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Rebecca Midwood tra retrò e raffinatezza

Pochi ingredienti, tutti essenziali. Un po’ come il classico panettone della nonna, che piace a tutti e non fa male. È questo l’impasto che Rebecca Midwood, artista statunitense, ha usato per fare della street art un ottima ricetta di stile ed eleganza.

Sui muri da Los Angeles ad Austin, ha messo in pratica la sua arte fatta di graffiti, dai lineamenti semplici, che riproducono modelle anni ‘50. Retrò e raffinatezza, sono questi gli elementi che rendono le sue creazioni poco invadenti, anzi. Sono un ottimo ornamento sui grattacieli delle metropoli come delle periferie Usa.

Rebecca Midwood, in arte Becca, si afferma così nel modo dei writers e della street art. Ma non è una dilettante. Ha infatti una lunga esperienza alle spalle nei diversi istituti artistici. Nel 1988 ha frequentato nell’università di Yale alcuni corsi estivi di grafic design, dopo aver conseguito un diploma in pittura a Richmond, in Virginia. Poi nel ‘93 si è spostata a San Francisco, dove ha frequentato l’istituto d’arte e nel 2002 è ritornata in Virginia, questa volta come docente d’arte. Precedono la sua fama le diverse collezioni da lei create e attualmente sono in corso anche alcune gallerie allestite da questa artista: “Le pareti bianche di San Francisco”, “Copro Santa Monica” e “Jonathan Levine di New York”, nella grande mela.

Insomma ormai di strada ne ha fatta, Rebecca Midwood, e anche tanta. Ma di certo non ha alcuna intenzione di posare il pennello nel baule dei ricordi. L’originalità è il suo punto forte, tanto che questa volta ritorna ad essere in prima linea, con un’idea che può apparire ripetitiva, ma che in fondo non lo è affatto. Si ripropone con un esperimento artistico che non ha ancora provato: quello della street art. E se da una parte di writer se ne vedono a milioni, lo stile che lei ha creato in questo campo non lascia confondersi con altri. “Becca” stavolta ha avuto l’ispirazione dalle modelle degli anni 50, riproducendole sui muri, sotto forma di graffiti. E così ritornano scarpe basse, vestiti a pois, capelli raccolti e quei fili di perla che sanno rendere una donna elegante. Da quei profili longilinei e semplici che sono rimasti impressi nelle mente di tanti e che riescono sempre a colpire lo spettatore, forse proprio per la loro estrema semplicità.

Rebecca Midwood ha riportato queste immagini sui muri che da Los Angeles arrivano ad Austin, in Texas. Qui ha disegnato sagome glamour ed eleganti. Donne dagli abiti variopinti, ma mai eccessivi. Insomma una collezione tutta al femminile, che attualmente è diventata la firma di un’artista che è riuscita a farsi conoscere a livello mondiale, con quell’arte semplice ed essenziale che da sempre la contraddistingue, ma che oramai, è diventata un’icona di stile.

by: Valeria Pacelli

Francesco Capponi e la sua pinhole a Roma

Avete presenti quei fotografi professionisti con due macchine fotografiche un tele zoom, ombrelli flash e compagnia bella? Ecco dimenticateli perché questa storia non parla di loro.

In questa storia si parla di macchine fotografiche che sono grandi come uno spillo e di una tecnica chiamata Pinhole, o fotografia stetoscopica, un procedimento che sfrutta il principio della camera oscura per la riproduzione di immagini.

La ” fotocamera” utilizza un foro stenopeico (dal greco stenos opaios, dotato di uno stretto foro), in pratica un semplice foro al centro della “fotocamera”, che come un obiettivo produce immagini attraverso l’impressione della luce sulla pellicola sistemata da una parte del suddetto foro e una medio lunga esposizione alla luce dall’altro. Teoria a parte i risultati sono sorprendenti e gli artisti che la praticano sempre di più, visto che in primavera a Roma è previsto un raduno con esposizione annessa degli artisti sparsi in tutto il mondo.
In questi giorni a Roma, presso la Stamperia del Tevere (san francesco a Ripa 6)si è tenuta la mostra di Francesco Capponi, da anni impegnato nella produzione artigianale di oggetti stenopeici e macchine fotografiche, che l’artista utilizza per creare immagini.
La mostra, molto ben curata mostrava allo spettatore la “macchina” utilizzata per ogni serie di foto ed era impressionante vedere l’accostamento tra l’oggetto usato e il risultato ottenuto.
Capponi si è divertito a giocare creando una macchina in un cilindro per fotografare un coniglio, o a costruirne un’altra un una casetta per uccelli e adarci una visione del mondo “da lì”, oppure ancora, a realizzare un “mini” safari da un “pinolo” (appunto pinhole).

