Tutti gli articoli di Federica Tulli

White. A Carpi in mostra “il bianco della moda”

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Dal 15 aprile al 12 giugno 2016 la città di Carpi ospita nelle sale dei Musei di Palazzo dei Pio la mostra “WHITE. Il bianco nella moda”. Trenta capi iconici di grandi stilisti italiani e internazionali, da Giorgio Armani a Vivienne Westwood, da Pierre Cardin a Gianfranco Ferré e poi ancora John Galliano, Miuccia Prada, Gianni Versace, raccontano come i maggiori fashion designer del mondo abbiano affrontato la tinta simbolo di purezza per eccellenza. L’esposizione, a cura di Manuela Rossi, è ideata e prodotta dal Comune di Carpi insieme ai Musei di Palazzo dei Pio in collaborazione con Carpi Fashion System e si collega in modo diretto alla vocazione manifatturiera della città, capofila di un distretto del tessile in grado di coinvolgere circa 2.600 aziende, con un fatturato annuo stimato attorno ai 3 miliardi di euro.

«La mostra nasce sul tema specifico del bianco, colore che non è di per sé espressione di una tendenza bensì è una costante – spiega Manuela Rossicon alti e bassi spesso legati a momenti socio-politici particolari. La scelta che abbiamo attuato è quella non tanto di fare una mostra di evoluzione dello stile, ma sostanzialmente su come il bianco sia stato interpretato in questi 50 anni».

L’allestimento riproduce lungo le suggestive logge di Palazzo dei Pio una passerella di abiti, cioè una sorta di time-line sulla quale passano in rassegna alcuni modelli presi in prestito dagli Archivi di Ricerca Mazzini di Massalombarda (RA), che con i suoi oltre 250 mila abiti e accessori è una delle più complete raccolte italiane dedicate alla storia della moda.

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Il percorso si snoda così lungo una parentesi cronologica che va dal 1960, in coincidenza del Boom Economico che ha significato per Carpi l’affermazione dell’industria tessile e della Hollywood sul Tevere, fino al 2010, anno simbolo delle nuove sfide che l’industria della moda è chiamata ad affrontare.

La mostra si apre con una sezione che, grazie a riviste d’epoca e a strumenti multimediali, introduce il pubblico al vocabolario tipico della moda, ai concetti base che regolano l’attività creativa dei fashion designer, offrendo quindi gli strumenti necessari ad avvicinarsi agli abiti esposti in modo critico.

Il primo periodo affrontato riguarda gli Anni Sessanta e i Settanta, interpretati come momento di forte contestazione delle regole e delle tradizioni: sono qui esposti i modelli no logo tipici della Swinging London, con la volontà di mostrare la scelta degli stilisti di non “brandizzare” le proprie creazioni in polemica con il sistema consumistico. Non mancano, però, gli ormai leggendari corsetti punk di Vivienne Westwood (in versione rigorosamente white) o le fantasiose sperimentazioni della giapponese Rei Kawakubo che, ideando sul finire degli Anni Settanta il marchio Comme des Garçons, getta un inedito ponte tra Oriente ed Occidente.

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La sezione dedicata agli Anni Ottanta e Novanta presenta il meglio del Made in Italy, con il tipico mix di artigianalità e imprenditorialità che lo contraddistingue: Armani, Versace e soprattutto Gianfranco Ferré, che trasformò un capo apparentemente semplice come la camicia bianca in vero e proprio feticcio, candida tela sulla quale trasferire le proprie straordinarie intuizioni. Accanto a modelli di grande successo, trovano spazio anche progetti più arditi e sperimentali, forse poco incisivi in termini di fortuna commerciale ma a loro modo storici come le sartoriali creazioni surrealiste di Bobo Kaminsky, firma collettiva del gruppo di stilisti da cui sarebbe emerso Renzo Rosso.

Per concludere questo viaggio nella moda tinta di bianco, l’ultima sezione guarda al Nuovo Millennio, alle evoluzioni dello stile e all’introduzione di materiali inediti permettendo un’analisi dei tessuti, dai più immediati a quelli sperimentali, che è poi uno dei fili conduttori dell’intera mostra, grazie ad alcune creazioni di John Galliano, Martin Margiela o ai più recenti prodotti griffati Miuccia Prada, sempre più sperimentali, raffinati e tecnologici.

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Con “Les Journées Particulières” si aprono le porte del lusso

Dopo il successo delle due passate edizioni, torna per la terza volta l’iniziativa del gruppo di lusso LVMH nota come “Les Journées Particulières” : per tre giorni, dal 20 al 22 maggio 2016 sarà possibile scoprire i segreti e curiosare lì dove le creazioni di alcuni brand celebri vengono ideate e realizzate. Le più importanti maison del gruppo Moët Hennessy – Louis Vuitton, infatti, apriranno le porte ai loro estimatori. Luoghi solitamente chiusi al pubblico, spesso custoditi in palazzi storici di rara bellezza, faranno da sfondo a workshop ed omaggi al savoir-faire artigianale che si cela dietro le collezioni mostrate in passerella e nei negozi. Sono 51 per l’esattezza i luoghi aperti al pubblico tra Italia, Francia, Spagna, Inghilterra, Svizzera e Polonia, divisi tra moda e pelletteria, profumi e cosmetici, orologi e gioielli e vini e alcolici.

House of Dior. Courtesy LVMH
House of Dior. Courtesy LVMH.

