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Vienna, il nuovo ritratto dell’Imperatrice Sissi va oltre la sua bellezza

Vienna presenta una nuova immagine dell’Imperatrice Sissi, un ritratto per andare oltre la sua bellezza.

L’iconico dipinto di Franz Xaver Winterhalter scompare. Al suo posto una poesia che racconta vicende di Sissi dimenticate. Fino a fine marzo al Museo di Sissi, all’Hotel Imperiale e al Museo del Mobile l’arte racconta attraverso le immagini una storia iconica.

L’Imperatrice Elisabetta, meglio conosciuta come Sissi, era certamente una precorritrice rispetto al suo tempo; ugualmente la sua immagine attuale è ormai superata. Negli ultimi 125 anni si è guardato soprattutto a elementi come la bellezza, la cura del corpo e la drammaticità della sua storia. Ma chi era la vera Sissi? Dal 1 marzo e fino a fine marzo al   Museo di Sissi –  nella Hofburg di Vienna –  ma anche all’Hotel Imperial e al Museo del Mobile il ritratto di Sissi assume nuove sembianze attraverso la poesia: una nuova luce sull’immagine che si è creata negli anni.

La Vienna dell’800 è indissolubilmente legata all’imperatrice Elisabetta
Il fascino che la avvolge è più attuale che mai e la sua storia viene continuamente riproposta, per soddisfare così un pubblico nuovo e globale. Dai noti e romantici film con Romy Schneider degli anni ‘50 all’“Imperatrice” – la nuova miniserie per Netflix – e al lungometraggio “Corsage”, ogni generazione ha creato la propria versione di Sissi. I riflettori però sono sempre stati puntati sugli stessi elementi: la sua bellezza, i suoi abiti, la depressione, i disturbi alimentari, gli eccessi sportivi, le sue presunte scappatelle e la ricerca dell’eterna giovinezza.

Vienna, il ritratto dell’Imperatrice Sissi
Vienna, visitatori al Museo di Sissi

La vera donna, imperatrice e madre, è rimasta sempre più sullo sfondo

Sebbene abbia lasciato un’eredità incredibile, la si ricorda solo per l’aspetto esteriore e i drammi. « Per la giovane Sissi il concetto di bellezza non esisteva. Appena giunta alla corte di Vienna comprese che ciò che ci si aspettava da lei era solo questo. Il suo aspetto fu strumentalizzato. A dipingere il celebre ritratto dell’imperatrice del 1865 fu Franz Xaver Winterhalter, pittore iconico per il mito di Sissi che contribuì a diffondere la sua fama e bellezza in tutto il mondo», spiega Michael Wohlfart, curatore del Museo di Sissi. Proprio per smantellare quest’immagine superficiale e portare alla luce la vera personalità dell’imperatrice Elisabetta, la sua più famosa raffigurazione, la tela originale di Winterhalter, dal 1° marzo è stata ricoperta da un ritratto del tutto nuovo e particolare di Sissi. L’idea è quella di portare il visitatore a riflettere su chi era veramente questo iconico personale: andare oltre al concetto di bellezza. E allora ecco che emergono le sue conquiste, le sue qualità, le emozioni. “Sisi’s New Portrait” – questo il nome del progetto – lo fa mettendo in mostra una poesia essenziale e minimalista che racconta vicende riguardanti l’imperatrice che sono andati perse dietro alla sua immagine.

L’Ente per il Turismo di Vienna promuove quest’iniziativa in cooperazione con il Museo di Sissi, il Museo del mobile di Vienna – entrambe Istituzioni appartenenti allo Schönbrunn Group – e l’Hotel Imperial.
“Sisi’s New Portrait” è in mostra fino a fine marzo al Museo di Sisi, all’Hotel Imperial e al Museo del Mobile.

Ricordare le donne per la loro personalità. Non per il loro aspetto

Il nuovo ritratto, con la particolare veste grafica della poesia, porta a riflettere su ciò che si dà per scontato e a cambiare punto di vista. Chi osserva arriva con dei preconcetti che rapidamente cambiano quando si scoprono determinate azioni che fece nel corso della sua vita: il sostegno dei rifugiati e l’affermazione dell’autonomia del popolo ungherese.

Elfriede Iby, responsabile della sezione scientifica dello Schönbrunn Group dichiara: “Sissi era una precorritrice del suo tempo sotto molti aspetti. Era una donna strategicamente molto intelligente: anche se il suo parere “ufficialmente” non contava nulla, Sissi era perfettamente consapevole dell’effetto che i suoi gesti avevano sul pubblico. Le sue numerose poesie, una valvola di sfogo per affrontare questioni legate alla politica, alla società e alla famiglia in modo ironico e mirato, fanno luce sulle sue opinioni e sui suoi sentimenti”.

L’immagine della donna
Un tema più importante che mai, per il quale tanti si battono in tutto il mondo e che la Giornata Internazionale della Donna, l’8 marzo, ricorda in modo particolare. E non fu solo Sissi a essere ripetutamente etichettata nel corso degli anni. Il ritratto mette in discussione le basi di come viene percepita la figura femminile nella nostra società e la formula visuale evidenzia chiaramente che ancora oggi l’aspetto delle donne spesso mette in ombra i loro meriti e i talenti.

L’appello alla fine della poesia: “Remember women for who they were. Not for what they looked like”. Un monito questo che non si può mai ripetere abbastanza.

Vienna, il ritratto dell’Imperatrice Sissi
Vienna, il ritratto dell’Imperatrice Sissi

Norbert Kettner, Direttore dell’Ente per il Turismo di Vienna
«In occasione dell’8 marzo, la Giornata della Donna, che noi estenderemo all’intero mese, desideriamo offrire un palcoscenico ai talenti e alle eredità in ambito artistico, tecnico o sociale di straordinarie personalità femminili che operarono a Vienna. L’imperatrice Elisabetta è soltanto una delle numerose donne che per secoli sono rimaste nella memoria collettiva soprattutto per aspetti esteriori. ‘Sisi’s New Portrait’ ci propone una pioniera, il cui operato spesso è stato offuscato dall’immagine della sua persona nella pop culture. Vienna, la città in cui Sissi ha vissuto, operò e agì, oggi continua ad essere un grande polo d’attrazione per il pubblico, è certamente il luogo più consono per rendere omaggio alla vera eredità dell’Imperatrice».

Più di quello che si pensa: celebri donne viennesi
L’imperatrice Elisabetta è solo una delle donne la cui immagine mette in ombra spirito innovatore e lascito storico persino dopo la morte. Alma Mahler-Werfel, Hedy Lamarr, Emilie Flöge, Margarete Schütte-Lihotzky, tutte queste donne erano più che solo compagne, dive del cinema o muse. Erano pioniere, e il loro operato è rilevante ancora oggi. A marzo, per il Mese della Donna, l’Ente per il Turismo di Vienna punta i fari su queste eccezionali donne viennesi mettendole in scena in tutto il mondo sui suoi canali digitali. Anche il Museo della Tecnica di Vienna, che in occasione della 150esima ricorrenza dell’Esposizione Universale di Vienna ricorda il Padiglione delle Donne del 1873, si dedica al tema della “Visibilità della donna”. Questo tipo di esposizione allora del tutto nuovo, che per la prima volta diede spazio anche all’occupazione femminile nelle fasce popolari, funse da apripista per la visibilizzazione del mondo del lavoro femminile. La rassegna straordinaria fa parte di tutta una serie di appassionanti iniziative realizzate nel quadro di “Visione e ripartenza – 150 anni dall’Esposizione Universale di Vienna”, il tema dell’anno dell’Ente per il Turismo di Vienna.