“La fotografia di per sé mi affascinava e mi annoiava al tempo stesso” racconta l’artista ” Mi divertiva soprattutto fare esperimenti in camera oscura, provare le solarizazzioni, sovrapporre negativi e cose del genere. Ho cominciato a giocare con le Polaroid e a maltrattarle, accartocciandole, aprendole e lavandole. Adoravo l’indeterminazione estetica che le immagini ottenute mi regalavano, poi,quasi per sfida cominciai a costruirmi oggetti stenopeici che diventavano, insieme alle foto, parte dell’opera. Installazioni tra scultura e fotografia.”
A giudicare dai risultati direi che la sfida, è stata vinta.
by: Sandra Scarpettini

Stradart e l’indipendenza dell’arte.

Tre amici e una passione. Tre amici e una strada alla Garbatella. Tre amici e una convinzione. La convinzione che l’arte debba essere indipendente. Indipendente dalle gallerie, indipendente dai critici e indipendente da chi “dice come deve essere fatta”. Da chi dice che l’arte è tela e pennello, da chi parla di proporzioni da rispettare, da chi dice che un pennarello o un pezzo di giornale  non possono essere Arte.

Questo è Stradart“una manifestazione artistica no profit che promuove la cultura libera e accessibile, che nasce dalla voglia di creare una nuova realtà dove giovani e aspiranti artisti possano esporre i propri lavori e collaborare al progetto con le proprie idee”.

Tutto nasce il 19 Novembre 2009 sulla scia della serata “ Lo spazio e il tempo fuor di sesto” e l’idea è quella di creare uno strumento di diffusione di arte e cultura, un luogo di incontro, un momento di scambio creativo e di stimolo reciproco. L’idea è quella di costruire e portare avanti un progetto indipendente in grado di diffondere una cultura autosostenibile e informata. Per questo, Stradart dà visibilità ai partecipanti tramite l’esposizione delle loro opere durante gli eventi Stradart e mediante la pubblicazione e la diffusione di una raccolta multimediale, tutelando la paternità delle proprie opere grazie al servizio offerto da Patamù.

L’ultimo evento, Stradart si è svolto invece che per strada, dove i fondatori contano di tornare ad esporre prima dell’estate, alle officine culturali“INsensINverso”, che hanno aperto i propri spazi a più di venti artisti emergenti della capitale, che hanno esposto le loro opere in un percorso che, partendo dalla poesia e dal disegno, è passato per la fotografia sia in bianco e nero che a colori, fino ad arrivare alle più moderne tecniche di espressione artistica come la graphic art in 3D le video-installazioni interattive.

Passeggiando per quei corridoi e per quelle sale, togliendosi le scarpe e camminando nelle installazioni, si capisce davvero quale è il messaggio, il principio ispiratore dei fondatori di Stradart e si capisce che davvero quelle tele “ereticamente” dipinte con i pantoni, quel sentiero di lampadine, quelle frasi incorniciate, quelle foto incorniciate e quelle su cui è stato dipinto sono davvero Arte.

I tre amici annunciano l’imminente uscita di un nuovo bando per partecipare alla nuova esposizione, nella loro strada di Garbatella…non perdiamoli di vista.

INFO: www.stradart.it

CIRCUS! by Pam Glew

Circo. Bandiere. Lati oscuri. L’artista underground Pam Glew realizza una nuova mostra tra malinconia e icone pop. Circus, questo il nome del progetto, rappresenta l’effimero, le luci, il surrealismo creato dallo show business. I protagonisti diventano dei nuovi Pierrot.

Protagonisti e spettatori. I ruoli cambiano, si invertono. TwiggyJackson osservano il pubblico. Lo giudicano. Pam Glew ritrae non solo la persona, ma anche le caratteristiche psicologiche. I volti raffigurati sembra domandare in modo seccato il motivo degli sguardi dei visitatori. I cromatismi lasciano spazio all’immaginazione, alle discussioni, al risveglio di una società addormentata. Diventano lo strumento per recuperare la propria identità, la propria idea, la propria creatività.