Ad esempio, sarà possibile entrare nella nuova sede di Fendi nel Palazzo della Civiltà Italiana a Roma, nel lanificio di Loro Piana a Roccapietra (Vercelli), oppure ancora nell’atelier di Louis Vuitton a Fiesso D’Artico (Venezia). Sarà, inoltre, possibile guardare e toccare con mano pezzi d’artigianato unici nella famosa boutique di Bulgari in Via Condotti. Durante Les Journées Particulières 2016, Emilio Pucci a Castelfiorentino e Acqua di Parma in Piazza di Spagna a Roma, organizzeranno alcuni workshop per mostrare come vengono realizzati alcuni tra i prodotti più celebri dei brand del lusso. La realtà del marchio Pucci, ad esempio, sarà raccontata dai protagonisti che quotidianamente vi lavorano, come modelliste, sarte e stilisti di stampe anche grazie alla mostra “Elements”, a cura di Maria Luisa Frisa, ideata per poter tratteggiare e raccontare , tra tradizione e contemporaneità, i codici di stile del brand fiorentino.

Volando a Parigi, sarà possibile visitare i Salons di Christian Dior in Avenue Montaigne, i Salons Chaumet passando per l’atelier di calzature Berluti in zona Champs-Elysées e, per la prima volta, il sito di produzione del marchio Guerlain a Chartres, dove sarà possibile seguire la realizzazione di alcuni tra i cosmetici più apprezzati nel mondo. Louis Vuitton, aprirà inoltre i laboratori di Asnières e quelli a Sainte-Florence in Vandea, mentre Moët & Chandon accoglierà nel suo laboratorio di ricerca a Épernay gli amanti delle bollicine. Ancora, a Madrid Loewe farà entrare i fashion addicted nel suo atelier di moda situato sulla centralissima Gran Via, mentre Hublot aprirà le lussuosissime porte della suo laboratorio svizzero di orologeria, a Nyon.

Courtesy of Berluti/LVMH.
Courtesy Berluti/LVMH.

L’edizione 2016 sulla carta si prepara a battere i record degli anni passati anche in virtù dell’estensione da due a tre giornate de “Les Journées Particulières”:  l’iniziativa nel 2011 aveva  raccolto 100 mila adesioni, nel 2013 il numero di partecipanti era salito a 120 mila.

Per consultare il calendario ufficiale dell’evento firmato LVMH basta andare sul sito interamente dedicato a queste “giornate particolari”, dove sarà possibile consultare il programma completo e assicurarsi il proprio posto prenotando la visita che più ci interessa (c’è infatti un massimo di due visite a persona, per poter consentire al maggior numero di estimatori di partecipare agli eventi). Le iscrizioni vere e proprie apriranno il 21 Aprile, ma nelle passate edizioni i posti disponibili, vista la rarità della manifestazione, sono andati a ruba in pochissimo tempo. Dunque, meglio non farsi scappare l’occasione!

Per i veri appassionati dei marchi del lusso e per i consumatori più accaniti quest’occasione sembra essere, ancora una volta, importantissima per poter toccare con mano la manifattura artigianale di alto livello che contraddistingue da sempre i brand del gruppo LVMH e mostrare, inoltre, l’importanza delle economie europee in questo settore, mettendo in risalto la creatività e l’unicità che da sempre le contraddistingue.

Courtesy Louis Vuitton.
Courtesy Louis Vuitton.

I fratelli Capasa dicono addio a Costume National

Carlo ed Ennio Capasa. Credits: Google.
Carlo ed Ennio Capasa. Credits: Google.

I fratelli Ennio Capasa, socio fondatore e direttore creativo di Costume National, e Carlo Capasa, amministratore delegato, hanno annunciato le dimissioni da tutte le cariche dell’azienda che hanno fondato nel 1986 e attualmente di proprietà di Sequedge, un fondo giapponese. Una notizia che coglie di sorpresa il mondo della moda. Come ha raccontato lo stilista, infatti, la decisione è stata presa pochi giorni dopo che si era chiusa l’opzione tecnica di acquistare quote per rientrare in società.

L’annuncio ufficiale (ed inaspettato) è stato dato con un comunicato stampa il 15 Marzo scorso: «È con emozioni contrastanti che concludiamo lo straordinario ciclo creativo di questa maison unica, con l’augurio che il futuro possa riservare al brand altrettanti successi. Quanto a noi continueremo a seguire la nostra passione in nuove iniziative creative»

Ennio Capasa. Credits: Google.
Ennio Capasa. Credits: Google.

Ennio Capasa ha spiegato che per continuare a raccontare una storia attuale e rivitalizzare la sua visione è giunto il momento di accogliere nuove sfide. Sequedge, partner giapponese di Costume National già dal 2009, ha acquisito l’azienda secondo un accordo esistente tra le parti e lascerà i fratelli liberi di perseguire sin da subito nuove collaborazioni in un vasto ambito internazionale. Anche perché il nome di Capasa non è vincolato a nessuno, ed è ipotizzabile che sarà questa la nuova sfida del prossimo autunno.

Poi ancora le parole dello stilista, commosso: «Avrei voluto che questo non accadesse. Ho lottato con passione. Le emozioni che provo in questo momento sono complesse e mi portano immediatamente a guardare a questi 30 anni straordinari, agli incontri, alle sfilate a tutto quello che il mondo meraviglioso della moda ci fa vivere». «Fin dall’inizio ho avuto una sola idea — continua — quella di creare uno stile, di evolverlo sempre e non di seguire il trend del momento. Ci ho messo tutta la mia energia accompagnato da un team di collaboratori meravigliosi. Oggi guardo avanti, voglio provare a raccontare ancora una storia con la stessa passione e la stessa intensità che ho avuto in questi anni . C’è chi dice che la moda è finita, che vince solo il marketing e che in fondo è tutto un’illusione. Sicuramente non per me, sono e resterò un visionario passionale».

