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La «logica delle macchine» ci rende stupidi?

Internet ci rende stupidi? È colpa dell’uomo, non della tecnologia. Con la «logica delle macchine» è possibile fuggire dai dolori e dalle paure.

In tempi molto antichi «l’uomo era una specie rara, la cui sopravvivenza si presentava precaria. Sprovvisto dell’agilità della scimmia, senza pelliccia addosso, gli era difficile sfuggire agli animali selvatici e, nella maggior parte del mondo, non poteva sopportare il freddo dell’inverno. Aveva solo due vantaggi biologici: la posizione eretta, che gli liberò le mani, e l’intelligenza, che gli consentì di trasmettere ad altri l’esperienza». Così scriveva Bertrand Russell nel 1949, riassumendo una storia più che millenaria in sui s’intrecciavano la contemplazione della natura e la creazione dei manufatti.

«Scienza, dunque previsione; previsione, dunque azione» era già uno slogan di un filosofo fondatore del positivismo ottocentesco. Questo ci fa capire come la crescita della conoscenza abbia comportato il potenziamento delle nostre capacità nel modificare l’ambiente per le più svariate esigenze. Però, bisogna sottolineare che l’azione può anticipare la comprensione dei fenomeni naturali. Quasi un secolo dopo, infatti, un famoso fisico sosteneva che «esiste un’inclinazione naturale che ci spinge a imitare ciò che si è compreso. Il punto a cui si giunge nella riproduzione dà la misura della comprensione. Se consideriamo il vantaggio che la moderna costruzione di macchine ha tratto dagli automi, se prendiamo in considerazione le macchine calcolatrici, gli apparecchi di controllo, i distributori automatici, possiamo attenderci ulteriori progressi della civiltà tecnica». La sua teoria sembra essere una vera e propria “profezia” oggi ampiamente avverata.

Se pensiamo al protagonista del famoso film Blade Runner che, angosciato dall’idea che la sua compagna sia un robot, si domanda se per caso non sia anche lui un automa, ci rendiamo conto che il confronto tra uomini e macchine chiarisce i motivi per cui gli assunti delle varie tecnologie ci sembrano insieme familiari e sconcertanti. Anch’essi sono frutto dei meccanismi dell’evoluzione naturaleculturale e proprio per questo possono sembrarci minacciosi.

Ma se allo sviluppo della ricerca corrisponde un’evoluzione dei nostri atteggiamenti il problema non si configura come tale. Sono molti i filosofi che temevano che le peculiarità individuali potessero venir cancellate in una totale «tecnicizzazione» della società o che la tecnica – erede della metafisica dell’Occidente – avrebbe sradicato l’essere umano dal contatto più immediato con i suoi simili e la sua storia. Questa, però, è solo una faccia della medaglia. Chi teme che lo sviluppo tecnologico produca l’abbruttimento dell’umanità dimentica che la tecnica nasce e si rafforza come elemento di emancipazione dal dolore e dalla paura. Purché ci si renda conto che essa può renderci liberi soltanto se la si può conseguire liberamente. La ricerca tecnico-scientifica è una manifestazione non solo della nostra individuale aspirazione alla verità ma anche della pratica della solidarietà: dove non riesce il singolo arriva la coordinazione degli sforzi provenienti dai diversi settori.

Chi l’avrebbe mai detto che dall’organizzazione di una rete di comunicazione ultrarapida ma segreta sarebbe nato Internet? La tecnologia non è disumanizzazione, come ha affermato qualche studioso, ma intelligenza e libertà..che poi Internet possa rischiare di renderci «stupidi» non è un suo difetto ma una nostra mancanza.

By: Elisabetta Di Zanni

Le donne dei Presidenti: icone di moda

Un tempo le first lady non si vedevano. Erano le ombre dei grandi uomini della storia. Donne che seppur non facessero mai parlare di se stesse, riuscivano a lasciare una forte impronta nelle pagine dei libri. Bene, di quelle signore dai capelli raccolti e abiti sobrissimi negli ultimi anni ce ne siamo dimenticati.