Millenovecentosessanta. Millenovecentottanta.
Un ventennio di liberazione, cambiamento, innovazione che rivive nelle opere d’arte di Pam Glew. Un ventennio rivisitato per trasmettere, nonostante tutto, un messaggio di ottimismo, di rinascita e di avventura in un periodo caratterizzato da morti e catastrofi.
L’arte muta in parola, trasformandosi in espressioni sociali. “I messaggi sociali nell’arte – afferma Pam Glew – devono essere presi con un cucchiaino pieno di zucchero;  come il pizzico di humour di Banksy, i colori zuccherosi di  Micallef piuttosto che i motivi ipnotizzanti di Shepard Fairey. I messaggi sociali devono essere addolciti per essere più facilmente comprensibili”

Circus, by Pam Glew – dal 25 Novembre al Red Bull Studios, 155-171 Tooley Street, London


London Calling The Shadowman

East Village Art Movement . Street Culture.
In principio fu Richard Hambleton.
Bansky, Basquiat, Haring. Bianco e nero, pennellate velocissime, perfette. Muri che diventano tele.
In principio fu Richard Hambleton.

Ultimo artista ancora in vita di quella generazione che ha rivoluzionato il modo di concepire l’arte negli anni’80. Nuovi spazi, nuove forme di espressione, nuove tecniche. L’arte esce dai musei ed invade le strade. Libera, gratuita, emozionante. Questa nuove forma di espressione rende la folla lobotomizzataprotagonista di un simposio artistico. Messaggi, lotte, riscatti sociali. Il tutto viene reinventato partendo dai simboli del degrado metropolitano. Binari di treni, officine in disuso, cantieri abbandonati diventano il luogo ideale da cui far scaturire una rivoluzione culturale. Le città diventano foreste di simboli.

Nonostante il ritiro nel Lower East Side di Manhattan, nonostante la morte dei membri della crew vittime di alcool, aids e sregolatezza, Richard Hambleton ha continuato a respirare e creare arte. MoMA, Andy Warhol Museum, Zellermeyer sono alcune delle grandi strutture che ospitano in modo permanente le opere del Padrino della Street Art.

London Calling. La New York Underground rivive al The Dairy.
Vladimir Restoin-RoitfeldAndy Valmorbida, insieme a Giorgio Armani portano, attraverso una retrospettiva, frammenti della street culture. Nessuna strumentalizzazione. Nessuna commercializzazione. Nessun evento mediatico. Esclusivamente amore per l’arte.
Proprio come un graffito la mostra sarà visitabile per pochi giorni, per poi essere coperta da chissà quale vernice.

Richard Hambleton: The Godfather of Street Art
The Dairy, 7 Wakefield Street, London
WC1N 1PG,
until December 3, 2010

SugiPOP!: The Influence of Anime and Manga on Contemporary Art

The Portsmouth Museum of Art e LeBasse Projects presentano:
‘SugiPOP!: The Influence of Anime and Manga on Contemporary Art’.

Anime, manga, fumetti. SugiPop. L’oriente contamina l’Occidente. Il museo d’arte di Portsmouth esalta l’arte giapponese attrraverso una mostra multimediale. Pittura, disegno, scultura, video e opere d’arte originaliutilizzati per girare film anime e fumetti manga per ribadire l’influsso del mondo nipponico nell’arte contemporanea.

‘Le forme d’arte dell’ anime e del manga hanno avuto un enorme impatto sull’ arte contemporanea proprio come la cultura pop.” – spiega Beau Basse, curatore della mostra. L’arte giapponese viene assorbita e reinventata sulla base dell’esperienze personale di ogni artisti. Tale personalizzazione dei canoni standard oscura l’esistenza di un legame tra l’arte nipponica e l’artista contemporaneo.

Tra gli artisti che hanno preso parte al progetto spiccano i nomi di: Hokusai,  Kuniyoshi , Takashi Murakami, Yoshitomo Nara,Yoshitaka Amano, Mr., Ai Yamaguchi, Junko Mizuno and Hisashi Tenmyouya., KAWS, Gary Baseman, Simone Legno, Natalia Fabia, Tomokazu Matsuyama, Yumiko Kayukawa, Seonna Hong, Hush, Morgan Slade, Edwin Ushiro, Luke Chueh, Andrew Hem, Mike Shinoda, SharkToof e Yoskay Yamamoto.