L’azienda Costume National fu fondata nel 1986 da Ennio Capasa, che ne è sempre stato il direttore creativo. Dopo l’esperienza lavorativa a Tokyo dallo stilista Yohji Yamamoto, era tornato in Italia fondando un marchio che rispecchiasse uno stile unico e senza tempo, distante dalle mode passeggere. Secondo gli esperti, negli anni Novanta Costume National ha cambiato molto la moda italiana introducendo il concetto di “street couture”, che indicava l’utilizzo di abiti eleganti e ricercati nella vita di tutti i giorni. Il suo marchio si è sempre distinto per l’uso del nero come colore predominante in tutte le collezioni e per abiti dalle linee essenziali spesso ispirate all’architettura, ai motori e al rock, note passioni dello stilista.

L'ultima collezione ready to wear 2016 di Costume National. Credits: Google.
L’ultima collezione ready to wear 2016 di Costume National. Credits: Google.

Insieme ad Ennio è sempre stato parte del brand di famiglia il fratello Carlo Capasa, fin da subito amministratore delegato dell’azienda. In passato socio dello stilista Romeo Gigli, oggi Carlo occupa il ruolo di presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, l’ente che organizza le sfilate e tutti gli eventi legati alla moda in Italia.

“Voglio provare a raccontare ancora una storia con la stessa passione e la stessa intensità che ho avuto in questi anni” , così ha concluso l’annuncio Ennio Capasa, facendo intendere che coglierà al volo l’opportunità di proseguire fin da subito con nuove collaborazioni.

Il futuro per i fratelli Capasa è, dunque, ancora tutto da scrivere. Duro invece il lavoro che dovrà svolgere il team di Sequedge per rilanciare il brand dopo l’addio del formidabile duo nostrano.

Ennio Capasa. Credits: Getty Images.
Ennio Capasa. Credits: Getty Images.

Oscar 2016. Kate e Leo, il politically correct e gli abiti da favola

 

Da sinistra: Mark Rylance(miglior attore non protagonista), Brie Larson, Leonardo DiCaprio e Alicia Vikander. Credits: Google.
Da sinistra: Mark Rylance(miglior attore non protagonista), Brie Larson, Leonardo DiCaprio e Alicia Vikander. Credits: Google.

Ancora una volta la notte più attesa dell’anno è stata anche la più discussa, sia per quello che abbiamo visto sul red carpet che all’interno del Dolby Theatre di Los Angeles. Il 28 Febbraio scorso, infatti, tutte le star della Hollywood più glamour hanno gareggiato ancora una volta a colpi di pellicole e strascichi. Da molti verranno ricordati come gli Oscar che hanno (finalmente) visto vincere un Leonardo DiCaprio emozionatissimo, premiato nella categoria degli attori protagonisti, grazie alla sua interpretazione in “Revenant- Redivivo”. Dopo cinque nomination, l’Academy ha pensato che fosse giunto il momento di premiare uno dei migliori attori in circolazione. Tanto che alla ragazza incaricata di porre la targa col suo nome sulla statuetta dorata, DiCaprio ha simpaticamente chiesto: “Fai ogni anno questa cosa? Beh, io non potrei saperlo!”.

Kate Winslet in Ralph Lauren e Leonardo DiCaprio in Giorgio Armani, alla cerimonia degli Oscar. Credits: Google.
Kate Winslet in Ralph Lauren e Leonardo DiCaprio in Giorgio Armani, alla cerimonia degli Oscar. Credits: Google.

Ha fatto commuovere i più romantici l’arrivo di Leo in passerella, in posa di fronte agli obiettivi dei fotografi insieme all’amica/collega di lunga data Kate Winslet che, oltre ad esser stata criticata da alcuni per l’abito nero troppo simile ad una busta della spazzatura, non è riuscita a conquistare la statuetta come miglior attrice non protagonista, categoria nella quale ha invece trionfato la giovanissima attrice di origini svedesi Alicia Vikander per l’intensa interpretazione in “The Danish Girl“. Un abito, il suo, tra i più discussi del red carpet: un esclusivo giallo firmato Louis Vuitton (di cui Alicia è testimonial) che ha diviso il pubblico in perplessi e amanti del look. Molti altri abiti, invece, sono stati apprezzati per l’eleganza e la semplicità. E’ il caso di Rachel McAdams, in gara con “Il caso Spotlight (premio come miglior film dell’anno), splendida con un make-up naturale e un leggerissimo abito color verde smeraldo disegnato dallo stilista semisconosciuto e giovanissimo August Getty (l’unica, visto che di solito gli stilisti da red carpet sono altri). Un punto in più per aver osato!

Rachel McAdams in August Getty. Credits: Google.
Rachel McAdams in August Getty. Credits: Google.
Da sinistra: Alicia Vilkander in custom Louis Vuitton e Olivia Wilde in Valentino Haute Couture. Credits: Google.
Da sinistra: Alicia Vilkander in custom Louis Vuitton e Olivia Wilde in Valentino Haute Couture. Credits: Google.

Cate Blanchett può essere facilmente inserita nella lista di quelle che non sbagliano mai un colpo (ma proprio mai), grazie al suo abito celeste Armani Privé e gioielli Tiffany&Co. Perfetta, come da copione. E poi ancora Charlize Theron in un classicissimo rosso Christian Dior. Olivia Wilde invece, in Valentino Haute Couture, ha giocato benissimo con i contrasti: abito bianco algido ma con la schiena nuda, acconciatura neoromantica e collier sexy.

Da sinistra: Cate Blanchett in Armani Privé, Brie Larson in Gucci e Charlize Theron in Christian Dior. Credits: Google.
Da sinistra: Cate Blanchett in Armani Privé, Brie Larson in Gucci e Charlize Theron in Christian Dior. Credits: Google.

Tra le ultime ad arrivare sul red carpet, si è fatta notare Jennifer Lawrence, diversa dal solito in un trasparente abito nero in pizzo firmato Christian Dior Couture. Stessa scelta di colore anche per il celebre afterparty a casa di Vanity Fair, dove a trionfare sono stati proprio gli abiti neri e, soprattutto, le applicazioni, gli inserti e i dettagli metallici (silver ma soprattutto gold, proprio come le statuette). Trasformando la notte in una delle più sexy dell’anno.