Le donne dei presidenti sono in prima linea nelle foto, nelle manifestazioni e soprattutto nella moda. Aspetto questo che potrebbe essere definito in modo positivo, se si tiene conto dell’emancipazione che fa della propria signora non più un oggetto, quanto una colonna portante.
Carla BruniMichelle ObamaSamanthas Cameron e chi ne ha più ne metta. Accanto ad uomini con l’impegno di gestire il proprio Stato, le first lady si presentano determinate e sicure di sé. E non trascurano nulla, nemmeno la moda.


Basti pensare alla prima apparizione della moglie dell’uomo più potente del mondo; per l’occasione Michele Obama aveva scelto un abito giallo damascato con soprabito in tinta disegnato dalla stilista di origini cubane Isabel Toledo. Una chicca che pochi si posso permettere. Ma la signora d’America oltre essere diventata un’icona dello stile, è anche un buon indice per le borse. Uno studio guidato dal Professor David Yermack della Stern School of Business di New York infatti rivela come la First Lady americana abbia un’enormeinfluenza sul fashion world. La ricerca, condotta sulle 189 apparizioni pubbliche di Mrs. Obama tra il novembre 2008 e il dicembre 2009, dimostra che i 29 marchi quotati vestiti da Michelle hanno registrato un guadagno economico di ben 2,7 miliardi di dollari, segnando un aumento di valore del 2,3% contro lo 0,4% di media di mercato. Insomma ogni sua pubblica uscita può generare guadagni per il brand indossato fino a 14 milioni di dollari.

Non è da meno Carla Bruni, moglie del Presidente francese Nicolas Sarkozy, che della moda ne ha fatto una professione. Per anni si è mostrata sulle sfilate più importanti del mondo, rendendo ogni abito un spettacolo senza frontiere, soprattutto grazie a quel suo fisico che farebbe invidia a chiunque. Ha prestato il suo volto perfino per le Olimpiadi invernali 2006 indossando un abito bianco ricoperto interamente di Svarowsky. Ma la caratteristica di Carla, è quella di sapersi adattare ad ogni occasione, modellando il suo abbigliamento in base all’evento e agli ospiti. Come quando nel marzo del 2008 ha incontrato la regina Elisabetta. Quella volta indossò un elegante tailleur Dior, con cappellino alla Jakie O. Oppure, quando nell’agosto del 2008 ha incontrato il Dalai Lama in occasione dell’inaugurazione del tempio buddhista di Lerab Ling, nel sud-ovest della Francia. Impeccabile la sua mise che viene completata dalla “kata”, una tradizionale sciarpa bianca tibetana donatale in segno di benvenuto.

E tra le miss first lady non poteva mancare neanche Samantha Cameron, la moglie del primo ministro inglese David Cameron, la quale secondo i sondaggi è sul podio delle donne meglio vestite al mondo. A differenza della maggior parte dei politici, Samantha Cameron (soprannominata SamCam dalla stampa inglese), è piuttosto conosciuta per le sue tenute che fondono capi di stilisti e pezzi basic di grandi catene come Zara, Jigsaw e Topshop. E’ stata lodata in particolar modo per il vestito Marks & Spencer indossato alla conferenza del partito conservatore nel 2009. Un abito aderente a pois ultra-chic, da sole 65 sterline, è stato un buon ambasciatore per il primo ministro: insomma quando lo stile incontra il risparmio.

E come Michelle, Carla e Samantha ce ne saranno altre di donne che affiancheranno i futuri presidenti. Speriamo solo che oltre alla moda, sappiano lasciare anche una traccia più incisiva di se stesse.

By: Valeria Pacelli

Oltre il cerchio del circo

…And the Circus Leaves Town

The magical mystery tour is coming to take you away,
coming to take you away.
The magical mystery tour is dying to take you away,
dying to take you away, take you today.

The Beatles, Magical Mystery Tour (1967)

“Vi domando scusa, dolcissime creature: non avevo capito,
non sapevo. Come è giusto accettarvi, amarvi, e come è semplice.
Luisa, mi sento come liberato. Tutto mi sembra buono, tutto ha un
Senso, tutto è vero… Ah, come vorrei sapermi spiegare!
Ma non so dire.”

Guido in 8½ (Federico Fellini, 1963)


È un circo differente, quello di Dino Frittoli. Lontano dai cliché tra carnascialesco e amarcord, dal facile sentimentalismo e dall’intimismo kitsch. Discende dritto filato, invece, dall’ultima scena di 8½, quella in cui il bambino suonando il flauto porta via con sé tutti i personaggi veri-finzionali del film, che poi sono tutti i ricordi del protagonista-regista, tutte le sfumature della sua vita.