La poesia
You want to see Sisi.
For her beauty, her glory, her victory.
You want to see Sisi.
For her dresses,
her hair, her excesses.
You want to see Sisi.
For the drama, the obsession,
the supposed depression.
But if you only see.
What you want to see.
You’ll fail to see.
That her legacy helps today’s refugees.
That she believed in people’s autonomy.
That she loved to learn.
That her convictions were stern.
You’ll fail to see.
That she suffered like the rest of us.
Like the best of us.
So, whenever you see
Sisi’s victory, glory, beauty.
Never again fail to see.
The real Sisi.
Remember women for who they were.
Not for what they looked like.

Credits
L’iniziativa è nata nel laboratorio creativo congiunto dell’Ente per il Turismo di Vienna e dell’agenzia Jung von Matt Donau. L’obiettivo di questo partenariato per l’innovazione è quello di sviluppare soluzioni comunicative fuori dagli schemi, che portino avanti “il brand di Vienna” e stabiliscano nuovi parametri di riferimento.

Photo credits Courtesy of Press Office

“Vita Dulcis”, al Palazzo delle Esposizioni di Roma arriva la mostra di Francesco Vezzoli

In programma a Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 22 aprile al 27 agosto 2023, curata da Francesco Vezzoli e Stéphane Verger, la mostra VITA DULCIS – ideata da Azienda Speciale Palaexpo, Museo Nazionale Romano e Studio Vezzoliprende spunto dalla più recente produzione dell’artista per proporre al pubblico un inedito e sorprendente percorso che accosta arte contemporanea, archeologia e cinema.

Negli ultimi anni, Francesco Vezzoli ha sviluppato la sua pratica artistica creando un ponte tra l’immaginario contemporaneo e la storia dell’arte. Una prassi che lo ha portato a rivolgere la sua poetica all’arte antica, al passato e alle sue icone, e a districarsi tra diversi linguaggi, in un gioco di riferimenti e mescolanze tra cultura classica – solenne, eterna – e cultura pop.

Francesco Vezzoli, “Vita  Dulcis”
Francesco Vezzoli, “Vita Dulcis”

La mostra pensata per il Palazzo delle Esposizioni vede l’intersezione di diversi livelli: l’arte contemporanea, la storia romana attraverso le opere provenienti dalle sedi del Museo Nazionale Romano e la rappresentazione che della storia romana è stata fornita attraverso il cinema nel corso del Novecento.

«Vita dulcis inaugura il nuovo corso dell’Azienda Speciale Palaexpo e rilancia in modo fattivo il ruolo del Palazzo delle Esposizioni come punto di riferimento per la produzione e ideazione di progetti espositivi inediti volti a riportare Roma al centro della scena culturale internazionale del contemporaneo. Con la mostra presentata oggi miriamo a un cambio di passo verso la realizzazione di questo disegno ambizioso che verrà portato avanti anche attraverso collaborazioni più incisive con istituzioni e artisti di livello mondiale come Vezzoli», dichiara Marco Delogu, presidente di Azienda Speciale Palaexpo.

«Il Museo Nazionale Romano è molto lieto di avviare una proficua collaborazione con l’Azienda Speciale Palaexpo, grazie alla quale il pubblico scoprirà, accanto ad alcuni dei capolavori noti del museo, molti oggetti poco conosciuti o addirittura mai visti, che abbiamo tirato fuori dagli ingenti depositi per l’occasione della mostra. Questi “Depositi (Ri)scoperti” prendono un significato particolare grazie alla visione straordinaria di Francesco Vezzoli, che proietta gli oggetti antichi in una prospettiva decisamente contemporanea: una doppia riscoperta quindi dei tesori del Museo Nazionale Romano grazie all’iniziativa proposta con grande lungimiranza da Marco Delogu», aggiunge Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano.

Francesco Vezzoli, “Vita  Dulcis”
Francesco Vezzoli, “Vita Dulcis”

VITA DULCIS è un progetto che vuole creare una nuova narrativa, presentando opere e reperti dell’arte classica romana in un percorso espositivo privo di quella “freddezza” e “lontananza” caratteristiche di molte esposizioni museali, per restituire al visitatore l’intensità vitale e la passione autentica che questi reperti sanno suscitare, immergendoli in un allestimento concettuale-scenografico suggestivo e inaspettato, che li mette in relazione con alcune opere recenti di Vezzoli che incorporano elementi d’epoca antica o che all’antico sono ispirate.

Il cinema è il completamento ideale del racconto di VITA DULCIS: tra tutte le arti visive, è stato il mezzo che più di tutti ha utilizzato e celebrato il periodo storico dell’antica Roma, sempre cercando di restituirne la verità, la passione, le storie, le psicologie, le atmosfere e i colori.

Fin dagli inizi della sua carriera da artista, Vezzoli ha celebrato la Settima Arte come “medium” privilegiato per l’interpretazione della realtà e come riferimento emotivo e narrativo più potente nel dibattito contemporaneo. E non è un caso che una delle sue opere più note, “Trailer for a Remake of Gore Vidal’s Caligula”, presentata alla Biennale di Venezia del 2005, unisca appunto in una citazione irriverente dei “peplum”, il cinema e l’antico per offrire una rappresentazione della degenerazione contemporanea del potere.

Francesco Vezzoli, “Vita  Dulcis”
Francesco Vezzoli, “Vita Dulcis”

È stato dunque per lui naturale accostare i reperti di epoca romana a spezzoni di film ambientati nell’antica Roma, creando un excursus parallelo sulla storia del cinema che parte da “Cabiria” del 1914 (il primo kolossal italiano, sceneggiato da Gabriele D’Annunzio), al “Satyricon” di Federico Fellini, fino alle incarnazioni più contemporanee, sia di produzione italiana che internazionale.

Il risultato è un intenso mosaico di opere classiche iconiche, sorprendenti reperti inediti, capolavori del cinema mondiale e un tocco di contemporaneità. Questa compresenza di livelli semantici è già particolarmente evidente all’ingresso della mostra, nella grandiosa “rotonda”, dove i visitatori sono accolti da una serie di opere provenienti dal progetto “24Hours Museum”, che Francesco Vezzoli ha prodotto nel 2012 in collaborazione con Prada per esser messo in mostra – per un solo giorno – nello storico Palais d’Iéna a Parigi.

Dopo 10 anni, vengono qui ripresentate per la prima volta sei grandi opere luminose (lightbox) del 24Hours Museum, con le quali Vezzoli ha reinterpretato alcune iconiche sculture romane, trasformandole in misteriose divinità che alludono a note dive contemporanee. Una “prefazione” al percorso espositivo, che vuole introdurre il visitatore in un viaggio immersivo nell’immaginario dell’Impero Romano, vissuto attraverso la bellezza e la vitalità dei tesori che provengono dal Museo Nazionale Romano, molti dei quali saranno mostrati al pubblico per la prima volta.

Immersi in una dimensione installativa, suggestiva e teatrale, disegnata dall’artista Filippo Bisagni, ed esaltati da un gioco di luci e ombre, di bianchi e neri, concepito da Luca Bigazzi (il più celebrato DoP italiano vivente, autore della fotografia di “Così ridevano”, “il Divo” e “La Grande Bellezza”, tra gli altri), i reperti e le opere contemporanee selezionati da Francesco Vezzoli e Stéphane Verger dialogano all’interno di un percorso complesso ed emozionante, fatto di stratificazioni e accostamenti di livelli estetici distanti, epoche diverse, arte colta e arte popolare, racconto del potere e fotografia della vita “reale”.

Intorno alla Sala Rotonda di Palazzo delle Esposizioni si sviluppano sette sale tematiche, ognuna dedicata a un aspetto peculiare della storia dell’Impero Romano, senza alcuna pretesa di realizzare un’analisi scientifica completa o omnicomprensiva, ma piuttosto con l’intento di suggerire una visione alternativa, più “obliqua”, dei temi più vivi e appassionanti – e per questo ancora molto contemporanei – che questi reperti archeologici ci ispirano da più di duemila anni.