Jennifer Lawrence prima in Christian Dior Couture, poi in Alexander Wang. Credits: Google.
Jennifer Lawrence prima in Christian Dior Couture, poi in Alexander Wang. Credits: Google.
Da sinistra Anne Hathaway, Olivia Munn, Selena Gomez, Alicia Vikander e Kate Hudson al party di Vanity Fair. Credits: Google
Da sinistra Anne Hathaway, Olivia Munn, Selena Gomez, Alicia Vikander e Kate Hudson al party di Vanity Fair. Credits: Google

Una notte di premi in alcuni casi prevedibili, come la vittoria del cartone animato “Inside Out” e quella di Leo (come ormai ci piace chiamarlo), quest’anno favoritissimo. In altri casi sorprendenti, come quello della giovane Brie Larson, che alla prima nomination si è subito accaparrata la celebre statuetta nella categoria delle attrici protagoniste, per la sua splendida e commovente interpretazione in “Room“, fasciata in uno splendido abito blu firmato Gucci e realizzato da Alessandro Michele su misura per l’attrice. In effetti, nonostante non fosse tipico dello stile della maison fiorentina, Michele si è dichiarato orgoglioso di vestire una delle sue favorite in gara.

Brie Larson in Monse al party di Vanity Fair. Credits: Google.
Brie Larson in Monse al party di Vanity Fair. Credits: Google.

E se questi dovevano essere gli Oscar della protesta (a causa dell’assenza di nomination black), sono diventati invece quelli del politically correct. Si è parlato (tra uno sbadiglio e l’altro) della questione razziale, ripercorrendo la storia delle candidature nere e con degli sketch non sempre apprezzati o riusciti da parte di Chris Rock, presentatore dell’evento per la seconda volta. Se dunque, negli ultimi anni, la forza degli Oscar era proprio nelle gag che si frapponevano tra una premiazione e l’altra, stavolta nemmeno queste trovate (la migliore sicuramente quella della vendita di biscotti delle scout girls ai presenti in sala) sono riuscite a portare brio sul palco degli Academy Awards.

Chris Rock e le Scout Girl che hanno raccolto soldi per beneficenza vendendo biscotti in sala. Credits: Google.
Chris Rock e le Scout Girl che hanno raccolto soldi per beneficenza vendendo biscotti in sala. Credits: Google.

A far brillare gli Oscar quest’anno sono state le star: da DiCaprio che al suo primissimo Academy Award parla dell’importanza di una consapevolezza ambientale, a Kate Winslet che lo guarda commossa. Da Alicia Vikander che con il suo abito da favola bacia il principe (Michael Fassbender, non uno qualsiasi) e poi conquista il suo happy ending, fino a Lady Gaga (che si è esibita sul palco a favore delle vittime di abusi sessuali). Dal tenerissimo Ennio Morricone, che ritira un premio importante quanto mai doveroso salutando tutti con un “Buonasera signori”, fino ad Alejandro G. Iñárritu (per la seconda volta di fila regista dell’anno), per poi arrivare ai creatori di “Mad Max-Fury Road, il pluripremiato della serata con ben sei statuette. Per loro, di sicuro sarà stata una delle notti più splendenti.

Finale della cerimonia con i vincitori sul palco. Credits: Google
Finale della cerimonia con i vincitori sul palco. Credits: Google

The Life Of… Kanye. Un evento racconta i mille volti di West

Credits Google
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L’11 febbraio, nel prestigioso Madison Square Garden di New York, il musicista e stilista americano Kanye West ha presentato la nuova collezione frutto dell’ormai salda collaborazione con Adidas,  la “Yeezy Season 3” per il prossimo autunno/inverno. La colonna sonora dell’evento è stata (guarda caso) il settimo disco solista di Kanye West, “The Life of Pablo”, presentato in grande anteprima proprio in occasione del mega show.

Credits Dimitrios Kambouris/Getty Images
Credits Dimitrios Kambouris/Getty Images

Più di 20 milioni di persone hanno guardato lo streaming della sfilata su Tidal, la piattaforma per la musica in streaming di proprietà dell’amico Jay-Z, che infatti è andata in tilt poco dopo l’inizio dello spettacolo, e attraverso delle proiezioni cinematografiche sparse un po’ in tutto il mondo (due anche in Italia, a Milano e a Roma). L’evento, molto più di una semplice sfilata, è durato circa due ore. Con lo stadio preso d’assalto, solo alcuni fortunati sono riusciti ad accaparrarsi un biglietto per entrare ad assistere alla performance, giudicata da molti come un’esperienza multisensoriale unica.

Anna Wintour all'evento. Credits Dimitrios Kambouris/Getty Images
Anna Wintour all’evento. Credits Dimitrios Kambouris/Getty Images

Nel pubblico del Madison Square Garden c’era, ovviamente, la famiglia di Kanye West: la moglie Kim Kardashian e la figlia North West, i genitori di lei Caitlyn e Kris Jenner, le sorelle Kourtney e Khloé (con il marito ed ex giocatore di basket Lamar Odom, alla prima uscita pubblica dopo che, lo scorso ottobre, era stato trovato incosciente ed era poi stato in coma per tre giorni) e Kendall e Kylie Jenner. L’intero clan Kardashian-Jenner indossava abiti disegnati dallo stilista Olivier Rousteing, direttore creativo di Balmain, disegnati insieme a Kanye e realizzati a Parigi nell’atelier del giovane designer in pochi giorni.