Anche in Oltre il cerchio del circo, la vita è al centro degli scatti, dei movimenti, dei pedinamenti. Dino Frittoli ha passato dieci giorni insieme alla compagnia (un’enorme famiglia, in realtà) del Circo Embell Riva. Sono i personaggi che hanno popolato tutti i nostri sogni e i nostri incubi di bambini, quando il tendone arrivava in paese durante l’inverno, e It di Stephen King era appena uscito. Solo che mentre noi ci facevamo accompagnare da papà a stordirci con i clown e i saltimbanchi e gli animali, il bambino-che-avrebbe-fatto-il-fotografo attraversava a piedi tutta Putignano fino ai confini estremi del paese (non avevamo forse ancora sentito, in quegli anni, il termine ‘periferia’: ma era la periferia), lontano dalle vie conosciute e familiari, per scoprire come funzionasse la magia del circo.

La medesima curiosità lo ha guidato anche nell’aprile di quest’anno, spingendolo ad attraversare lo spettro che collega la produzione di immagini spettacolari e commerciali alla produzione artistica. Dino infatti – come molti fotografi – proviene dal mondo della moda. Ha a che fare cioè abitualmente, per il suo lavoro, con modelle, parrucchieri, truccatori. Con il mondo della riproduzione. Niente di strano, dunque, che in piena crisi economica del secolo abbia deciso di ricercare la realtà: nella fattispecie, la vita che sta dietro lo spettacolo e che lo fa muovere. Il “dietro le quinte”.

In due giorni, dopo aver contattato il circo, era già lì che fotografava. Dalle 7 di mattina alle 3 di notte. Condividendo i pranzi, le conversazioni, la preoccupazione del tempo che farà il giovedì, giorno fisso di debutto. Pioverà? Sarà bello? La preparazione, il mestiere, la serietà, la fatica. Uno pensa che il circo sia per definizione il posto della gente che vuole sbarcare il lunario. Niente di più sbagliato. È uno degli ambienti più professionali (e più elitari, più chiusi) in assoluto: i clown, per esempio, vengono dalla scuola russa, una delle più rinomate al mondo. È gente che non s’improvvisa.

Questo microcosmo ha un fulcro: è il bambino ritratto nel cerchio-hula hoop, il figlio del proprietario del circo. Effettivamente, mentre scattava Dino ha cominciato a considerare con preoccupazione questo piccolino che correva tutti i rischi a cui un bambino del mondo “fuori” non verrebbe con ogni probabilità mai esposto. E lui che cosa risponde al fotografo impiccione? “Io non vado mai oltre il cerchio”. Il circo è un universo autosufficiente, con le sue regole e la sua umanità. Eppure, non sembra scollegata dalla società circostante. Guardando queste fotografie, viene in mente quanto effettivamente ci stiano raccontando, in una maniera segreta e misteriosa, della vita esterna, della realtà lì fuori. È come uno specchio che cattura le trasformazioni collettive e le rifrazioni dell’immaginario.

Osservando con Dino Frittoli il backstage dello spettacolo per noi più antico, stiamo di fatto osservando, molto probabilmente, ciò che avviene dietro il velo dello Spettacolo più grande che regola le nostre esistenze e la nostra posizione nel mondo. Il clown concentrato che suona contemporaneamente due trombe davanti all’obiettivo, mentre nella tenda si svolge lo show vero e proprio, si sta allenando per la sua performance. È fuori dalla tenda degli applausi e della tensione, ma presto ci entrerà. E la giovanissima trapezista (anche lei, in bilico all’interno di un cerchio), nell’unica immagine catturata durante la rappresentazione, si prepara a quello che avverrà nella foto successiva della sequenza: il salto terribile ed epico di un’ombra nel buio. Dallo spazio della tenda a quello di una realtà nebulosa. E quando di domenica tutti – dal proprietario ai grandi artisti – avranno smontato ogni singolo pezzo della scena, e il circo avrà lasciato la cittadina, rimarrà solo uno spiazzo di erba nuda e cemento, orlato di crude palazzine anni Sessanta.