La prima sala, intitolata PARA BELLUM, è dedicata al tema della guerra e al culto della potenza del corpo maschile, inteso nella sua duplice accezione di difensore armato e protettore di valori estetico-morali.Un ritratto di Alessandro Magno da Palazzo Massimo, una Testa del Dio Marte e un torso monumentale dell’Imperatore Domiziano vestito da Ercole combattente, dai depositi delle Terme di Diocleziano, verranno messi in relazione con una re-interpretazione del mito di Achille e Pentesilea.

La seconda sala ANIMULA VAGULA BLANDULA è dedicata a un tema molto vicino al cuore della produzione artistica di Francesco Vezzoli: il culto di Antinoo fondato dall’Imperatore Adriano, come definitiva creazione culturale ed estetica della passione amorosa. L’iconico Busto di Antinoo, dalla Collezione Boncompagni Ludovisi di Palazzo Altemps, è al centro di un’installazione concepita come rappresentazione dell’ossessione sentimentale, della moltiplicazione e stratificazione artistica.

Francesco Vezzoli, “Vita  Dulcis”
Francesco Vezzoli, “Vita Dulcis”

La terza sala DUX FEMINA FACTI vuole evidenziare l’importanza della celebrazione della donna, imprescindibile nella cultura romana. La figura femminile verrà qui rappresentata in tutte le sue personificazioni, dalle più aggressive e minacciose (Testa di Medusa) alle più fisiche e passionali, (le Dee, come Venere e Diana), dal ritratto di una Matrona all’installazione di 75 sculture di uteri ex-voto.

La quarta sala, intitolata CERTA OMNIBUS è dedicata al culto dei defunti, molto sentito nell’antica Roma. Un culto che si manifestò in varie forme nell’arte e che qui viene rappresentato con un’imponente installazione di circa 50 lapidi funerarie in marmo, provenienti dai depositi delle Terme di Diocleziano.

Fellini Satyricon” (1969), capolavoro assoluto del cinema mondiale, dà lo spunto centrale al tema della quinta sala, RIDENTEM DICERE VERUM. La celebre sequenza della cena di Trimalcione fa da sfondo a un’installazione di sculture (teste e busti di personaggi storici) apparecchiate come in un banchetto dionisiaco, al cui centro appare una delle opere più riconoscibili e iconiche del Museo Nazionale Romano: l’Ermafrodito dormiente del II sec. a.C.

Due imponenti e suggestive soluzioni installative illustrano il tema delle ultime due sale: la celebrazione del potere imperiale e la forza distruttiva della sua degenerazione.

La sesta sala UBI POTENTIA REGNAT ospiterà una sequenza di ritratti di imperatori romani, appartenenti alla collezione di Palazzo Massimo, mentre nella settimana e ultima sala della mostra, MIXTURA DEMENTIAE, dedicata alla caduta dell’impero, una serie di preziosi frammenti e reperti, molti dei quali provenienti dalla sede di Crypta Balbi, sono di contrappunto alla proiezione di “Trailer for a Remake of Gore Vidal’s Caligula” (2005), un segno con cui Francesco Vezzoli intende, a conclusione del percorso espositivo, chiudere un cerchio su questa parte della sua ricerca artistica dedicata allo studio, la citazione e l’intersezione di opere antiche e di opere contemporanee. Una ricerca che nella mostra VITA DULCIS trova il suo compimento attraverso la prossimità e la ri-narrazione della Storia, qui riplasmata nella resa memoriale e sensibile dell’artista.

La mostra è promossa dal Ministero della Cultura, Roma Culture, Azienda Speciale Palaexpo e Museo Nazionale Romano ed è organizzata da Azienda Speciale Palaexpo.

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Ligabue e Van Gogh, il confronto tra i loro autoritratti al Palazzo Bonaparte di Roma

“Antonio Ligabue: il van Gogh con la moto rossa”: questo il titolo dell’articolo del 12 marzo 1961 comparso su “Epoca” a firma dalla giornalista, saggista e scrittrice italiana Grazia Livi a seguito alla memorabile mostra alla Barcaccia di Roma presentata da Giancarlo Vigorelli. L’esposizione romana consacrava il lavoro di Antonio Ligabue e veicolava per la prima volta, oltre i confini emiliani, l’asprezza espressionista del pittore di Gualtieri.

Oggi, in occasione della mostra Antonio Ligabue (che aprirà al pubblico il prossimo 25 marzo al Castello aragonese di Conversano), dal 1 al 12 marzo, presso la mostra “Van Gogh. Capolavori dal Kröller-Müller Museum” a Palazzo Bonaparte di Roma sarà ospitato un dialogo del tutto inedito tra due Autoritratti proprio dei due artisti, così tanto distanti quanto simili per destino e voglia di riscatto.
Un confronto ideato da Francesco Negri per onorare il lavoro svolto dal padre Sergio nel corso della sua vita.

Antonio Ligabue, Autoritratto con berretto da motociclista, s.d. (1954 - 1955). Olio su tavola di faesite, cm 80x70. Collezione privata
Antonio Ligabue, Autoritratto con berretto da motociclista, s.d. (1954 – 1955). Olio su tavola di faesite, cm 80×70. Collezione privata

Potrebbe risultare difficile immaginare delle affinità, o anche solo dei semplici punti di contatto, tra due autori tanto diversi: se Van Gogh è dotato di uno spirito superiore che lo porta oltre il reale e nella sua arte è riscontrabile una matrice letteraria, Ligabue mette il suo istinto davanti alla natura e avvia un convulso e furioso dialogo con il colore.

E proprio nell’uso del colore, nell’inquietudine inesorabile che li pervade e in quel disadattamento personale che riescono a superare solo dipingendo vanno ricercati i motivi di tangenza tra i due artisti, al di là della tecnica pittorica e di quanto abbiano rappresentato sulla tela.
Più l’anima è straziata, più i colori diventano brillanti.

Vincent in una lettera alla sorella Willemien scrive: “Più divento brutto, vecchio, cattivo, malato e povero, più desidero riscattarmi facendo colori brillanti, ben accostati e splendenti” e lo stesso vale per Ligabue, il cui animo soffocato dal dolore si libera dagli incubi che ha dentro, avviando un convulso e furioso dialogo con il colore, creando capolavori di un’arte primitiva e istintiva e di una brutalità senza filtri.
Van Gogh e Ligabue, esclusi da una società creata dagli uomini, condividono una solitudine senza appigli che riesce a scongiurare la disperazione solo attraverso la pittura.
Non stupisce dunque, come documenta questo confronto, che entrambi sentano la necessità di riprodurre la propria immagine più volte, come a voler dare prova della loro esistenza in un mondo che li ha emarginati e con lo sguardo penetrante rivolto allo spettatore.

Vincent van Gogh, Autoritratto, Parigi, aprile – giugno 1887. Olio su cartone, cm 32,8x24. © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands
Vincent van Gogh, Autoritratto, Parigi, aprile – giugno 1887. Olio su cartone, cm 32,8×24. © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

“Dialoghi o conflitti fra la coscienza e la percezione visiva del proprio volto … Ed è proprio in questo senso che alcuni dei grandi espressionisti, oltre a Van Gogh, hanno analizzato se stessi davanti a queste superfici dipingendo decine e decine di autoritratti, con l’intento di riversare in essi le angosce e i tormenti che li affliggevano” scrive Sergio Negri, il maggior esperto di Antonio Ligabue, nel catalogo generale dei dipinti a sua cura edito da Electa nel 2002.

Ragione e istinto; conoscenza raffinata e foga animale; un’unica disperata solitudine. I due artisti sono accomunati da un’unica disperata solitudine, uno stato generato dalla disillusione di credere alla bontà della natura, entrambi vedono l’universo per quello che è e ne dipingono la brutalità senza filtri.

Due artisti che, seppur in maniera diversa, col proprio linguaggio e proprie opere sono stati in grado ugualmente di penetrare l’anima e di nutrire la fantasia degli spettatori.