Hush for SugiPOP! Sweet Modern Girl III | Mixed media on canvas, 39 x 39 inche

La mostra include, inoltre, bozze originali di alcuni dei film anime più significativi mai realizzati, tra cui “Cowboy Bebop”“La PrincipessaMononoke”.

Anatomia dell’Irrequietezza

Glory All presenta una rassegna dedicata a cinque fotografi che attraverso la loro arte, esplorano il difficile e delicato tema dell’irrequietezza intesa come continua ricerca di equilibrio, forza di cambiamento, capacità di mutamento del sé e del corpo.

Gli artisti attraverso i loro scatti mettono in scena questo mutevole stato d’animo nelle sue molteplici forme e sfaccettature ponendo sempre al centro la figura umana, dai gesti intimi di una coppia, a quelli solitari di personaggi senza volto o nascosti dietro una maschera.

L’obiettivo dei fotografi non si ferma alla superficie della realtà ma la penetra, restituendo allo spettatore immagini intense, senza compromessi.Alexey Snigur in “A bottom male” riflette sul rapporto di forza uomo-donna: un balletto di ruoli mai risolto, dove l’equilibrio si rivela un’utopia possibile solo nella dinamica del gioco e del travestitismo. La maschera del quotidiano cede così il posto alle invenzioni dettate dal desiderio e dall’astuzia.

Dario Salamone in “Wind in my heart, dust in my head” ha concentrato il suo obiettivo fotografico sul corpo umano. Un corpo ritratto nei suoi gesti minimi e frammentato nei suoi sguardi mancati. Un corpo fatto di azioni cristallizzate e ritratto in un limbo di percezioni, dove l’inquietudine è un movimento del pensiero scritto sul corpo e comunicato con dinamiche impercettibili.

“Non lasciarmi” è il lavoro di Paolina Sturni che sceglie il bianco e nero per raccontare l’intensità dei sentimenti. Dietro gli abbracci si nascondono storie, inquietudini e speranze di giovani coppie. Emozioni che possono prendere anche la forma di un urlo, perché i legami spesso sono composti anche dalle loro fratture.

Negli scatti di Francesco Vizzini “Basement in North Beach” si annidano tensioni e ossessioni di giovani personaggi in cerca d’identità. Attraverso l’uso delle lenti, Vizzini smonta la rappresentazione plastificata della realtà e giunge ad esplorare altre dimensioni, generando immagini attraenti ed inquietanti, sensuali e violente.

Il progetto di Marco Morigi “Dietro la maschera” si compone di due opere nate dall’assemblaggio, come in un puzzle, di tessere-polaroid. I personaggi ritratti, destano un vago senso di curiosità che resta però inappagato: sono volti senza nome in spazi imprecisati. La sfida cui è invitato lo spettatore è di intuire il mistero della loro realtà più intima, della loro lotta privata che forse si tradurrà in vittoria o in sconfitta.

By: Lander

Oltre la ragione

Millenovecentoquarantacinque. Jean Dubuffet inventa il concetto di Art Brut. Spontanea, scevra di riferimenti cultura e tecnicismi viene realizzata da persone prive di una formazione artistica.

Malati mentali, bambini, psicotici sfogano le loro pulsioni emotive producendo opere sintetiche ed immediate. Spinto dalle teorie di artisti d’avanguardia come  punta al superamento dell’arte tradizionale proponendo come fonte d’ispirazione il profondo di ciascun individuo.

Pigne, cactus, story toy sono i soggetti ripetuti in una serialità ossessiva e convulsa da Tarcisio Merati, dichiarato affetto da sindrome dissociativa e schizofrenia nel 1959. La sua arte è simbolica, emozionale, intensa. Ogni elemento rappresenta un automatismo psichico a cui si cerca di dare una normalità. Ecco come il nido, gli uccellini, gli organi genitali assumono significati sulla condizione di Tarcisio Merati, anche se spesso, tali emozioni contrastano con le tonalità scelte, per lo più vivaci ed allegre.