Anteprima | Arnoldo][Battois @ Premiere Classe

Arnoldo][Battois continuano il loro progetto di diffusione del Made in Italy nel mondo. Prossima tappa dei due designer veneziani sarà Premiere Classe al Jardin des Tuileries, l’evento parigino dedicato agli accessori che si svolgerà dal 4 al 7 marzo.

L’appuntamento, che gode all’estero di una grandissima notorietà, è unico nel suo genere sia per la qualità dei suoi espositori che per quella dei suoi visitatori.

Crocevia artistico, decodificatore di tendenze, difensore del “saper fare”, Premiere Classe è anche uno scopritore di talenti che raggruppa ciò che c’è di meglio sul fronte dell’accessorio moda: calzature, borse, gioielli, cappelli, foulard, guanti, ombrelli…

PRESS RELEASE
Lavorazioni  artigianali  per  architetture  dinamiche,  volumi  in  pregiati  pellami  opachi,  colori  che  si estendono  agli  accessori  in ottone  rivestiti  da  lucidi  smalti:  è  una  femminilità  che  non  ha  bisogno  di ostentare la propria complessità, un lusso ovattato, impalpabile, leggero.

Dettagli  di  abiti  plissettati,  nel  ricordo  di  Vionnet  e  Mariano  Fortuny,  ripetuti  e  calibrati  per  dar  vita  a borse  in  soffice nappa  gommata,  intrecci  di  strutture  flessibili  rivestite  da  una  membrana  in  camoscio opaco  che  definisce  il  volume  del  corpo, modulazione  di  soffietti  in  vitello  all’anilina  per  una  nuova interpretazione  della  selleria  classica,  rievocazione  della  forza  primitiva di  popoli  lontani  nelle  borse  in capra tibetana.

Leitmotiv  sono  la  costante  cura  del  dettaglio  e  l’attenta  ricerca  di  soluzioni  innovative: cime  di  navi  si traducono in morbidi intrecci di nappa per impugnature ergonomiche, tagli e cuciture si rincorrono in un fluido dinamismo, lavorazioni manuali permettono di riscoprire il gusto del prodotto italiano artigianale.

Lucertole, granchi e elefanti d’ottone lasciano gli antichi portoni veneziani trasformandosi di volta in volta  in particolari chiusure o inusuali attacchi per manici: sperimentali verniciature a caldo permettono loro di confondersi con la pelle come abili camaleonti.

Atmosfere cromatiche che ricordano i colori della terra, paesaggi nordici selvaggi e aridi, le distese della tundra con i suoi muschi dalle infinite sfumature, in un range di colore che va dal marrone vira al bordeaux, al tubero e al senape nei toni più scuri, con note minerali di ardesia, blu cobalto e rubino.

Firenze..it’s magic! Torna il festival dei blogger di moda

Quando moda e tecnologia si incontrano, ecco che scendono in campo i blogger di tutto il mondo. Il ‘Firenze 4ever it’s magic’, alla sua seconda edizione, torna  nel capoluogo toscano ancora una volta organizzato dalla Boutique “Luisa Via Roma” e patrocinata dal comune toscano. Il festival, che continua i festeggiamenti per i 10 anni dell’atelier (dal 10 al 12 giugno 2010), è interamente dedicato al mondo dei blogger di moda. Il ‘compleanno di Luisa’, era già stato festeggiato in grande: basti pensare, infatti, che il partner speciale dell’evento era Tommy Hilfiger che, per l’occasione, ha presentato in anteprima esclusiva la footwear capsule collection ispirata a Keith Haring. E poi ancora la proiezione dell’art del video “Meshing-up Keith”  by Leonardo Betti e la performance live modella “Grace Jones“, il cui corpo è decorato da un body painter.

Nella tre giorni dedicata alla moda, invece, i 40 giovani che arriveranno a Firenze da ogni parte del mondo, avranno a disposizione i capi delle collezioni primavera-estate 2011, forniti dal multi brand fiorentino, ma anche modelle, parrucchieri, truccatori e set fotografici allestiti per l’occasione. Potranno così dilettarsi nello styling e in più potranno anche avere l’opportunità di incontrare stilisti come Roberto Cavalli, Ermanno Scervino, Laudomia Pucci e Neil Barrett. Tutto questo grazie a degli  incontri privati con i designer.