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“Pianeta Mare”, alla Mole Vanvitelliana di Ancona la mostra fotografica con gli scatti d’autore di Yann Arthus-Bertrand e Brian Skerry

È stata presentata  la mostra fotografica di Yann Arthus-Bertrand e Brian Skerry “Pianeta Mare”,  per la prima volta in Italia nelle sale della Mole Vanvitelliana di Ancona, dal 25 febbraio al 25 giugno 2023, che racconta la bellezza del nostro pianeta Blu e suscita una riflessione sull’urgenza di preservarlo e sui modi di viverlo

L’esposizione – promossa dal Comune di Ancona con la collaborazione dellaFondazione Goodplanet e di Contemplation, e organizzata da Rjma Progetti culturali offre al pubblico l’opportunità di riscoprire la forte e primordiale relazione tra l’uomo e il mare. I punti di vista dei due fotografi, uno dal cielo e l’altro dalle profondità marine, si rincorrono in 70 straordinarie fotografie d’autore sul nostro Pianeta Mare.

Spiaggia d’Ipanema, Rio de Janeiro, Brasile Ipanema Beach, Rio de Janeiro, Brazil © Yann Arthus-Bertrand
Spiaggia d’Ipanema, Rio de Janeiro, Brasile
Ipanema Beach, Rio de Janeiro, Brazil
© Yann Arthus-Bertrand

«Non esiste luogo più adatto della Mole di Ancona per ospitare Pianeta Mare, una mostra d’arte e di cura che intreccia i fili del legame infinito tra l’essere umano e l’elemento più importante del pianeta: l’acqua. Uso il termine cura perché il primo effetto di questa straordinaria mostra è quello di creare un’affezione nuova tra chi la visita e il mare, un sentimento, un amore. Ed è l’amore il presupposto della cura»,  sono le parole dell‘assessore alla Cultura del Comune di Ancona Paolo Marasca.

Quando gli astronauti hanno potuto vedere la Terra dallo spazio si sono resi conto che il nostro è un pianeta Blu, innanzitutto perché le acque degli oceani occupano i due terzi della superficie. Il Mare produce il 50% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe un terzo delle nostre emissioni di CO2. Gli oceani sono la principale fonte di proteine per circa un miliardo di persone e le attività direttamente o indirettamente legate alla pesca impiegano circa 200 milioni di persone nel mondo. È nel Mare che sono apparse le prime forme di vita, un miliardo di anni dopo la formazione degli oceani. E fino a 250 milioni di anni fa la vita sul pianeta è stata dominata da creature marine, dai batteri fino ai grandi cetacei. Il corpo umano è costituito per il 60% di acqua e contiene la stessa percentuale di sale dell’Oceano. L’Uomo e il Mare sono intimamente legati.

Un gobbio limone alla finestra del suo riparo, una vecchia latina, Isola di Honshū, Giappone Clown goby in its shelter (an old soft drink can), Honshu, Japan   © Brian Skerry
Un gobbio limone alla finestra del suo riparo, una vecchia latina, Isola di Honshū, Giappone
Clown goby in its shelter (an old soft drink can), Honshu, Japan
© Brian Skerry

Negli scatti di Yann Arthus-Bertrand e Brian Skerry, dunque, non scopriamo solo le bellezze degli Oceani ma anche l’importanza e la necessità di tutelare il Mare quale patrimonio dell’umanità. Nelle foto in mostra, tutte a colori e in grandi formati, sarà possibile osservare da vicino e in modo inedito, la ricchezza e la varietà di ambienti marini e costieri, di specie animali e vegetali. Ma oltre a presentare alcune delle più̀ belle foto dedicate al mondo del Mare, la mostra mette in evidenza l’impatto dell’uomo, che è nello stesso tempo la causa e la soluzione di tutti i problemi che si sono ormai determinati. Basti pensare alle plastiche, ai cambiamenti climatici, all’inquinamento, all’ipersfruttamento. La mostra mette in scena la bellezza degli oceani, la loro diversità̀, la loro utilità̀, i pericoli che li minacciano e le soluzioni che si possono apportare.

Banco di tonni, Mar Mediterraneo Shoal of tuna, Mediterranean Sea © Brian Skerry
Banco di tonni, Mar Mediterraneo
Shoal of tuna, Mediterranean Sea
© Brian Skerry

Gran parte del mondo marino ci è ancora sconosciuto eppure l’impronta dell’uomo è percepibile ovunque. Nel Summit della Terra, Rio de Janeiro 1992, la salvaguardia dei nostri Oceani era unanimemente considerata come una priorità. A 30 anni da quella Dichiarazione c’è ancora molto da fare, e come dice lo stesso Yann Arthus-Bertrand  «Sia io che Brian Skerry abbiamo visto la bellezza del mondo e, per proteggerla, abbiamo deciso di esserne testimoni. Poiché́, anche se è cambiato e molte minacce pesano sul suo futuro, il nostro resta un Pianeta magnifico. E dire la sua bellezza è suscitare, forse, lo slancio che permetterà̀ di preservare il nostro pianeta blu. Il nostro Pianeta Mare».

Yann Arthus-Bertrand è noto per le spettacolari fotografie aeree del progetto fotografico, “La Terra vista dal Cielo”. Il libro e la mostra che ne sono derivati hanno conosciuto uno straordinario successo mondiale. È inoltre l’autore della serie di documentari “Vu du ciel”, del lungometraggio “Home”, di “Pianeta Oceano” (con Michel Pitiot) e di “Human”, un film che parla all’umanità. Pittore della Marina francese, è anche Ambasciatore di buona volontà del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (PNUE) e Presidente della Fondazione GoodPlanet.

Brian Skerry è un fotografo americano, specializzato nella biodiversità sottomarina. Ha fatto immersioni per più 10.000 ore in tutti gli oceani e realizzato più di 20 servizi per la rivista del National Geographic.

Il Cuore di Voh, Isola Grande Terre, Nuova Caledonia, Francia The Heart of Voh, New Caledonia, France © Yann Arthus-Bertrand
Il Cuore di Voh, Isola Grande Terre, Nuova Caledonia, Francia
The Heart of Voh, New Caledonia, France
© Yann Arthus-Bertrand

Della mostra fa parte anche “Pianeta Oceano”, un film documentario realizzato da Yann Arthus-Bertrand e Michael Pitiot, accorato appello rivolto all’umanità per il rispetto del mondo in cui viviamo. Grazie alle immagini aeree mozzafiato di Yann Arthus-Bertrand e a quelle dei migliori operatori subacquei, il film ci conduce in un viaggio inedito. Dal plancton alle balene, dai pescatori della Papuasia Nuova Guinea ai portacontainer che fanno la spola tra la China e gli Stati Uniti, dalle metropoli sulla costa alle spiagge più frequentate dai vacanzieri, il film ci ricorda che siamo tutti abitanti di uno stesso pianeta.

Tutte le foto in mostra sono accompagnate da testi descrittivi in italiano e in inglese e il percorso espositivo è arricchito da suggestive istallazioni. Pianeta Mare propone un ampio programma di iniziative didattiche rivolte in modo particolare ai giovani, realizzate da Macchine Celibi: visite guidate e laboratori per le diverse fasce scolastiche, collegate alle materie di studio, ma anche visite guidate per gruppi e per famiglie, con partenze programmate.

Creation è partner tecnico per la parte di comunicazione e la libreria Fagola di Ancona cura il bookshop in mostra. Radio Monte Carlo è la radio ufficiale della mostra.

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Andy Warhol, a Roma la mostra “Flesh: Warhol & The Cow” con i ritratti di Regina Schrecker musa del genio della Pop Art

In seguito ai grandi consensi dell’ esposizione precedente, che ha registrato oltre 14mila visitatori arrivati da Roma, ma anche da tutta l’Italia e da ogni parte del mondo, riapre al pubblico la mostra di Andy Warhol “Flesh: Warhol & The Cow”. Il vernissage  si terrà sabato  4 marzo, alle ore 17.00, in via Giovanni l’Eltore 35 (traversa di via Cristoforo Colombo) presso il nuovo Spazio Culturale della Vaccheria di Roma Capitale nel IX Municipio presieduto da Titti Di Salvo.

