Attenzione: la storia è un “caso”

Pare che non piova, niente ombrello. Poi, d’improvviso, la grandine e la flagranza di una bestemmia inveisce furiosa contro l’inaspettata lapidazione ghiacciata. E’ un caso: può succedere. La giornata di lavoro trasforma la casa in reggia. L’acqua scorrerà e il pigiama accarezzerà: il pensiero è già estasi. Davanti al portone, le sogni, le cerchi, le vuoi, ma niente, le chiavi non ci sono. Capita anche questo: è un caso.

I casi della vita. Il caso ha voluto così. Per caso. A caso.

“Evento accidentale e imprevisto” per il dizionario, “elemento che esclude la punibilità” per il diritto, il caso condiziona la vita : come fortuna la distende, come sciagura la stronca. Spesso è anche pretesto. Il “non volere” si appella all’imponderabile per non ammettere e il “non potere” lo sollecita a reggere il gioco di una vile disonestà. E lui, eclettico qual è, ci sta, si fa scudo e para i colpi di accuse e di attacchi.
Ma non sempre il “fedele alleato” è all’altezza del compito assegnato.

Una bomba esplode, una ragazza scompare nel nulla, milioni di euro spariscono.
E no, aspetta… qui il caso non c’entra niente.   

Le ipotesi inverosimili, le tombe da scoperchiare, i “cerchi magici” da far quadrare non bastano per convincere. Dietro a quel baluardo, l’avidità, talmente evidente da sovrastare l’inutile cortina di polistirolo e apparire. Crede di essersi nascosta bene, ma si vede. E’ stato fatto, è stato detto, è stato tentato. Tutti sapevano, tutti hanno taciuto. Alla fine, però, tutti “sereni”.

«Ormai è una vicenda che va affidata alla storia, ancor più che alla giustizia»
. E la storia, poveretta, inghiotte. Ma “dubita”, come una formula assolutoria. «Non risulta sia stato nascosto nulla»: nessun segreto. Se c’è, riposa in pace. Amen«Basta vicende giudiziarie, torniamo a fare politica»: come dire “che noia, sempre le stesse cose….”.

“La storia siamo noi”, ovvero una specie di film che rende “Alice nel paese delle meraviglie” un documentario del National Geographic“Nessuno si senta offeso”: neppure voi, familiari delle vittime. Zitti e pagate anche le spese processuali. “Nessuno si senta escluso”: anche tu, che “non volevi” e “non potevi”.

Tutti insieme, dunque, ammollati nello stesso paiolo, minestrone informe di ingredienti macerati.

Mentre la vendetta brama, la giustizia fa spallucce nella logica del “tiriamo a campare” e spinge affinché gli interrogativi diventino punti che facciano voltare pagina.

Parola d’ordine: dimenticare.

Vuoi mettere la tranquillità dell’oblio? La promessa d’intangibilità di un pacioso andazzo? Allora, è stato un caso tutto. E peggio è per chi si ostina a sospettare l’esistenza di intrighi e complotti, destinato a scervellarsi nel biancore di notti insonni.

“La storia siamo noi”, la speranza di una canzone.
Noi, “questo piatto di grano”, canzonato dalla storia.

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