La prima edizione, che si è svolta l’anno scorso, è stata un gran successone: erano stati invitati 40 blogger, si sono presentati in 80. Armati di videocamere, fotocamere, block notes e personal computer,  sono sempre di più i blogger che dettano le leggi nella moda, immortalando le collezioni più interessanti per poi lanciarle immediatamente sul web. Il 24enne Manila Bryan Boy, ad esempio, è il più famoso tra questi giovani amanti del web.

Firenze, come per la scorsa edizione, si trasforma in un vero e proprio work-shop dedicato alle nuove tecnologie e alle più innovative tecniche di marketing legate alla moda. Un centro storico fiorentino addobbato a festa per l’occasione, con apposite aree multimediali, reti wi-fi, un set fotografico attrezzato con modelli, fotografi, parrucchieri e make-up artists e l’accesso ad alcune delle location più suggestivo del capoluogo toscano quali speciali set per esclusivi shoots fotografici.

A completare l’evento, inoltre, un esclusivo party privato che vede  la boutique protagonista di una serata davvero esclusiva in cui si avvicendano i principali nomi della Firenze che conta e del fashion system.

By: Stefania Zaccaria

Il sushi è “cosa nostla”

Basta con le imitazioni.

Curioso che questo grido si sollevi proprio dall’estremo oriente che ha fatto dell’imitazione a prezzo inferiore rispetto all’originale, la propria fortuna, a partire dal mercato automobilistico fino a alle griffes dell’abbigliamento, fatto sta che per difendere il “vero Sushi” dalle troppe imitazioni, gli chef del Sol Levante hanno deciso di aprire una scuola di sushi (a Singapore, Londra e Los Angeles) con l’obiettivo di contribuire a migliorare la scadente qualità dei piatti spacciati per autentico sushi giapponese in molti ristoranti.

La Sushi Academy avrà la propria sede a Londra, all’interno degli Highbury Studios di Islington è offrirà un’ampia gamma di corsi dedicati a chef professionisti che introdurranno gli allievi ai principi della cucina giapponese a partire dai concetti filosofici che ne sono la base per arrivare alle tecniche di cucina e di preparazione dei piatti.

Il presidente dell’accademia è il signor Ken Kawasumi, dotato di un talento notevole, prepara sushi dall’età di 16 anni e ha girato da poco la boa di 33 anni di carriera. È notissimo per i suoi  kazari maki-sushi, ovvero i sushi decorati, sa fare il sushi in qualsiasi forma, ed è conosciuto ai più per aver creato il  sushi Obama.

Ma i giapponesi oltre che per il sushi hanno un’altra grande passione: la tecnologia.

Così ecco sbarcare sui mercati la suite per nintendo ds.

Pensato e realizzato per tutte le categorie di giocatori, dal fan di intrattenimento multimediale all’appassionato di cucine esotiche come quella giapponese, Sushi Academy promette di far introdurre il giocatore nel mondo dell’arte della cucina nipponica.

Il giocatore potrà entrare virtualmente all’interno dell’accademia e imparare l’arte della cucina giapponese dai migliori maestri, cimentandosi nella preparazione di decine di piatti diversi.

Si comincia imparando la nobile arte di tagliare il pesce e preparare il riso, ma senza dimenticare mai che il sushi si mangia prima di tutto con gli occhi. Il giocatore così imparerà a decorare i piatti seguendo i dettami del Sushi Master, l’arte giapponese infatti insegna a nobilitare tutti i sensi a tavola, dal gusto alla vista all’olfatto, il vero cuoco giapponese non tralascia nessun dettaglio per una perfetta riuscita della sua composizione.

A disposizione inoltre nel menu di gioco c’è la completa Sushipedia, un compendio di storia, tradizioni, curiosità e trucchi del mestiere per scoprire divertendosi tutti i segreti che stanno dietro a una “semplice” polpetta di riso con del pesce crudo adagiato sopra.

Il messaggio che arriva dall’oriente è chiaro, il sushi è “cosa nostla”  che sia reale o virtuale.

By: Sandra Scarpettini

Al mio via… rimanete in mutande.