Vaccheria Roma, mostra Andy Warhol “Flesh: Warhol & The Cow”
Vaccheria Roma, mostra Andy Warhol “Flesh: Warhol & The Cow”

Collocato nel paesaggio urbano contemporaneo dell’Eur e nato dalla convenzione urbanistica “Eur – Castellaccio”, la Vaccheria è un casale storico, uno spazio straordinario con una superficie complessiva di quasi 1.800 metri quadri completamente ristrutturato, trasformato in un centro culturale, inaugurato a settembre del 2022 con la mostra di Andy Warhol.

Vaccheria Roma, mostra Andy Warhol “Flesh: Warhol & The Cow”
Vaccheria Roma, mostra Andy Warhol “Flesh: Warhol & The Cow”

Il progetto espositivo sarà arricchito con l’inserimento di nuove e importanti opere tra le quali brilleranno i due ritratti della Fashion Designer Regina Schrecker che è stata soggetto ispiratrice del Maestro Andy Warhol, padre indiscusso della Pop Art.

Regina Schrecker, al tempo “Lady Universo”, icona di bellezza e di eleganza, interverrà per  presentare i due suoi quadri, a lei dedicati da Warhol e racconterà del loro incontro a New York e dei momenti in cui, nella magia della famosa Factory, il Maestro scattava tante polaroid, ispirato dalla visione artistica della Pop Art. Le foto in bianco e nero, anch’esse in mostra, documentano e ci riportano al rapporto di amicizia e di ammirazione che si era stabilito tra di loro.

Vaccheria Roma, mostra Andy Warhol “Flesh: Warhol & The Cow”
Vaccheria Roma, mostra Andy Warhol “Flesh: Warhol & The Cow”

Per questa esposizione  Schrecker, in collaborazione con il designer Pino Masci, propone anche un’originale rappresentazione delle sue due tele, esaltate nella teatralità delle sculture/cavalletti che le sospendono. È rappresentata così quella contaminazione artistica che solo la visione poliedrica dell’ Arte può realizzare.

Sarà anche l’occasione per Regina di annunciare l’expo dedicata alla sua carriera artistica di modella, costumista e fashion designer che aprirà i battenti il 28 aprile 2023 nella magnifica sede museale della “Collezione Zerbinati” di Villa Morosini a Polesella (Rovigo), alla presenza del sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi.

Vaccheria Roma, mostra Andy Warhol “Flesh: Warhol & The Cow”
Vaccheria Roma, mostra Andy Warhol “Flesh: Warhol & The Cow”

L’esposizione “Flesh: Warhol & The Cow”, a cura di Giuliano Gasparotti Francesco Mazzei, e nata grazie alla collaborazione con Gianfranco Rosini, fondatore della “Collezione Rosini Gutman” di Andy Warhol, sarà aperta al pubblico fino a sabato 1° aprile.

 

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“Vogia de carnoval”, alla Rhinoceros Gallery di Roma l’esperimento espositivo che svela il fascino di Venezia

Nella rhinoceros gallery di palazzo rhinoceros a Roma, con la linea artistica di Raffaele Curi, arriva un’esperienza visionaria sin dall’esterno del palazzo dove, grazie a una grande proiezione, i visitatori entrano immergendosi nel mare.

L’incanto di Venezia, città antica e futuribile, sacra e licenziosa, ammalia Roma con Vogia de carnoval, l’esperimento espositivo realizzato grazie ai contenuti forniti dalla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, che si può visitare sino al 30 aprile con ingresso gratuito in via del Velabro 9A, negli spazi di rhinoceros, il polo culturale affacciato sull’Arco di Giano, ideato da Alda Fendi e progettato da Jean Nouvel.

Dopo il Pollaiuolo degli Uffizi, il Michelangelo, El Greco e il Picasso dell’Ermitage e il Picasso delle Collezioni Intesa San Paolo, la Fondazione Alda Fendi – Esperimenti si immerge in un sogno a occhi aperti su Venezia, ricco di suggestioni variegate, orchestrate in un crescendo volto a evocare il ruolo di crocevia di culture che la Serenissima ha ricoperto nella storia e nell’immaginario collettivo.

Protagonista di Vogia de carnoval è la scrittrice iraniana Azar Nafisi, autrice del bestseller Leggere Lolita a Teheran (Adelphi), con un’intervista in esclusiva girata all’interno di rhinoceros e ambientata in una preziosa scenografia di San Marco a Venezia. Nell’intervista, che il pubblico può ascoltare all’interno del percorso espositivo, Azar Nafisi parla del suo rapporto privilegiato con Venezia, soffermandosi su un quadro di Tintoretto: L’Annunciazione. La scrittrice pensa alla Vergine come vittima di uno stupro, portando all’interno della mostra il tema delle proteste in Iran. Azar Nafisi e Alda Fendi: protagoniste del femminile contro ogni violenza.

Da sinistra Alda Fendi e Azar Nafisi
Da sinistra Alda Fendi e Azar Nafisi

DAL MOSE A GIOVANNI BELLINI, PASSANDO PER GOLDONI

Nella fantasticheria di un carnevale permanente immaginata da Raffaele Curi, che non segue le logiche dei calendari e l’avvicendarsi delle stagioni ma abita un tempo eccezionale (anche se storicamente il Carnevale iniziava a Venezia il 27 dicembre!), tutto è possibile: persino immergersi nel mare rimanendo perfettamente asciutti. Così avviene all’ingresso di rhinoceros, grazie a una proiezione che avvolge l’edificio nelle onde, senza bagnare il pubblico. È la stessa magia che fa il Mose, il MOdulo Sperimentale Elettromeccanico che, azionando un sistema di dighe mobili, mette in salvo Venezia dall’acqua alta, un’opera ingegneristica applaudita in tutto il mondo per la sua efficacia. Il Mose è protagonista artisticamente anche all’interno del palazzo: all’inizio del percorso espositivo una videoinstallazione lo vede danzare sulle note della Cenerentola di Gioacchino Rossini, in una perfetta corrispondenza tra gli alti e i bassi rossiniani e il flusso delle maree. Il mare culla il desiderio di un carnevale fuori stagione e, dai progressi tecnologici del presente, si passa ai fasti della Venezia del passato, per poi proiettarsi verso l’arte del futuro.

Un omaggio a Carlo Goldoni, disseminato su tutti i livelli espositivi del palazzo, risuona di echi felliniani. Da una parte i titoli delle commedie del drammaturgo diventano oggetto di un’installazione sonora che fa rimbalzare sulle pareti l’arcobaleno dei colori dell’abito di Arlecchino, mentre risuonano le voci della commedia Una delle ultime sere di Carnovale, dall’altra viene proiettata la sequenza della bambola meccanica tratta dal Casanova di Federico Fellini, con la musica di Nino Rota che riempie l’ambiente. La visione del volto di Donald Sutherland, protagonista della pellicola del 1976, si moltiplica in modo prospettico nell’installazione all’interno del cavedio nero.