I Kardashian-Jenner vestita da Rousteing. Credits Google
I Kardashian-Jenner vestita da Rousteing. Credits Google

Kanye West invece si è piazzato al mixer, da dove ha fatto partire le tracce dell’album, discusso in seguito per la sua complessità. Contemporaneamente, al centro dello stadio, ha avuto inizio la performance, realizzata dal rapper insieme all’artista italiana Vanessa Beercroft e composta da un centinaio di modelli in piedi immobili, con lo sguardo rivolto verso le due grandi strutture centrali su cui erano in posa altri ragazzi. Decine di telecamere riprendevano i volti intensi e severi proiettando le immagini sui mega schermi, e il contrasto tra il luogo, la musica e quelle facce scolpite e desolate è stato, a detta di molti, davvero potente: così mentre Kanye e il clan Kardashian ballavano e si divertivano, sulla scena hanno preso piede anche Naomi Campbell e altre supertop, da Liya Kebede a Veronica Webb.

Credits Dimitrios Kambouris/Getty Images
Credits Dimitrios Kambouris/Getty Images

Tutto va avanti per più di un’ora, permettendo la visione della collezione, realizzata nei toni del marrone e dell’arancio e contraddistinta da quello stile casual-industriale ma di lusso al quale l’artista sembra affezionato. Importanti le Yeezy Boost, elette scarpe dell’anno nel 2015 e sold out in tutto il mondo, a cui vengono dedicati lunghi ed artistici primi piani.

Le nuove scarpe della collezione. Credits Dimitrios Kambouris/ Getty Images.
Le nuove scarpe della collezione. Credits Dimitrios Kambouris/Getty Images.

Mettendo da parte le recenti polemiche riguardo i tweet del rapper e i battibecchi con la popstar Taylor Swift, da lui citata in una canzone con dei toni certamente poco nobili, non si può negare che Kanye West resti una delle menti più creative dell’ultimo decennio. Tutto ciò che combina, inventa, tocca e compone acquista un successo planetario.

Credits Dimitrios Kambouris/Getty Images
Credits Dimitrios Kambouris/Getty Images

Sincero il discorso conclusivo di Mr.West, che ha ringraziato tutti quelli che lo hanno aiutato, da Olivier Rousteing e Jay-Z ad Adidas. Pare essere tutto finito, ma arriva il colpo di scena finale: il trailer del videogame “Only One” prodotto da Kanye e ispirato alla madre scomparsa. Con lo scopo di farle raggiungere il paradiso, in un viaggio metafisico verso l’al di là. Come se non bastasse, lo ha fatto vedere per ben due volte. Qualcuno deve aver pensato che si trattasse di uno scherzo ma Kanye West ancora una volta stupisce. Lui fa sul serio. Chissà che in futuro non ci tocchi vederlo davvero in corsa alle presidenziali degli Stati Uniti, come aveva dichiarato tra le risate generali non molto tempo fa.

“Sharewear”.La collezione di moda che non si compra

Credits Sharewear.se
Credits Sharewear.se

Non si compra, si condivide.

ShareWear è il nuovo frutto della collaborazione tra alcuni stilisti svedesi di spicco, che hanno voluto rendere il ready-to-share il nuovo ready-to-wear. I primi capi che hanno iniziato a far parte dell’esperimento hanno la firma di alcuni dei più famosi nomi della moda svedese, come Filippa K, Hope, House of Dagmar, Nikolaj d’Étoiles, Uniforms for the Dedicated, Weekday e Whyred. Con l’obiettivo di promuovere una moda più sostenibile, la Svezia ha lanciato una collezione di capi di tendenza disponibili per essere condivisi, che possono essere presi in prestito gratuitamente ad una sola condizione: dovranno essere ricondivisi dopo una settimana.

“Ogni anno, in Svezia e in altri paesi, un milione di tonnellate di indumenti che per la maggior parte potrebbero essere riciclati, donati o riutilizzati, vengono gettati. L’obiettivo della collezione ShareWear è di sensibilizzare il settore riguardo a questo tema e, al contempo, offrire una soluzione alternativa” afferma Sofia Kinberg, Global Marketing Director di VisitSweden.  

La collezione ShareWear  si serve di Instagram per funzionare al meglio: il primo utente che commenterà la foto di un capo avrà il diritto di prenderlo in prestito per una settimana. Alla fine della settimana, l’utente caricherà di nuovo la foto del capo su Instagram perché possa essere nuovamente condiviso, e la prima persona che lascerà un commento otterrà il capo in prestito per la settimana seguente (i capi non possono essere spediti ma soltanto scambiati di persona). Gli utenti sono inoltre incoraggiati a contribuire alla collezione ShareWear ed a unirsi al movimento condividendo i propri vestiti utilizzando l’hashtag #sharewear nella descrizione della foto.

Credits Google
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I capi della collezione ora disponibili in Italia sono una giacca-bomber fantasia di Nikolaj d’Étoiles, un marchio di moda maschile sartoriale e sofisticata, i cui capi vengono realizzati con materiali di qualità che possa durare nel tempo; ed un paio di jeans da donna di Weekday, marchio dalla linea tipicamente scandinava che produce rispettando l’ambiente e i diritti umani. Ad indossare per primo la giacca è stato Paolo Stella, attore, giornalista, trend setter, collaboratore del fashion magazine Lampoon.it e seguitissimo su Instagram (@paolostella). I jeans, invece, sono stati indossati per la prima volta da Filippa Lagerbäck, modella e conduttrice televisiva, che ci fa notare quotidianamente la sua passione per la moda e lo stile di vita salutare sul suo profilo Instagram (@filippala).

Credits Instagram
Credits Instagram Filippa Lagerbäck

Oltre ad Instagram, la collezione ShareWear è disponibile sul sito Sharewear.se.  Gli amanti della moda potranno trovare più informazioni e caricare nuovi capi, aggiungendoli alla collezione. È possibile sapere in qualsiasi momento dove si trova il capo che ti interessa e quando sarà disponibile grazie alle informazioni pubblicate su Instagram dall’utente che ne è momentaneamente in possesso.