E’ semplice. Si scende le scale della metro vestiti di tutto punto, meglio se con sciarpe e cappelli, si arriva sulla banchina e prima che arrivi la metro ci si toglie pantaloni e gonna rimanendo in mutande. Si nasconde i vestiti nello zaino e si sale sul treno. Ovviamente ci si comporta con naturalezza e indifferenza, fingendo di non capire lo stupore e l’imbarazzo degli ignari passeggeri, evitando si scattare foto o farsi sorprendere a ridere, e soprattutto fingendo di non conoscersi e riconoscersi. Se poi qualcuno si azzarda a fare domande rispondere in maniera vaga dicendo di trovare scomodi i pantaloni e chiudere lì.

Se vi sentite adatti e pronti non temete, memorizzate queste poche e semplici regole e presentatevi il prossimo anno, il 9 gennaio, alla prossima edizione della performance collettiva che, dal 2002, si tiene in 50 città di 24 Paesi del mondo.

Quest’anno i partecipanti alla decima edizione del “No Pants Subway Ride” si sono riuniti a Manhattan e, nonostante la temperatura sotto zero, si sono tolti pantaloni e gonne entrando in metropolitana in biancheria intima: tra i partecipanti si registrano un 76enne e un bimbo di appena nove mesi.

L’evento è stato organizzato dal gruppo “Improv Everywhere”, il cui obiettivo è “scatenare scene di caos e gioia in luoghi pubblici” ed è buffo notare come nel 2002 il “No Pants Subway Ride” sembrasse lo scherzo promosso da sette ragazzi ed oggi sia una celebrazione internazionale che ha visto in questi anni oltre 5.000 persone togliersi i pantaloni nelle metropolitane di 47 città in 22 Paesi di tutto il mondo. Da Adelaide in Australia a Barcellona in Spagna, da Johannesburg in Sud Africa a Seoul in Corea del Sud e anche in Italia nella metropolitna di Milano.

Ovviamente ha avuto un ruolo di rilievo internet e i social network, dove chi era interessato poteva trovare e scaricare un semplice manuale. Cinque punti di ritrovo in città dove ci si divide in piccole bande, ognuna con una destinazione.  Il percorso è fissato. Alla fermata indicata dagli organizzatori, si scende in mutande e in mutande si aspetta il treno successivo, senza muoversi dalla banchina, entrando esattamente nella stessa carrozza del blitz precedente. Sono ammessi mutandoni anche uno sull’altro, ma niente tanga né slip sexy o volgari: lo scopo e far ridere, è scritto nel manuale, non scioccare. Il ritrovo finale è in Union Square. E a quel punto, finalmente, ci si può anche divertire a scambiarsi racconti e aneddoti tra partecipanti.

Tutta l’operazione verrà documentata attraverso foto e video girati dagli organizzatori che dovranno cogliere le espressioni delle persone che assisteranno allo strip metropolitano.

Per cui se vi dovesse capitare di essere tra gli spettatori inconsapevoli dell’evento ricordatevi di controllare il più possibile il vostro stupore e il vostro sbigottimento se non volete ritrovarvi su tutti i giornali.

By: Sandra Scarpettini

Si “saldi” chi può: consigli utili per gli acquisti

Non si sono fatti aspettare, anzi. Sono arrivati perfino in anticipo i saldi del 2011. Le vetrine che esplodono e le persone che impazzisco. Le città, con la corsa agli acquisti, si sono trasformate in un via vai di gente, formicolante, che da una vetrina salta a quella successiva senza fermarsi neanche per un secondo.

Ma come spesso accade, soprattutto in questo genere di situazioni, bisogna sapersi tutelare come acquirenti. Prezzi che si alzano e poi si finge di fare uno sconto del 50 %. Questo e molto altro può capitare a chi dello shopping ne ha fatto uno stile di vita. Tra i “strani” incidenti che possono capitare a chi va per saldi molto comune è quello dipagare più del dovuto, oppure di essere ingannati dal cartello affisso dietro la cassa, dove si intima all’acquirente di non poter cambiare il proprio capo.
Ma attenti, non è assolutamente vero che una volta stampato lo scontrino, non si possono effettuare cambi, anzi. Ogni registratore ha il tasto di resa, utile proprio in questi casi. La responsabilità per tale errore infatti è tutta del venditore che non può scaricarla sull’acquirente.

Inoltre spesso capita che lo scontrino, garanzia per gli acquista, possa sbiadirsi. In questo caso, sarebbe utile farne una fotocopia, che vale come prova. Se l’acquisto invece non è avvenuto in contanti fa fede anche la ricevuta di pagamento con il bancomat e la carta di credito. Bisogna perciò diffidare dai tanti commercianti che espongono cartelli con l’avviso “non si fanno sostituzioni”.