Finzione o realtà? Originale o copia? Le domande risuonano lungo il percorso espositivo immaginato da Raffaele Curi. Il cuore dell’esperimento è la citazione della grande tradizione pittorica veneta con le opere della Fondazione Querini Stampalia. Dopo gli Uffizi, la National Gallery, la Pinacoteca di Brera e la Galleria nazionale delle Marche, rhinoceros gallery per la prima volta a Roma porta un DAW®, ovvero un Digital Artwork realizzato da Cinello su suo brevetto. Si tratta di una tecnologia innovativa che riproduce un dipinto antico creando allo stesso tempo una nuova opera digitale originale. Il visitatore ammira la Presentazione al Tempio dipinta nel 1460 da Giovanni Bellini e custodita dalla fondazione veneziana.“Io son colei che mi si crede”, recita intorno al DAW® la voce di Rossella Falk: una battuta di Così è (se vi pare)La rhinocerosgallery abbraccia la sfida del digitale e delle nuove tecnologie che amplificano le possibilità dell’opera d’arte. In questo gioco che porta il visitatore dentro e fuori le dimensioni del sogno e dell’illusione, in un continuo interscambio tra la realtà e il suo doppio, tra la copia e l’originale, si mettono a confronto la Presentazione al Tempio di Bellini con l’opera dello stesso soggetto dipinta nel 1455 dal cognato Andrea Mantegna, conservata alla Gemäldegalerie di Berlino. L’incantesimo lagunare prosegue, ai piani superiori, con le vedute di Gabriel Bella e le scene veneziane di Pietro Longhi, fino ad arrivare alla terrazza panoramica che ricorda ai visitatori di essere invece al centro di Roma.

BLACK VENICE E IL DRAMMA DEGLI SBARCHI

In occasione dell’inaugurazione della mostra, rhinoceros gallery ospita BLACK VENICE, unaction di Raffaele Curi. Utilizzando gli strumenti della meraviglia e del sogno, il pubblico è portato a fare una riflessione attualissima sulla negritudine e sulla presenza dell’altro nella società contemporanea. Al centro dello spazio espositivo campeggia il grande rinoceronte ideato da Curi (già finalista per il Compasso d’oro nel 2020); sul suo dorso è seduta una dama abbigliata con un abito settecentesco, immobile come una statua, evocante il celebre dipinto Il rinoceronte di Pietro Longhi del 1751 di Ca’ Rezzonico.

Rhinoceros Gallery Roma, “Vogia do carnival”
Rhinoceros Gallery Roma, “Vogia de carnoval”

Le spalle della dama sono coperte da un foglio termicoLa performer è una naufraga contemporanea e insieme la Madonna di una bizzarra fuga in Egitto. Con questa immagine evocativa, l’oro della pittura sacra si fa umanissimo e parla dell’attualità e delle sue urgenze. I ruoli sono tuttavia invertiti: è una personificazione muliebre dell’Occidente a essere soccorsa e aiutata da chi oggi invece si trova a chiedere aiuto. Intorno alla dama agisce infatti una figura maschile di pelle nera con un turbante in testa (Re? Veggente? Mago? O esclusivamente sostegno?), senza mai sfiorarla e senza parlare. In silenzio, per tutta la sera il performer è intento a tracciare dei segni per terra: sono simboli di compartecipazione e solidarietà. Mentre il sortilegio si va compiendo, nello spazio si diffonde l’overture dell’Otello di Gioacchino Rossini, inframezzata da una citazione dall’Otello William Shakespeare che incomincia con le parole: “Il moro di Venezia è franco e leale”. Dopo l’inaugurazione, dell’action rimangono solo gli elementi inanimati e il pubblico si trova davanti a un’installazione con il rinoceronte, la coperta termica sul suo dorso e i simboli tracciati per terra.

È Venezia con la sua storia e l’insurrezione gioiosa del suo carnevale a offrire una chiave di lettura importante per i temi dell’accoglienza e della multiculturalità che si fanno pressanti nelle società occidentali contemporanee. Sin dal primo Rinascimento, nell’iconografia della pittura veneziana sono presenti mori, moretti e africani di pelle nera, come testimoniano gli studi di Giovanna Nepi Scirè, già Soprintendente speciale per il Polo Museale VenezianoSiamo di fronte a persone integrate nella cultura e nella società veneziana, come la balia che Lorenzo Lotto nel 1523 colloca nella pala di Santa Lucia di fronte al tiranno Pascasio o il giovane paggio con una raffinata veste a strisce che Tiziano ritrae al fianco di Laura Dianti. Non solo schiavi o servitori, possono anche essere ambasciatori presso la Repubblica di Venezia, come il protagonista del Ritratto di Moro dalla bottega di Domenico Tintoretto, vestito all’europea, con un plico di lettere alla sua destra che allude al suo ruolo diplomatico. Senza dimenticare l’Otello shakespeariano. Nel Settecento poi “nero è bello”, come recita il titolo di una mostra tenuta ad Amsterdam nel 2008 e come testimoniano la splendida allegoria dell’Africa di Rosalba Carriera e numerose opere di Giambattista Tiepolo. Il paggio di colore diventa nel Settecento uno status symbol che, con il fasto della sua divisa, sanciva la ricchezza e il prestigio dei proprietari. Così lo ritroviamo nel dipinto La lettera del moro di Pietro Longhi, vestito con un’elegantissima marsina rossa bordata di pelliccia, mentre consegna una missiva a una dama. Queste figure di un altro tempo si specchiano negli sguardi delle persone che incontriamo ogni giorno per strada e sono il punto di partenza di una riflessione sul presente, mescolando i segni dell’arte con i temi dell’attualità più incalzante.

«La Fondazione Alda Fendi – Esperimenti porta Venezia a Roma. Venezia multiculturale, con la sua storia ci insegna l’apertura nei confronti dell’altro e la convivenza fra i popoli. Venezia misteriosa, con le sue maschere ci invita ad abitare un carnevale senza tempo», spiega Alda Fendi,

«Nei mesi della mostra rhinoceros gallery ospita un caleidoscopio di ricordi letterari, pittorici, cinematografici; immagini performative e la proposta rivoluzionaria di un’arte antica che, attraverso la tecnologia, si fa contemporanea», sottolinea  Alessia Caruso Fendi.

«Nigra sum sed formosa. Il Cantico dei Cantici risuona in Black Venice in un’armonia dorata tra la quiete e il suo doppio – labirintico o soave?», aggiunge Raffale Curi.

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“Alla luna”, a Roma un omaggio alla luce riflessa negli spazi di Substratum Galleria

SUBSTRATUM G A L L E R I A, spazio relazionale tra design, arte e pratiche contemporanee, è un progetto che nasce dall’idea di ricreare un ambiente “interiore” e familiare in cui il concetto di arredo interno si armonizzi con le opere di artisti contemporanei che, di volta in volta, interagiranno con lo spazio capitolino.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Condurre i visitatori in un altrove dimenticato, un sotto che riemerga sopra, immersi in un’atmosfera raffinata e intima in cui ritrovarsi e ritrovare insieme, a ogni appuntamento, il senso di una cultura e umanità perduta attraverso pratiche artistiche che intervalleranno il periodo espositivo.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Il primo tema del format quadrimestrale di SUBSTRATUM G A L L E R I A si ispira Alla Luna, un omaggio alla luce riflessa attraverso un progetto esperienziale che ci mette in relazione, tra design, arte contemporanea e spazi interni, visibili e invisibili.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Perché la luna? Perché qui vengono raccolte tutte le cose perse dagli uomini sulla Terra, beni materiali ma soprattutto morali.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Come Astolfo nell’Orlando Furioso vogliamo intraprendere il nostro viaggio verso il regno della Luna per recuperare il senno e…il senso delle cose che siamo e facciamo. In questo omaggio al corpo celeste che da sempre ha ispirato artisti, poeti e scrittori, c’è il filo della poesia che attraversa SUBSTRATUM G A L L E R I A: le opere di Virginia Carbonelli, artista romana specializzata in calcografia e tecniche di stampa tradizionale e sperimentale, disegnano un unicum spaziale che evoca e celebra il disco lunare.

“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma
“Alla luna”, Substratum Galleria di Roma

Dal cerchio Universi ci si sposta con eleganza verso Fase Lunare, per poi convergere centralmente accolti dalla luce della grande Moon di Davide Groppi che dolcemente ci invita ad accomodarci sulle intriganti sedute di Kartell; così predisposti raccogliamo le parole di Luna, piccoli segni celesti incisi su carta, la stessa che ritroviamo nella impalpabile installazione della Carbonelli che ci riporta alla sospensione. Siamo nello spazio e sulle Nuvole…ed è forse in questa dimensione visionaria e onirica che tutto può accadere, ma solo se davvero lo desideriamo.