Immaginate di avere ogni settimana in prestito un nuovo capo, magari sartoriale, da sfoggiare quanto si vuole, da fotografare e pubblicare sui social, il tutto senza spendere un centesimo. Un sogno? Nient’affatto, tutto questo è Sharewear.

E voi, siete pronti a condividere i vostri capi e, soprattutto, questo nuovo modo di vedere la moda?

Addio ad André Courrèges, stilista visionario e genio creativo

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Vestiti di plastica, stivali bianchi, morbidi e piattissimi, minigonne che lasciano poco all’immaginazione e occhiali da sole in plastica, sempre bianchissima. Vengono subito in mente gli anni Sessanta. A pochi però viene in mente che dietro c’è un grande genio, uno stilista visionario e sperimentale come André Courrèges.

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Il designer francese, rivoluzionario della moda e amante del progresso, che con la sua impronta ha segnato l’haute couture parigina, ci ha lasciati la notte del 7 gennaio dopo una battaglia contro il Parkinson durata trent’anni.

Nato nel 1923 a Pau, in Francia, figlio di un maggiordomo, André Courrèges aveva studiato alta ingegneria prima di entrare nel mondo della moda ed innamorarsene completamente. Alla fine degli anni Quaranta, diventa tagliatore per Cristobal Balenciaga, dove resta per undici anni e dove incontra la sua futura moglie Coqueline Barrière. Con lei inaugura nel 1961 quella che diventerà presto la celebre Maison Courrèges.

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Così lo stilista inizia la sua carriera nel mondo della moda, adottando le sue amate geometrie e quei tagli che sembrano disegnati con squadra e compasso su gonne ed abiti modernissimi. La sua silhouette dall’eleganza minimal e le gonne a trapezio in tessuti nuovi come il vinile, faranno impazzire tutte, comprese celebrità del calibro di Brigitte Bardot, Jackie Kennedy, Romy Schneider e Catherine Deneuve, che Courrèges vestiva spesso.

E ancora, gonne in argento e plastica trasparente sopra il ginocchio, pantaloni da donna, quadri e righe, fantasie optical, il bianco e nero, oblò aperti sulla pelle nuda, contrasti e modernità. Si accanisce contro tacchi e al reggiseno, da lui considerato “the chain of slave”, delle catene da schiave. André Courrèges era un accanito sostenitore del progesso, del futuro e delle continue sperimentazioni che, fino al 1994, lo hanno tenuto al vertice della sua casa di moda con lo stesso entusiasmo e voglia di cambiamento che aveva agli esordi.

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Famosa la sua collezione Età Spaziale, che segnava il trionfo dell’argento e delle geometrie siderali, anticipando, da vero visionario, quelle suggestioni futuristiche poi diventate un cult con Star Treck. Abiti dalle linee pulite o leggermente scivolate, portati con stivali bianchi e cappellini squadrati creavano un nuovo stile. Uno stile che sarebbe attualissimo anche oggi.

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La purezza dei suoi capi e il rigore della sua moda avevano conquistato davvero tutti, compresa la stampa americana, suscitando l’invidia dei colleghi. Chanel lo aveva accusato di fare abiti da bambine, piuttosto che da donne vere e proprie. Lo stilista aveva risposto a Mademoiselle Coco che, in effetti, i suoi abiti erano in grado di ringiovanire meglio di un bisturi.

«Per tutta la vita, André Courrèges, con sua moglie Coqueline, ha continuato ad avanzare, a inventare per rimanere davanti. Un progettista visionario che ha intuito quello che sarebbe stato il XXI secolo e che credeva nel progresso. È questo che rende così moderno Courrèges oggi», hanno detto Jacques Bungert e Frédéric Torloting, presidenti del gruppo di Courrèges che hanno rilevato l’azienda nel 1994, quando lo stilista si ritirò per dedicarsi alla pittura e alla scultura, lasciando la moglie a continuare l’attività. «Un creatore rivoluzionario che usò forme geometriche e materie nuove, Courrèges ha lasciato la sua impronta sull’alta moda» così lo ricorda su Twitter il presidente francese Francois Hollande. E così vogliamo ricordarlo anche noi, celebrandone il genio creativo e l’attualissima versatilità.

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Cangiari e ActionAid, una sfilata per “cambiare” la moda

 

Lo scorso 10 dicembre Cangiari, primo marchio etico di fascia alta della moda italiana, ha portato in passerella le sue creazioni più rappresentative e il proprio stile, per sostenere ActionAid, organizzazione internazionale impegnata contro fame, povertà ed esclusione sociale, con particolare attenzione ad alcuni territori del Sud Italia.

Una passerella di capi dal sapore autentico, stilisticamente eleganti e dalla portabilità conclamata. Un’Alta Moda di capi morbidi, impreziositi da inserti multicolore e rifiniti a mano in ogni dettaglio. Vengono presentati i capi dell’ultima collezione P/E 2016 ma la cifra stilista del brand asseconda anche differenti stagioni in quella che diventa, più che una sfilata, una mostra di esposizione delle capacità sartoriali che il gruppo Cooperativo GOEL ha saputo creare, guadagnandosi un posto in prima fila nel panorama dell’alta sartoria italiana.