Tra i rischi principali, inoltre, vi è quello di acquistare un capo che non sia nuovo, per non dire riesumato. I saldi veri sono quelli applicati sui capi della stagione in chiusura. Ma in tal caso, l’unica accortezza deve essere messa in atto dall’acquirente: comparare i prezzi e confrontare la qualità degli abiti esposti negli altri negozi, potrebbe salvarci dal prendere una bella fregatura.
Gli abusi commerciali, soprattutto in queste situazioni, sono all’ordine del giorno. Come quando si finge di dimenticare la fattura o di stampare lo scontrino. Bisogna pretenderlo: sia per tutelarsi, che per ottenere un buon rispetto della  legge. Ma non è tutto, perché se si ci ritrova di fronte a comportamenti scorretti da parte del negoziante, una soluzione c’è. Si chiama Polizia municipale e, nel caso di reati fiscali, anche Guardia di Finanza, capace di tutelare i cittadini. Inoltre esistono anche associazioni di consumatori, organizzazioni sempre più impegnate sul fronte della lotta alle truffe e dei comportamenti poco trasparenti.
Quindi armatevi di questi consigli, munitevi di scarpette da ginnastica e iniziate la vera corsa agli acquisti. E si “saldi” chi può!

By: Valeria Pacelli

Oroscopo mania. Perché siamo tutti figli delle stelle

Tre, due, uno, buon anno! Brigitte Bardot Bardot…”. È quello che ci propone ogni capodanno la tv. E noi aspettiamo con ansia questo momento, con la speranza che l’anno nuovo porti novità positive. D’altronde, siamo esseri umani, con le nostre paure e le nostre aspettative per il futuro, e da sempre cerchiamo qualcosa a cui aggrapparci per vivere più serenamente. C’è chi crede nella religione e chi crede negli oroscopi. E c’è chi crede in entrambi, forse la maggior parte di noi. Come si dice: non è vero ma ci credo.

L’astrologia ha origini antichissime. Legata all’astronomia e a credenze ancestrali, l’astrologia ha sempre cercato di indicare all’uomo il giusto percorso da seguire. Gli ha dato una personalità in rapporto al mese e al giorno di nascita e gli ha fornito al contempo degli strumenti interpretativi. Nel corso della storia maghi e indovini, cartomanti e ciarlatani hanno fatto la loro fortuna facendo leva sulla debolezza e la creduloneria della gente. L’astrologia, dal canto suo, ha quantomeno cercato di assurgere al rango di scienza. Ma gli astronomi e gli astrofisici le hanno sempre negato qualsiasi fondamento scientifico. Ciononostante, nel 2011 essa continua a influenzare le nostre vite. Anzi, ormai è diventata un vero e proprio business. Quotidiani, riviste specializzate, siti web, rotocalchi, raccolte di schede tematiche (con la prima il pratico raccoglitore) ci orientano ogni giorno, mettendoci in guardia da ciò che dovremmo o non dovremmo fare. Si sa, i pianeti sono volubili, bisogna prenderli per il verso giusto. Saturno contro è fastidioso. È un pianeta co famoso che ci hanno fatto persino un film.

Ma è a capodanno che si scatena la corsa all’oroscopo. Che l’astrologo sia il veterano Branko o il più giovane Paolo Fox, tutti vogliono sapere cosa predicono gli astri per l’anno a venire. Non solo i comuni mortali. Anche – e forse soprattutto – i VIP sono interessati a sapere se i riflettori continueranno a scaldarli o se dovranno fare i conti con la concorrenza. E intanto l’oroscopo in tv diventa spettacolo. Puro intrattenimento pomeridiano e serale che si inserisce frizzante all’interno delle trasmissioni.

A pensarci, non è poi così strano che ciascuno di noi senta il bisogno di identificarsi in un modello caratteriale e di relazionarsi con l’altro in base alleaffinità zodiacali. Così come il fatto che sia quasi impossibile non dare un’occhiata all’oroscopo del giorno sul quotidiano in metro o in tv mentre si fa colazione. Salutelavorodenaro sono tre cose di cui non si può fare a meno, oggi più di ieri. In una società dove la morale è sterile e la religiosità vacilla, quello che viene sempre in soccorso è la credenza popolare, con la sua forza millenaria e la suggestività dei suoi simboli immortali.