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Aleph Rome Hotel, una galleria d’arte nel cuore della Capitale

L’Aleph Rome Hotel, Curio Collection by Hilton, raffinata struttura nel cuore di Roma, prosegue il suo percorso attraverso l’arte con una nuova imperdibile mostra.

Dopo il successo delle precedenti esposizioni dedicate alle opere di Tommaso Cascella, Giuseppe Modica e di Pino Procopio, l’Aleph Rome Hotel inaugura ora la mostra curata da Gabriella Perna con una selezione tratta dalla collezione de La Galleria d’Arte Purificato.Zero.

La mostra all’Aleph Rome Hotel
La mostra all’Aleph Rome Hotel

La Galleria vanta un’attività storica, che prende vita già dagli anni Settanta, e svolge una costante e vivace promozione culturale nella realtà nazionale ed internazionale. Il sostegno di artisti di grande talento è il principale obiettivo che viene costantemente perseguito da Pino Purificato, e sarà la linea conduttrice anche in questa occasione per la mostra presso l’Aleph Rome Hotel, Curio Collection by Hilton a cura di Gabriella Perna.

Il perfetto risultato estetico, la più alta qualità e una rigorosa professionalità accompagnano da sempre le iniziative della Galleria, che esprime il meglio della produzione dei nostri tempi. Ogni opera selezionata dalla Galleria Purificato.Zero, risponde a criteri esclusivi e di particolare valore, frutto di controlli e garanzie che offrono il massimo dei risultati.

Giovanni Tommasi Ferroni, Elena Tommasi Ferroni e Maya Kokocinski, che espongono alcuni loro lavori in questa occasione, sono il magistrale esempio di autori dalle grandi doti che hanno raggiunto l’eccellenza nella loro arte pittorica, con alle spalle un passato familiare artistico che ne ha sicuramente segnato il passo.

La mostra all’Aleph Rome Hotel
La mostra all’Aleph Rome Hotel

Un meraviglioso percorso espositivo di sette opere, due opere di Elena Tommasi Ferroni: “Guarda adesso il mio cappello (dal Don Giovanni di Mozart)”, Olio su tela, cm 80×100 e “La scarpetta rossa (Cenerentola)”, Olio su tela, cm 80×90; tre opere di Giovanni Tommasi Ferroni: “Variazione sul tema di Antiope”, Olio su tela, cm 70×100, “Il ratto d’Europa”, Olio su tela, cm 70×100 e “Paesaggio iperrealista con visione mistica”, Olio su tela, cm 50×70. Infine, due opere di Maya Kokocinski Molero: “Pensieri lontani”, Olio su tela, cm70x100 e “L’indovino”, Olio su tela, cm 50×65.

Valeria Fruscio, direttore generale dell’Aleph Rome Hotel ha dichiarato:“Sono entusiasta di accogliere la mostra di questa importante Galleria d’Arte, così che i nostri ospiti possano essere coinvolti dall’idea del bello che le opere in mostra trasmettono. Mentre percorreranno la lobby dell’hotel, vivranno un momento di immersione nella cultura, per una riflessione profonda che vada al di là del senso estetico”.

Gli Artisti:

Giovanni Tommasi Ferroni discende da una famiglia d’arte. Suo nonno, padre, sorella e zio sono tutti pittori e scultori di talento e così porta avanti la tradizione di una famiglia di artisti che risale a molte generazioni. Da bambino frequentava regolarmente lo studio del padre, Riccardo Tommasi Ferroni, dove imparava a dipingere. I suoi dipinti rappresentano un mondo pieno di fantasia dove si uniscono spunti moderni ad elementi classici che fanno parte della sua cultura.

Elena Tommasi Ferroni, fin da giovane frequenta con l’atelier del padre, Riccardo Tommasi Ferroni, e con lui inizia a dipingere. Per definirla con una citazione del critico, storico dell’Arte Claudio Strinati, artista “[…] precisa ma disincantata osservazione della Realtà, con uno stile personalissimo e infallibile […] carico dell’autentico piacere del vedere oltre le apparenze immediate […]”.

La mostra all’Aleph Rome Hotel
La mostra all’Aleph Rome Hotel

Maya Kokocinski è un’artista cilena naturalizzata italiana, inizia nello studio del padre, il pittore figurativo Alessandro Kokocinski. La sua arte figurativa, legata all’utilizzo delle tradizionali tecniche pittoriche, sono alla base della sua poetica. Le atmosfere oniriche e le immagini sognanti rimandano alla grande pittura spagnola dei secoli passati. La poesia della sua pittura è stata celebrata da diversi premi e riconoscimenti nel corso degli anni.

La mostra è visitabile senza prenotazione fino al 16 aprile.

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Virgilio Sieni, l’artista toscano presenta in prima romana due delle sue nuove produzioni

Dopo lo straordinario successo dei due appuntamenti con il coreografo libanese Bassam Abou Diab, Diafanie. Materia e Luce, la stagione danza 2023 realizzata dal Centro Nazionale di Produzione della Danza ORBITA | Spellbound, prosegue con un nuovo focus autoriale, questa volta dedicato a uno dei maestri  della coreografia contemporanea, Virgilio Sieni.

Il celebre artista toscano presenta in prima romana due delle nuove produzioni del 2022: giovedì 9 febbraio in Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, nell’ambito del festival Equilibrio, in collaborazione con ORBITA | Spellbound, andrà in scena Le tue labbra/Sul Cantico mentre il giorno seguente, venerdì 10 febbraio, ci si sposta al Teatro Palladium per Satiri, presentato in collaborazione con Fondazione Musica per Roma/Equilibrio Festival.

Le tue labbra, interpretato da una coppia di danzatori della Compagnia Virgilio Sieni su musica originale eseguita dal vivo da Daniele Roccato, è una delle coreografie che compongono un trittico dedicato al Cantico dei Cantici. Tutto il duetto è giocato sull’essere abbagliati: non solo dalla luce ma dalle risonanze dei riflessi che collaborano alla nascita dei movimenti dal buio. In questo notturno interrotto e attraversato da momenti di abbaglio i gesti provengono dalle zone abissali del buio. Intorno ai corpi regna il vuoto notturno e solo le misure della luce riflessa tracciano una mappa sensibile di avvicinamenti e adiacenze. L’infinito che si raggruma in uno spazio minimo appare inesauribile.

Virgilio Sieni-Le tue labbra_Ph. Filippo Manzini
Virgilio Sieni-Le tue labbra_Ph. Filippo Manzini

“Tra i libri della Bibbia, – dichiara Sieni – il Cantico dei Cantici ci giunge con una voce sempre nuova che ancora freme tra noi. Parole tremolanti, colme di adorazione, di pieno immersivo: sono anche gesti che gli amanti si scambiano. Odori, sguardi ravvicinati, luci notturne, rumori e richiami e ancora torsioni, occhi contro occhi, pupille che si guardano, braccia che si aprono, rannicchiamenti repentini, passi che arrivano alla porta: un atlante di posture notturne tra la terra, le dune, sotto un riparo, nel primitivo spazio della luce.

Satiri invece vede in scena i due danzatori Jari Boldrini e Maurizio Giunti accompagnati dalla musica di Johann Sebastian Bach eseguita dal vivo al violoncello da Naomi Berrill. Il Satiro, come ci dice Nietzsche ne La nascita della Tragedia (1872) e per richiamo sapienziale Giorgio Colli ne La nascita della filosofia (1975), potrebbe essere colui che getta lo sguardo nell’abisso dicendo sì alla vita. I due danzatori sono contagiati dall’interno, investiti dalla contemplazione rivolta al gesto simile, adiacente, simmetrico che si apre a una disposizione musicale. Le danze segnano lo spazio della materia inebriante che parla con il corpo. Danze sulla soglia segnano lo spazio, forme di intesa e empatia che esplodono tra dionisiaco e apollineo. Il gesto sottrae al quotidiano quelle posture che poi tornano sotto forma di un’altra lingua, di corpo che trascolora e, come una nebulosa auratica, si confonde tra lontananza e vicinanza e opera secondo un’attenzione rivolta alla tattilità spaziale che ci comprende.