 

Sfilata Cangiari al Nazionale Spazio Eventi lo scorso Dicembre
Sfilata Cangiari al Nazionale Spazio Eventi lo scorso Dicembre

La direzione artistica dell’evento, avvenuto presso il Nazionale Spazio Eventi di Roma, è stata affidata all’esperienza di Antonio Falanga e tra gli ospiti sono spiccati i nomi di Marina Spadafora, vincitrice del premio ONU Women Together Award 2015 per l’impegno nella moda etica e sostenibile e Andrew Morgan, autore di The True Cost, film documentario sui fatti del Rana Plaza dell’aprile 2013, uno dei più gravi disastri nella storia dell’industria tessile. Un racconto che si interroga sui costi umani, sociali e ambientali che possono nascondersi dietro la creazione di un abito. L’idea della sfilata dei capi del marchio è nata, infatti, anche dalla collaborazione tra ActionAid e il Gruppo GOEL – Cangiari, con l’intento di dare vita a una contaminazione tra mondi e realtà diverse, che possono comunicare e integrarsi perché uniti da valori e principi condivisi: etica, sostenibilità e innovazione imprenditoriale capace di produrre bene comune e sviluppo attraverso l’emancipazione sociale e lavorativa.

Marina Spadafora all'evento Cangiari
Marina Spadafora all’evento Cangiari
Andrew Morgan all'evento Cangiari
Andrew Morgan all’evento Cangiari
Credits: Cangiari facebook page
Credits: Cangiari Facebook page

Cangiari, in dialetto calabrese Cambiare, è un marchio nato nel 2009 nella Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, terra assillata da fenomeni di illegalità. Lo sviluppo del brand è stato possibile grazie al gruppo Cooperativo GOEL, realtà unica nel panorama italiano che vuole offrire una soluzione concreta a molti problemi locali realizzando nuove realtà imprenditoriali come questa nel campo della moda.

La produzione del marchio Cangiari si distingue per alcune caratteristiche inconfondibili. L’artigianalità: i capi sono, infatti, rifiniti sartorialmente con dei tessuti esclusivi realizzati a telaio a mano, onorando la preziosa tradizione della tessitura calabrese ed, inoltre, grazie al controllo diretto di tutta la filiera di produzione, i capi possono essere altamente personalizzati. La sostenibilità ambientale: i prodotti sono realizzati con filati, tessuti e colorazioni biologici, nel massimo rispetto dell’ambiente e per il benessere di chi li indossa. L’etica: la filiera di produzione è completamente made in Italy, formata da cooperative sociali che inseriscono al lavoro persone svantaggiate e lottano per il riscatto economico della propria terra. Nuovi stili di vita: i capi vogliono dare un messaggio di cambiamento a chi li acquista. Proprio quello che il nome del brand ha intenzione di fare: cambiare. Cambiare la moda, cambiare il territorio, un passo alla volta, un abito alla volta.

Credits: Cangiari Facebook page
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Presenti alla serata erano anche Vincenzo Linarello, presidente del gruppo cooperativo Goel e Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid italia che ha spiegato: “Con Cangiari condividiamo l’idea di cambiamento, che per entrambi significa cambiare le comunità locali per trasformare la società dal di dentro. Crediamo sia importante confrontarci con il settore privato e quindi anche con l’industria della moda, una delle più rappresentative per l’Italia, perché l’impresa può e deve essere etica e sostenibile

https://www.youtube.com/watch?v=IEvqZLeARFs

Calendario Pirelli. Il 2016 è all’insegna del talento femminile

Puntuale, atteso e unico: l’appuntamento con il Calendario Pirelli si è rinnovato quest’anno con una presentazione londinese all’insegna del talento, dell’intelligenza e del successo (nuovo di zecca anche il sito pirellicalendar.com). Queste le doti della donna 2016 secondo l’iconico “The Cal”, ormai una vera e propria celebrazione della bellezza femminile, più che un semplice calendario.

Stavolta dietro l’obiettivo una fotografa d’eccezione, la statunitense Annie Leibovitz, celebre per i suoi ritratti intensi ed eleganti. Insieme al presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, l’artista ha scelto di seguire un percorso diverso rispetto al passato. ”Abbiamo dato come tema ad Annie Leibovitz la donna nelle sue diverse espressioni – ha affermato il CEO del gruppo – soprattutto donne che hanno successo. Ѐ stata lei a selezionare le protagoniste e il risultato è questo, la bellezza in diverse forme, con diverse età e da diversi luoghi d’origine. Credo sia un calendario che segue i tempi”.

Backstage Calendario Pirelli 2016- Annie Leibovitz e Natalia Vodianova
Backstage Calendario Pirelli 2016- Annie Leibovitz e Natalia Vodianova

Così, sembra scomparire uno dei capisaldi che da sempre contraddistinguono il calendario: la sensuale carnalità del corpo femminile mostrato attraverso i numerosi nudi d’autore (con Testino, Weber, Avedon tra i fotografi delle edizioni passate) cede il posto al potere e al talento di donne tenaci e carismatiche.

Sempre la Leibovitz, nel 2000, si era occupata di realizzare gli scatti per The Cal, immortalando la prima serie di nudi della sua carriera. Non avrebbe avuto senso ripercorrere la stessa strada, soprattutto in  un contesto storico e culturale inevitabilmente cambiato. Ecco, dunque, dodici meravigliosi ritratti in bianco e nero realizzati in studio che hanno come protagoniste 13 donne speciali, talentuose e umane, o meglio imperfette. L’unica modella vera e propria nella rosa delle donne ritratte è la veterana Natalia Vodianova, già apparsa in altre edizioni del calendario ma qui in veste di mamma in carriera e fondatrice dell’organizzazione filantropica Naked Heart Russia, che segue personalmente da più di un decennio.

La bellezza si lega così, indissolubilmente, alla forza e ai successi di donne dalle origini diverse, con ambizioni diverse e stili di vita diversi e si traduce in rughe, carne, muscoli e semplicità in quello che vuole essere un inno alla donna targata 2016.