Ora resta soltanto un nodo da sciogliere. Il 2012 sarà l’anno della fine del mondo? L’anno Mille è passato da un pezzo. Il Millennium Bug pure. Forse abbiamo semplicemente bisogno di darci delle scadenze, per cercare nel frattempo di migliorarci.

Buon anno a tutti!

Architettura hi-tech per salvare l’ambiente. Il progetto Masdar City

Torri d’acciaio e cemento si elevano al cielo nelle metropoli e megalopoli di tutto il mondo. La loro altezza è il simbolo dello sviluppo e del progresso delle nazioni. Disegnano tra le nuvole linee avveniristiche che strizzano l’occhio ai romanzi di fantascienza. Ma non sono nuvole bianche quelle che attraversano. Sononuvole cariche di smog e veleni, frutto di uno sfruttamento ambientale non sostenibile. Oggi si cercano finalmente soluzioni. Una di queste si chiama Masdar City, la prima città interamente ecosostenibile mai concepita.

Può essere il primo di una serie di progetti importanti. Nella lunga storia del progresso umano ci sono sempre stati i pionieri, uomini che hanno sfidato le leggi dettate dalle conoscenze acquisite e che hanno rischiato per realizzare un progetto che sembrava impossibile. Scommessa il più delle volte vinta. È paradossale che la difficile scommessa di creare una città ecosostenibile sia oggi lanciata proprio da una delle metropoli dove lo spreco è di casa, Abu Dhabi, il gioiello tecnologico degli Emirati Arabi.

Ed è proprio a soli 17 km da Abu Dhabi che “sorgerà” Masdar City, che in arabo significa appunto “città sorgente”. Sorgente fa pensare a una nuova nascita, a una nuova vita. Ma fa pensare anche a una fonte. Le fonti di energia, quella nuova, naturale ma pulita, che verrà positivamente sfruttata per creare un paradiso privo di inquinamento. L’energia del sole e del vento, che nel deserto non mancano di certo e che saranno le uniche ad essere utilizzate. Perché si sa che lo sfruttamento del petrolio non durerà all’infinito. Da qui l’impegno a ultimare Masdar City entro il 2020.

Al progetto prendono parte scienziati del MIT di Boston e architetti del gruppo Foster&Partners. Norman Foster è uno dei massimi esponenti al mondo dell’architettura hi-tech. Il suo progetto prende spunto dalla fisionomia classica delle città arabe, dalle medine. Masdar City si estenderà su una superficie di 6km² e ospiterà circa 50.000 abitanti. Pannelli ondulati costruiti con materiali innocui simili a terracotta proteggeranno la città di giorno dai violenti raggi del Sole, che verranno convogliati nei pannelli solari posti sulla sommità di ogni edificio per rilasciare di notte il calore sotto forma di energia.

Inoltre, una fitta rete di edifici, alternata a polmoni di verde, servirà a proteggere la città dalle elevate temperature desertiche creando al tempo stesso dei percorsi naturali per le correnti d’aria. Ma non ci sarà molto cemento. Ampie vetrate e giochi di specchi garantiranno ovunque la diffusione della luce naturale. Tutto allo scopo di minimizzare il consumo di energia.

Naturalmente non si circolerà con normali autoveicoli a benzina. Taxi automatizzati su binari e metropolitane superveloci garantiranno comodi spostamenti all’interno della città e verso l’aeroporto di Abu Dhabi. Ma questi servizi di trasporto saranno allocati esclusivamente al piano sotterraneo di Masdar City. Il livello di superficie sarà  interamente dedicato agli spostamenti a piedi o in bicicletta, cosicché i suoi abitanti possano godere pienamente delle attrattive cittadine: parchi, avenue, anfiteatri, playground e piazze. Sembrerebbe un sogno. Intanto il nucleo della città è già in costruzione.

Per comprendere la vena ambiziosa che sostiene il progetto Masdar City basta ascoltare le parole che chiudono il video promozionale presente sul sito ufficiale, http://www.masdarcity.ae. “Masdar City è la città del futuro, un modello per il mondo intero. Un giorno tutte le città saranno come questa”.

By:: Gennario Cutillo

By:: Gennario Cutillo

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