Virgilio Sieni
Virgilio Sieni- Satiri

About VIRGILIO SIENI 

È danzatore e coreografo attivo in ambito internazionale per le massime istituzioni teatrali, musicali, fondazioni d’arte e musei. Si forma in discipline artistiche e architettura, dedicandosi parallelamente a ricerche sui linguaggi del corpo e della danza. È stato uno dei fondatori della Compagnia Parco Butterfly e nel 1992 crea la Compagnia Virgilio Sieni, affermandosi come uno dei protagonisti della scena contemporanea internazionale. Dal 2003 dirige a Firenze CANGO Cantieri Goldonetta, Centro di Produzione della danza per la ricerca e la trasmissione sui linguaggi del corpo, uno spazio per ospitalità e residenze di artisti. Nel 2007 fonda l’Accademia sull’arte del gesto, un contesto inedito di formazione e creazione che coinvolge persone di qualsiasi età, provenienza e abilità, sull’idea di comunità del gesto. Gli è stato assegnato per tre volte il premio UBU (2000, 2003, 2011), nel 2011 il premio Lo Straniero e nel 2013 è stato nominato Chevalier de l’Ordre des Arts et de Lettres dal Ministro della cultura francese.

È stato Direttore della Biennale Danza di Venezia dal 2013 al 2016, sviluppando un piano quadriennale sul concetto di abitare il mondo tra polis e democrazia, concependo la città attraverso la sua metafisica. La sua ricerca si fonda su un’idea di corpo come luogo di accoglienza delle diversità e come spazio per sviluppare la complessità archeologica del gesto.

Crea il suo linguaggio a partire dal concetto di trasmissione e tattilità, con un interesse verso la dimensione aptica e multisensoriale del gesto e dell’individuo, approfondendo i temi della risonanza, della gravità e della moltitudine poetica, politica, scientifica e archeologica del corpo.

ORBITA/DIAFANIE. MATERIA E LUCE: LA STAGIONE DANZA 2023

Realizzata da ORBITA | Spellbound Centro Nazionale di Produzione della Danza, nasce finalmente a Roma la prima stagione organica dedicata alla danza contemporanea: dal 10 gennaio al 17 maggio 2023 alTeatro Palladium e al Teatro Biblioteca Quarticciolo, Orbita presenta le creazioni più significative dei grandi e riconosciuti autori italiani come Virgilio Sieni, Abbondanza Bertoni, Roberto Castello, Michela Lucenti, Michele Di Stefano e Mauro Astolfi al fianco di incursioni alla scoperta dei nuovi protagonisti della danza contemporanea internazionale come Bassam Abou Diab dal Libano, Masoumeh Jalaliehdall’Iran, Michael Getman da Israele e Caroline Shaw con Vanessa Goodman dal Canada, che presentano i loro lavori per la prima volta in Italia e a Roma; ma anche il debutto nazionale del nuovo spettacolo dello spagnolo Marcos Morau e il ritorno a Roma di Un poyo rojo, lo spettacolo “fenomeno” franco-argentino che dal 2008 ha conquistato tutto il mondo.

Venti spettacoli, di cui cinque in prima romana e quattro in prima nazionale, e quattro focus autoriali, fra cui quello su Virgilio Sieni realizzato in collaborazione con Fondazione Musica per Romanell’ambito del festival Equilibrio, che si aggiunge a quelli su Compagnia Abbondanza Bertoni, Bassam Abou Diab e su Poyo Rojo, il collettivo che ha dato il titolo al celebre spettacolo. A completare il quadro, tre residenze artistiche e un film, oltre a una serie di incontri con gli autori prima e dopo la visione degli spettacoli.

Diafanie. Materia e luce. Questo il titolo, evocativo e puntuale al tempo stesso, della stagione disegnata da Valentina Marini – già direttrice generale di Spellbound Contemporary Ballet e direttrice artistica del festival Fuori Programma – che cura l’intera programmazione di Orbita. Al centro di questa coesistenza di materia e luce, il corpo in scena come materia attraversata da questioni geopolitiche, sociali, pulsioni desideranti e ribelli. Materia da cui traspaiono, dunque, pungoli del nostro presente.

IL CENTRO DI PRODUZIONE NAZIONALE DELLA DANZA ORBITA | SPELLBOUND

Orbita Spellbound è il nuovo Centro di Produzione Nazionale della Danza, il primo con sede a Roma e uno degli otto centri italiani riconosciuti dal Ministero. Nasce nel 2022 dall’intento dell’Associazione Spellbound di sopperire all’assenza di un incubatore produttivo del settore nell’area centromeridionale e grazie alla pluriennale esperienza in ambito artistico e produttivo della compagnia Spellbound Contemporary Ballet, realtà italiana di punta sul piano internazionale guidata dal coreografo Mauro Astolfi nelle vesti di direttore artistico e da Valentina Marini alla direzione generale.

Sede principale è il Teatro Palladium, un teatro di ateneo che ne suggerisce il modello di produzione artistica e scientifica, da cui si diramano le molteplici traiettorie verso spazi satellite della Capitale, diversi per funzioni e identità. Produzioni e sollecitazione di formati innovativi, programmazione, progetti in rete, formazione sono gli assi portanti di Orbita Spellbound che vuole posizionarsi come crocevia di progettualità tra i centri produttivi collocati nelle zone settentrionali e meridionali del Paese, raccogliendo l’urgenza di ricucire una cerniera che, da una parte faccia da raccordo tra le risorse creative in essere sul territorio locale e dall’altra funga da punto di riferimento per la filiera produttiva su scala nazionale e internazionale.

Dalla sua nascita a oggi Orbita Spellbound ha presentato, fra gennaio e marzo 2022, la prima rassegna Orbita, e in autunno prima la rassegna Supernova e dopo Voices From Czech Republic, un focus sulla coreografia contemporanea della Repubblica Ceca. In programma nel 2023, Orbita/Diafanie. Materia e Luce è la prima stagione organica di danza contemporanea prodotta dal Centro.

Photo credits Filippo Manzini/ Courtesy of Press Office

“Oblique Magie del Tempo”, a Bari la presentazione del catalogo della mostra edito dalla Galleria Alessandra Bonomo

Sabato 11 febbraio sarà presentato presso il Museo Archeologico di Santa Scolastica a Bari, Sala Mostre, il catalogo dell’esposizione Oblique Magie del Tempo con opere site-specific di José Angelino e Tristano di Robilant realizzate per gli ambienti del museo.

Edito dalla Galleria Alessandra Bonomo, con il supporto della Città Metropolitana di Bari, il catalogo restituisce la volontà degli artisti di creare un dialogo fra le loro opere, il sito archeologico e gli antichi reperti custoditi all’interno del museo.

Mostra “Oblique Magie del Tempo”_credits Courtesy of Press Office
Mostra “Oblique Magie del Tempo”_credits Courtesy of Press Office

Saranno presenti:

Antonio Decaro (Sindaco Città Metropolitana di Bari), Francesca Pietroforte(Consigliera delegata alla cultura ICO Biblioteca Musei della Città Metropolitana di Bari), Micaela Paparella(Consigliera delegata alle politiche di valorizzazione del patrimonio storico, artistico e architettonico del Comune di Bari), Francesco Lombardo (Dirigente del Servizio Beni e Attività Artistiche e Culturali Città Metropolitana di Bari), Roberta Giuliani (Responsabile Museo Archeologico di S. Scolastica), Lorenzo Madaro,Annalisa Milella, Alessandra BonomoJosé Angelino e Tristano di Robilant.

Il catalogo è stato realizzato da Bahut Studio, con fotografie di Michele Cera e Beppe Gernone

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