Agnes Gund e sua nipote Sadie. Credits: Pirelli/Leibovitz       patti

Tra le protagoniste degli scatti, oltre alla Vodianova, Yao Chen, attrice e prima cinese ambasciatrice dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (UNHCR), leader assoluta in Cina nonché una delle cento persone più influenti del pianeta secondo il Time. E poi Kathleen Kennedy, presidente della Lucasfilm e produttrice di alcuni dei maggiori successi al botteghino di sempre. C’è anche la collezionista, mecenate e presidente del MoMa Agnes Gund, ritratta insieme alla nipote adolescente Sadie nell’unico scatto a due del calendario. Sembra, però, che la prima a dire di sì al progetto, comunicandolo ai fan con un tweet ricco d’entusiasmo, sia stata la numero uno del tennis, Serena Williams, donna simbolo del sacrificio e della disciplina nonché di innumerevoli traguardi raggiunti.

E poi ancora l’opinionista, critica e scrittrice Fran Lebowitz, la presidente di Ariel Investment Mellody Hobson, la regista Ava DuVernay, nota per aver diretto il film candidato all’Oscar 2015 Selma- La strada per la libertà, la giovanissima blogger Tavi Gevinson (con il suo blog The Style Rookie è diventata una delle persone più influenti nel mondo dei media), l’artista iraniana di arte visiva Shirin Neshat, l’attrice comica Amy Schumer, la musicista e performer Yoko Ono e la poetessa del punk Patti Smith.

Credits: Pirelli/ Annie Leibovitz
Credits: Pirelli/ Annie Leibovitz

Donne diverse che hanno portato a termine percorsi importanti dal punto di vista professionale, sociale, culturale, sportivo ed artistico vengono così mostrate senza ritocchi, senza artifici, nella loro semplicità. Il messaggio sembra chiaro: per il prossimo anno bisognerà mettere da parte un po’ di smart attitude al femminile, quella di chi è pronta a tagliare traguardi importanti e si impegna a mantenerli. Un concetto di bellezza democratico che salta i canoni imposti da pubblicità, uomini e mass media. The Cal stavolta ha deciso di camminare di pari passo coi tempi, coprendo le sue nudità d’intelligenza e fotografando il mondo delle donne con classe.

yoko ono         AmySchumer

Star Wars, il risveglio della moda

La celebre saga tiene ancora in attesa milioni di fan in tutto il mondo: il settimo episodio della serie, intitolato Star Wars: Il risveglio della forza, sarà nei cinema italiani dal 16 dicembre, dopo dieci anni di assenza sullo schermo, insomma non proprio un affare da poco. Proprio per questo, non si contano gli effetti collaterali e gli eventi ispirati alla pellicola che vede il ritorno di Harrison Ford, Carrie Fisher e Mark Hamill come protagonisti.

Uno degli ultimi eventi, “Star Wars: Fashion finds the Force”, è andato in scena a Londra e ha visto dieci designer inglesi, chiamati da Disney e Lucasfilm, creare una sfilata ispirata alla serie. Sul sito Starwarsfashion è aperta l’asta (fino al 18 dicembre) per acquistare i look firmatissimi: il ricavato sarà devoluto al Great Ormond Street Hospital Children’s Charity, che fornisce cure e trattamenti innovativi a bambini affetti da malattie rare e complesse. Giacche di pelo alla Chewbecca, rivisitazioni delle uniformi degli Stormtrooper, capi ispirati a Phasma, Kylo Ren o alla Principessa Leila: tanto basta a catapultarsi in luccicanti e modernissime galassie Disney.

I dieci stilisti protagonisti del "Fashion finds the Force"
I dieci stilisti protagonisti del “Fashion finds the Force”

L’ampio numero dei designer coinvolti, che include J.W. Anderson e Peter Pilotto tra gli altri, dimostra l’influenza universale della saga a distanza di tanti anni dall’uscita del primo capitolo. “Star Wars offre spunti ad ognuno di noi, perché le immagini sono davvero stimolanti”, ha dichiarato lo stilista Bobby Abley che, come Alvarno, per la sua collezione primavera/estate 2016 si è proprio ispirato alle guerre stellari. Un’occasione rara, per i fan, di vedere ed acquistare capi di design ispirati al film e realizzati da stilisti importanti.

 

Alvarno p/e 2016  Ph: www.vogue.es
Alvarno p/e 2016 Ph: www.vogue.es
Bobby Abley p/e 2016 Ph: www.vogue.co.uk
Bobby Abley p/e 2016 Ph: www.vogue.co.uk

«Trovarcisi dentro è una cosa da uscire di testa» ha dichiarato il J.J. Abrams, sul set come successore di George Lucas, regista dei primi sei film della saga. Ad impazzire è anche il mondo della moda che, trent’anni dopo l’inizio della saga, sorprende ancora in passerella e fuori: vanno citate le vetrine londinesi di Selfridges, addobbate come Stars Wars comanda.

Le fan donne della saga, molto più numerose di quello che si potrebbe pensare, avranno piacere nel sapere che Hot Topic e Her Universe, due retailer online per fangirl della saga, hanno stretto una collaborazione per dare vita ad una collezione di abbigliamento femminile ispirato a Guerre Stellari e all’imminente Star Wars: Il Risveglio della Forza. Il risultato è un ottimo connubio tra fashion e cultura pop.

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Tra le curiosità più cliccate dagli appassionati del genere c’è anche la collezione di scarpe appena lanciata nel Regno Unito dal brand inglese Irregular Choice: la Star Wars Footwear Collection è la prima collezione al mondo di calzature realizzate con i personaggi della saga. Così, i tacchi diventano mini Darth Vader, Yoda e spade laser.

E poi ancora felpe e t-shirt trionfano negli store Disney, i trolley di American Tourister sono già un must per le fashioniste e le Adidas a tema non tardano ad arrivare. I foulard di Emma Shipley, le agende Moleskine, i celebri Moon Boot e i set da make up firmati Pat McGrath completano l’infinita gamma di pezzi già cult. Per chi è alla ricerca di un look stellare, c’è davvero l’imbarazzo della scelta.

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