Muri, porte e pannelli d’ospedale divengono la tela del mondo interiore di Adolf Wolfli. Schizofrenico, arrestato per diversi stupri e successivamente internato sfoga l’assenza di comunicazione realizzando arte. Qualsiasi oggetti può essere utilizzato come mezzo espressivo. Riviste, fotografie, pareti vengono reinterpreti secondo uno stile simmetrico e ripetitivo nel quale vivono tutti gli elementi che vivono all’interno del mondo interiore creato dall’artista.

Analizzare opere d’arte di malati mentali che hanno violentato bambini, stuprato donne, massacrato la propria famiglia va oltre il tecnicismo accademico. L’arte assume un carattere terapeutico. Ogni segno, anche quello più impercettibile diviene quindi una chiave per entrare nel complesso mondo dell’artista, chiunque esso sia.

Una questione di spazio

Fisico. Astrale. Destrutturato. Lo spazio è da sempre fonte d’ispirazione per molti artisti.

Candida Höfer, Jan Dibbets, Imi Knoebel, Giulio Paolini sono i quattro artisti che hanno reinterpretato la superficie all’interno della galleria Giacomo Guidi & MG Art.

Nulla è lasciato al caso. La Galleria appare bianca, come un limbo aspaziale. Sulle pareti risaltono le quattro opere artistiche. Spazio che diviene cultura attraverso le prospettive del teatro Comunale di Bologna della Höfer, si trasforma in artificio con i giochi di livelli di Jan Dibbets, torna all’essenza tramite la rielaborazione di Knoebel per poi mutare in visione onirica con Giulio Paolini.

Molti i riferimenti artistico culturali nelle opere esposte. Dibbets fa rivivere la fotografia di Helmut Newton attraverso i vari piani visivi e la volontà di rendere lo spettatore partecipe dell’evento. Un gioco tra realtà ed artificio enfattizzato dai geometrismi sviluppati nell’opera, che appare come una composizione di quattro immagini fotografiche. Fotografia, arte, geometria, ma anche moda nell’opera di Dibbets. Il grafismo geometrico proposto richiama le numerose stampa apparse durante le sfilate della New York Fashion Week.

Il minimalismo di Knoebel sembra essere, invece, la base per la nascita di un quadro di Mondrian. Le linee sono realizzate con delle assi di legno, leggermente colorate con colori primari. Lo spazio viene decomposto negli elementi primari. L’artista lascia spazio all’immaginazione dello spettatore che si titilla nella ricostruzione mentale dello spazio, delle figure, delle forma, come se si trovasse davanti ad un Tangram.

“Una questione di spazio“, questo il nome dell’evento inaugura, dunque, la stagione espositiva della galleria Giacomo Guidi & Mg Art.

Rome! Art New

Rivalutare invece che creare. Simbiosi tra arte ed ambiente circostante. Sembrano essere questi i nuovi orientamenti dell’arte concettuale. New York, Berlino, Londra sono alcune delle città che vengono invase da perfomance, video proiezioni, mobilitazioni artistiche. Andy Warhol, Keith Haring, Jenny Holzer sono alcuni dei grandi artisti che fanno dell’arte uno strumento di comunicazione.

Roma non poteva che essere coinvolta in questa rivoluzione concettuale e culturale.Duemilasette. Jenny Holzer. For the Accademy. Giochi di luci e poesie. L’istallazione dell’artista fa rivivere sui più importanti monumenti le frasi dei grandi poeti italiani, da Pasolini a Montale, facendo immergere lo spettatore in un mondo surreale.Duemilanove. Catch the Fox. Si celebrano i cinque anni di Firefox. Proiettato da una macchina in movimento, accompagnato da video infuocati, il logo dell’open-source ha rivestito pareti e facciate di Roma. Una corsa mammifera fatta di fotoni che conferma l’importanza di questa rivoluzione artistica.
Duemiladieci. Thyra Hilden e Pio Diaz. Coliseum on fire. Il simbolo della città eterna viene bruciato da fiamme virtuali. “Come l’Araba fenice che risorge dalle sue ceneri” – affermano i due artisti – “l’evoluzione culturale implica la distruzione “.

L’arte esce dai musei ed invade le città. Lo spettatore, casuale o intenzionale, è finalmente libero di muoversi a proprio piacimento nelle istallazioni.

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