lo si capisce da come cammina, perché fa del mondo la propria passerella e di ogni giorno una sfilata.
Oggi finalmente è libera di parlare e di esprimersi come meglio desidera. Questo, però, non accade ovunque, infatti ci sono ancora molti Paesi in cui la sua condizione è subordinata all’uomo.
Riprendendo il tema dell’abito da sposa, indossato dalla figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis , il wedding dress non è sinonimo di praticità, ma il vestito rosa confetto sottolinea la femminilità e l’eleganza, caratteristiche appartenenti all’indimenticata stilista Coco Chanel.
L’attrice si trova al fianco di Karl Lagerfield, conosciuto durante un incontro avvenuto con la madre quando la ragazza aveva solamente otto anni. All’età di 15 anni è diventata ambasciatrice di Chanel, con la quale la mamma aveva collaborato in precedenza.
Un abito del genere non lo si deve indossare lo si deve sentire. Quindi, come si potrebbe immaginare il proprio abito nel giorno più bello della vita?
Il manico sinuoso, gentile, leggero. La fibbia dorata, fredda e dura. Il cuoio è rigido e morbido al tempo stesso. Il marchio toscano è sinonimo di lusso e qualità. Gentile ma forte. Dietro il riserbo dello sguardo malinconico della sua musa, custodisce indicibili segreti. E la fibbia della sua Gucci le ricorda, appunto, il diario segreto che scriveva da bambina a Southampton.
Allo stesso modo della First Lady americana, nota per una innata timidezza e un profondo riserbo, l’autenticità della “Jackie 1961” è racchiusa al suo interno dove gelosamente e con orgoglio è disseminato il monogramma della maison italiana, quelle due “G” mirabilmente intrecciate. E’ possibile certamente immaginare Jackie Kennedy quando la fibbia della sua borsa scatta, prendere i suoi grandi occhiali da sole dietro cui nasconde il mascara colato.
Flash, flash ovunque, le tocca aprirsi in un sorriso. Entra nella limousine, accavalla le gambe e accarezza il cuoio pregiato e finemente lavorato della sua Gucci, quasi la coccola. Ormai è come un’amica fidata. Forse l’unica vera amica. L’unica amica della First Lady, Jackie Kennedy.
E’ unica, inconfondibile e super appariscente la nuova scarpa décolleté platform “Medusa Aevitas”di Versace. La scarpa si presenta in fucsia brillante decorata con dei piccoli Swarovski anch’essi fucsia lungo il cinturino da cui pende la classica testa di Medusa in color oro che valorizza e contraddistingue sin da subito il prodotto di lusso. Il suo tacco stratosferico costituito da una base alta e massiccia è la prima cosa che salta all’occhio ed ha lo scopo di elevare la donna e il suo ruolo al massimo.
Le décolleté platform conferiscono una certa potenza e sensualità alle donne che le indossano, facendole sentire più libere e sicure di sé. Libere di indossare ciò che vogliono, di esprimere quello che sono senza tenere conto dei pregiudizi altrui. Con ai piedi queste straordinarie platform si può arrivare a toccare il cielo con un dito e nel frattempo essere ammirate come delle statue. Le luxury shoes hanno fatto il giro del mondo e conquistato tantissime donne che ne sono rimaste affascinate all’istante, trasformandosi in un trend internazionale.
Può un prodotto rendere la vita migliore e regalare delle emozioni uniche? Talvolta si preferisce un paio di scarpe con tacco alto ad un uomo perché con loro si ha la certezza che rimarranno per sempre al proprio fianco.
Photo credits Versace Official website
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